Cucina
Se Cracco avesse assecondato l’istinto… avremmo un prelato in più e uno chef in meno
Il veneto Carlo Cracco è uno degli chef più celebri d’Italia, noto per la sua partecipazione a programmi televisivi come MasterChef Italia e Hell’s Kitchen Italia. La sua carriera è costellata di successi, ma pochi sanno che da giovane aveva ricevuto un “4” in cucina e aveva considerato la vita monastica…

Forse non tutti sanno che… nato l’8 ottobre 1965 a Creazzo, in provincia di Vicenza, il giovanissimo Carlo aveva inizialmente manifestato l’intenzione di diventare prete all’età di 10 anni. Tuttavia, i suoi genitori lo dissuasero e lui decise – saggia scelta, col senno di poi – di iscriversi all’Istituto Alberghiero “Pellegrino Artusi” di Recoaro Terme. Curiosamente, durante gli studi, ha ricevuto un “4” nella materia di cucina, un voto che non lasciava certo presagire il suo futuro successo “stellato”.
La formazione: dai grandi Maestri alla scena internazionale
Dopo il diploma, Cracco ha iniziato la sua carriera al ristorante “Da Remo” a Vicenza. Nel 1986, ha avuto l’opportunità di lavorare con Gualtiero Marchesi a Milano, un’esperienza che ha segnato profondamente la sua formazione culinaria. Successivamente, ha ampliato le sue competenze lavorando in Francia con chef del calibro di Alain Ducasse e Alain Senderens. Tornato in Italia, ha contribuito al successo dell’Enoteca Pinchiorri a Firenze, che ha ottenuto tre stelle Michelin durante la sua collaborazione.
Arriva il successo, tra ristoranti premiati e televisione
Nel 2001, Cracco ha aperto il “Cracco Peck” a Milano, che ha rapidamente guadagnato due stelle Michelin. La sua notorietà è cresciuta ulteriormente grazie alla partecipazione come giudice a MasterChef Italia dal 2011 al 2017 e come conduttore di Hell’s Kitchen Italia dal 2014 al 2018. Nel 2014, ha inaugurato il bistrot “Carlo e Camilla in Segheria”, un locale innovativo situato in una vecchia segheria milanese.
Vita Privata: famiglia e curiosità
Sul fronte personale, Cracco è stato sposato due volte. Dal primo matrimonio sono nate due figlie, Sveva e Irene. Successivamente, ha sposato Rosa Fanti, con la quale ha avuto altri due figli, Pietro e Cesare. Nonostante la fama, Cracco mantiene una certa riservatezza sulla sua vita privata, anche se in alcune interviste ha condiviso aneddoti curiosi, come il fatto che durante gli studi avesse ricevuto un “4” in cucina.
Curiosità: dalla cucina alla beneficenza
Oltre alla carriera culinaria, Cracco è noto per il suo impegno in attività benefiche. Ha partecipato a eventi come “Gordon Ramsay & Friends”, una cena di beneficenza organizzata dal collega ingelse per raccogliere fondi a scopo benefico.
Non mollare mai
La storia di Carlo Cracco dimostra come la determinazione e la passione possano trasformare un giovane gravemente insufficiente in cucina in uno degli chef più rinomati a livello internazionale. La sua carriera è un esempio di come le sfide iniziali possano essere superate con dedizione, portando a successi straordinari sia in ambito professionale che personale.
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Altro che triste insalata di pasta: i nuovi mix estivi da spiaggia sono creativi, colorati e gourmet
L’insalata di pasta è il must delle giornate al mare, ma non deve essere per forza noiosa: basta scegliere ingredienti freschi, condimenti furbi e accostamenti inediti. Dalle versioni più leggere alle bombe di sapore, è il momento di darle nuova vita. Ecco come farlo senza fatica.

C’è un momento, durante ogni estate italiana, in cui ci si ritrova tutti, puntualmente, di fronte allo stesso dilemma: cosa ci portiamo in spiaggia? E puntualmente, a vincere è lei, l’intramontabile insalata di pasta. Facile da preparare, resistente al caldo, versatile come poche cose al mondo. Ma è anche vero che, se non trattata con un po’ di rispetto e fantasia, può trasformarsi in una noiosa ammucchiata di pasta scotta e ingredienti messi lì a caso. E allora è arrivato il momento di riscattarla. Con creatività, colori e accostamenti inediti.
L’ABC del successo: pasta corta, cottura al dente e condimento furbo
Prima regola: mai usare pasta lunga. La regina dell’estate si esprime al meglio con formati corti come farfalle, fusilli, penne rigate, mezze maniche. E soprattutto va scolata al dente, raffreddata subito e mai “annegata” nell’olio. Un filo basta. Meglio ancora, un’emulsione con un cucchiaino di senape, succo di limone e acqua fredda. Tiene il condimento e regala una freschezza che batte anche il più ostinato caldo afoso.
