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Imane Khelif: la campionessa che sfida i pregiudizi e ispira il mondo

Dall’Algeria al tetto del mondo: una medaglia d’oro, un docufilm in arrivo e l’impegno per i bambini con l’Unicef.

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    Imane Khelif, 25 anni, è una campionessa che ha fatto della determinazione e della resilienza il suo marchio distintivo. Nata a Tiaret, in Algeria, è cresciuta in una famiglia numerosa e modesta, ma ha saputo trasformare le difficoltà in trampolini di lancio per i suoi sogni. La sua passione per la boxe, nata quasi per caso, l’ha portata a conquistare una medaglia d’oro olimpica e ad affermarsi come un’icona dello sport internazionale.

    Una carriera costruita sul sacrificio

    L’inizio non è stato semplice. La boxe femminile in Algeria era poco incoraggiata e i limiti economici e sociali erano tanti. Imane, però, non si è arresa. A 17 anni ha iniziato ad allenarsi in una palestra a 10 chilometri da casa, affrontando viaggi in condizioni difficili e trovando soluzioni creative, come vendere materiali riciclabili, per finanziare i suoi allenamenti. Il primo incontro con il ring è stato una rivelazione: in poco tempo ha vinto la sua prima medaglia d’oro e non si è più fermata.

    La medaglia d’oro conquistata alle Olimpiadi di Parigi non è bastata a proteggere Imane Khelif da una campagna di disinformazione senza precedenti. La sua partecipazione ai Mondiali di boxe 2023, interrotta a causa dei livelli di testosterone superiori ai limiti previsti dalla federazione internazionale, è stata strumentalizzata per diffondere false notizie sulla sua identità di genere.

    Tra attacchi e riscatto

    La sua carriera non è stata solo una storia di successi. Durante le Olimpiadi di Parigi 2024, Imane è stata vittima di una campagna di odio e manipolazione mediatica, alimentata da esponenti politici e celebrità internazionali. Insulti e accuse legati alla sua ammissibilità di genere hanno cercato di oscurare il suo talento, ma Imane ha risposto nel modo migliore: vincendo l’oro olimpico. “Le medaglie parlano più delle chiacchiere,” ha dichiarato, mostrando la sua forza mentale oltre che fisica.

    Dalla disinformazione al linciaggio mediatico

    Da semplici voci di corridoio, le speculazioni sulla presunta transizione di Khelif si sono trasformate in una vera e propria campagna di odio sui social media. Il termine “iperandrogenismo“, una condizione medica ben precisa, è stato distorto e utilizzato come prova inconfutabile di una presunta operazione.

    Ambasciatrice di speranza

    Oltre al ring, Imane è ambasciatrice dell’Unicef, un impegno che l’ha portata a visitare i campi profughi Saharawi vicino a Tindouf. Qui ha incontrato bambini che vivono in condizioni difficili, condividendo con loro momenti di gioia e ispirazione. “È stata una delle esperienze più belle dopo le Olimpiadi,” ha raccontato. La sua storia diventerà presto un docufilm internazionale. Anche se i dettagli sono ancora top secret, la campionessa ha anticipato che racconterà la sua vita prima e dopo i Giochi, offrendo uno sguardo autentico sulle sue sfide e sui suoi trionfi.

    Il futuro di Khelif sul ring della moda

    Oggi Imane si sta preparando per il Campionato Mondiale di Boxe 2025 a Liverpool, pronta a scrivere un nuovo capitolo della sua straordinaria carriera. Nel frattempo, ha conquistato anche il mondo della moda, partecipando alla settimana della moda di Milano e collaborando con marchi prestigiosi come Bottega Veneta. Imane Khelif è molto più di una pugile. E’ un simbolo di speranza, forza e ispirazione per le giovani generazioni, dimostrando che con la determinazione e il coraggio si può sfidare qualsiasi avversità.

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      Personaggi

      Licia Colò: “Ho amato Pietrangeli tantissimo. Ma ora ha 90 anni…”

      Dalla scoperta di una sorella mai conosciuta, all’amore intenso per Alessandro Antonino, fino al rapporto con Nicola Pietrangeli. Licia Colò racconta la sua vita in un’intervista intima e profonda, rivelando aspetti nascosti del suo passato.

