Connect with us

Cronaca

Gergiev, game over: la Reggia di Caserta silura il maestro di Putin tra applausi, fischi e panico diplomatico

Valery Gergiev, fedelissimo del Cremlino, non suonerà più a Caserta. La direzione del sito borbonico ha fatto dietrofront per motivi di ordine pubblico. Rabbia dell’ambasciata russa, difesa tiepida di De Luca, applausi bipartisan. Ma non si dica che è censura: è buon senso, con tanto di accompagnamento d’archi.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Fermi tutti, rewind. Il concerto di Valery Gergiev alla Reggia di Caserta è stato cancellato. Archiviato. Depennato. E con lui, anche la pretesa che un maestro con il passaporto culturale timbrato direttamente da Vladimir Putin potesse esibirsi nel cortile della Reggia vanvitelliana come se nulla fosse. L’Italia, finalmente, ha evitato la figuraccia. Per una volta, ha usato l’orecchio, non solo per ascoltare gli archi.

    Dopo giorni di finta incertezza, di appelli urlati e distinguo imbarazzanti, la Direzione della Reggia ha fatto quello che avrebbe dovuto fare dal primo istante: fermare tutto. Annullare l’evento. Mettere un punto. Il concerto del 27 luglio, previsto all’interno della rassegna Un’Estate da Re, non si terrà. Troppo alto il rischio di proteste, troppo evidente il danno d’immagine, troppo fastidioso l’olezzo di propaganda russa.

    Non si tratta solo di “cancel culture”. Non ci siamo svegliati tutti improvvisamente americani e isterici. Qui si parla di Gergiev, il direttore d’orchestra più putiniano dell’emisfero occidentale, l’uomo che dirige con una mano e applaude con l’altra l’invasione dell’Ucraina, la repressione dei dissidenti, la retorica bellicista del Cremlino. Altro che artista apolitico: il suo podio è una tribuna ideologica.

    Eppure qualcuno, nel cuore della Campania, pensava fosse una buona idea invitarlo. “La cultura non si censura”, ha detto Vincenzo De Luca, che per una volta è riuscito a essere più impacciato che comico. Ha provato a parare il colpo dicendo che “gli artisti non devono pagare per i loro governi”. Ma qui non si parla di pagare le colpe di altri: qui si parla di un uomo che ha scelto di diventare ambasciatore del regime. Che ha difeso apertamente Putin e attaccato le sanzioni occidentali. Che ha partecipato a eventi celebrativi del Donbass “liberato” e si è prestato alla narrazione del “grande fratello russo”.

    Mentre Gergiev provava a imbastire una exit strategy dal palco di Caserta – con spettacoli misteriosamente sovrapposti in patria lo stesso giorno, biglietti in vendita al Mariinsky di San Pietroburgo e cast “da annunciare” – a Roma montava la pressione. Deputati, intellettuali, Nobel, attivisti, associazioni ucraine, ex dissidenti russi, tutti a chiedere: ma davvero vogliamo che il primo ritorno europeo del maestro di Putin sia proprio nel cortile di casa nostra?

    Nel frattempo, a Mosca, il bolshoj andava in scena la Semjon Kotko, trasmessa in streaming e nei cinema di Stato, piena zeppa di riferimenti guerrafondai, croci di San Giorgio sul petto dei cantanti, paragoni tra l’eroismo sovietico del 1918 e l’invasione dell’Ucraina nel 2024. Più che un’opera lirica, un’operazione militare travestita da spettacolo. Un palcoscenico-passerella per la narrazione russa più tossica. Gergiev, ovviamente, sul podio.

    A confermare che il “grande ritorno” italiano non aveva nulla di neutrale ci ha pensato l’ambasciata russa. Che, al posto di tacere con un minimo di savoir-faire diplomatico, ha pubblicato una nota al vetriolo: “Chi pensa che la cancellazione danneggerà la Russia si sbaglia. Il danno è per l’Italia”. Ecco: proprio quello che mancava, il ricatto culturale.

    Ma la cosa più grottesca è stato il panico della macchina organizzativa. Biglietti ancora in vendita, comunicati ambigui, locandine attaccate col nastro, con la speranza che la tempesta mediatica passasse da sola. Non è passato un bel nulla. È arrivato, invece, l’unico finale dignitoso: la cancellazione.

