Cronaca
Il primo Papa americano… e forse anche il primo Papa nero: la sorprendente storia di Leone XIV
La notizia rimbalza dagli Stati Uniti all’Europa e accende l’interesse globale: Papa Leone XIV, oltre a essere il primo statunitense sul trono di Pietro, sarebbe anche il primo Pontefice con ascendenze afroamericane. Una storia familiare tra fede, migrazioni, pescegatto fritto e cultura creola

Se non bastava l’elezione del primo Papa americano a fare la storia, ci ha pensato il New York Times a spingere l’asticella un po’ più in là: Leone XIV potrebbe essere anche il primo Papa nero – o almeno nipote di neri – nella storia bimillenaria della Chiesa. Una storia che ha il sapore delle origini profonde e affascinanti dell’America del Sud, della migrazione, della fede tenace e del soul creolo che ha viaggiato da New Orleans a Chicago, fino al cuore del Vaticano.
La nonna materna del Pontefice, Louise Baquié, era creola. Il nonno, Joseph Martinez, secondo le ricerche del genealogista Jari C. Honora, era un piccolo proprietario terriero afroamericano del Seventh Ward di New Orleans, quartiere storicamente abitato da cattolici di origine africana e caraibica. Entrambi, agli inizi del Novecento, lasciarono la Louisiana per cercare nuove opportunità a Chicago, portandosi dietro tutto: la lingua francese, la cultura musicale, la cucina del bayou e soprattutto la fede.
Nato a Chicago nel 1955, Robert Francis Prevost è cresciuto in questo mondo meticcio, devoto e discretamente rivoluzionario. Non ha mai fatto delle sue origini una bandiera. Ma oggi, dopo l’elezione, le sue radici diventano parte di una narrazione nuova, simbolica e potentissima. A confermare i legami con la comunità afroamericana è anche il fratello maggiore, John Prevost, 71 anni, che vive ancora nella periferia della città e ha raccontato al New York Times le origini familiari con la serenità di chi sa che nella diversità c’è identità.
Non è certo un caso che Leone XIV sia cresciuto tra parrocchie miste, missioni agostiniane e periferie multiculturali. Che parli correntemente spagnolo, predichi in inglese ma risponda in francese. Che la sua visione ecclesiale assomigli a una mappa del mondo, fatta di inclusione, dignità e fratellanza concreta. Il Sud del mondo, con lui, ha trovato una voce al Nord.
E mentre in America si scatena la corsa a “rivendicare” il Papa – con Trump che brinda a bistecche e miracoli nello stesso giorno in cui Kathleen Kennedy ne rivendica la natura progressista – forse è proprio questa origine ibrida, non lineare, profondamente americana ma figlia di mille storie e di molte lingue, a rendere Leone XIV un Papa impossibile da incasellare. Il Papa dei ponti, non dei muri.
Alla fine, la sua elezione segna più di un record: è la fine del veto implicito sull’essere “troppo americano” per guidare la Chiesa universale. E forse anche sul colore della pelle. Se Leone XIV è davvero, come dicono, il primo Papa con sangue afro nelle vene, la Chiesa ha fatto un passo in avanti senza proclami, ma con la forza irresistibile della normalità. Con un sorriso, un pasto condiviso e un “Oh, ok” detto al fratello al telefono. E con la benedizione di un pescegatto fritto in salsa creola, da New Orleans a San Pietro.
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Cronaca
Dalla TV al carcere: 2 anni e 8 mesi al “guru” delle diete Panzironi
Condannato per esercizio abusivo della professione medica. Nei guai anche il fratello Roberto. Diete, consigli personalizzati e integratori via call center: per i giudici non era informazione, ma medicina illegale

La parabola del “guru delle diete” Adriano Panzironi finisce dove non aveva previsto: in tribunale, con una condanna a due anni e otto mesi per esercizio abusivo della professione medica. L’ex giornalista, diventato celebre con le sue trasmissioni sul canale Life 120 Channel, è stato riconosciuto colpevole per aver dispensato, a una vasta platea televisiva, consigli nutrizionali qualificabili come veri e propri atti medici.
