Cronaca
Il nostro grazie commosso a Papa Francesco: una luce che continuerà a guidarci
Con la sua umiltà, il suo coraggio e il suo amore per gli ultimi, Papa Francesco ha lasciato un segno indelebile nella storia della Chiesa e dell’umanità.

Oggi, come direttore di LaCity Magazine e a nome di tutta la nostra redazione, desidero esprimere il nostro più profondo cordoglio per la scomparsa di Papa Francesco. La notizia della sua morte ci ha raggiunti all’alba, colpendoci nel cuore in un modo che è difficile descrivere. Non si spegne soltanto una delle figure più amate e rivoluzionarie della Chiesa cattolica contemporanea; si spegne una luce che ha illuminato, per oltre un decennio, il cammino del mondo intero, non solo dei fedeli.
Jorge Mario Bergoglio è stato, e resterà, un esempio di rettitudine, coraggio e straordinaria applicazione del Vangelo nella vita concreta. In un’epoca in cui troppe volte la coerenza tra parole e azioni si è fatta labile, Papa Francesco ha saputo testimoniare con forza che la fede non è un concetto astratto, ma un impegno quotidiano fatto di gesti, ascolto e servizio.
Il suo sorriso disarmante, la sua semplicità autentica, la sua voce ferma ma mai arrogante hanno incarnato una Chiesa capace di parlare al cuore di tutti. Francesco non ha mai cercato il consenso. Ha cercato l’incontro, il perdono, la verità. È stato il Papa dei ponti, non dei muri. Il Papa che non ha avuto paura di chinarsi davanti al dolore dei migranti, degli emarginati, dei poveri, degli scartati dalla società.
Come non ricordare la sua solitudine eroica quella sera di pioggia, in una Piazza San Pietro deserta, durante la pandemia? In quell’immagine, che resterà per sempre scolpita nella memoria collettiva, c’era tutta la grandezza di quest’uomo: fragile e fortissimo, umile e immenso, capace di farsi piccolo davanti a Dio e di elevarsi come guida morale universale.
Papa Francesco ci ha insegnato a vivere il Vangelo non come un elenco di precetti, ma come un movimento dell’anima verso l’altro. “Chi sono io per giudicare?”, disse nel 2013, cambiando in una sola frase la storia della Chiesa moderna. Con quell’umanità disarmante ha aperto nuove strade di inclusione e di misericordia, rimanendo sempre fedele alla verità più profonda della fede cristiana: l’amore.
Anche nel momento più buio della Chiesa, quello delle ferite inferte dagli abusi, non ha taciuto. Non ha coperto, non ha voltato lo sguardo. Ha affrontato il dolore, ha chiesto perdono, ha imposto riforme. Con la forza mite di chi sa che la verità può far male, ma è l’unica strada che salva.
Come direttore, come cristiano, come semplice essere umano, sento oggi il bisogno di dire grazie. Grazie per averci insegnato a non avere paura della tenerezza. Grazie per averci ricordato che il vero potere sta nel servire, e che l’autorità spirituale non si misura in privilegi ma in capacità di chinarsi sulle ferite del mondo.
A Papa Francesco dobbiamo la rinascita di una Chiesa che, senza paura, ha camminato nei deserti dell’indifferenza per portare semi di speranza. Dobbiamo il coraggio di una voce che, sola tra i potenti della terra, ha saputo alzarsi a difesa del creato, degli ultimi, della dignità umana.
La sua morte ci lascia un vuoto immenso. Ma la sua eredità è una promessa. È il Vangelo vivo che continua a chiamarci, ogni giorno, a essere operatori di pace, testimoni di amore, costruttori di fraternità.
In queste ore di lutto e di preghiera, affido al cuore di ciascuno il suo ultimo, silenzioso insegnamento: vivere pienamente il tempo che ci è dato, seminando speranza anche nei terreni più aridi. Come lui ha fatto, instancabilmente, fino all’ultimo respiro.
