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Cucina

Torta salata con verdure di primavera: un trionfo di sapori

Questa torta salata è un’ode alla primavera e alle verdure di aprile. Sperimenta con gli ingredienti, crea la tua interpretazione e delizia familiari e amici con un capolavoro culinario che celebra la stagione. Buon appetito e buona cucina!

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    Mentre la primavera sboccia, le verdure di primavera offrono una tavolozza di colori e sapori irresistibili. Oggi esploreremo una deliziosa ricetta di torta salata che cattura la freschezza di questo mese. Pronta a stupire il palato con ingredienti di stagione, questa torta salata è un capolavoro culinario da non perdere.

    La primavera ci regala una varietà di verdure fresche e nutrienti. Spinaci, carote, zucchine e asparagi sono solo alcune delle opzioni ricche di vitamine e antiossidanti che possono essere protagoniste della nostra torta salata.

    La scelta delle verdure

    Inizia la tua avventura culinaria selezionando verdure fresche e di alta qualità. Puoi giocare con le consistenze e i colori, creando uno spettacolo visivo e gustativo. Ricorda che l’uso di ingredienti di stagione aggiunge un tocco di autenticità alla tua preparazione.

    Ricetta base per la tua torta salata

    Ecco una ricetta base per una torta salata con le verdure di marzo:

    Ingredienti per la pasta:

    • 250g di farina
    • 125g di burro freddo a cubetti
    • Acqua fredda qb
    • Un pizzico di sale

    Ingredienti per il ripieno:

    • 200g di spinaci freschi
    • 2 carote, grattugiate
    • 1 zucchina, tagliata a fettine sottili
    • 100g di asparagi, tagliati a pezzi
    • 150g di formaggio (fontina o feta)
    • 4 uova
    • 200ml di panna
    • Sale e pepe qb
    • Noce moscata qb

    Istruzioni:

    1. In una ciotola, mescola la farina con il burro fino a ottenere una consistenza sabbiosa. Aggiungi l’acqua fredda e impasta fino a formare una palla. Avvolgila nella pellicola e fai riposare in frigorifero per almeno 30 minuti.
    2. Stendi la pasta su una superficie infarinata e foderane una teglia. Bucherella il fondo con una forchetta.
    3. In una padella, rosola gli spinaci fino a quando sono appassiti. Aggiungi le carote, le zucchine e gli asparagi, cuocendo per qualche minuto.
    4. Disponi le verdure sulla base di pasta.
    5. In una ciotola, sbatti le uova con la panna. Aggiungi il formaggio grattugiato, sale, pepe e noce moscata. Versa il composto sulla verdura.
    6. Cuoci in forno preriscaldato a 180°C per circa 30-40 minuti o fino a quando la superficie è dorata.

    Varianti e personalizzazioni:

    Questa ricetta è altamente personalizzabile. Puoi aggiungere erbe aromatiche fresche, formaggi diversi o persino prosciutto cotto per una variante più sostanziosa.

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      Brasato al Barolo: storia, ricetta e varianti di un classico della cucina piemontese

      Scopri la storia del brasato al Barolo, la ricetta originale e le variazioni per preparare questo piatto classico, ricco di gusto e dal valore nutrizionale elevato, che celebra il vino piemontese per eccellenza.

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        Il brasato al Barolo è uno dei grandi classici della cucina piemontese, un piatto che nasce dall’unione di due eccellenze della regione: la carne bovina e il Barolo, il prestigioso vino rosso prodotto nelle Langhe. Storicamente, il brasato nasce come un piatto festivo, servito nelle occasioni speciali o durante le celebrazioni. Veniva preparato con tagli di carne meno pregiati, che grazie alla lunga cottura nel vino e negli aromi si intenerivano e acquisivano un sapore unico. Il Barolo, noto per la sua struttura e intensità, è stato scelto come ingrediente principale per insaporire la carne, conferendole un profumo e una complessità che lo hanno reso un simbolo della cucina piemontese.

        Ricetta del Brasato al Barolo

        Ingredienti:

        • 1 kg di carne di manzo (ideale il cappello del prete o il girello)
        • 750 ml di vino Barolo
        • 2 carote
        • 1 cipolla
        • 1 gambo di sedano
        • 2 spicchi d’aglio
        • 2 foglie di alloro
        • 3-4 chiodi di garofano
        • 1 rametto di rosmarino
        • 2 bacche di ginepro
        • Sale e pepe q.b.
        • Olio extravergine d’oliva
        • 1 noce di burro

        Preparazione:

        1. Marinatura: Il giorno prima di cucinare il brasato, metti la carne in una ciotola capiente e coprila con il Barolo. Aggiungi le carote, la cipolla e il sedano tagliati a pezzi, gli spicchi d’aglio, l’alloro, i chiodi di garofano, il rosmarino e le bacche di ginepro. Lascia marinare la carne in frigorifero per almeno 12 ore, girandola di tanto in tanto.
        2. Preparazione del brasato: Trascorse le ore di marinatura, togli la carne dalla ciotola e asciugala. Filtra il vino della marinata e tienilo da parte. In una casseruola capiente, scalda un filo d’olio con una noce di burro, quindi rosola la carne su tutti i lati fino a quando non sarà ben dorata.
        3. Aggiunta degli aromi: Aggiungi le verdure e gli aromi della marinata nella casseruola, lasciandoli insaporire insieme alla carne per qualche minuto. Versa il vino della marinatura, aggiungi sale e pepe a piacere, copri con un coperchio e lascia cuocere a fuoco basso per circa 2-3 ore, girando la carne di tanto in tanto.
        4. Cottura finale e servizio: Quando la carne sarà tenera e il vino si sarà ridotto formando una salsa densa, togli il brasato dal fuoco. Lascia riposare la carne per qualche minuto prima di affettarla. Filtra la salsa per eliminare le verdure e servila calda sulle fette di carne.

        Variazioni del Brasato al Barolo
        Il brasato al Barolo può essere preparato con alcune varianti che rendono il piatto ancora più versatile. Alcuni sostituiscono il Barolo con altri vini rossi corposi, come il Nebbiolo o il Barbera, mantenendo il carattere intenso del piatto ma con sfumature diverse. Per un sapore ancora più ricco, puoi aggiungere qualche pezzetto di pancetta nella marinatura, che darà una nota affumicata alla carne. Un’altra variazione interessante è l’aggiunta di funghi porcini nella fase di cottura, che arricchiscono il gusto con il loro sapore terroso.

        Proprietà Nutrizionali
        Il brasato al Barolo è un piatto nutriente, che apporta un buon contenuto di proteine grazie alla carne di manzo. La carne fornisce anche ferro, vitamine del gruppo B e minerali essenziali come zinco e fosforo, importanti per il sistema immunitario e per la salute muscolare. Il Barolo, inoltre, è ricco di polifenoli, antiossidanti naturali che favoriscono la salute del cuore e combattono i radicali liberi. Tuttavia, essendo un piatto ricco di calorie e grassi, è consigliabile consumarlo con moderazione, come portata principale accompagnata da contorni leggeri come verdure al vapore o purè di patate.

        Con il suo sapore ricco e il suo profumo avvolgente, il brasato al Barolo è perfetto per i pranzi della domenica o per occasioni speciali, celebrando la tradizione piemontese e la qualità della cucina italiana.

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          Cucina

          Le specialità filippine che mettono alla prova anche gli stomaci più temerari

          Dai vermi di legno all’embrione bollito, un viaggio tra le pietanze più estreme della cucina filippina. E tra gli increduli c’è anche il cast di Pechino Express.

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            Se esiste un modo per testare il proprio coraggio culinario, le Filippine offrono un intero menù di sfide per stomaci d’acciaio. In un Paese in cui la cucina è un tripudio di sapori intensi, spezie e piatti di strada, alcune specialità riescono ancora a far vacillare anche i palati più avventurosi. Ne sanno qualcosa i concorrenti di Pechino Express – Fino al tetto del mondo, che nel corso della loro avventura tra le Filippine e il Nepal si sono ritrovati davanti a una delle prove più temibili: ingoiare i tamilok, noti anche come vermi di legno.

            E se il nome già basta per far passare la fame, aspettate di scoprire cos’altro bolle nelle pentole filippine.

