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Liquid Death, l’acqua in lattina che… ammazza il portafoglio

Più che altro sembra una operazione di marketing. E in effetti lo è. La Morte Liquida (Liquid Death) è il nome di una startup miliardaria che vende acqua in lattina a costi da star. Il prodotto ha impostato la sua comunicazione su ironia e frasi dissacranti che piacciono molto alla Generazione Z. Infatti si ritrova con oltre 8 milioni di follower sui social network (5 milioni solo su TikTok) e vale economicamente già 1,4 miliardi di dollari.

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    Più che altro sembra una operazione di marketing. E in effetti lo è. La Morte Liquida (Liquid Death) è il nome di una startup miliardaria che vende acqua in lattina a costi da capogiro. Il prodotto ha impostato la sua comunicazione su ironia e frasi dissacranti che piacciono molto alla Generazione Z. Infatti si ritrova con oltre 8 milioni di follower sui social network (5 milioni solo su TikTok) e vale economicamente già 1,4 miliardi di dollari.

    Ammazza la tua sete

    L’azienda, fondata nel 2017 a Los Angeles, Mike Cessario, vende acqua, liscia e frizzante in lattina con diversi gusti. Di più c’è che intorno all’acqua ha creato una immagine su misura che piace ai giovanissimi, gli sportivi e i frequentatori di concerti. La startup si chiama così sia perché l’acqua permette di “uccidere la sete” e uno dei suoi slogan più noti è Death to Plastic, cioè Morte alla Plastica. Nella campagna di lancio sui social la startup ha utilizzato slogan e video ironici e dissacranti. Per esempio? Berry it Alive (un gioco di parole tra “bury”, seppellire, e “berry”, frutti di bosco), Cherry Obituary (il “necrologio alla ciliegia”). E ancora Squeezed to Death (“spremuta da morire”), Grim Leafer (la “triste mietitrice”) e appunto “murder your thirst”, cioè “ammazza la tua sete”.

    40 euro per 12 lattine

    Il prezzo molto caro sembra non interessare i sostenitori di Liquid Death, soprattutto giovani e giovanissimi. La startup ha costruito la sua immagine utilizzando una strategia di comunicazione diversa e fuori dagli schemi. Piaciuto subito a Live Nation, uno dei colossi nell’organizzazione di concerti e vendita di biglietti che ha investito centinaia di milioni di dollari. Inoltre Liquid Death è piaciuta a Josh Brolin attore di culto negli Usa con molto seguito, e non solo. Ci credono anche fondi di investimento (per esempio SuRo Capital e Gray’s Creek Capital Partners) e diversi finanziatori a caccia d’affari. L’ultimo da 67 milioni di dollari ha portato il valore complessivo dell’azienda oltre 1,4 miliardi. Fra i fan di questa acqua anche i testimonial Deandre Hopkins, star del football americano e il comico Neal Brennan.

    La startup è presente in più di 110mila punti vendita per ora solo negli Stati Uniti e nel Regno Unito e finora ha venduto oltre 260 milioni di dollari di merce ma solo nei negozi. In Italia la si può acquistare online. “Free shipping to Italia on all orders above €120.00” recita uno slogan sul sito. Certo l’acqua che ammazza la sete non costa poco. Su Amazon 12 lattine si trovano a circa 40 euro. Ma è solo acqua, dicono i detrattori. Qualcuno li ha paragonati alla catena Starbucks che alla fine vende caffè che abbiamo anche a casa, ma lo fa in un ambiente e con una modalità diversa che piace.

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      L’uomo Del Monte ha detto stop: bancarotta storica per l’icona americana delle conserve

      Fondata nel 1886, la Del Monte era sinonimo di qualità e praticità. Ma frutta in scatola, verdure conservate e succhi oggi non bastano più. Il debito di 1,2 miliardi e la perdita d’identità mettono fine a un’epoca.

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        L’uomo Del Monte ha detto stop. Stavolta per davvero. Dopo 139 anni, la leggendaria azienda alimentare statunitense Del Monte Foods ha dichiarato bancarotta. Il 1° luglio 2025, la società ha fatto ricorso al Chapter 11, lo strumento legale che permette la ristrutturazione del debito sotto il controllo del tribunale, nel tentativo di salvare ciò che resta di un impero ormai in frantumi.

        Una crisi annunciata. Le vendite crollano, il debito supera 1,2 miliardi di dollari, e la storica azienda — resa celebre da uno spot iconico degli anni ’80 con un distinto signore in bianco che assaggiava frutta matura — non riesce più a reggere il confronto con un mercato profondamente mutato.

        Oggi i consumatori chiedono freschezza, sostenibilità, tracciabilità. La frutta in scatola è passata da simbolo di progresso a prodotto percepito come vecchio e superato. E anche le private label, con prezzi più bassi e qualità crescente, hanno rosicchiato quote di mercato al colosso americano.

        Del Monte ha provato a rispondere. Packaging sostenibili, linee “healthy”, porzioni monodose. Ma la trasformazione è arrivata tardi e con scarso impatto. Nemmeno il prestito d’emergenza da 900 milioni di dollari, concesso da alcuni creditori, sembra sufficiente a evitare il collasso.

