Connect with us

Mondo

Ryanair alle strette per il bagaglio a mano. Fioccano sentenze…

Un tribunale spagnolo ha costretto Ryanair a rimborsare il costo del bagaglio a mano di un passeggero, dichiarando illegittimi i sovrapprezzi imposti dalla compagnia. La decisione potrebbe segnare una svolta nel settore dei voli low cost.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Per i viaggiatori abituati a volare con Ryanair, il bagaglio a mano è diventato negli ultimi anni una vera e propria battaglia economica. La politica della compagnia irlandese ha spesso imposto costi aggiuntivi per portare una valigia in cabina, con regole stringenti su peso e dimensioni. Ora, però, una sentenza del tribunale di Salamanca potrebbe cambiare le cose. Il giudice spagnolo, nfatti, ha stabilito che il bagaglio a mano è una parte essenziale del trasporto aereo e deve essere incluso nel costo del biglietto, purché rientri in limiti ragionevoli. Questo ha portato Ryanair a dover rimborsare 147 euro a un passeggero che, tra il 2019 e il 2024, ha pagato supplementi per poter portare la sua valigia con sé.

    Colpo basso ai low cost?

    La decisione del tribunale spagnolo si inserisce in un contesto più ampio, in cui i giudici europei stanno sempre più spesso intervenendo sulle politiche delle compagnie aeree. Il problema, secondo le autorità, non è tanto l’applicazione di restrizioni su peso e dimensioni, quanto la mancanza di trasparenza nella comunicazione ai viaggiatori. Secondo la legge spagnola sulla navigazione aerea, il bagaglio a mano è un elemento fondamentale del servizio di trasporto e, quindi, non può essere separato dal biglietto. Tuttavia, le compagnie mantengono il diritto di applicare tariffe per bagagli più grandi o extra, ma senza eccessi che penalizzino ingiustamente i consumatori.

    Bagaglio a mano sempre gratuito? Sì, no, nì…

    La sentenza di Salamanca non sancisce un diritto assoluto al bagaglio a mano gratuito, ma rafforza il principio che un supplemento deve essere giustificato e non può derivare da un criterio troppo severo. Diverse sentenze, in Italia e in Europa, stanno andando nella stessa direzione: il bagaglio a mano dovrebbe essere parte integrante del viaggio, non un’opzione extra. Tuttavia, la legge europea non ha ancora stabilito regole comuni, lasciando alle compagnie ampia discrezionalità su prezzi e regolamenti.Le associazioni dei consumatori stanno già lavorando per una maggiore regolamentazione in questo ambito, cercando di ottenere norme più chiare e omogenee per tutti i vettori. Nel frattempo, i passeggeri potrebbero avere buone possibilità di ottenere rimborsi, soprattutto se ritengono di aver pagato ingiustamente supplementi per bagagli di dimensioni ragionevoli.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Mondo

      I giapponesi sonnecchiano, i francesi ronfano. Chi dorme non piglia pesci… o sì?

      Dal Giappone, dove il riposo è un lusso, alla Francia, patria dei dormiglioni: uno studio rivela che la quantità di sonno ideale varia da Paese a Paese. E no, non è sempre questione di pigrizia.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

        Se c’è un argomento su cui il mondo intero potrebbe litigare (oltre alla pizza con l’ananas), è il numero perfetto di ore di sonno. Perché mentre per i giapponesi le occhiaie sono un distintivo d’onore, in Francia sembra che la vita sia una grande e ininterrotta siesta. E adesso, grazie a una ricerca dell’Università della British Columbia, scopriamo che non esiste una quantità di sonno universale, ma che dipende dal contesto culturale.

        I giapponesi e la guerra al cuscino

        Partiamo dagli estremi. In Giappone, il riposo è praticamente un’attività sovversiva. La media di sonno è di appena 6 ore e 18 minuti a notte, il dato più basso tra i 20 Paesi esaminati. Chi si illude di trovare giapponesi beatamente addormentati nei letti di casa, sbaglia: li troverà invece a sonnecchiare in metrò, in ufficio e persino in piedi, perché il famoso inemuri (dormire a metà) è socialmente accettato. D’altronde, chi lavora tanto, merita di recuperare ovunque possa.

