Moda
Vestiti vintage: perché sono un patrimonio da valorizzare (e indossare)
Unici, originali e pieni di charme, i vestiti vintage conquistano i guardaroba di chi cerca uno stile personale e inconfondibile.

In un’era dominata dal fast fashion, gli abiti e accessori second hand offrono una via di fuga per personalizzare il proprio look in modo sostenibile. Negli ultimi anni, i negozi vintage, mercatini dell’usato e shop online sono fioriti, rendendo il vintage il protagonista indiscusso del fashion. Ma cosa si intende per abbigliamento vintage? Sono capi prodotti da almeno 20 anni, non oltre i 100, caratterizzati da design e manifattura di alta qualità.
Il fascino del passato
Il vintage nasce nel secondo dopoguerra, spinto dalle sottoculture giovanili, e si sviluppa negli anni ’60 e ’70 grazie alla cultura hippie. Negli ultimi due decenni del XX secolo, lo stile vintage si afferma definitivamente, con celebrità come Lady Diana che indossano abiti vintage, contribuendo a renderlo popolare.
Un’alternativa sostenibile
Il vintage fashion non si limita ai capi iconici come il tubino nero Givenchy di Audrey Hepburn, ma comprende anche abiti meno conosciuti ma altrettanto preziosi. Questo stile è particolarmente apprezzato dalla Gen Z e dai Millennials, che lo vedono come un’alternativa al fast fashion inquinante e poco etico.
Vintage e sostenibilità
Il dialogo tra il vintage e il futuro è più che mai aperto: questi abiti unici, etici e sostenibili sono un patrimonio da indossare per promuovere l’economia circolare, riducendo l’impatto ambientale della moda. Acquistare capi vintage significa scegliere prodotti di qualità e durevoli, contribuendo a spezzare la catena del fast fashion e aderendo a un mercato virtuoso e responsabile.
Lunga vita al vintage, un mondo di abiti e accessori che raccontano storie passate e che continueranno a far parte della nostra storia futura.
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Moda
Il pareo non è solo un telo: è una dichiarazione di stile (e di libertà) che cambia ogni estate
Non è solo un pezzo di stoffa da annodare in fretta quando suona il cellulare o arriva il gelataio: il pareo è storia, cultura, tendenza. Nato nel Pacifico, adottato dall’haute couture, è tornato protagonista su Instagram grazie a nodi strategici, tessuti etnici e un’ironia che sa farsi moda. E no, non è roba solo da donne.

Chi l’ha detto che il pareo è solo un telo da spiaggia? Forse chi non ha mai provato a farci un abito, una fascia, una gonna a portafoglio e magari pure una borsa da passeggio. Il pareo, caro lettore o lettrice distratta, è il coltellino svizzero del guardaroba estivo, ma in versione tropical-chic.
Nato nei mari del Pacifico, dove le popolazioni polinesiane lo usano da secoli come abbigliamento quotidiano, il pareo (o sarong, nella sua versione maschile indonesiana) è arrivato sulle nostre spiagge con quell’aria da “sono appena tornata da Bora Bora” che fa sempre la sua figura. Negli anni ’60 è stato sdoganato dalle dive in vacanza: Brigitte Bardot, Sophia Loren, Claudia Cardinale lo hanno sfoggiato tra una foto rubata e un tuffo scenografico. E oggi? Oggi è tornato re del feed Instagram, tra pose boho e tutorial per annodarlo in 42 modi diversi.
Perché sì, il pareo si annoda. E come si annoda, racconta moltissimo di te. Se lo leghi dietro il collo in versione abito lungo, stai puntando a un’eleganza da aperitivo in riva al mare. Se invece lo trasformi in minigonna asimmetrica, hai tutta l’intenzione di far notare il bikini nuovo. Versione top a fascia? Sei il tipo che parte per la spiaggia con una borsa in paglia e le perle nelle orecchie.
E poi c’è l’annodata “all’italiana”: cioè a caso, in fretta, dietro la schiena, mentre scappi dal venditore di collanine. Una scelta onesta, ma migliorabile.
I tessuti? Dal cotone al lino, fino alla seta leggera: l’importante è che sia leggero, colorato, e soprattutto “instagrammabile” anche quando sei sudata come un ghiacciolo al sole. E se pensi che il pareo sia “roba da femmine”, sbagli di grosso: i surfer australiani lo portano da decenni, con la nonchalance di chi può permettersi di uscire dall’oceano spettinato e risultare comunque cool.
E non dimentichiamo il dettaglio finale: il pareo è libertà. Lo metti, lo togli, lo reinveti. Nessun bottone da slacciare, nessuna zip da sistemare. Solo un nodo. O due. Ma fatti bene.
Moda
Il ritorno dei costumi interi (ma super sexy): estate 2025 è all’insegna dell’eleganza retrò
Le collezioni mare 2025 mettono da parte bikini ridotti all’osso per riscoprire il fascino del costume intero: tagli asimmetrici, colori sorbetto e dettagli couture.