        Fondata in California nel 1886, la società aveva resistito a guerre, crisi e rivoluzioni industriali. Ma non ha superato la rivoluzione culturale del carrello della spesa.

        Niente chiusura immediata, ma la Del Monte che conoscevamo non esiste più. Quel sì sussurrato dall’uomo in panama ora è diventato un no secco, definitivo. E per una volta, nessuno può dargli torto.

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          Elon Musk lancia l’idea dell’“America Party”: così può fregare Trump e aiutare i Democratici

          Il sogno di Elon Musk non è solo spaziale: ora punta alla politica. E nel giorno del 4 luglio, la festa dell’Indipendenza americana, ha pubblicato su X un sondaggio destinato a far discutere: “Dovremmo creare il partito dell’America?” La proposta è quella di un terzo soggetto politico, indipendente, capace di spaccare il sistema bipartitico USA e diventare ago della bilancia alle prossime elezioni. Una provocazione? Forse. Ma anche una strategia. E Grok, la sua intelligenza artificiale, ha già fatto i conti

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            Il post di Musk ha totalizzato in poche ore oltre 30 milioni di visualizzazioni e più di 45 mila commenti. Ma non è una sparata a caso: risponde infatti a chi gli chiedeva che impatto potrebbe avere un “America Party” alle elezioni di medio termine del 2026 o, peggio per Trump, alle presidenziali del 2028.

            Musk ha una sua teoria molto chiara: non serve conquistare tutto, basta colpire bene. «Concentrarsi su 2 o 3 seggi chiave al Senato e 8-10 collegi alla Camera – ha spiegato – sarebbe sufficiente per diventare decisivi sulle leggi più controverse. Con i margini attuali, ogni voto conta».

            Grok analizza: “Basta il 5% per cambiare tutto”

            A elaborare la visione è Grok, il sistema IA integrato su X e creato proprio da Musk. Secondo Grok, un partito alternativo potrebbe ottenere tra il 5 e il 10% in diversi Stati incerti come Pennsylvania, Georgia, Wisconsin, Nevada, Michigan e Arizona. Abbastanza per spezzare l’asse repubblicano e, paradossalmente, favorire i Democratici. Esattamente come accadde con Ross Perot nel 1992, che tolse voti a Bush padre e spianò la strada a Clinton.

            Nel suo report, Grok sottolinea: “Il successo dipenderà dall’accesso alle schede elettorali e dai finanziamenti”. E sui soldi Musk non ha problemi: con il suo patrimonio personale può autofinanziare una campagna nazionale e, soprattutto, controllare direttamente la piattaforma di comunicazione più efficace: X.

            Il vero rischio per Trump

            La mossa è di quelle che potrebbero tagliare le gambe al tycoon. Perché anche un 7-8% di voti in meno in alcuni Stati chiave potrebbe fare la differenza nel Collegio Elettorale. E se Trump si ritrovasse beffato da Musk, non sarebbe solo uno smacco politico, ma personale. La guerra dei miliardari, insomma, è appena cominciata. E questa volta non si combatte su Marte, ma nei seggi americani.

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              Putin resuscita Intervision per sfidare l’Occidente e annuncia: “Gli Stati Uniti ci saranno sul palco”

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                Mancano 78 giorni. Un maxi-schermo in piazza del Maneggio, davanti al Cremlino, scandisce il conto alla rovescia verso un evento che sembra uscito dagli archivi della Guerra fredda: il ritorno di Intervision, la versione sovietica dell’Eurovision. E la notizia che scuote la diplomazia internazionale è una sola: tra i partecipanti ci saranno anche gli Stati Uniti.

                Sì, proprio loro. Lo conferma la Tass, agenzia stampa russa: Washington invierà una delegazione al festival musicale voluto da Vladimir Putin per riaffermare i “valori tradizionali” contro le derive “globaliste” di Eurovision. La kermesse andrà in scena a Mosca il 20 settembre, con delegazioni di Paesi “amici” come Cina, Iran, Venezuela, Cuba, Bielorussia, Qatar e Serbia. E ora anche gli Usa.

                Intervision, o Intervidenie in russo, è molto più di un concorso musicale. È una dichiarazione di intenti. Dopo l’esclusione della Russia da Eurovision nel 2022 – a causa della guerra in Ucraina – il Cremlino ha scelto di creare una propria vetrina musicale, completamente scollegata dai valori occidentali. “Un festival per famiglie, patriottico e sovrano”, ha detto il ministro della Cultura russo. E lo sarà: a rappresentare Mosca ci sarà Shaman, idolo pop ultranazionalista, famoso per il brano “Sono russo”. Nella giuria siederà anche Igor Matvienko, fondatore dei Liubè, il gruppo preferito di Putin.

                Ma è la presenza americana a rendere l’evento esplosivo. Per ora non si conosce l’identità del cantante o del gruppo che rappresenterà gli Usa. C’è chi ipotizza un artista vicino all’ambiente trumpiano, magari per lanciare un messaggio preciso in vista delle elezioni. Intanto, l’Ucraina protesta: “È propaganda russa”, ha detto il ministero degli Esteri, invitando i Paesi alleati a boicottare il festival.

                La verità è che Putin vuole riscrivere la geopolitica anche con le canzoni. E questa volta, il microfono diventa un’arma.

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