Veg, etnica o fruttata? Tre idee che cambiano le regole
La versione veg dell’estate 2025 è un inno alla freschezza: zucchine grigliate, menta, ceci croccanti e scaglie di mandorle tostate. Ma se vuoi stupire anche l’amico più scettico, prova quella con mango, lime, gamberetti marinati e riso venere al posto della pasta: non sarà classica, ma è già diventata un cult tra le spiagge pugliesi. Per i nostalgici del sapore mediterraneo, invece, c’è l’insalata greca con feta, olive Kalamata, cetrioli e fusilli integrali. Un’esplosione di gusto e leggerezza.
La rivincita del tonno e della maionese (ma con stile)
Non è un reato usare tonno e maionese. Basta sceglierli bene. Il tonno deve essere di qualità, in tranci interi, conservato in olio d’oliva. La maionese? Meglio fatta in casa, o sostituita da una crema di yogurt greco e limone. Il tocco in più? Aggiungi capperi dissalati, filetti di peperone arrostito e origano fresco. Il risultato è un piatto ricco, ma equilibrato, perfetto anche come piatto unico dopo un bagno rinfrescante.
Il trucco per portarla sotto l’ombrellone (senza che diventi un pastone)
Se c’è un errore comune, è pensare che basti mettere tutto in un Tupperware e via. Ma l’insalata di pasta da spiaggia ha le sue esigenze: va preparata con qualche ora di anticipo, sì, ma non troppo (niente versioni “dalla sera prima”). E soprattutto: ingredienti separati! Pasta condita da una parte, condimento extra (olio, salse, formaggi) in un contenitore a parte. Si mescola tutto all’ultimo, magari con un cucchiaio di legno e un pizzico di sale grosso: profumo assicurato.
Un trend social tutto da copiare: la lunch box in barca
Inutile negarlo: l’insalata di pasta è diventata anche un oggetto Instagrammabile. Le “beach lunch box” impazzano sulle spiagge di Mykonos, Formentera e Gallipoli. Il trucco? Impiattare a strati in barattoli di vetro: prima il condimento, poi la pasta, infine le erbe fresche. Si capovolge tutto al momento di mangiare, si agita e voilà. Pranzo chic, anche in costume.
Conclusione (senza fare la morale)
In fondo, non c’è niente di più democratico dell’insalata di pasta: la puoi fare in anticipo, costa poco, sazia tanto e piace quasi a tutti. Basta volerle bene e trattarla con un po’ di cura. Perché anche sotto l’ombrellone, un buon piatto può fare la differenza tra un pranzo qualsiasi e un piccolo, memorabile momento di felicità estiva.
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L’estate in cucina è un gioco da ragazzi (e di sapori): la rivincita dei piatti freddi, belli e buoni
Tra insalate creative, paste fredde, piatti unici e dolci furbi da frigo, l’estate italiana si riscopre maestra nel far tanto con poco. Perché basta un pomodoro maturo, un cucchiaio d’olio buono e un’idea brillante per portare in tavola il profumo delle vacanze.

C’è un momento preciso, ogni anno, in cui il solo pensiero di accendere il forno ci fa sudare più di una camminata sotto il sole delle due. È il segnale inequivocabile che l’estate è arrivata, e con lei la necessità – o meglio, il piacere – di riscoprire una cucina leggera, intelligente, furba. Niente arrosti, niente ragù che sobbollono per ore, niente pentoloni che minacciano il microclima domestico. L’estate pretende rispetto, e la cucina lo sa.
Così tornano protagonisti i piatti freddi, quelli capaci di risolvere pranzi e cene con un colpo solo. Ma attenzione: non è roba triste, da dieta d’emergenza o frigorifero svuotato a caso. È una cucina creativa, che si gioca tutto sul contrasto di consistenze, sulla freschezza degli ingredienti, sul potere salvifico delle erbe aromatiche. Un’insalata di farro con pomodorini, menta e feta può essere più soddisfacente di una lasagna, se ben bilanciata. Un carpaccio di zucchine con limone e mandorle tostate sa essere elegante quanto un piatto gourmet.
Il segreto? Scegliere ingredienti buoni e lasciarli parlare. I pomodori veri, quelli estivi, non hanno bisogno di cotture elaborate: basta un filo d’olio extravergine e magari qualche foglia di basilico per diventare il cuore di una pasta fredda indimenticabile. E poi ci sono le insalate: di riso, di cereali, di legumi. Ma anche di frutta, che si mescola con il salato senza più scandalo. Un’anguria tagliata a cubetti, con feta e olive nere, è un antipasto perfetto e sorprendente.