        Francia, il regno dei dormiglioni

        Dall’altro lato dello spettro ci sono i francesi, che raggiungono quasi 8 ore di sonno a notte. In un mondo in cui tutto corre e il tempo per riposarsi sembra una chimera, in Francia la qualità della vita passa anche per il letto. D’altronde, se la gastronomia è un’arte, perché non lo dovrebbe essere anche dormire?

        Tra questi due estremi si piazzano la maggior parte degli altri Paesi, con sonni medi di 7-7 ore e 30 minuti, dal Belgio al Sudafrica, passando per la Nuova Zelanda e il Regno Unito.

        Dormire poco fa male? Non sempre

        Ma a questo punto, la domanda sorge spontanea: i giapponesi vivono male perché dormono meno? Secondo la ricerca, non necessariamente. Gli scienziati hanno scoperto che non esiste un impatto negativo sul benessere quando il numero di ore di sonno è coerente con la cultura di riferimento. In pratica, se tutta la società è abituata a dormire meno, il corpo sembra adattarsi senza subire conseguenze eccessive. Un’idea affascinante, che suggerisce che le linee guida sul sonno dovrebbero essere più flessibili, e non solo basate su calcoli biologici.

        Il sonno cambia con l’età e il genere

        Oltre al fattore culturale, anche l’età e il genere giocano la loro parte. I neonati dormono tantissimo, ma si svegliano in continuazione. Gli adolescenti non vorrebbero mai andare a letto, salvo poi rimanere svegli a guardare video assurdi fino alle 2 del mattino. Gli anziani, invece, faticano a riposare, ma sono esperti nell’arte del pisolino pomeridiano. Le donne, poi, tendono a dormire meno rispetto agli uomini fin dall’adolescenza. Soffrono più spesso d’insonnia e, secondo alcuni studi, sognano meno. Qualcuno potrebbe obiettare che le mamme sono solo fin troppo abituate a non chiudere occhio. Alla luce di tutto ciò, la morale sembra essere che non esiste una regola universale sul sonno, ma è importante che la propria quantità di riposo sia coerente con il contesto di vita.

          Continua a leggere

          Mondo

          L’amore proibito dei nonni di Leone XIV: scandali, arresti e un cognome nuovo

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

            Quella dei nonni di Papa Leone XIV sembra una storia uscita da un romanzo di inizio Novecento, tra scandali, amori proibiti e un’identità reinventata. A far parlare è la vicenda di Salvatore Giovanni Riggitano, nonno paterno del pontefice, e della sua relazione con Suzanne Fontaine, una donna che avrebbe cambiato il corso della sua vita e quello della sua discendenza.

            L’amore proibito e l’arresto

            Nel 1908, la città di Chicago viveva un’epoca di fervore culturale e sociale. Nei circoli esclusivi dell’élite cittadina, come il Lovers of Italy, si incontravano persone colte e influenti. Proprio in quel club, Salvatore Riggitano, un emigrato siciliano, insegnante di musica e lingue, conobbe Suzanne Fontaine, figlia di una delle famiglie francofone più rispettate della città. Tra i due nacque una passione travolgente, ma c’era un problema. Salvatore era già sposato con Daisy Hughes, una donna determinata a difendere il proprio onorabilità a ogni costo. Quando Hughes scoprì la relazione, non esitò a portare i due amanti in tribunale, accusandoli di condotta indecorosa.

            Il caso finì sulle pagine dei giornali scandalistici dell’epoca, con titoli sensazionalistici che descrivevano la vicenda come uno scandalo morale senza precedenti. Riggitano e Fontaine furono arrestati, esposti al giudizio di una società rigida e perbenista. Eppure, nonostante tutto, decisero di rimanere insieme per tutta la vita.

            Perché Leone XIV si chiama Prevost?