Nei guai anche il fratello Roberto Panzironi, condannato a un anno e quattro mesi per aver “concorsato moralmente e materialmente” nelle attività illecite. I due, secondo la procura, non si limitavano a diffondere opinioni o informazioni, ma fornivano diete dettagliate, anche personalizzate, attraverso canali diretti con gli spettatori: call center, chat su Facebook, contatti privati. Un sistema ben rodato, che ha attirato l’attenzione di milioni di telespettatori ma anche delle autorità sanitarie.
“Ha esercitato abusivamente la professione medica nei confronti di una numerosa platea di ascoltatori”, si legge nella sentenza emessa al tribunale di piazzale Clodio. Un’accusa rafforzata dalla pubblicazione del libro “Vivere 120 anni – Le verità che nessuno vuole raccontarti”, in cui l’autore proponeva menù, composizioni di pasti e metodi di nutrizione con tono prescrittivo, a sostegno delle sue teorie anti-sistema.
Particolarmente rilevante, secondo i giudici, il fatto che Panzironi abbia agito “anche in forma personalizzata”, spingendosi oltre il semplice suggerimento e entrando in un campo riservato ai medici abilitati. Il tutto senza alcun titolo o autorizzazione.
A costituirsi parte civile nel processo sono stati l’Ordine dei medici di Roma, Milano, Napoli e Venezia, l’Ordine dei giornalisti del Lazio e persino l’associazione italiana dei panificatori (Assipan), che ha visto nei messaggi del “guru” un attacco diretto al consumo di pane e carboidrati.
Per anni, Adriano Panzironi ha cavalcato l’onda della popolarità televisiva, alimentando consensi (e polemiche) con slogan provocatori e promesse di longevità. Ma ora, a mettere il punto fermo sulla sua attività non è stata la TV, ma un tribunale.
Italia
Il paradosso di Zakaria: aiuta la polizia e viene espulso
Un migrante marocchino a Torino segnala un ladro e contribuisce al suo arresto. Ma, privo di documenti, riceve un decreto di espulsione. “Pensavo di aver fatto una buona azione, ora devo lasciare l’Italia.”

Zakaria Nagda è arrivato in Italia otto mesi fa, attraversando Spagna e Francia prima di raggiungere Torino. Come molti migranti, il suo obiettivo era costruirsi una vita dignitosa, trovare un lavoro e preparare il futuro della sua famiglia. Senza documenti ma con tanta volontà, ha iniziato a lavorare montando e smontando i banchi al mercato di Piazza della Vittoria, nel quartiere Madonna di Campagna.
L’onestà di Zakaria non è bastata
La notte del sette maggio, però, la sua vita ha preso una svolta inaspettata. Alle tre del mattino, un uomo ha sfondato la vetrina di un Carrefour vicino, cercando di rubare merce. La polizia è intervenuta rapidamente e, trovandosi davanti a Zakaria, ha pensato fosse lui il ladro. Ma Zakaria non aveva nulla a che fare con il furto: stava semplicemente lavorando. È stato proprio lui a segnalare agli agenti il vero colpevole, indicando dove si fosse nascosto. Grazie alle sue informazioni, il ladro è stato arrestato e la refurtiva recuperata.
Burocrazia spietata… ma fino a quando?
Poteva sembrare il finale di una storia di onestà e senso civico, ma poche ore dopo, la situazione si è ribaltata. Visionando le telecamere di sorveglianza, la polizia ha notato che Zakaria era presente durante il furto, intento a sistemare il banco del mercato. Nonostante la testimonianza di un collega italiano, che ha confermato che stesse lavorando e non fosse coinvolto nel crimine, gli agenti hanno deciso comunque di portarlo all’ufficio immigrazione. Ed è qui che la burocrazia ha colpito duramente.