Da tutta LaCity Magazine, dal nostro cuore più autentico, salga una sola parola: grazie, Santo Padre. Continueremo a camminare sulle strade che ci ha indicato. E porteremo nel mondo, come meglio potremo, la luce che ci ha lasciato.
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Cronaca Nera
Garlasco, blitz a casa di Sempio e canale prosciugato: si cerca l’arma del delitto di Chiara Poggi
Nuovi sviluppi nell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi, a 17 anni dal delitto. L’arma potrebbe essere un attizzatoio gettato nel canale indicato da una testimonianza raccolta dalle Iene

Diciassette anni dopo il delitto di Chiara Poggi, a Garlasco si torna a scavare. Letteralmente. I carabinieri del nucleo investigativo di Milano hanno effettuato oggi una serie di perquisizioni, su delega della procura di Pavia, nell’ambito della nuova inchiesta sull’omicidio della giovane uccisa nella villetta di via Pascoli il 13 agosto 2007. L’operazione, che coinvolge Andrea Sempio – indagato per omicidio in concorso – ha toccato tre luoghi distinti: la sua abitazione a Voghera, la casa dei suoi genitori a Garlasco, e un canale a Tromello, paese poco distante, dove si cerca quella che potrebbe essere l’arma del delitto.
Blitz a casa di Sempio e canale prosciugato
Le operazioni sono scattate all’alba. I militari si sono presentati nella casa di Sempio a Voghera per eseguire una perquisizione mirata: sequestrati supporti informatici, telefoni, pc e una scatola di cartone il cui contenuto non è ancora stato reso noto. Presente anche l’avvocata Angela Taccia, legale del 37enne, che al momento risulta iscritto nel registro degli indagati. In contemporanea, altri militari hanno bussato alla porta della villetta dei genitori di Sempio, a meno di 800 metri da quella in cui Chiara fu uccisa.
I movimenti della famiglia
Qui gli investigatori hanno concentrato l’attenzione sui movimenti della famiglia nella mattina del delitto. In particolare, sulla madre, Daniela Ferrari, già ascoltata nelle scorse settimane come persona informata sui fatti ma poi colta da malore dopo essersi avvalsa della facoltà di non rispondere. Nel mirino anche un vecchio scontrino di un parcheggio di Vigevano, consegnato da Sempio ben un anno dopo i fatti, che solleva più dubbi che certezze.
Un canale a Tromello
Ma il cuore delle operazioni si è spostato a Tromello, lungo un canale che scorre dietro una vecchia casa di corte in via Fante d’Italia. Un luogo che potrebbe nascondere – secondo un testimone anonimo – l’arma del delitto. La roggia si trova nei pressi dell’abitazione in cui ha vissuto la nonna delle gemelle Cappa e, all’epoca del delitto, il fratello Cesare, che però quel giorno era in vacanza in Croazia.
Un lavoro complesso
Il canale è stato ispezionato per circa un chilometro e duecento metri, con l’ausilio dei vigili del fuoco e della protezione civile. Le squadre hanno installato delle paratie per bloccare il flusso dell’acqua e attivato le idrovore per prosciugarlo. Un lavoro complesso, necessario per permettere un’eventuale ricerca dell’arma che – secondo il racconto del testimone, raccolto dalle Iene e al centro di una puntata in onda il 20 maggio – sarebbe stata gettata proprio lì.
L’oggetto descritto nel video è lungo e metallico, compatibile con un attizzatoio da camino. Un attrezzo del genere, secondo alcune teorie investigative mai del tutto abbandonate, potrebbe corrispondere all’arma con cui Chiara fu colpita mortalmente nella sua casa. Le prime perquisizioni di quel tratto di canale, effettuate anni fa, si erano concentrate solo su un segmento di circa 300 metri. Oggi, invece, l’intervento si estende su un’area molto più vasta.