            L’arresto segnò una svolta per Salvatore. Per sottrarsi al disonore e ricostruire la propria vita, decise di cambiare nome, adottando il cognome Prevost, quello della madre di Suzanne Fontaine. In questo modo, cercò di lasciarsi alle spalle il passato e dare vita a una nuova famiglia con l’amata Suzanne.

            La discendenza di questa coppia avrebbe portato, un secolo più tardi, al soglio pontificio. Nel 1917 nacque il loro primo figlio, John Centi Prevost, seguito nel 1920 da Louis Prevost, futuro padre di Papa Leone XIV. Non tutto della vicenda è chiaro. I registri pubblici mostrano una realtà frammentata: non si sa con certezza se Salvatore e Daisy Hughes abbiano mai formalizzato un divorzio. E neppure se Salvatore e Suzanne si siano mai sposati ufficialmente. Quello che è certo è che il loro amore durò fino alla fine. Salvatore morì nel 1960, ma la sua scelta di prendere il cognome Prevost continua a vivere nella storia, arrivando fino al Vaticano con l’elezione di Papa Leone XIV.

              Continua a leggere

              Mondo

              Netanyahu non si accontenta più del tiro a segno sui palestinesi: ora spara anche agli italiani

              Il premier israeliano, ormai allergico a ogni forma di limite, trasforma anche i diplomatici stranieri in bersagli. Tajani protesta, la UE si indigna, ma da Tel Aviv arrivano solo frasi di circostanza. Se non è una guerra totale, ci assomiglia parecchio.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Netanyahu ha un nuovo sport preferito: il tiro al diplomatico. Dopo mesi di bombardamenti a tappeto sulla popolazione palestinese, adesso Tel Aviv ha deciso che non bastano più i civili, le ambulanze e i giornalisti. Tocca anche ai rappresentanti internazionali. E tra loro c’era pure un italiano.

                Succede a Jenin, campo profughi nella Cisgiordania occupata. Una delegazione composta da oltre trenta diplomatici di mezzo mondo – tra cui il viceconsole italiano Alessandro Tutino – si trovava lì per una visita ufficiale, concordata, autorizzata, scortata. L’Idf, l’esercito israeliano, ha pensato bene di accoglierli sparando colpi in aria. Un modo singolare di dire “benvenuti”, ma d’altronde chi osa avvicinarsi alla realtà dell’occupazione, oggi, rischia di essere preso a fucilate.

                Nessun ferito, per miracolo. Ma la sostanza non cambia: Israele ha sparato contro una delegazione diplomatica. Punto.

                Il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani ha protestato via X, ricordando che “le minacce ai diplomatici sono inaccettabili”. Una nota diplomatica che, nel delirio bellico di Netanyahu, suona come una cartolina da Capri a chi sta radendo al suolo Gaza con i bulldozer e gli F-16.

                La risposta israeliana è da manuale: “Erano fuori percorso”. Una scusa che fa ridere se non fosse tragica. Non importa che il tragitto fosse stato approvato, né che i diplomatici indossassero giubbotti identificativi. Quando ti trovi nella terra di nessuno voluta da Netanyahu, vale solo una regola: chiunque non sia armato fino ai denti è un bersaglio potenziale.

                Nel gruppo erano presenti anche funzionari di Francia, Spagna, Regno Unito, Canada, Russia, Cina, Egitto, e decine di altri. Ma il messaggio è universale: chi prova a guardare cosa succede nei territori occupati, può finire nel mirino. Letteralmente.

                La UE ha chiesto spiegazioni. La Spagna ha condannato. L’Onu tace. E Netanyahu sorride.

                Perché in fondo non è un errore. È il metodo. È l’avvertimento. È l’arroganza di chi si sente autorizzato a tutto, protetto da una comunità internazionale che balbetta e da alleati che non pongono mai un limite.

                Oggi un colpo in aria. Domani? Forse un colpo in petto. E poi ci diranno che il diplomatico si era “allontanato dal percorso”.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù