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Curiosità

Corno rosso: l’investimento più redditizio è in buonumore!

Il corno rosso, noto anche come cornetto portafortuna o corno napoletano, è un amuleto molto diffuso in Italia, in particolare nel sud, e la sua storia e il suo significato affondano le radici in antiche credenze e tradizioni. Indipendentemente dalle sue origini e dalle credenze popolari, il corno rosso rimane un simbolo potente e affascinante che rappresenta il desiderio di fortuna, protezione e benessere.

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    Le origini del corno rosso ai tempi di Zeus
    Esistono diverse teorie sulle origini del corno rosso come portafortuna. Fin dai tempi antichi, il corno, in particolare quello di toro, era considerato un simbolo di virilità, fertilità e forza.
    Secondo alcuni, il corno rosso trae ispirazione dal mito di Amaltea, la ninfa che allattò Zeus da bambino. Un giorno, per sfuggire alla rabbia di Hera, la moglie di Zeus, Amaltea si trasformò in una capra. Durante la fuga, Zeus staccò accidentalmente un corno alla capra, che divenne poi il simbolo della cornucopia, associata all’abbondanza e alla fortuna.
    Il colore rosso, associato al sangue e al fuoco, era visto come un potente repellente contro le forze del male.

    Il corno rosso oggi
    Il corno rosso è un amuleto portafortuna molto diffuso in Italia. È spesso regalato come augurio di buona fortuna, salute e prosperità. Si può trovare in diverse forme e dimensioni, realizzato in vari materiali come corallo, plastica o metallo. Oltre al suo significato tradizionale, il corno rosso è diventato anche un simbolo della cultura napoletana e rappresenta un elemento iconico della città.

    Perché il corno rosso porta fortuna?
    La credenza nella fortuna portata dal corno rosso si basa su diverse ragioni: la forma del corno rappresenta la virilità, la fertilità e la forza, qualità associate alla fortuna e al successo. Il colore rosso, associato al sangue e al fuoco, simboleggia la vita, l’energia, la passione e la protezione. Si credeva che il rosso avesse il potere di scacciare gli spiriti maligni. La convinzione nella fortuna portata dal corno rosso può avere un effetto placebo positivo sulla persona che lo indossa, aumentando il suo senso di fiducia e ottimismo, fattori che possono contribuire al successo nella vita.

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      Chef sexy, la nuova mania dei social: chi sono e perché fanno impazzire il web

      Petto nudo, allusioni hot e milioni di follower: sui social spopola la nuova generazione di chef seducenti che trasformano la cucina in uno spettacolo a luci soffuse. Da Cedrik Lorenzen a Nara Aziza, ecco chi sono i protagonisti di questa tendenza virale.

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        Muscoli e mestoli, sguardi ammiccanti e piatti serviti con movenze da passerella. Non siamo su un set di un film patinato, ma nell’ultima frontiera dei social: gli chef sexy. Una nuova categoria di influencer che ha fatto breccia su milioni di utenti, mescolando in maniera sapiente food porn e seduzione esplicita. La ricetta? Pochi vestiti, molta consapevolezza del proprio sex appeal e una valanga di doppi sensi sparsi tra zucchero a velo e glassa.

        Il fenomeno è ormai virale: il pubblico dei social non si accontenta più della sola bontà del piatto, vuole lo show, l’occhiolino, la battuta piccante mentre si impasta o si caramella. Uomini e donne che hanno fatto del corpo il loro ingrediente segreto e del fornello il palcoscenico perfetto per stuzzicare fantasie e palati.

        Prendete Cedrik Lorenzen: chef (o presunto tale) con oltre 4,6 milioni di follower su Instagram e quasi 6 milioni su TikTok, diventato celebre per i suoi video in cui il petto nudo – da catalogo di fitness – è più protagonista del piatto finale. Tra colpi di frusta e spolverate di cacao, Cedrik gioca apertamente con le allusioni, mentre uno sguardo languido e una luce da set cinematografico completano l’opera.

        Ma non è il solo a dominare la scena. Anthony, alias @thedonutdaddy, cavalca l’onda del successo con il suo stile da “bad boy” dei fornelli. I suoi muscoli scolpiti sono un must in ogni video, così come la voce roca che accompagna ogni gesto mentre impasta o decora dolcetti (rigorosamente a petto nudo). Il suo slogan non ufficiale? Donuts e testosterone a volontà.

        Non mancano, ovviamente, le controparti femminili. Nara Aziza, ad esempio, incanta senza mai rinunciare a un abbigliamento ben studiato: vestiti aderenti che sottolineano le curve e una voce suadente che trasforma ogni ricetta in un gioco di seduzione. Nara ha capito perfettamente che il segreto non è solo “cosa cucini”, ma “come lo cucini” e, soprattutto, “come lo racconti”.

        Il risultato è un cortocircuito perfetto tra cucina e sex appeal. Ogni piatto diventa occasione per una strizzata d’occhio al pubblico che, affascinato, si lascia travolgere da questo mix di cibo e sensualità. Il confine tra il food porn e il softcore, in certi casi, è sottilissimo.

        E mentre le visualizzazioni schizzano alle stelle, il fenomeno divide. C’è chi storce il naso davanti a quella che definisce “l’ennesima spettacolarizzazione del corpo” e chi invece applaude al geniale marketing che ha saputo rivisitare la cucina in chiave pop e sexy, riportandola – letteralmente – sotto i riflettori.

