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Lifestyle

MomTok: dalle sacre scritture allo scambismo, le casalinghe che hanno sconvolto TikTok e Disney+

Un gruppo di mamme mormoni dello Utah, note come le “MomTok”, ha trasformato TikTok in un palcoscenico per la loro vita apparentemente perfetta. Tuttavia, dietro i video di danza e consigli per genitori, si celava una realtà fatta di “soft swinging”, scandali e controversie. Questo articolo esplora come queste influencer siano passate da modelli di virtù a protagoniste di una docuserie su Disney+, sollevando interrogativi sulla sincerità delle loro vite online.

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    Le MomTok sono un gruppo di giovani mamme mormoni dello Utah che hanno guadagnato popolarità su TikTok. Come? E’ semplice: condividendo contenuti sulla vita familiare, la fede e la maternità. Con video di danza, routine quotidiane e consigli per genitori, hanno attirato milioni di follower, diventando simboli di una maternità moderna e devota.

    Lo Scandalo del “soft swinging”

    Nel maggio 2022, Taylor Frankie Paul, una delle figure di spicco del gruppo, ha rivelato in una diretta su TikTok che lei e suo marito praticavano il “soft swinging” con altre coppie mormoni. Questa pratica, che prevedeva lo scambio di partner con regole specifiche, ha scosso la comunità e portato alla fine del suo matrimonio.

    La docuserie

    Lo scandalo ha attirato l’attenzione dei media, portando alla creazione della docuserie The Secret Lives of Mormon Wives, disponibile sulla piattaforma Disney+. La serie esplora le vite delle MomTok dopo le rivelazioni di Taylor, mostrando le tensioni, le alleanze e le sfide affrontate dalle protagoniste.

    Tra fede, famiglia e follower

    La docuserie mette in luce il conflitto tra la fede mormone delle protagoniste e le loro azioni, sollevando domande sulla sincerità dei contenuti condivisi online. Alcune delle MomTok hanno affrontato critiche per aver tradito i valori religiosi, mentre altre hanno cercato di giustificare le loro scelte come un percorso di auto-esplorazione e crescita personale.

    Una Lezione di autenticità

    Una storia, questa, che serve da monito sull’importanza dell’autenticità nel mondo dei social media. Dietro le immagini curate e i video virali, si celano spesso realtà complesse e contraddittorie. Per gli spettatori, è un invito a guardare oltre la superficie e a interrogarsi sulla veridicità delle vite perfette presentate online.

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      Società

      I cinquantenni sbarcano su TikTok si salvi chi può

      Dalla Gen Z alla Gen X, il popolare social network vede aumentare il numero di utenti tra i 45 e i 60 anni. E ora lo usano per informarsi, raccontarsi e persino sfidare i propri figli.

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        TikTok, un tempo regno incontrastato della Gen Z, sta vivendo un cambiamento sorprendente: l’arrivo di un’onda di nuovi iscritti ben più maturi, nati tra il 1965 e il 1980. La loro presenza non è più sporadica, ma sta diventando una vera e propria rivoluzione generazionale che sta ridisegnando le dinamiche della piattaforma. Se prima era il posto perfetto per sfide virali, balletti sincronizzati e meme incomprensibili ai più grandi, oggi TikTok si trasforma in un luogo di dialogo intergenerazionale. La tech company Kolsquare, specializzata in influencer marketing, ha certificato il fenomeno: la Gen X, cioè la fascia tra i 45 e i 60 anni, è oggi il segmento in più rapida crescita sul social.

        Babbo ma che ci fai su TikTok?

        Il primo motivo per cui i cinquantenni stanno approdando su TikTok è semplice curiosità. Figli adolescenti e giovani colleghi parlano di questo universo parallelo, ed è naturale voler dare un’occhiata. Ma una volta dentro, molti non vogliono più uscire. TikTok per loro diventa uno spazio di espressione, dove raccontano la propria vita, commentano argomenti di attualità e persino sfidano i figli nelle challenge, con risultati più o meno imbarazzanti. Gli influencer over 45 – ancora in minoranza rispetto ai creator più giovani – stanno però guadagnando consensi incredibili, perché offrono contenuti che la Gen Z non si aspetta. Ovvero esperienza, consigli pratici e saggezza. Il pubblico più giovane non solo li segue, ma li considera una fonte di apprendimento.

        Non solo balletti, anche informazione e utilità

        Non è solo intrattenimento. I nuovi utenti maturi vogliono contenuti di valore, non solo video virali. Cercano informazioni su viaggi, alimentazione, tecnologia e benessere, e non è raro vedere profili che parlano di finanza, investimenti e cultura. Lontani dall’ossessione estetica e dalle mode usa-e-getta della Gen Z, questi utenti vogliono contenuti utili, spesso legati alla loro esperienza professionale. Alcuni sfruttano TikTok persino per fare networking, dando vita a discussioni costruttive tra generazioni.

        Se il social sta diventando più intergenerazionale, la domanda sorge spontanea: seguirà la parabola di Facebook, che inizialmente era il regno dei giovani e poi è stato “colonizzato” dai più grandi? È possibile, anche se TikTok si basa su un meccanismo di contenuti iper-dinamici, che lo rende più adatto all’intrattenimento rapido rispetto alla piattaforma di Zuckerberg. Di certo, le aziende stanno già fiutando il nuovo trend. La Gen X ha un potere d’acquisto più elevato, e per questo i brand stanno iniziando a modulare le loro campagne pubblicitarie per intercettare questa fascia d’età.

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          Curiosità

          Bollicine di solidarietà, polemiche a volontà: il caso della Gaza Cola nella pasticceria di Roma che divide il web

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            In vetrina, accanto ai bignè e alle torte glassate, ora c’è anche una lattina che racconta una storia di resistenza e ricostruzione. Si chiama Gaza Cola, ha il colore del caramello e l’effervescenza delle provocazioni riuscite. Ma soprattutto ha fatto esplodere una tempesta social. Perché la decisione della pasticceria Charlotte di piazza dei Re di Roma di mettere in vendita la bevanda simbolo della resistenza economica palestinese ha scatenato insulti, accuse, inviti al boicottaggio. Non tutti gradiscono le bollicine quando portano con sé una causa.

            Il prodotto è nato da un’idea dell’imprenditore palestinese Osama Qashoo, rifugiato a Londra. Il suo obiettivo è tanto semplice quanto ambizioso: una lattina alla volta, finanziare la ricostruzione del sistema sanitario palestinese devastato dai bombardamenti, e in particolare dell’ospedale Al Karama, nella Striscia. Il progetto è stato lanciato nel Regno Unito, ha fatto discutere in Francia e in Germania, e ora sbarca anche in Italia. E a Roma trova la sua prima “ambasciata” in una pasticceria.

            L’annuncio dell’arrivo della Gaza Cola è comparso qualche giorno fa sui social della Charlotte, un locale conosciuto per la sua proposta dolciaria artigianale e per l’attenzione ai prodotti indipendenti. “Una nuova bevanda è arrivata da oggi nella nostra pasticceria”, si legge. Ma se la comunicazione è stata sobria, la reazione non lo è stata affatto. Sotto il post si è aperta una valanga di commenti rabbiosi, accuse deliranti, insulti razzisti.

            “Segnalate questa pasticceria di extracomunitari che non parlano nemmeno un italiano decente, e forse nemmeno sanno di cosa parlano” scrive qualcuno, in un post rilanciato dagli stessi titolari, con tanto di replica: “Usano la parola extracomunitari come fosse un’offesa. Anche grazie a questa gente sappiamo di stare dalla parte giusta della storia”.

            Non una provocazione, spiegano, ma una scelta etica coerente con altre decisioni simili, come quella di vendere succhi artigianali al posto dei soliti marchi multinazionali. La differenza, in questo caso, è che il ricavato delle lattine contribuirà direttamente al finanziamento di un ospedale, e in particolare “al sostegno dell’imprenditoria palestinese, dell’indipendenza economica e della lotta per la giustizia”.

            Accanto alle cattiverie, è giusto dirlo, c’è anche un coro crescente di apprezzamenti. Molti hanno difeso la scelta, lodando il coraggio e l’impegno della pasticceria. Ma c’è anche chi ha deciso di vendicarsi in silenzio, lasciando recensioni negative online, senza entrare nel merito, senza nemmeno assaggiare un dolce.

            I titolari non si sono tirati indietro, anzi hanno risposto punto su punto: “Il profitto ottenuto dalla vendita della Gaza Cola viene utilizzato come per qualunque altro prodotto venduto nel nostro locale, ma in questo caso l’utile finale è destinato interamente a progetti umanitari. Lo facciamo anche per poter guardare in faccia i nostri figli, un giorno, e dire: non siamo stati in silenzio”.

            Un gesto piccolo? Forse. Ma di quelli che contano. Perché può anche essere solo una bibita, ma in questo caso – tra bollicine, polemiche e dignità – ogni lattina diventa un atto politico. O meglio: etico.

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              Luxury

              Il Thai style batte tutti! Il Capella Bangkok è il nuovo re degli hotel di lusso

              La classifica finale dei 50 migliori hotel del mondo vede al primo posto il Capella Bangkok, sorto appena 4 anni fa. Nella Top 50 anche 4 strutture italiane.

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                Lago di Como addio, il mondo dell’hotellerie ha un nuovo re: il Capella Bangkok. Inaugurato nel 2020, questo gioiello nascosto sulle rive del fiume Chao Phraya ha sbaragliato la concorrenza, conquistando il titolo di miglior hotel al mondo. Con le sue 101 camere affacciate sul fiume e l’atmosfera da dimora storica, il Capella Bangkok è un’oasi di pace. Nel cuore della frenetica capitale thailandese. Ma cosa lo rende così speciale? Sarà l’eleganza senza tempo degli interni, la cucina raffinata o semplicemente la magia del luogo? Una cosa è certa: il Capella Bangkok ha incantato la giuria e si è aggiudicato un posto d’onore nell’olimpo degli hotel di lusso.

                600 giurati per i World’s 50 Best Hotel

                Il Capella Bangkok è stato premiato come miglior hotel in Asia durante la consegna dei World’s 50 Best Hotels. Il premio è stato assegnato da 600 giurati conquistati dal fascino della storica dimora nel cuore della mega metropoli con oltre 6 milioni di abitanti.

                Ma l’Italia non è da meno

                Ai World’s 50 Best Hotels piazziamo ben quattro strutture. Dal Lago di Como alla Costiera Amalfitana, passando per Firenze e l’Umbria, gli hotel italiani sono sempre molto apprezzati per la loro offerta. Il Passalacqua Hotel sul Lago di Como, di Moltrasio, occupa il secondo posto. Una posizione che viene confermata da altri due importanti riconoscimenti assegnati al Passalacqua: il Best Hotel in Europe 2024 e il Carlo Alberto Best Boutique Hotel Award, assegnati per i suoi elevati standard di ospitalità e la sua location storica. Con quattro strutture presenti nella top 50, oltre il Passalacqua anche il Four Seasons di Firenze, il Borgo Santandrea di Amalfi e il Castello di Reschio di Lisciano Niccone (Pg), confermiamo la nostra eccellenza nel settore.

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