Mondo
Baseball e benedizioni. Papa Leone XIV è un tifoso dei White Sox (ma i Cubs non ci stanno)
Dopo l’elezione, Chicago si interroga: il pontefice sostiene i Cubs o i White Sox? Il fratello John svela la verità, tra maglie inviate in Vaticano e rivalità sportive che arrivano oltre Piazza San Pietro.

L’Illinois ha dato alla Chiesa il suo primo pontefice americano, ma a Chicago l’entusiasmo per l’elezione di Papa Leone XIV ha lasciato subito spazio a un’altra questione fondamentale. Ma per quale squadra di baseball fa il tifo? Lungo Michigan Avenue, tra chi si congratula per il nuovo papa e chi riflette sulla portata storica dell’evento, un interrogativo serpeggia tra i passanti: è un uomo da Cubs o da White Sox? La sfida è subito diventata virale. I Chicago Cubs, forse sperando di mettere subito le mani sul cuore sportivo del pontefice, hanno rivendicato sui social: “Prevost è dei nostri!“. E avevano una teoria per supportarlo: la madre del papa era una tifosa dei Cubs, cresciuta nel North Side della città.
Ma la gioia della squadra del Wrigley Field ha avuto vita breve. A smentirli ci ha pensato John Prevost, fratello di Leone XIV, che ha rilasciato una dichiarazione chiara ai media. “Chiunque abbia parlato dei Cubs alla radio si è sbagliato. Mio fratello tifa i Sox.” Il South Side ha esultato. La risposta è diventata ufficiale e i White Sox, con la velocità di un fuoricampo, hanno subito celebrato l’accoglienza di un tifoso d’élite. “Hey Chicago, è un fan dei Sox!“, hanno scritto sui social e allo stadio, annunciando di aver già inviato una maglia e un cappello direttamente in Vaticano.
Una benedizione sportiva
Certo, una cosa è sicura: alcune cose sono più grandi del baseball, ma per i Sox l’idea di avere un pontefice dalla loro parte è una benedizione sportiva. Soprattutto in una stagione iniziata non nel migliore dei modi. E se il baseball è la sua passione da tifoso, Leone XIV ha anche un lato più competitivo: è un tennista dilettante, e lo ha ammesso lui stesso. “Mi considero un tennista di tutto rispetto,” ha dichiarato, aggiungendo di non vedere l’ora di tornare in campo dopo il trasferimento dal Perù. Certo, il nuovo ruolo non gli lascia molto tempo libero, ma se c’è una partita da giocare, sembra che il papa non si tiri indietro. I Cubs accetteranno questa rivelazione o tenteranno di conquistare il tifoso più influente del mondo? In ogni caso, pare che il Vaticano abbia un nuovo colore nelle sue stanze: il bianco e il nero dei Chicago White Sox.
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Mondo
Sarkozy in carcere? Un’onta per la Francia e per l’Europa
Una condanna senza prove definitive e un esito che inquieta tutta l’Europa. Carla Bruni al suo fianco, tra orgoglio e malinconia: “Love is the answer”.

I giornali francesi lo hanno spiegato chiaramente: il ricorso in appello non sospende la sentenza. Nicolas Sarkozy, presidente della Repubblica francese dal 2007 al 2012, rischia davvero di finire in prigione. È un caso giudiziario opaco, senza prove dirette di finanziamenti illeciti, ma con una pena pesante che pesa come un macigno sulla storia recente d’Europa.
Un ex capo di Stato dietro le sbarre sarebbe un oltraggio penoso per la Francia e un colpo alla sua immagine nel mondo. In nessun Paese europeo del dopoguerra un presidente è mai stato rinchiuso in carcere. Per questo, il caso Sarkozy non riguarda soltanto Parigi, ma l’intera Europa, che nella Francia ha sempre visto una delle sue madri culturali e politiche.
Il rischio è che l’Europa stessa, con questo precedente, scivoli verso modelli sudamericani, dove la democrazia spesso si piega al populismo giudiziario e al rancore politico. In Italia non è mai accaduto nulla di simile, sebbene anche la nostra storia sia punteggiata da cadute rovinose: dal presidente Giovanni Leone costretto alle dimissioni alle campagne giudiziarie di Mani Pulite, fino alla fine amara di Bettino Craxi a Hammamet, alla condanna ai servizi sociali di Silvio Berlusconi, e ai processi infiniti a Giulio Andreotti. Ma la galera, per un capo di Stato, mai.
Ecco perché il caso Sarkozy fa tremare l’opinione pubblica francese. L’ex presidente continua a dichiararsi innocente, mentre i giudici restano fermi nelle loro posizioni. Accanto a lui, Carla Bruni, che ha seguito ogni udienza con discrezione e dignità, si è trasformata nella sua più fedele alleata. Il suo commento, semplice e poetico, riassume in una frase tutta la tragedia umana di questa vicenda: “Love is the answer”.
Un messaggio d’amore, ma anche di sfida. Come se la moglie dell’ex presidente volesse ricordare al mondo che, al di là dei tribunali e delle sentenze, c’è ancora un uomo, un simbolo e una nazione che rischiano di perdere la propria misura.
Mondo
Il padre di Papa Leone XIV, eroe del D-Day: Louis Marius Prevost tra lo sbarco in Normandia e la fede
Louis Marius Prevost, padre di Papa Leone XIV, prese parte allo sbarco in Normandia il 6 giugno 1944 come ufficiale della Marina degli Stati Uniti. Stimato per disciplina e dedizione, partecipò anche all’Operazione Dragoon nel sud della Francia, prima di rientrare in patria e dedicarsi alla scuola e alla comunità religiosa. Una vita segnata da senso del dovere e fede, eredità che il figlio ha portato fino al soglio pontificio.

