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Da randagio a star di Hollywood: il lieto fine di Bobby, il cane di “House of the dragon”

Un’interpretazione commovente del cane Bobby in House of the Dragon ha suscitato polemiche tra i fan. L’attore Mark Stobbart rassicura tutti: nessun cane è stato maltrattato, solo post-produzione digitale. La storia del cane da randagio a star di Hollywood.

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    Ha fatto molto discutere la scena in cui un cane veniva maltrattato nell’ultimo episodio della nuova stagione di House of the Dragon. Una “violenza gratuita” che non è piaciuta a molti fan della serie targata HBO. Il cane accompagnava Cheese, l’acchiappatopi interpretato da Mark Stobbart, nel tentativo di assassinare il nipote di Daemon Targaryen. Un’interpretazione commovente, in cui sembra che il cane venga realmente preso a calci. Nonostante la breve apparizione e la “brutta fine”, Bobby ha rubato il cuore di migliaia di persone con la sua performance.

    Per placare le polemiche, l’attore Mark Stobbart ha pubblicato sui social una sua foto con il collega a quattrozampe in braccio per rassicurare i suoi fan: “Nessun cane è stato lanciato con rabbia. I topi invece…”, ha commentato, lasciando intendere che la scena era frutto solo di una perfetta post-produzione digitale. Durante il secondo episodio della stessa serie, Bobby aveva fatto un’altra apparizione memorabile, dimostrando il suo talento mentre Cheese veniva impiccato da Re Aegon. Anche in quel caso, la reazione del cane che fissava il suo padrone appeso alla forca commosse profondamente i fan.

    Ora questa polemica sul finale di stagione ha reso ancor più famoso l’attore canino, che non è alla sua prima esperienza hollywoodiana. Bobby è stato visto al fianco di Emma Stone in Crudelia de Mon, e in molti altri film come comparsa, anche se non è certo un cane dell’Actors Studio. Bobby è infatti un ex randagio di Cipro adottato da Julie Tottman, un’addestratrice di animali di Hollywood. Quando vagava per le strade, con un aspetto trasandato e un cuore colmo di speranza, il destino aveva in serbo per lui una carriera straordinaria.

    Il passato di Bobby non è affascinante come il suo presente. Quando è stato salvato nel 2019 dall’organizzazione Rehoming Cyprus Dogs di Cipro, Bobby era estremamente sottopeso e nervoso con gli uomini, chiara conseguenza degli abusi subiti. Tuttavia, grazie all’amore e alla cura di Julie, Bobby non solo ha trovato una nuova casa, ma anche una carriera straordinaria. “Era un tipico cane di strada, ha ancora addosso le cicatrici della rogna,” ma si è dimostrato subito adatto alla carriera di attore.

    Bobby si è rivelato essere tra i cani “più laboriosi, leali e affettuosi”. Il piccolo randagio di Cipro è entrato di diritto a far parte delle celebrity di Hollywood, lasciando un’impronta indelebile nel cuore dei suoi sempre più numerosi fan. “Bobby è uno degli animali da salvataggio con cui è stato più facile lavorare,” ha confessato Julie. “Ottieni un po’ di più da un cane randagio perché è come se avessero visto il male e fossero così grati, e ti amano e ti adorano per averli salvati”.

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      Meduse, vipere, ragni violino e zanzare tigre: l’estate avvelenata degli italiani

      Meduse in aumento, vipere anche in pianura, zanzare tigre che sembrano immortali e il ritorno del famigerato ragno violino. Il caldo e l’umidità stanno trasformando le vacanze in una corsa alla farmacia più vicina. E non bastano più il doposole e il ghiacciolo per sopravvivere.

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        Altro che estate da sogno. Quella del 2025 rischia di passare alla storia come la più urticante e velenosa degli ultimi anni. In mare, sulla sabbia o in montagna, il pericolo è ovunque. E se i selfie in costume restano d’obbligo, l’accessorio più richiesto dell’estate è il cortisone.

