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Tirchia e felice. Ha pagato il mutuo a 32 anni mangiando insalata scaduta
Diluisce il latte con l’acqua, non spreca nemmeno le patate germogliate e si vanta della sua frugalità. Mentre gli altri si indebitano per una vita, lei ha saldato la casa prima dei 35 anni. Il segreto? Spendere meno, vivere meglio e fregarsene delle critiche.

Nel mondo frenetico di oggi, dove il consumismo domina ogni aspetto della vita, lei ha scelto un sentiero diverso. Non teme di essere chiamata “tirchia”, anzi, lo ha trasformato in un distintivo d’onore. Fatto sta che a 32 anni ha saldato il mutuo, conquistando una libertà finanziaria che molti raggiungono solo dopo una vita di sacrifici.
Bucce di patate e insalata scaduta
Ma il suo segreto non è un guadagno straordinario o un’eredità inattesa. Bensì la frugalità, una disciplina quasi ascetica che guida ogni sua scelta. Su TikTok, è conosciuta come @diaryofacheapskate, “il diario di una tirchia“, e nei suoi video mostra senza vergogna tutti i trucchi che le permettono di spendere meno e accumulare risparmi. Il suo mondo è un universo di strategie e piccoli accorgimenti, un manuale pratico di economia domestica estrema. Diluisce il latte con l’acqua per risparmiare, non butta via le patate germogliate ma le cucina comunque, acquista cibo in scadenza e lo consuma senza problemi. Per questa “tirchia” nulla va sprecato, tutto ha una seconda vita. Per pranzo, si accontenta di una patata al microonde con tonno e maionese, accompagnata da un’insalata che ammette essere già scaduta da qualche giorno. Lo spuntino è composto da biscotti fatti in casa, più economici di quelli confezionati. La cena è un affare di famiglia: sua figlia di nove anni prepara una pizza casalinga.
La frugalità come principio
Si potrebbe pensare che questa esistenza sia un percorso ad ostacoli di privazioni e rinunce, ma per lei non è così. Non vede la sua frugalità come una condanna, ma come un potere. Ogni centesimo risparmiato è un passo verso l’indipendenza finanziaria, verso una vita senza debiti. Il suo matrimonio si basa sulla stessa filosofia. Lei e suo marito lavorano part-time, guadagnano poco, ma in cambio passano più tempo con i loro figli, senza essere schiavi del denaro.
Tirchia si diventa…
Il suo atteggiamento ricorda Zio Paperone, il leggendario papero miliardario che conta ogni moneta con la stessa cura con cui altri contano le stelle. Ma c’è una differenza sostanziale: mentre il vecchio Scrooge McDuck accumula tesori per il puro piacere di possederli, lei vede il risparmio come un mezzo per vivere meglio, per avere il controllo della propria vita. Molti dei suoi follower la criticano, sostenendo che “la vita è troppo breve per fare simili sacrifici”. Ma per lei, i veri sacrifici sono quelli che ti incatenano ai debiti, ai mutui eterni, alle spese inutili che ti obbligano a lavorare fino allo sfinimento. Lei ha spezzato quelle catene, e lo ha fatto con scelte semplici, spesso bizzarre, ma efficaci.
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Italia
Siamo tutti malati di porno! La dipendenza è una malattia reale
Sempre più accessibile e spesso violenta, la pornografia online crea dipendenza, con gravi ripercussioni sulla vita reale e sulla salute sessuale, soprattutto tra i giovani.

La dipendenza da porno è reale. Un fenomeno in crescita che, purtroppo, è ancora troppo spesso sottovalutato o ridicolizzato. La realtà è ben diversa: si tratta di una patologia seria, che affligge un numero crescente di persone, con conseguenze significative sulla loro vita e sulle relazioni. La disponibilità costante e gratuita di contenuti pornografici di ogni tipo, complice l’ampia diffusione di internet e, in particolare, degli smartphone, ha amplificato il problema. Guardare materiale pornografico di per sé non è pericoloso, ma lo diventa quando l’eccitazione si trasforma in una compulsione che genera problemi nella vita quotidiana, nelle relazioni interpersonali e nella salute sessuale dell’individuo.
Le storie reali di una dipendenza silenziosa
Le testimonianze raccolte dal Guardian offrono uno sguardo toccante sulla gravità di questa dipendenza. Tony, un cinquantenne, ha trascorso ben otto anni della sua vita guardando pornografia. Una vera e propria “seconda vita” nascosta a familiari e amici, intensificatasi con l’avvento di internet. Tony descrive il suo comportamento come quello di un tossicodipendente, con ripetuti tentativi di smettere, ma senza successo. La sua dipendenza ha compromesso l’intimità con la sua compagna, generando vergogna e difficoltà nel parlare del suo problema. Il caso di Tony non è affatto isolato. I dati di Ofcom rivelano che solo a maggio 2023, ben un terzo degli adulti del Regno Unito (circa 13,8 milioni di persone) ha guardato contenuti pornografici online. Un dato in crescita, spinto dall’uso massivo dei telefoni cellulari, con una netta predominanza maschile (due terzi del totale).