Un tecnico del Comune di Tromello ha spiegato che, senza uno svuotamento completo, sarebbe stato impossibile cercare con efficacia. “Metteranno delle paratie per isolare il tratto e poi lo svuoteranno con le idrovore”, ha detto. L’acqua residua, profonda qualche decina di centimetri, sarà rimossa lungo tutto il tratto interessato.
Al momento, nessuna informazione ufficiale è stata diffusa su eventuali ritrovamenti. Ma le attività, coordinate dal procuratore capo Fabio Napoleone, dall’aggiunto Stefano Civardi e dalla pm Valentina De Stefano, proseguiranno per tutta la giornata. L’arma – se mai verrà ritrovata – potrebbe riscrivere una storia giudiziaria che sembrava chiusa con la condanna definitiva all’ergastolo di Alberto Stasi, ex fidanzato di Chiara Poggi. E invece è tornata più aperta che mai.
Mondo
“Era un fazzoletto, non droga”: l’Eliseo smentisce la bufala su Macron a Kiev
Un video diffuso da complottisti russi e trumpiani accusa il presidente francese di avere con sé cocaina. La presidenza reagisce duramente: “Disinformazione orchestrata dai nemici della Francia. Serve vigilanza contro le manipolazioni”

Una bufala, orchestrata ad arte da siti complottisti, ha infiammato le ultime ore della diplomazia francese: Emmanuel Macron sarebbe stato ripreso con un sacchetto di cocaina sul treno per Kiev, accanto ai leader di Germania, Regno Unito e Polonia. A sostegno dell’assurda teoria, un video in cui compare un fazzolettino bianco stropicciato, appoggiato sul tavolo accanto a un presunto “cucchiaino per sniffare”, poi subito rivelatosi essere un innocuo stuzzicadenti.
L’Eliseo, insolitamente duro, ha reagito pubblicamente: “Quando l’unità europea dà fastidio, la disinformazione arriva al punto da far passare un semplice fazzoletto per della droga. Questa fake news viene propagata dai nemici della Francia, all’esterno e all’interno. Serve vigilanza contro le manipolazioni”.
Cospirazionisti e complottisti
Il video era stato diffuso nei giorni scorsi da ambienti cospirazionisti vicini all’estrema destra americana e rilanciato da figure note come Alex Jones e, in Russia, dalla portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova. Nelle immagini si vedono Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il primo ministro britannico Keir Starmer e quello polacco Donald Tusk sorridere attorno a un tavolo nel vagone del treno diretto a Kiev. Nulla di strano, se non per il fatto che un oggetto bianco viene descritto da alcuni siti come un “sacchetto di cocaina” che Macron prenderebbe e farebbe sparire.
A rilanciare le illazioni anche alcuni esponenti sovranisti francesi, tra cui Florian Philippot, ex collaboratore di Marine Le Pen, e Nicolas Dupont-Aignan, che ha ironizzato parlando di “un adolescente sorpreso in fallo”.
A mettere fine alla polemica ci ha pensato l’Eliseo, pubblicando su X (Twitter) una foto in alta qualità, ben diversa da quelle sfocate diffuse dai siti accusatori. L’immagine mostra chiaramente che l’oggetto in questione è un banale fazzoletto di carta. Accanto, lo stuzzicadenti. Il messaggio è accompagnato da due didascalie inequivocabili: “Questo è un fazzoletto” e “Questa è l’unità europea per far progredire la pace”, riferita alla foto dei leader che entrano nel vagone. Il post è stato pubblicato anche in lingua inglese, a sottolineare la portata internazionale della smentita.
Le immagini originali, scattate da France Presse e altri media presenti nel treno, hanno ulteriormente confermato la versione dell’Eliseo. Ma il caso resta emblematico di quanto facilmente la disinformazione, amplificata dai social e da ambienti ostili, possa trasformare un dettaglio innocuo in un attacco politico virale.
Italia
Dall’alchimia alla scienza: il CERN trasforma il piombo in oro!