        Partiamo dalle meduse, regine indiscusse delle cronache balneari. Nei mari italiani si segnala una vera e propria “fioritura gelatinosa”: bagnanti punti anche in acque basse, spiagge chiuse temporaneamente e vendite record di creme anti-bruciore. Le specie più diffuse? La Pelagia noctiluca (quella con i tentacoli urticanti) e la Rhizostoma pulmo, meno tossica ma comunque fastidiosa.

        Ma non basta. Perché mentre si cerca sollievo in montagna, ecco spuntare le vipere. Sempre più avvistamenti anche sotto i 600 metri, in zone collinari e persino ai margini delle città. In Lombardia, Liguria e Toscana, le segnalazioni si sono moltiplicate. E i pronto soccorso raccomandano attenzione: “Niente fai-da-te, e se possibile, fotografate il rettile prima di scappare”. Auguri.

        A completare il quadretto ci pensano le zanzare tigre, ormai più resistenti degli italiani al rientro in ufficio. Alcune regioni hanno già avviato piani straordinari di disinfestazione, ma l’impressione è che le zanzare stiano vincendo 3 a 0. Specie ora che, con l’umidità in aumento, basta un sottovaso o una grondaia ostruita per far nascere un’intera dinastia.

        E dulcis in fundo, riecco lui: il famigerato ragno violino, silenzioso, piccolo, marroncino e terribilmente velenoso. I casi di morsi – per fortuna rari – si sono riaffacciati anche quest’estate, soprattutto in Emilia-Romagna, Lazio e sud della Lombardia. Le reazioni variano da piccole necrosi locali a infezioni più serie. L’unica prevenzione? Evitare di infilarsi nei letti d’altri. O negli scantinati polverosi.

        In attesa che torni un po’ di respiro – o che almeno si inventino un repellente unico per tutto – i consigli restano quelli di sempre: scarpe chiuse nei boschi, niente tuffi impulsivi in mare, e attenzione alle tende lasciate aperte. Perché quest’anno, sotto l’ombrellone, più che la sabbia, pizzicano le bestie.

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          Ma anche i cani si abbronzano? Sì, e a volte si scottano più di noi (ma senza crema 50+)

          Sotto il pelo, la pelle dei nostri amici a quattro zampe è molto più sensibile di quanto pensiamo. Esistono razze più soggette alle scottature, zone del corpo esposte e perfino… cani col segno del costume. Ecco cosa sapere per godersi la spiaggia in sicurezza con loro, senza trasformarli in wurstel abbrustoliti.

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            Lui ti guarda con quegli occhioni, scodinzola, annusa la sabbia e corre verso l’acqua. Tutto perfetto. Ma sei proprio sicuro che il tuo cane stia bene sotto il sole cocente? Perché sì, anche i cani si abbronzano. E se non fai attenzione, si scottano pure.

            Sotto quel pelo soffice (o a volte decisamente scarso), c’è una pelle delicata, spesso più vulnerabile della nostra. Alcune razze – come il Dogo argentino, il Bull Terrier, il Boxer, il Chihuahua e tutti i cani a pelo raso o chiaro – sono dei veri bersagli per i raggi UV. Le zone più a rischio? Orecchie, naso, pancia, inguine, interno cosce e tutte quelle aree dove il sole picchia e il pelo non protegge abbastanza.

            E no, non è una leggenda urbana: alcuni cani si “colorano” davvero sotto il sole. La pigmentazione cutanea cambia e può scurirsi, un po’ come succede a noi. Certo, non vedrai mai un Labrador con la tintarella da surfista, ma quella leggera sfumatura sul naso chiaro o sulle zampette posteriori? Quella sì, è abbronzatura.

