Cronaca Nera
“Mio figlio è innocente”: parla la madre di Alberto Stasi dopo le nuove rivelazioni sul caso Garlasco
“Non ho mai avuto dubbi su Alberto”. A parlare è la madre di Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l’omicidio di Chiara Poggi. Con le nuove indagini su Andrea Sempio, Elisabetta Ligabò rivendica l’innocenza del figlio: “È stato vittima di un errore giudiziario. E ora la verità sta venendo a galla”. Ma tra verità processuali e giustizia morale, il caso è tutt’altro che chiuso.
Un’impronta palmare macchiata di sangue. Bigliettini scritti a mano con frasi inquietanti. Una madre che grida al mondo l’innocenza del figlio. E un paese intero che, diciassette anni dopo, torna a domandarsi: chi ha davvero ucciso Chiara Poggi la mattina del 13 agosto 2007, nella villetta di via Pascoli, a Garlasco?
Mentre la nuova pista investigativa punta su Andrea Sempio, l’amico di Marco Poggi, con nuovi accertamenti dattiloscopici e profili psicologici al vaglio degli inquirenti, Elisabetta Ligabò, madre di Alberto Stasi, rompe il silenzio con parole taglienti: “Quello che sta venendo fuori è sconvolgente. È uno schifo, mi dispiace usare questa parola. Ma è un vero e puro schifo”.
Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima, è detenuto da otto anni, dopo una lunga altalena giudiziaria: due assoluzioni, poi la condanna definitiva a 16 anni per omicidio. E oggi sua madre si dice pronta a battersi fino in fondo per dimostrare quello che ha sempre creduto: “Non ho mai dubitato della sua innocenza. Neppure per un minuto”.
Le novità investigative gettano ombre lunghe sulla verità processuale. L’impronta palmare rinvenuta sul muro delle scale — la cosiddetta “traccia 33” — viene ora attribuita proprio a Sempio da una perizia dei carabinieri del Ris. A questo si aggiunge il ritrovamento, nei rifiuti, di bigliettini scritti da Sempio con frasi inquietanti, come: “Ho fatto cose talmente brutte che nessuno può immaginare”. Per gli inquirenti, potrebbe trattarsi di un femminicidio nato da un rifiuto. Una verità alternativa che — se confermata — riscriverebbe tutto.
“Capisco il dolore della famiglia Poggi, lo immagino. Ma questa chiusura nei nostri confronti è incomprensibile”, dice Ligabò. “Non ho mai provato a incontrarli, ma sarei pronta a farlo. Il loro dolore è immenso, ma spero che un giorno si ricredano. Come dovranno fare tutti”.
A chi le chiede un’opinione su Andrea Sempio, la sua risposta è netta: “Io quella persona non voglio nemmeno nominarla. Di lui non parlo, assolutamente”. E sulle nuove perizie? “Sono sconcertata. Ma era tutto scritto fin dall’inizio. È stata un’indagine a senso unico. E ora chi ha sempre difeso quell’impianto accusatorio — anche chi lo firmò, come l’allora comandante del Ris Luciano Garofano — è oggi parte della difesa proprio di Sempio. Una coincidenza? No. È la solita compagnia, unita da sempre contro mio figlio”.
Eppure, c’è una verità giudiziaria che pesa come un macigno: la condanna definitiva all’ergastolo per Alberto Stasi, emessa dalla Corte di Cassazione. “Ma non dimentichiamoci che Alberto è stato assolto due volte. E quella condanna definitiva è arrivata senza prove e senza movente. Nessuno potrà mai restituirgli tutti questi anni rubati alla sua vita”.
Nel frattempo, la famiglia Stasi guarda alle nuove indagini come a un possibile riscatto. La decadenza dell’alibi di Sempio, l’impronta palmare compatibile con la sua mano destra, le telefonate insistenti a casa Poggi, tutto sembra combaciare con un quadro che — se confermato — porterebbe a rimettere tutto in discussione. Ma anche se emergesse una nuova verità, rimarrebbe una domanda: come ha fatto Alberto a resistere?
“Me lo chiedo anche io, da madre. Ha avuto una forza incredibile. Non si è mai lasciato andare. Ha sempre guardato al futuro, con dignità. Ma quello che ha vissuto è vergognoso. E ora basta: la verità va detta fino in fondo”.
Intanto, la procura continua a indagare. E il paese trattiene il fiato. Perché il caso Garlasco non è più solo una tragedia familiare. È diventato lo specchio della giustizia italiana, con le sue crepe, i suoi silenzi e le sue occasioni mancate. E ora, forse, è giunto il momento di voltare davvero pagina.