Via da qui in sette giorni
Zakaria non ha mai richiesto il permesso di soggiorno perché, senza un contratto di lavoro, non aveva i requisiti per farlo. E così, da testimone chiave nell’arresto di un ladro, si è improvvisamente trasformato nel destinatario di un decreto di espulsione. Entro sette giorni dovrà lasciare l’Italia. “Pensavo di aver fatto una buona azione,” ha detto incredulo. “Voglio solo lavorare e vivere onestamente a Torino. Ho mia moglie ancora in Marocco e vorrei farla venire qui.”
Storie vere
L’eroe del volante: il taxista che ha sventato una truffa da manuale
L’astuzia di un tassista sventa una truffa ai danni di un’anziana: recuperati gioielli e denaro per decine di migliaia di euro.

Mestre, una notte come tante. Giovanni Bortoletto, un tassista di 34 anni, era di turno davanti alla stazione. La sua routine, fatta di corse notturne e di incontri con persone di ogni tipo, stava per prendere una svolta inaspettata. Giovanni, con i suoi anni di esperienza come tassista notturno, ha sviluppato un sesto senso per le situazioni anomale. Quella sera, qualcosa non quadrava. La cliente, una donna giovane e straniera che dice di chiamarsi Rossi, gli aveva fornito un indirizzo preciso, ma il suo comportamento era tutt’altro che rassicurante. Non sembrava conoscere la zona, nonostante avesse un navigatore puntato sulla destinazione. E poi c’era quell’insistenza a tornare subito indietro, come se stesse cercando di guadagnare tempo. Un campanello d’allarme si accese nella mente del tassista.
Una cliente troppo agitata…
La donna, che parlava solo tedesco, ha chiesto a Bortoletto di portarla a un indirizzo preciso a Ceggia, mostrandolo sul telefono. Giunti a destinazione, però, la cliente ha mostrato incertezza, non riconoscendo la casa cercata. “Questo è stato il primo dettaglio che mi ha insospettito“, racconta il tassista. Dopo alcuni minuti di ricerca, la donna gli ha chiesto di fermarsi all’inizio di una stradina e di aspettarla lì. Tuttavia, l’attesa si è protratta più del previsto, spingendo Bortoletto a insospettirsi ulteriormente. Mentre cercava di capire cosa stesse accadendo, Bortolotto ha notato un’anziana signora visibilmente agitata, che scrutava la sua auto con apprensione. Avvicinandosi a lei, ha scoperto che stava aspettando la misteriosa “signora Rossi” per consegnarle oggetti di grande valore. “Ho capito subito che qualcosa non andava: la mia cliente non poteva chiamarsi Rossi ed era chiaro che stava cercando di ingannare la signora“, spiega Bortoletto.
Un tassista degno del titolo di investigatore provetto
Resosi conto della situazione, il tassista ha avvisato il fratello, chiedendogli di contattare i carabinieri. Intanto, la truffatrice è tornata in fretta e furia e ha chiesto di essere riportata alla stazione di Mestre. Durante il tragitto, Bortoletto ha mantenuto i contatti con le forze dell’ordine, che lo hanno istruito su come agire. Una volta giunti a Mestre, la donna ha tentato di sviare le attenzioni chiedendo di essere lasciata nei pressi del piazzale dei pullman, ma il tassista ha continuato a seguirla a distanza. Accortasi di essere pedinata, la truffatrice si è rifugiata all’interno di un hotel vicino alla stazione, dove è stata bloccata dai carabinieri.
Un bottino di tutto rispetto per una truffatrice venuta da lontano…
All’interno del suo zaino sono stati ritrovati decine di migliaia di euro in gioielli e circa 800 euro in contanti, tutto sottratto con l’inganno all’anziana signora. La donna era stata raggirata con la falsa notizia di un grave incidente stradale causato dalla figlia, che l’avrebbe portata in prigione se non avesse pagato una cospicua cauzione. Giovanni Bortoletto, con i suoi 13 anni di esperienza come tassista, racconta che situazioni strane sono all’ordine del giorno, specialmente nei turni notturni. “Ho visto di tutto, ma questa truffa mi ha colpito per la crudeltà con cui hanno approfittato della buona fede di una madre“, conclude.
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