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        Licia Colò, conosciuta per i suoi viaggi e la sua passione per la natura, ha rivelato dettagli sorprendenti della sua vita personale in una recente intervista al Corriere della Sera. Nata a Verona, la Colò ha trascorso gran parte della sua carriera televisiva viaggiando e portando il mondo nelle case degli italiani. Ma dietro l’immagine della donna che ha esplorato ogni angolo del pianeta, si cela una vita privata ricca di episodi significativi e, a volte, drammatici.

        La scoperta più sorprendente è stata quella di una sorella, Gioia, di cui ha saputo solo dopo la morte del padre. “Mio padre ha scoperto che esisteva Gioia quando lei era già grande. È nata prima che lui incontrasse mia madre,” racconta Licia. “Ci siamo conosciute quando è mancato, tre anni fa. Ora stiamo cercando di costruire un rapporto, anche se ci siamo scoperte sorelle già molto grandi.”

        La vita sentimentale di Licia Colò è stata altrettanto ricca di emozioni. Ha parlato apertamente del suo primo amore, Michele, una relazione iniziata quando aveva solo 14 anni e che è durata fino ai 25. Un amore che, col senno di poi, non rifarebbe. “Mi ha fatto sentire una nullità,” confessa, ricordando come, nonostante la sua bellezza, non si sentisse mai all’altezza. Tuttavia, il vero grande amore della sua vita è stato Alessandro Antonino, da cui ha avuto la figlia Liala. “L’ho amato proprio tanto… Detto questo, è durato poco,” aggiunge, rivelando la profondità dei suoi sentimenti e il dolore per la fine di quella relazione.

        Un altro capitolo importante della sua vita è stato il rapporto con Nicola Pietrangeli, il leggendario tennista italiano. Colò non nasconde che, sebbene all’epoca l’età non fosse un problema, oggi la differenza di età sarebbe un ostacolo insormontabile. “Oggi Nicola Pietrangeli ha 90 anni ed è inutile che ce la raccontiamo,” afferma con franchezza. Nonostante la fine della loro storia, Licia ha mantenuto un affetto sincero per Pietrangeli, tanto da essere presente alla sua festa per i 90 anni, dove ha voluto fare da “cavaliera” al suo ex compagno.

        Queste rivelazioni mostrano un lato più personale e vulnerabile di una donna che il pubblico è abituato a vedere come forte e indipendente, capace di affrontare le avventure più difficili con il sorriso. Ma, come dimostra la sua intervista, anche i viaggi interiori possono essere altrettanto complessi e significativi di quelli compiuti intorno al mondo.

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          Lucarelli condannata: la verità sul caso Bibbiano arriva da Torino

          La giornalista dovrà risarcire lo psicologo Foti per diffamazione. Ecco perché e quali sono le conseguenze di questa sentenza.

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            Selvaggia Lucarelli è stata condannata a risarcire Claudio Foti, lo psicologo coinvolto nell’inchiesta di Bibbiano. La giornalista è stata ritenuta colpevole di diffamazione per un articolo pubblicato nel 2021. Nell’articolo aveva accostato Foti a presunti illeciti, screditando così la sua professionalità. Eh sì perchè il Tribunale di Torino ha stabilito che Lucarelli, nel suo articolo, ha presentato fatti in modo incompleto e fuorviante. Ha creato un’immagine distorta di Foti e del suo lavoro. Lo psicologo, assolto in tutte le fasi del processo penale, è stato vittima di una campagna diffamatoria che ha gravemente danneggiato la sua reputazione.

            L’inchiesta di Bibbiano

            L’inchiesta di Bibbiano ha scosso l’opinione pubblica italiana negli ultimi anni, concentrandosi su presunti illeciti legati ad affidi di minori nel comune in provincia di Reggio Emilia. Le accuse, emerse nel 2019, riguardavano una vasta rete di professionisti. Assistenti sociali, psicologi e medici, accusati di aver manipolato le valutazioni psicologiche dei bambini per allontanarli dalle famiglie d’origine e favorire affidi illeciti. Tra le accuse più gravi figuravano quelle di aver utilizzato tecniche di “false memorie” per indurre i minori a denunciare abusi sessuali inesistenti, al fine di giustificare gli allontanamenti. L’inchiesta ha generato un ampio dibattito mediatico e politico. E’ riuscita a polarizzare l’opinione pubblica tra coloro che sostenevano la necessità di tutelare i minori e coloro che denunciavano un’eccessiva allarmismo e un’ingerenza dello Stato nella vita privata delle famiglie.