            Tamilok, i vermi che sanno di ostriche

            Lo sguardo perplesso dei concorrenti di Pechino Express quando si sono trovati davanti i tamilok diceva già tutto. Molluschi dall’aspetto inquietante, lunghi fino a quindici centimetri, dall’inconfondibile consistenza gelatinosa, vengono serviti crudi e marinati con aceto, lime e peperoncino, per esaltarne il sapore—che, dicono, ricorda vagamente quello delle ostriche. Peccato che l’esperienza gustativa sia accompagnata dalla consapevolezza che si tratta di larve che perforano il legno sommerso, come dei tarli marini.

            Per la tribù locale dei Cuyunon, però, sono una vera prelibatezza, tanto da essere serviti nei matrimoni e nelle occasioni speciali. Un po’ come un piatto di gamberi freschi. Solo molto, molto più viscido.

            Balut: quando l’uovo è già a metà strada per diventare pulcino

            Se i tamilok non hanno ancora fatto chiudere il menù, ecco il balut, il vero incubo di chiunque non sia nato e cresciuto nelle Filippine. In apparenza, sembra un normale uovo bollito. Ma basta romperne il guscio per scoprire che dentro non c’è un semplice tuorlo, bensì un embrione di anatra o gallina, parzialmente sviluppato. Zampe, becchino, ossa morbide: tutto lì, pronto per essere divorato in un sol boccone, possibilmente accompagnato da una birra gelata per distrarsi dal trauma.

            Nella cultura filippina, il balut è uno snack proteico e viene venduto per strada proprio come da noi i cartocci di caldarroste. Ma nei paesi occidentali la sua esistenza è fonte di indignazione, al punto che più di qualcuno ne chiede il bando per motivi etici. D’altra parte, l’idea di addentare un pulcino a metà del suo percorso esistenziale è un po’ più difficile da digerire rispetto a una normale frittata.

            Sisig di coccodrillo: perché accontentarsi del pollo?

            Chiunque pensi che il coccodrillo sia solo un animale da documentario non è mai stato nelle Filippine. Qui la sua carne finisce nel sisig, un piatto tradizionale che normalmente si prepara con maiale o pollo, ma che nella sua versione più audace viene cucinato con la carne del rettile. Il processo è meticoloso: prima la bollitura, poi la marinatura in aceto o limone, infine la frittura con cipolle e spezie.

            Il risultato? Un sapore che somiglia al pollo ma con una consistenza più gommosa, che potrebbe scoraggiare chi ama tagli teneri e succosi. Ma per i filippini è una specialità, così tanto che il sisig di coccodrillo viene venduto spesso a prezzi più alti rispetto alla variante classica.

            Mango pizza: il tradimento definitivo alla tradizione italiana

            Dopo i vermi, l’embrione bollito e il coccodrillo fritto, potrebbe sembrare che nulla possa più scandalizzare il palato. E invece ecco la mango pizza, un affronto culinario che farebbe rabbrividire qualsiasi pizzaiolo napoletano.

            Dimenticate l’odiata pizza con l’ananas: qui il mango non è un semplice topping, ma prende direttamente il posto della passata di pomodoro. Il risultato è una margherita dal colore dorato, in cui il formaggio fuso si mescola alla dolcezza del frutto tropicale.

            A confronto con le altre specialità filippine, la mango pizza è sicuramente la meno traumatica, ma resta il fatto che, per chi è cresciuto nel culto della vera pizza italiana, questo potrebbe essere l’ultimo tradimento gastronomico accettabile.

            Sfida o follia?

            In fondo, ogni cucina ha le sue peculiarità e ciò che sembra disgustoso per alcuni è considerato normale per altri. Ma è innegabile che certe tradizioni culinarie siano più difficili da accettare di altre. E le Filippine sembrano avere un talento speciale nel trasformare gli incubi alimentari in piatti tipici.

            Se siete tra quelli che storcono il naso davanti a una pizza con l’ananas, provate a immaginare come potrebbe essere trovarsi davanti un piatto di tamilok crudi o un balut pronto per essere scoperchiato. Magari, dopo un viaggio nelle Filippine, quella pizza al mango inizierà a sembrarvi una scelta tutto sommato accettabile.

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              Cucina

              Torta pasqualina di carciofi: la regina delle tavole genovesi di Pasqua

              La torta pasqualina ai carciofi è il simbolo della Pasqua genovese: un intreccio di storia, tradizione e sapori unici. Uova, carciofi e sfoglie sottili raccontano l’anima della Liguria in un piatto che unisce le famiglie da generazioni.