I piatti unici diventano la regola: cous cous con verdure grigliate, pollo freddo con salsa allo yogurt, tartare di tonno e mango. Il tutto da preparare in anticipo, da tenere in frigo, da portare sotto l’ombrellone o in terrazzo. E anche i dolci cambiano tono: via libera a gelatine, mousse leggere, cheesecake senza cottura. Perfino il tiramisù si trasforma, con pesche sciroppate e crema al mascarpone servita freddissima, direttamente in bicchiere.
E non dimentichiamoci delle bevande: l’acqua aromatizzata con cetriolo, limone e menta non è solo fotogenica, è davvero buona. I cold brew al caffè o al tè diventano riti quotidiani. E anche un semplice bicchiere di vino bianco, servito ghiacciato al tramonto, ha tutto il sapore delle vacanze.
Insomma, la cucina estiva non è una rinuncia: è una rivoluzione silenziosa e piena di gusto. È il modo che abbiamo di coccolarci quando fuori è troppo caldo per fare qualsiasi cosa. È la prova che la semplicità, a volte, vince su tutto. Anche sul caldo.
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Il sapore dell’estate in una fetta: torna il melone con prosciutto, ma in versione gourmet
Dal melone grigliato al crudo di Parma stagionato in cantina: così un grande classico torna a sorprendere anche i palati più esigenti. Ed è subito nostalgia d’infanzia.

Non c’è estate italiana senza melone e prosciutto. È una di quelle certezze che resistono a ogni moda culinaria, a ogni passaggio generazionale. Semplice, fresco, immediato. Una fetta di dolcezza, una carezza salata, e tutto si ferma per un istante: l’infanzia, le cene in terrazza, i piatti ovali di porcellana sbeccati negli angoli. Un classico senza tempo. Ma oggi, mentre la cucina si reinventa e anche la tradizione si permette il lusso dell’audacia, ecco che questa ricetta “povera” si trasforma. Diventa gourmet, senza perdere la sua anima.
Tutto parte, naturalmente, dalla qualità degli ingredienti. Il melone non è più solo quello della cassetta al mercato: oggi si scelgono varietà antiche, polpe particolari, profumate, magari a chilometro zero. Il retato mantovano IGP, ad esempio, è tornato in auge grazie alla sua consistenza compatta e al sapore intensamente zuccherino. Ma c’è anche il Charentais francese, piccolo e aromatico, perfetto per servire monoporzioni eleganti. E poi c’è chi osa con il melone bianco, dalla dolcezza più tenue, quasi erbacea, ideale per contrastare il salato.
E a proposito di salato: il prosciutto crudo, elemento irrinunciabile, non può più essere quello in vaschetta del supermercato. Si va sul serio. Crudo di Parma 36 mesi, culatello di Zibello affettato al coltello, o addirittura jamón iberico tagliato a mano, con quella sapidità profonda che sa di ghiande e di stagionature lente. Alcuni chef osano anche con speck affumicato o lardo di Colonnata: non più solo contrasto dolce-salato, ma giochi di consistenza, temperatura, profumi.
Poi c’è chi il melone lo griglia. Sì, proprio così: spicchi passati brevemente sulla piastra rovente, per caramellare leggermente gli zuccheri e rilasciare un profumo che ricorda la frutta secca. Con accanto una burratina fresca o una quenelle di ricotta di bufala si trasforma in antipasto da ristorante stellato. Chi preferisce il gioco dei crudi, invece, lo serve in tartare con scaglie di prosciutto croccante, menta e lime: una versione nuova, fresca, che conserva l’anima del piatto e la porta dritta nel presente.
C’è anche chi lo mette nel bicchiere. Sotto forma di gaspacho dolce, con cubetti di crudo tostato sopra, semi di finocchio e olio d’oliva. O chi lo trasforma in sorbetto servito accanto a una cialda di pancetta. È la stessa ricetta, ma raccontata con un altro linguaggio. Un’altra stagione della vita.
Ma il vero segreto della versione “alta” di melone e prosciutto è che, in fondo, non ha bisogno di esibire l’ambizione. Non serve che diventi schiuma, aria o geometria. Basta trattare gli ingredienti con rispetto, scegliere il momento giusto per servirli (il melone mai gelido, il prosciutto mai sudato) e trovare il modo di rievocare quella sensazione che tutti conosciamo: il piatto che arriva, il primo morso, e la certezza che, qualunque cosa accada, c’è ancora qualcosa di semplice da cui tornare.
Perché ogni estate che si rispetti ha bisogno di un momento così. Di una forchettata che sa di infanzia e di eleganza, di calore e refrigerio. Di una fetta d’estate, appunto.
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