Dimentica il triangolino striminzito e i laccetti da annodare con il fiato sospeso. L’estate 2025 ha deciso di voltare pagina: il costume intero è tornato, ma guai a pensare che significhi meno sensualità. Anzi, al contrario. È proprio nel gioco di sottrazione che si ritrova l’eleganza più audace, quella che lascia spazio all’immaginazione senza rinunciare a nulla.
I brand più attenti alla moda balneare lo avevano già lasciato intendere nelle sfilate cruise e nelle collezioni pre-summer: il bikini, simbolo di emancipazione e libertà negli anni ’60 e ’70, lascia per una volta la scena al grande ritorno dell’intero. Ma non di quello da piscina olimpionica. I nuovi costumi sono un inno al corpo, pensati per valorizzare, contenere dove serve, scolpire dove si desidera. Il tutto con classe e una punta di nostalgia.
Tagli asimmetrici, spalline monospalla, scollature profonde sulla schiena, aperture strategiche e tessuti che brillano appena sotto il sole. I designer giocano con geometrie che rompono le regole senza esagerare: l’effetto è ipnotico. Come se quel pezzo unico riuscisse, da solo, a raccontare una storia intera. C’è chi punta sul total black effetto liquido, chi osa con i colori sorbetto – menta, lampone, pesca – e chi esagera con glitter, ricami e dettagli gioiello. Ma sempre con misura. Con intenzione.
Il successo di questo ritorno è visibile anche fuori dalle passerelle. Sulle spiagge italiane – da Capri a San Vito Lo Capo – i costumi interi si vedono ovunque: su ragazze giovanissime e su donne che hanno superato da un pezzo la prova costume (con o senza pancetta). Sono il simbolo di una bellezza più matura, più consapevole, che non ha bisogno di esibirsi per esistere. Un costume intero ti dà potere, e chi lo indossa lo sa.
Non a caso, anche molte celebrity hanno detto addio ai bikini striminziti per abbracciare il fascino retrò dell’intero: Gigi Hadid, Emily Ratajkowski, persino Dua Lipa – regina dell’estetica Y2K – hanno sfoggiato versioni bold del pezzo unico. A renderli irresistibili non è solo l’estetica, ma la comodità: un costume intero resta al suo posto, non si sfila mentre nuoti, non richiede continui aggiustamenti. È democratico, senza però risultare banale.
I nuovi modelli sono pensati per adattarsi a ogni tipo di corpo. Non è raro trovare costumi modellanti, con rinforzi interni, spalline regolabili, coppe sagomate e tessuti tecnici che asciugano in fretta. Alcuni brand di lingerie, come Intimissimi e Chantelle, hanno deciso di scendere in spiaggia portando con sé tutto il know-how dell’intimo: il risultato è un equilibrio perfetto tra bellezza e funzionalità.
Anche i tessuti sono protagonisti: dai toni satinati effetto lamé al cotone stretch eco-friendly, passando per reti elastiche, lurex discreto e microfibra opaca. Alcune maison, come Zimmermann, PatBo o Eres, hanno firmato veri capolavori sartoriali da indossare dalla spiaggia all’aperitivo, magari con un pareo annodato in vita o un pantalone palazzo a contrasto.
Infine, per chi non vuole rinunciare alla pelle nuda, ci sono i cut-out, gli scolli profondi, le trasparenze accennate. Perché sì, il costume intero può essere seducente anche più di un bikini. Basta saperlo scegliere. E indossarlo con la giusta dose di sicurezza, ironia e libertà.
Dopo tutto, che cos’è l’estate se non una dichiarazione d’indipendenza?
Moda
Cappelli di paglia: l’accessorio estivo che unisce stile e protezione dal sole, icona glam sotto l’ombrellone
Simbolo di vacanze chic e scatti da cartolina, i cappelli di paglia non sono solo un must estivo: sono l’equilibrio perfetto tra moda e funzionalità. E ogni testa ha il suo modello.

Parola d’ordine dell’estate: coprirsi per brillare. Tra i grandi ritorni di stagione, i protagonisti assoluti sono loro: i cappelli di paglia, tornati più glamour che mai a sfilare tra le onde, le terrazze vista mare e le strade assolate dei centri storici.
Dimenticate l’idea del cappello da contadino. Oggi la paglia è sinonimo di chic mediterraneo, con un ventaglio di modelli che vanno dal classico panama (perfetto anche per lui) al romantico cappello a tesa larga da vera diva del cinema anni Sessanta.
Perché sceglierli? Innanzitutto, riparano dal sole. La tesa ampia protegge viso, collo e spalle dai raggi UV, riducendo i rischi di scottature e colpi di calore. Ma c’è di più: in tempi di moda sostenibile, i cappelli di paglia sono un accessorio a basso impatto ambientale, spesso realizzati a mano con materiali naturali e biodegradabili.
Dal punto di vista del look, sono versatili e scenografici. Un nastro nero su un modello basic cambia subito tono. Un cappello intrecciato con fiori secchi, invece, trasforma un abito in lino in un outfit da matrimonio boho-chic. E c’è anche il revival del modello da pescatore in versione rigida, perfetto per le più giovani.
Il consiglio fashion? Indossarlo con disinvoltura, anche in città. Un cappello di paglia abbinato a un tailleur oversize o a un completo in lino può trasformare il tragitto casa-ufficio in una passerella urbana. Mai abbinarlo però a tacchi vertiginosi o a look troppo costruiti: la chiave è sempre la naturalezza.
Insomma, l’estate 2025 è sotto il segno della paglia. Fresca, elegante e sorprendentemente moderna. Non sarà solo un colpo di sole: sarà un colpo di stile.
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