Il destino della famiglia Prevost si intreccia con la Storia. Louis Marius Prevost, padre di Papa Leone XIV, classe 1920, fu uno degli ufficiali della Marina statunitense impegnati nello sbarco in Normandia, il 6 giugno 1944. A rivelarlo sono i documenti conservati al National Archives and Records Administration di St. Louis, Missouri, che raccontano la parabola di un giovane americano arruolato con il programma di addestramento accelerato V-7.
Il 24 novembre 1943 ottenne il grado di guardiamarina della Riserva Navale, e poco dopo partì per l’Europa. Imbarcato sulla USS LST-286, una nave da sbarco in grado di trasportare uomini, mezzi e carri armati, partecipò al D-Day, uno degli eventi che segnarono la fine della morsa nazifascista. Nel 1944 prese parte anche all’Operazione Dragoon, lo sbarco nel sud della Francia.
I fascicoli ufficiali riportano come i suoi superiori ne apprezzassero le capacità organizzative, lo spirito di abnegazione e il senso del dovere. Qualità che gli valsero la promozione a tenente di vascello. Dopo quindici mesi di missione oltreoceano, Prevost fece ritorno negli Stati Uniti, dove scelse di dedicarsi all’educazione e alla vita comunitaria: divenne preside scolastico e catechista, continuando a trasmettere i valori di disciplina e servizio.
Il 25 gennaio 1949 sposò Mildred Agnes Martinez, dalla quale ebbe tre figli. Proprio il terzogenito, Robert Francis, sarebbe diventato, esattamente ottant’anni dopo la fine della guerra in Europa, Papa Leone XIV.
Una coincidenza simbolica, che lega la forza silenziosa di un padre soldato alla missione spirituale di un figlio chiamato a guidare la Chiesa cattolica.
Mondo
Sarkozy condannato a cinque anni: “Un’ingiustizia, ma dormirò in carcere a testa alta”. Carla Bruni contro la stampa
“Farò appello, io sono innocente”: Nicolas Sarkozy non si arrende dopo la sentenza che lo porterà presto in cella. L’ex capo dell’Eliseo parla di “gravità estrema per lo stato di diritto”. La moglie Carla Bruni protesta all’uscita dal tribunale, mentre Marine Le Pen denuncia la violazione della presunzione di innocenza.

Cinque anni di condanna, tre da scontare e due con la sospensione. Nicolas Sarkozy ha accolto il verdetto del tribunale di Parigi con parole di sfida, consapevole che l’ex presidente della Repubblica francese entrerà tra pochi giorni in carcere. Una decisione che arriva al termine di un’inchiesta durata oltre un decennio e che lo stesso imputato definisce “uno scandalo giudiziario”.





“Se vogliono che io dorma in carcere, ebbene dormirò in carcere, ma a testa alta. Io sono innocente. Questa ingiustizia è di una gravità estrema. Non confesserò mai qualcosa che non ho commesso. Naturalmente farò appello”, ha detto Sarkozy davanti alle telecamere, subito dopo la lettura della sentenza. Il procedimento riguardava i presunti finanziamenti illeciti provenienti dalla Libia di Muammar Gheddafi per sostenere la sua campagna del 2007.
Il tribunale, dopo anni di indagini, ha riconosciuto che la prova definitiva non è stata trovata. Lo stesso Sarkozy ha insistito su questo punto: “Più di dieci anni di inchiesta, milioni di euro spesi per cercare un finanziamento libico che il tribunale ha detto di non essere riuscito a trovare.”
La scena si è fatta tesa anche all’esterno dell’aula. Carla Bruni, moglie dell’ex presidente, ha reagito con rabbia strappando il coprimicrofono di Mediapart, il giornale d’inchiesta che più di dieci anni fa aveva portato alla luce i primi elementi del caso. Un gesto che mostra la frattura tra la coppia Sarkozy e una parte della stampa francese.
In serata, a smuovere ulteriormente il dibattito, è intervenuta Marine Le Pen. La leader del Rassemblement National ha parlato di “grande pericolo per i principi del diritto” e ha puntato il dito contro la scelta dei giudici di disporre l’incarcerazione immediata: “Si nega la presunzione di innocenza con l’esecuzione provvisoria della pena.”
La Francia si ritrova così divisa tra chi considera la condanna un atto di giustizia egualitaria e chi la interpreta come un segno di accanimento giudiziario contro una figura simbolo. Sarkozy, intanto, prepara l’appello, deciso a giocarsi l’ultima carta in un processo che segnerà non solo la sua storia personale, ma anche l’immagine della Quinta Repubblica.
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