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                In Liguria, quando la primavera bussa alle porte, c’è un profumo che inonda le cucine: quello della torta pasqualina ai carciofi. Altro che banali insalate o frittatine improvvisate: qui si parla di un monumento gastronomico, una sfoglia antica che racconta secoli di storia popolare e di creatività ligure. La torta pasqualina nasce proprio a Genova e, a dispetto della semplicità degli ingredienti, è un piatto che mette insieme fede, simbologia e – ovviamente – gola.

                Dalla tradizione ai giorni nostri

                La leggenda narra che le vere massaie genovesi preparassero la pasqualina con 33 sfoglie sottili, una per ogni anno di vita di Cristo. E se vi sembra un’esagerazione, forse non avete mai conosciuto una nonna ligure armata di mattarello! Oggi ci si è un po’ “rilassati” – diciamo pure che con 4 o 5 sfoglie il peccato veniale è perdonato – ma l’essenza della ricetta resta immutata: verdure di stagione, ricotta fresca, uova intere che, come piccole sorprese, si ritrovano nel ripieno e richiamano il simbolo della rinascita pasquale.

                E qui entra in gioco il carciofo. Perché, se è vero che la versione più diffusa oggi vede gli spinaci o le bietole protagonisti, i puristi genovesi sanno bene che la torta pasqualina ai carciofi è la più nobile delle varianti, una vera chicca della tradizione.

                La regina verde della Liguria

                Il carciofo spinoso di Albenga o quello di Perinaldo, varietà autoctone dal sapore inconfondibile, sono gli ospiti d’onore di questa torta che profuma di erbe aromatiche e di mare. Puliti, mondati e affettati sottili sottili, i carciofi vengono insaporiti con un soffritto di cipolla, maggiorana (rigorosamente fresca), pepe e un pizzico di sale. Il tutto viene mescolato con una generosa dose di prescinseua – la cagliata ligure – o, in mancanza di questa, una ricotta di ottima qualità.

                Il segreto? L’uovo “a sorpresa”

                La magia della pasqualina si completa con le uova crude che vengono “affondate” nel ripieno prima della copertura finale. Cotte al forno, resteranno sode e compatte, pronte a spuntare alla prima fetta tagliata come in un rito collettivo che, da generazioni, unisce famiglie e amici attorno al tavolo di Pasqua.

                La ricetta classica della torta pasqualina ai carciofi

                Ingredienti per una tortiera da 28 cm:

                • 400 g di farina 00
                • 50 ml di olio extravergine d’oliva
                • Acqua q.b.
                • Sale q.b.
                • 8 carciofi
                • 1 cipolla
                • 300 g di ricotta o prescinseua
                • 6 uova (4 per la farcitura, 2 per il ripieno)
                • Maggiorana fresca q.b.
                • Parmigiano grattugiato q.b.
                • Pepe nero q.b.

                Procedimento:

                1. Preparate l’impasto mescolando farina, olio, sale e acqua fino a ottenere una pasta liscia. Lasciatela riposare coperta per almeno 30 minuti.
                2. Nel frattempo, pulite e affettate i carciofi. Rosolateli in padella con la cipolla tritata finemente, l’olio e la maggiorana. Lasciate raffreddare.
                3. In una ciotola, unite i carciofi saltati con la ricotta, due uova, parmigiano, sale e pepe.
                4. Dividete l’impasto in quattro parti e tirate le sfoglie sottili. Foderate una teglia oliata con due sfoglie sovrapposte, spennellando d’olio tra l’una e l’altra.
                5. Versate il ripieno e formate quattro conchette dove romperete delicatamente le uova intere.
                6. Coprite con le altre due sfoglie, sigillate i bordi e spennellate la superficie con un po’ d’olio.
                7. Infornate a 180°C per circa 45-50 minuti, fino a doratura.

                A Pasqua (ma non solo)

                La torta pasqualina ai carciofi è uno di quei piatti che fanno subito festa, ma i genovesi lo sanno: il vero colpo di genio è gustarla anche nei giorni successivi, magari fredda, al mare o durante le scampagnate sulle alture. E ogni morso ha il sapore di una tradizione che non ha alcuna intenzione di tramontare.

                Perché, diciamocelo, la Liguria ha molti tesori, ma quando si parla di tavola, la regina verde – con i suoi carciofi e quell’uovo nascosto – non teme rivali.

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