    E se qualcuno grida allo scandalo, può sempre organizzare un tour alternativo per Gergiev: magari a Mariupol, a suonare per i bulldozer che radono al suolo le case. Qui, grazie al cielo, si è evitato di farlo esibire sotto le stelle di Caserta. Non era censura. Era decenza. E, forse, un po’ di musica. Quella vera.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Cose dell'altro mondo

      Scontrino da mille euro per la colazione a Disneyland: “Se trovo quel topo lo rapino”, il papà ironizza sul conto stellare per mangiare con le principesse

      Succede in California, nel magico mondo di Disneyland: un padre pubblica sui social lo scontrino da capogiro per una colazione speciale con principesse, tre portate e attività a tema. “Esperienza indimenticabile”, dice. Ma solo dopo essersi ripreso dallo shock del conto.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Si sa: un genitore farebbe di tutto per far felici i propri figli. Anche portarli a fare colazione con Belle e Cenerentola, nel cuore incantato di Disneyland. Ma a volte il prezzo della felicità infantile può lasciare… l’amaro in bocca. È il caso di John Tolkien, padre americano che ha deciso di regalare alla famiglia una colazione fiabesca al Disney Grand Californian Hotel. Tutto molto magico, fino al momento del conto.

        Lo scontrino? 938 dollari, più una mancia da 150. Totale: 1.088 dollari. Circa mille euro per tre adulti, due bambini, tre portate e un Bloody Mary di troppo. Il commento del papà su X (ex Twitter) è diventato virale: «Ho quasi sputato il caffè. Se trovo quel maledetto topo, giuro che lo rapino». Topo ovviamente inteso come Mickey Mouse, che da oggi ha probabilmente un nuovo soprannome: il “ladro del mattino”.

        Il pacchetto, in effetti, non è una semplice colazione: è una vera e propria “esperienza” immersiva nel mondo Disney, con principesse che leggono fiabe ai piccoli, piatti raffinati e ambientazioni curate nei minimi dettagli. L’offerta parte con antipasti gourmet (panini all’astice, bignè e simili), prosegue con piatti principali differenziati tra adulti e bambini (dai mac & cheese al tartufo per i grandi ai waffle a forma di Topolino per i più piccoli) e si chiude con dessert da favola.

        Il prezzo? Altissimo, ma secondo Tolkien ne è valsa la pena. «I bambini si sono divertiti un mondo – racconta – ma hanno imparato qualche parola nuova quando ho visto il conto». Una battuta che, tra like e condivisioni, ha acceso il dibattito: è giusto pagare cifre del genere per un’esperienza così? Oppure la magia ha un prezzo che solo i genitori possono davvero capire?

        In ogni caso, i sorrisi dei bambini sembrano aver compensato il salasso. Ma il caffè, quello, magari la prossima volta sarà meglio berlo prima di chiedere il conto.

          Continua a leggere

          Mondo

          Trump pubblica un video fake in cui Obama viene arrestato: l’ultima vergogna a stelle e strisce

          L’ex presidente Usa alza il livello dello scontro con una trovata da Bagaglino in salsa fascistoide: l’arresto falso di Obama orchestrato con l’IA. Le reazioni sono furibonde, ma il pericolo è reale.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso che il confine tra provocazione e squallore non esiste più. Lo ha cancellato con un colpo di IA, pubblicando su Truth – il suo social personale – un video generato artificialmente in cui Barack Obama viene ammanettato da tre agenti dell’Fbi nello Studio Ovale. Trump, come un cattivo dei cartoni animati, è lì seduto accanto, ghignante. La clip si conclude con Obama dietro le sbarre, in tuta arancione da detenuto, come fosse un criminale comune.

            Il video si apre con una frase: “Il presidente non è al di sopra della legge”. Poi, una carrellata di politici americani che ribadiscono lo stesso concetto. Infine, l’“arresto” di Obama. Un’operazione maldestra, ma altamente simbolica: usare l’intelligenza artificiale per piegare la realtà, fabbricare menzogne visive e gettarle in pasto ai fan. Il messaggio è chiaro: non importa che sia vero, basta che faccia rumore.

            Un gesto che ha provocato indignazione anche in Italia. Matteo Renzi è stato netto: “Trump supera ogni limite. È il punto più squallido mai raggiunto dalla Casa Bianca. Solidarietà al presidente Obama. E un messaggio agli elettori: chi vota sovranista fa male non solo all’economia con i dazi, ma anche alla dignità delle istituzioni con le fake news”.