            Il ruolo di Claudio Foti

            Claudio Foti, psicologo e direttore scientifico della onlus Hansel e Gretel, è stato uno dei principali protagonisti dell’inchiesta. Inizialmente coinvolto nelle indagini, Foti è stato accusato di aver collaborato con altri professionisti per mettere in atto le presunte pratiche illecite. Tuttavia, al termine dei processi, è stato assolto da tutte le accuse. Il suo ruolo nell’inchiesta è stato controverso. Da un lato, è stato accusato di aver contribuito a creare un sistema di affidi illeciti; dall’altro, ha sempre sostenuto la propria innocenza e ha denunciato di essere stato vittima di una campagna diffamatoria.

            L’esito dell’inchiesta

            L’inchiesta di Bibbiano ha avuto un esito complesso e controverso. Molti degli indagati sono stati assolti, mentre altri sono stati condannati per reati minori. Le accuse più gravi, relative alle presunte manipolazioni sulle testimonianze dei minori, non hanno trovato pieno riscontro nelle indagini.

            Perché la condanna della Lucarelli?

            La giudice di Torino ha sottolineato come la giornalista abbia costruito un parallelo infondato tra Foti e casi di cronaca molto gravi, senza fornire prove concrete a sostegno delle sue accuse. Questo ha portato a un’ingiusta associazione del nome dello psicologo a fatti di cui non era responsabile. La sentenza ha diverse implicazioni. Innanzitutto, conferma l’importanza della libertà di stampa, ma allo stesso tempo sottolinea la necessità di esercitare questo diritto con responsabilità e verificando attentamente le informazioni. In secondo luogo, il caso di Foti è un monito su come le parole possano ferire e danneggiare la vita delle persone. La diffamazione non è solo un reato, ma ha anche un impatto profondo sulla reputazione e sulla dignità di chi la subisce.

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              Le sorelle Carrisi: tra affetti, dolore e rinascita

              Cristel, Romina e Jasmine raccontano il loro legame e la battaglia contro la depressione.

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                Prima intervista insieme per le tre sorelle Carrisi: Cristel (39 anni), Romina (37 anni) e Jasmine (23 anni) hanno raccontato il loro rapporto nel salotto di Verissimo, confidando a Silvia Toffanin di avere oggi un legame forte, anche se non sempre è stato facile. La più piccola, Jasmine, ha dichiarato: “So che su di loro posso sempre contare, non ho alcun dubbio“. Tuttavia, la loro relazione ha attraversato momenti difficili, segnati anche dalla lotta di Romina contro la depressione.

                Un legame familiare ritrovato

                Entrando nello studio della trasmissione, le sorelle per prima cosa hanno voluto rassicurare sulle condizioni di salute di Al Bano, recentemente operato alle corde vocali. “Papà sta benissimo, vive di passioni e amore“. Sul loro rapporto, Romina ha ricordato che “C’è stato un periodo in cui non siamo state vicine, soprattutto con Jasmine, che cercava sempre di imitarmi. Essere la sorella maggiore non è facile, ma ci siamo ritrovate e oggi ci vogliamo bene“.

                La lotta di Romina Carrisi contro la depressione

                Romina ha aperto il suo cuore, raccontando la sua lotta contro la depressione, diagnosticata nel 2020. “Sono nata con questa malattia. La mia ipersensibilità e il pianto continuo erano dovuti a ciò. Ho affrontato momenti difficili, spesso venivo considerata una persona problematica. Alcune mattine non volevo alzarmi dal letto, ma oggi sto meglio grazie alla psicoanalisi e ai farmaci“. Durante l’intervista, le sorelle hanno toccato anche il delicato tema della scomparsa della loro sorella Ylenia, avvenuta nel 1994. Un evento che ha segnato profondamente la famiglia Carrisi. “Abbiamo vissuto momenti di dolore immenso, ma ci siamo sostenute a vicenda. Oggi cerchiamo di ricordarla con amore e serenità,” hanno dichiarato.

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