Stiamo attenti agli adolescenti
Se gli adulti sono a rischio, i giovani lo sono ancora di più. Si stima che nel Regno Unito gli adolescenti vedano il loro primo contenuto pornografico intorno ai 12 anni. Spesso si tratta di materiale violento ed estremo, decisamente inadatto a chi si affaccia per la prima volta al mondo della sessualità. La storia di Jack, un ventenne che ha visto il suo primo porno a 9 anni durante una gita scolastica, è esemplare. La curiosità e l’eccitazione iniziali si sono trasformate in una vera e propria compulsione, portandolo a perdere interesse per la vita quotidiana e le sue gioie. La sua vita sessuale reale ne ha risentito gravemente. La differenza tra la realtà e la rappresentazione idealizzata e spesso distorta dal porno ha creato problemi di disfunzione erettile e insoddisfazione. Jack descrive la difficoltà di mantenere l’erezione per la mancanza di intensità rispetto alla “masturbazione di un tossicodipendente desensibilizzato“, non potendo più “cliccare sui tanti video disponibili per trovare qualcosa di nuovo e più stimolante“.
Come uscire dal porno?
La dipendenza da pornografia è, a tutti gli effetti, una malattia da curare. Come ogni altra dipendenza, richiede un approccio terapeutico specifico per superare la compulsione e ricostruire una vita sana. Non si tratta semplicemente di “smettere di guardare porno“, ma di affrontare le radici psicologiche e comportamentali che alimentano il problema.
Il primo passo è ammettere di avere una dipendenza e di aver bisogno di aiuto. La vergogna, come nel caso di Tony, è un ostacolo significativo, ma superarla è cruciale. La terapia psicologica, in particolare la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), si è dimostrata efficace nel trattamento delle dipendenze. Un terapeuta può aiutare a identificare i fattori scatenanti, a sviluppare strategie di coping e a modificare i modelli di pensiero e comportamento disfunzionali. E’ anche importante partecipare a gruppi di auto-aiuto, come quelli per le dipendenze sessuali o da internet. Può offrire un ambiente di supporto, comprensione e condivisione di esperienze con persone che affrontano problemi simili. Questo riduce il senso di isolamento e fornisce strumenti pratici per la gestione della dipendenza.
In alcuni casi, può essere utile una “disintossicazione” temporanea o permanente dall’accesso a internet e ai dispositivi che consentono l’accesso alla pornografia. L’uso di filtri o blocchi sui dispositivi può essere un aiuto. La terapia può aiutare a riparare le relazioni danneggiate dalla dipendenza e a sviluppare una sessualità sana e appagante, basata sull’intimità e sulla connessione emotiva, piuttosto che sulla stimolazione compulsiva. Indispensabile anche curare una corretta e completa educazione sessuale. Giò. Una educazione che affronti anche i rischi della pornografia online e promuova una visione sana e rispettosa della sessualità, è fondamentale per proteggere i giovani.
Il caso inglese, con le sue statistiche allarmanti, sottolinea l’urgenza di affrontare questo problema a livello sociale e individuale. La dipendenza da pornografia non è un vizio, ma una malattia che richiede cura, empatia e un serio impegno per il benessere delle persone colpite.
Italia
L’Inps avverte gli utenti: attenzione alle truffe online phishing e smishing
L’ente previdenziale lancia una campagna via email per proteggere i cittadini dai raggiri digitali sempre più sofisticati. Ecco come riconoscere e difendersi dagli attacchi.

Le truffe online continuano a evolversi, e i cybercriminali si fanno sempre più abili nel ingannare gli utenti, sfruttando tecniche sempre più sofisticate come il phishing e lo smishing. L’Inps, uno degli enti più colpiti da questi raggiri, ha deciso di prendere provvedimenti, avviando una campagna di email massiva per mettere in guardia i cittadini e aiutarli a riconoscere i tentativi di frode.
Come funzionano il phishing (e lo smishing)?
Il phishing è una pratica fraudolenta che consiste nell’invio di email fasulle, spesso molto simili a quelle di enti ufficiali. L’obiettivo è quello di convincere gli utenti a cliccare su link pericolosi o a fornire informazioni sensibili come codici bancari, credenziali di accesso e dati personali. Lo smishing, invece, è una variante del phishing che utilizza gli SMS per lo stesso scopo. Un messaggio sul cellulare può avvertire l’utente di un presunto rimborso, un problema con il proprio conto o una prestazione da verificare, spingendolo a cliccare su un link e inserire i propri dati. La forza di queste truffe sta nella loro capacità di simulare comunicazioni ufficiali, facendo credere alle vittime di interagire con istituzioni affidabili. Non a caso, molti dei messaggi fraudolenti imitano l’Inps, inducendo i cittadini a compiere azioni che mettono a rischio i loro risparmi e le loro identità digitali.