            Il problema è che non sempre fa bene. I cani possono sviluppare eritemi solari, dermatiti e persino tumori cutanei, se esposti troppo a lungo e senza protezione. E no, non puoi spalmarli con la tua crema solare: i prodotti per umani contengono ossibenzone e altri ingredienti tossici per loro. Esistono però creme solari specifiche per cani, formulate apposta per la loro pelle. Ti sembrerà strano, ma funzionano davvero.

            E l’insolazione? Anche quella è dietro l’angolo, soprattutto se il tuo peloso è nero, piccolo o con il muso schiacciato (ciao Carlini!). Mai lasciarlo al sole nelle ore calde, nemmeno “solo per un attimo”. Il rischio di colpo di calore è concreto, e a volte basta una passeggiata di mezz’ora per finire dal veterinario.

            Insomma, al mare con Fido va benissimo. Ma ombrellone, acqua fresca e pause all’ombra sono d’obbligo. E sì, anche lui può avere il segno del costume… ma almeno non dovrai spiegargli cos’è l’aloe vera.

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              Leishmaniosi, perché il vaccino è fondamentale per proteggere i cani

              Malattia cronica e spesso mortale, la leishmaniosi colpisce sempre più cani anche al Nord. Con l’arrivo del caldo aumenta il rischio. Il vaccino riduce le complicanze, ma va fatto per tempo e accompagnato da altri strumenti di difesa, dai collari ai repellenti.

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                La leishmaniosi è una malattia infettiva causata da un protozoo, Leishmania infantum, trasmesso ai cani dalla puntura del flebotomo, un piccolo insetto simile a una zanzara ma attivo soprattutto di sera e nelle ore notturne. Non dà prurito né si sente arrivare. Colpisce il sistema immunitario e, se non trattata in tempo, può compromettere fegato, reni, midollo osseo. È una patologia cronica, che non si risolve: si controlla, ma non si guarisce.

                Un cane infetto può impiegare mesi prima di manifestare i primi sintomi. Spesso si tratta di segni generici: dimagrimento, apatia, perdita di pelo, croste su orecchie e muso, crescita anomala delle unghie, gonfiore dei linfonodi, insufficienza renale. Nella maggior parte dei casi, quando la diagnosi arriva, il parassita è già presente in tutto l’organismo.

                Da anni è disponibile un vaccino che, pur non impedendo del tutto il contagio, riduce in modo significativo la probabilità che il cane sviluppi la malattia. La vaccinazione stimola il sistema immunitario a reagire in maniera più efficace contro il parassita e ne limita la diffusione. Può fare la differenza tra una vita sana e una terapia a lungo termine.

                Il protocollo varia a seconda del prodotto utilizzato, ma in genere si inizia con una dose iniziale seguita da richiami annuali. Il periodo ideale per iniziare la vaccinazione è tra febbraio e aprile, in modo che la copertura sia pienamente efficace al momento del picco dell’attività dei flebotomi, tra maggio e ottobre.

                La malattia, un tempo diffusa solo al Sud, è oggi presente in maniera endemica in gran parte del territorio italiano, incluse le regioni del Centro e del Nord. Liguria, Toscana, Lazio, Umbria, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e persino alcune aree del Trentino Alto-Adige segnalano casi ogni anno. Anche i cani che vivono in città non sono esenti dal rischio.

                La vaccinazione non sostituisce le misure protettive quotidiane. Serve una strategia combinata. I collari antiparassitari a base di deltametrina o imidacloprid, gli spot-on repellenti, le zanzariere alle finestre e la riduzione delle passeggiate nelle ore serali sono strumenti complementari ma necessari.

                Un cane infettato può diventare un serbatoio per la diffusione del parassita. Per questo è fondamentale proteggere l’animale, anche se non si viaggia in zone dichiarate a rischio. Nessuna area può più considerarsi del tutto sicura.

                Il vaccino, le precauzioni ambientali e il controllo veterinario periodico restano oggi gli strumenti più efficaci per contenere una malattia che si diffonde silenziosa, ma costante.

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