        Di certo c’è che gli chef sexy non cucinano solo piatti, ma veri e propri show virali, capaci di conquistare l’appetito… e non solo quello.

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          Curiosità

          Belen barista, Blasi cassiera, De Martino muratore: cosa potrebbero essere i vip in un’ipotetica, altra vita? Ce lo mostra la IA (gallery)

          Che si tratti di un modo divertente ma preciso di manifestare la propria invidia sociale nei confronti di quelli più fortunati e (non sempre) meritevoli al 100% di quello che hanno?

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            Avete presente quando si sente qualcuno che urla… “Ma vai a lavorare”? Ecco, questo potrebbe essere l’incipit perfetto per commentare queste straordinarie realizzazioni fatte con l’intelligenza artificiale generativa, che ritraggono alcuni famosi vip del nostro spettacolo, alle prese con lavori comuni e in qualche caso pure decisamente usuranti.

            Lavorare stanca

            Belen Rodriguez barista, Elettra Lamborghini che consegna i pacchi di Amazon, Cristiano Malgioglio fruttarolo, Mario Baoletti benzinaro, Geolier posteggiatore (ma non abusivo… con tanto di pettorina d’ordinanza), Elisabetta Marcuzzi con il suo banchetto al mercato, Stefano De martino imbianchino e tanti altri.

            Una galleria di “nuovi mostri” generata dall’AI

            Replicare con l’AI personaggi famosi e inserirli in situazioni impossibili e poi condividerli sui social per vedere l’effetto che fa:è la moda del momento. Dai baci impossibili tra politici avversarsi, agli attori rivali nello schermo che ora si abbracciano appassionatamente fino ai calciatori, nella versione vecchia e giovane, che si incontrano in un’atmosfera onirica.

            Cassiera al supermercato, cameriera in pizzeria

            L’ultima versione, però, è quella che il popolino segretamente sogna (ma non troppo), al motto in voga di “non siamo brutti, siamo solo poveri”. Ilary Blasi cassiera della Coop e non più alle prese con Rolex e borsette griffate, Diletta Leotta cameriera in pizzeria e Gianluca Vacchi in fabbrica.. dove c’è poco da ballare e da stare allegri.

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              Curiosità

              L’ottuso algoritmo di Meta, più moralista della nonna, cancella Lolita dalla rete

              Provate a cercare “Lolita” su Facebook o Instagram. No, non il vostro romanzo preferito, ma proprio la parola. Vi aspetta una sorpresa: un messaggio d’allerta che insinua oscure associazioni. La scrittrice Guendalina Middei, autrice del saggio Sopravvivere il lunedì mattina con Lolita, lo ha scoperto a sue spese. Il titolo del suo libro è diventato un tabù digitale.

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                “Se provo a digitare il titolo del mio libro nei motori di ricerca di Facebook e Instagram”, racconta la Middei, “mi compare un alert che avvisa che la ricerca potrebbe essere associata agli abusi sessuali su minori”. Un’accusa pesante per un romanzo pubblicato da Feltrinelli e ispirato a un classico della letteratura: Sopravvivere al lunedì mattina con Lolita.

                Addio Nabokov

                Eppure, il blocco non si limita al libro della Middei: cercare semplicemente “Lolita” porta a un nulla di fatto, come se il celebre romanzo di Vladimir Nabokov non fosse mai esistito. Si salva solo la pagina dedicata al film di Stanley Kubrick, ma con un avviso a caratteri cubitali che ricorda: “gli abusi sessuali su minori sono illegali”. Una reazione sproporzionata? Decisamente sì.

                la logica della censura: quando l’algoritmo diventa giudice

                Meta ha già sperimentato censure algoritmiche con termini come “Gaza“, riducendo la visibilità di post legati agli eventi in Medio Oriente. Ma mai prima d’ora aveva cancellato un termine in modo così totale. “Oscurare una parola significa cancellare tutto l’universo che le ruota attorno”, denuncia Middei. “Un algoritmo non può avere questo potere”.

                La macchina domina l’uomo

                Di fronte alle proteste, la risposta di Meta è stata laconica: “Non possiamo fare nulla per i problemi legati all’algoritmo”. Una frase che suona come una resa incondizionata alla logica dell’intelligenza artificiale, trasformata in censore supremo senza possibilità di appello.

                E’ il paradosso della libertà di espressione a intermittenza

                Solo qualche mese fa, Mark Zuckerberg proclamava la libertà di espressione negli Stati Uniti, lamentandosi delle “regole restrittive” imposte dall’Unione Europea. Ma allora, come si spiega questo blackout totale su Lolita? La UE impone di rimuovere contenuti illegali, non certo di riscrivere la storia della letteratura a colpi di ban automatizzati. Cosa succederebbe se lo stesso trattamento fosse riservato ad altri classici? Potremmo svegliarci un giorno e scoprire che I Promessi Sposi è stato rimosso per sospette apologie di matrimoni forzati, o che Madame Bovary è stato oscurato per “contenuti immorali”.

                L’algoritmo? Fa più danni che altro

                Censurare le parole non elimina i problemi reali. Al contrario, rischia di seppellire dibattiti importanti sotto il tappeto di un moralismo algoritmico miope. Nel frattempo, Lolita continua a essere uno dei libri più letti e studiati della letteratura mondiale. Ma su Facebook e Instagram, semplicemente, non esiste più. Un romanzo che racconta la manipolazione delle parole è stato vittima proprio di questo meccanismo. Un’ironia che Nabokov, con la sua penna tagliente, avrebbe certamente saputo raccontare alla perfezione…

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