Il sogno degli alchimisti diventa realtà nell’acceleratore di particelle di Ginevra. Grazie alla fisica, il metallo vile si è davvero trasformato in quello nobile, anche se solo per un microsecondo. Una dimostrazione che il futuro potrebbe riservare ancora incredibili sorprese.

Nel corso dei secoli, l’idea di trasformare il piombo in oro ha alimentato sogni, leggende e ossessioni. Gli alchimisti del Medio Evo ci hanno provato con ogni mezzo, alla ricerca della leggendaria pietra filosofale che avrebbe dovuto compiere la trasmutazione e garantire ricchezza eterna. Quello che sembrava un sogno impossibile, oggi si è invece realizzato, non per magia ma grazie alla scienza. E più precisamente nel cuore del CERN di Ginevra, il laboratorio europeo di fisica delle particelle.
Una trasmutazione possibile
L’acceleratore LHC (Large Hadron Collider), il più grande e potente al mondo, ha dimostrato che la trasmutazione è possibile, anche se ben lontana dalla visione degli antichi. Dal 2015, in diversi cicli di attività, i nuclei di piombo sono stati accelerati a velocità incredibili, vicine a quelle della luce. Ogni secondo, 89.000 nuclei di piombo si sono trasformati in oro. In totale, il processo ha portato alla formazione di 86 miliardi di nuclei d’oro. Una cifra enorme, ma che corrisponde a soli 29 trilionesimi di grammo. Non esattamente il bottino che potrebbe arricchire gli scienziati del CERN.
Il futuro prossimo
La scienza, tuttavia, non è interessata alle ricchezze materiali. L’esperimento ha dimostrato un principio fondamentale. Ovvero che l’oro può davvero essere creato da un elemento più pesante attraverso un processo di decadimento indotto dalla luce, cioè i fotoni. “L’antico sogno della trasmutazione chimica in oro degli alchimisti è stato realizzato dalla scienza,” ha spiegato Chiara Oppedisano, ricercatrice dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), che ha contribuito allo studio.
Dal Bosone di Higgs alla trasmutazione
Per capire come è avvenuta la trasformazione, bisogna immaginare il comportamento dei nuclei di piombo quando vengono accelerati nel LHC. Normalmente, il colossale acceleratore è utilizzato per studiare le collisioni tra protoni. Nel 2012, proprio qui è stato scoperto il famoso Bosone di Higgs, la particella chiave per comprendere la struttura fondamentale dell’universo. Ma per alcune settimane all’anno, invece dei protoni, vengono impiegati i nuclei di piombo, analizzati dal rivelatore ALICE, che ha appena pubblicato i risultati di questa incredibile trasformazione.
Il piombo diventa oro per sottrazione
Il meccanismo della trasmutazione segue una logica molto diversa da quella degli alchimisti medievali. Piombo e oro sono effettivamente legati, vicini nella tavola periodica. Il piombo ha numero atomico 82, mentre l’oro 79. Accelerando i nuclei di piombo al 99,999993% della velocità della luce, si sviluppa un fortissimo campo elettromagnetico, un alone che genera fotoni. Se due nuclei di piombo si scontrano direttamente, il loro impatto è studiato per rivelare nuove particelle. Ma se si sfiorano, allora accade qualcosa di straordinario. I fotoni vengono assorbiti dal nucleo vicino, che in risposta espelle uno, due o tre protoni. Ed è proprio questo il segreto della trasmutazione. Perdendo un protone, il piombo diventa tallio. Perdendone due, si trasforma in mercurio. E quando ne perde tre, il sogno degli alchimisti prende vita: il piombo diventa oro.
La trasformazione, nota come crisopea, è quindi un processo fisico estremamente sofisticato, che richiede conoscenze di relatività e fisica delle particelle, oltre a strumenti all’avanguardia come LHC. Non basta un crogiolo o la pietra filosofale: serve la scienza, con la sua precisione e la sua capacità di indagare i segreti della materia.
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