L’iniziativa dell’Inps per contrastare le truffe
Per fronteggiare questi attacchi, l’Inps ha deciso di mandare email informative ai suoi utenti, spiegando quali sono i segnali che permettono di riconoscere e bloccare le truffe prima che sia troppo tardi. Le email mettono in guardia i cittadini dai tentativi di phishing e smishing, evidenziando le strategie più comuni usate dai truffatori. Solitamente, questi messaggi contengono link sospetti che chiedono di verificare o confermare dati, per presunte prestazioni Inps, rimborsi o richieste amministrative urgenti. Se l’utente cade nel tranello, i truffatori possono aprire conti correnti fraudolenti a suo nome, attivare credenziali SPID o dirottare pagamenti in modo illecito.
Come difendersi dalle truffe digitali
L’Inps raccomanda di seguire poche, ma fondamentali regole, per evitare di cadere vittima di questi raggiri. Nessun ente ufficiale chiederà mai dati sensibili via SMS, email o telefonate. Inoltre, è buona norma controllare sempre l’indirizzo del sito su cui si sta navigando: il dominio ufficiale dell’Inps è www.inps.it, e qualsiasi variazione sospetta può essere un indizio di truffa. Un altro segnale da tenere d’occhio sono gli errori ortografici nei messaggi, oltre alla classica pressione sulla “urgenza” per spingere l’utente a agire immediatamente senza pensarci troppo. Chi sospetta di aver ricevuto un messaggio fraudolento può consultare il vademecum anti-truffe sul sito dell’Inps e segnalare il caso direttamente alla Polizia Postale, compilando il modulo online dedicato.
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Allarmanti echi del passato: un cartello antisemita a Milano riporta alla mente le discriminazioni del nazismo
Un cartello con la scritta “Israeliani e sionisti non sono benvoluti qua”, apparso su una vetrina nel centro di Milano, ha suscitato polemiche e preoccupazioni. Questo episodio richiama alla memoria le discriminazioni contro gli ebrei nella Germania nazista, sottolineando l’importanza di ricordare la storia per evitare di ripeterla.

Due giorni fa, un cartello con la scritta in ebraico “Israeliani e sionisti non sono benvoluti qua” è stato affisso sulla vetrina di un negozio in zona Moscova, nel pieno centro di Milano. Sebbene il cartello sia stato successivamente rimosso, l’immagine ha fatto il giro dei social media, scatenando polemiche e indignazione. Roberto Della Rocca, membro della Camera di commercio israelo-italianache ha condiviso la foto su Facebook, ha commentato: “Di nuovo la solita insalata dovuta o a mala fede, spesso di matrice antisemita, o ad acefalite, di matrice genitoriale” .
Le ragioni del negoziante
“Noi non siamo antisemiti e nemmeno razzisti. Non vogliamo essere manipolati” spiega invece il titolare della merceria di via Statuto, dove è comparso il cartello. Ora è stato tolto e rimane solo quello per la pace e ‘Stop the War’. L’uomo è restio a parlare sulla soglia del negozio, ma poi si sfoga, dopo le critiche scatenate e l’attenzione mediatica generata dal suo gesto. “Noi siamo contro il massacro, basta. Il cartello in ebraico per nostra sicurezza lo abbiamo tolto – spiega -, perché è stato interpretato male e mi dispiace e mi fa arrabbiare molto. Noi siamo contro questa strage, per la pace”.
Paralleli con la Germania nazista
Un episodio che non può che evocare ricordi inquietanti delle discriminazioni contro gli ebrei nella Germania nazista. Nel 1933, i nazisti iniziarono un boicottaggio dei negozi ebraici, affiggendo cartelli con scritte come “Non acquistare dagli ebrei!” e “Gli ebrei sono la nostra disgrazia!” . Queste azioni furono i primi passi verso l’esclusione sistematica degli ebrei dalla vita pubblica e l’inizio di persecuzioni sempre più gravi.
L’Importanza della Memoria Storica
Il fatto di Milano sottolinea l’importanza di ricordare la storia per evitare pericolosi rigurgiti. Come affermava il filosofo George Santayana, “Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla”. La comparsa di simboli e slogan antisemiti, anche se isolati, deve essere presa sul serio e contrastata con decisione.
Reazioni e condanne
La comunità ebraica e le autorità locali hanno espresso preoccupazione per l’accaduto. Episodi simili si sono verificati in passato a Milano, come le scritte antisemite comparse nel 2023 nei bagni di un centro diagnostico e di una panetteria nel quartiere ebraico . Questi atti dimostrano la necessità di vigilare costantemente contro l’antisemitismo e ogni forma di discriminazione, facendo da campanello d’allarme sulla fragilità della convivenza civile e sull’importanza di combattere ogni forma di odio e intolleranza. Solo attraverso la memoria e l’educazione possiamo costruire una società più giusta e inclusiva, dove simili episodi non abbiano più spazio. Ma si sa… la mamma degli stupidi è sempre incinta.
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