            Più duro ancora Enrico Borghi, vicepresidente di Italia Viva: “Siamo dentro una deriva pericolosa. Nessuno dei trumpiani italiani dirà nulla, come sempre. Ma questa idea che le istituzioni siano proprietà privata è barbarica. Da rigettare”. Il problema, però, è proprio questo: mentre i leader democratici parlano di vergogna e pericolo, Trump se la ride e rilancia, alimentando la propria narrazione da martire della giustizia e fustigatore dell’“establishment”.

            Sfruttare le nuove tecnologie per alterare la percezione collettiva e umiliare il proprio predecessore è una mossa che va ben oltre il cattivo gusto. È un segnale preciso. Per Trump la realtà è un’opinione, la storia è un meme, la verità è solo un dettaglio fastidioso. E poco importa se nel frattempo si scivola nel ridicolo: l’importante è occupare spazio. Fare rumore. Distruggere.

              Continua a leggere

              Cronaca Nera

              Confermato dal DNA: Francis Kaufmann è il padre della piccola Andromeda trovata morta con Anastasia a Villa Pamphili

              La Procura indaga su un duplice omicidio aggravato. L’autopsia non ha ancora chiarito le cause della morte di Anastasia Trofimova, ma l’ipotesi del soffocamento resta in piedi. Intanto Francis Kaufmann, detenuto a Rebibbia dopo l’estradizione dalla Grecia, ha scelto di non rispondere alle domande del gip

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                L’esame del DNA ha tolto ogni dubbio: Francis Kaufmann è il padre biologico di Andromeda, la bambina trovata senza vita accanto alla madre, Anastasia Trofimova, lo scorso 7 giugno a Villa Pamphili, nel cuore di Roma. A stabilirlo è stato il test genetico disposto dai pm della Procura capitolina, che indagano per duplice omicidio aggravato, con l’obiettivo di ricostruire quanto accaduto nelle ore precedenti alla tragedia. A coordinare le indagini è il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini.

                Kaufmann, 49 anni, detenuto nel carcere romano di Rebibbia dopo l’estradizione dalla Grecia, si è avvalso della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia. Nessuna parola, nessuna dichiarazione, nessuna ammissione o tentativo di spiegazione. Un silenzio pesante, che non fa che aumentare il mistero su un caso che ha scosso l’opinione pubblica per la sua crudeltà e per le troppe ombre ancora presenti.

                La Procura attende ora l’esito degli esami istologici disposti dopo l’autopsia eseguita sul corpo di Anastasia presso l’Istituto di Medicina Legale dell’Università Cattolica. Serviranno ancora alcune settimane, ma l’ipotesi che la donna, originaria della Siberia, sia stata soffocata, resta al centro delle indagini. I primi risultati non sono bastati a stabilire con certezza le cause del decesso, rendendo necessari ulteriori accertamenti microscopici sui tessuti.

                I corpi di madre e figlia erano stati trovati in un angolo appartato del grande parco romano, in una zona poco frequentata e lontana dai viali principali. Accanto a loro, Francis Kaufmann. I primi rilievi e le testimonianze raccolte parlano di una scena agghiacciante, con elementi che hanno fatto subito pensare a un gesto estremo. Ma la presenza di segni sospetti sul corpo di Anastasia ha aperto una pista alternativa, portando la Procura ad escludere l’ipotesi dell’omicidio-suicidio.

                Kaufmann era stato rintracciato in Grecia e bloccato grazie a un mandato di arresto europeo. La sua estradizione in Italia è avvenuta nel giro di pochi giorni. L’uomo, che per un periodo ha vissuto con Anastasia, era scomparso da tempo dalla vita della donna. La loro relazione, secondo quanto emerso finora, era conflittuale, con episodi di tensione e distacco. Nonostante questo, l’uomo avrebbe continuato a rivendicare un ruolo nella vita della figlia.

                Le indagini proseguono a ritmo serrato. Al momento non ci sono altri indagati, ma gli inquirenti non escludono nessuna pista. La conferma della paternità potrebbe ora aprire nuovi scenari investigativi, soprattutto legati al movente e alle eventuali responsabilità dirette di Kaufmann nella morte di Anastasia e Andromeda.

                Il caso è destinato a restare al centro dell’attenzione pubblica ancora a lungo. Troppe le domande senza risposta, troppe le vite spezzate senza giustizia. Ma un tassello ora è stato messo al suo posto: Kaufmann era il padre. Ora bisogna capire se è anche l’assassino.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù