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Società

Roma in rivolta: i Robin Hood sabotano il Giubileo dei ricchi e si scagliano contro gli affitti brevi

A Roma sono in azione i militanti di Robin Hood un gruppo che si sta ribellando contro i padroni di case che affittano per brevi soggiorni.

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    Negli ultimi anni, l’Italia e la Spagna stanno affrontando un fenomeno sempre più evidente: la reazione delle comunità locali all’iperturismo. In particolare, i cittadini di Roma in questi ultimi mesi si sono mossi per contrastare quella che definiscono una “turistificazione” incontrollata della città, spesso incentivata dall’aumento degli affitti a breve termine per turisti, gestiti da piattaforme come Airbnb.

    Robin Hood, togliere ai ricchi per restituire ai poveri

    A guidare questo movimento di protesta è un gruppo di attivisti che si autodefinisce “Robin Hood“, già protagonista di azioni eclatanti a Roma. Il loro obiettivo è chiaro: limitare gli effetti devastanti del mercato degli affitti brevi, che sta riducendo la disponibilità di case per i residenti e portando a un aumento incontrollato dei prezzi degli immobili. Con l’avvicinarsi del Giubileo del 2025, evento destinato a richiamare milioni di pellegrini e turisti, i timori dei residenti sono aumentati.

    Azioni di protesta: “Sabotiamo il Giubileo dei Ricchi”

    Il 23 ottobre scorso il gruppo Robin Hood ha messo in atto un simbolico atto di ribellione a Roma, prendendo di mira le cassette di sicurezza per le chiavi usate negli affitti brevi. Nei pressi del Circo Massimo, in via di San Teodoro, hanno rimosso numerosi portachiavi per check-in automatici, lasciando al loro posto messaggi provocatori e un cappello verde, simbolo di protesta che richiama la figura di Robin Hood. Nella lettera lasciata dai membri del gruppo si legge tra l’altro:

    Se stai cercando le cassette di sicurezza per le chiavi e non riesci a trovarle, leggi questo. Ci stiamo ribellando. Abbiamo rimosso queste casse per chiavi per denunciare la vendita della città a favore delle vacanze a breve termine che allontanano i residenti e li mettono in strada ”.

    Gli attivisti accusano le istituzioni di favorire i “grandi proprietari” e di non salvaguardare il diritto all’abitare dei cittadini. In questa rivolta pacifica e strategica, invitano anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, a prendere una posizione chiara sul problema e a stipulare un “patto sociale” per il Giubileo, che garantisca una soglia massima di immobili destinati agli affitti brevi, preservando così gli alloggi per i residenti.

    Per Roma prezzi inaccessibili e speculazione immobiliare

    L’origine di questa protesta risiede nella rapida crescita del settore turistico che, dopo le restrizioni della pandemia, ha toccato numeri record. Se nel 2022 Roma ha accolto 15 milioni di visitatori, il 2023 ha visto questo numero superare i 35 milioni. L’attrattiva di Roma e di altre città storiche italiane ha comportato una domanda enorme di alloggi per brevi soggiorni, e le conseguenze sui residenti sono state devastanti. Affitti più alti, aumento delle compravendite da parte di aziende turistiche, mancanza di alloggi a lungo termine e perdita di identità dei quartieri storici.

    Sabotiamo la speculazione per difendere il diritto alla casa

    In un altro passo del messaggio lasciato ai turisti che cercavano le chiavi dei loro appartamenti gli attivisti sottolineano che l’aumento esponenziale dei prezzi degli affitti e degli immobili grava sui residenti, le cui entrate non riescono a tenere il passo con questi aumenti. “Gli affitti a breve termine divorano quelli a lungo periodo, togliendo spazio alle famiglie per crearne di più redditizio per i turisti“, si legge nel messaggio di Robin Hood, che conclude con un appello alla città: “Sabotiamo il Giubileo dei ricchi. Sabotiamo la speculazione per difendere il diritto alla casa.

    Nella Capitale il movimento è in crescita

    I Robin Hood romani, con le loro azioni mirate, rappresentano solo un esempio di una mobilitazione più ampia, che chiede ai governi e alle amministrazioni locali di bilanciare l’economia del turismo con le esigenze dei residenti, mantenendo le città vivibili e autentiche.

      Società

      Coppie Dink: niente figli, doppio stipendio e un nuovo modello di vita

      Le coppie Dink spopolano sui social, specie negli Usa, ma si diffondono anche in Italia.

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        Le coppie Dink (Double Income, No Kids – doppio stipendio niente figli) rappresentano una nuova realtà sociale in crescita, specialmente sui social media e nei paesi occidentali, Italia compresa. Si tratta di coppie che scelgono consapevolmente di non avere figli, potendo così godere di due stipendi e concentrarsi sulla propria carriera e sulla qualità della vita. Questa scelta, considerata da molti egoista, per altri è simbolo di libertà e consapevolezza, oltre che una risposta ai cambiamenti economici e sociali del nostro tempo.

        Cosa significa essere Dink

        Le coppie Dink vivono senza figli, ma con due entrate economiche, il che permette loro di concentrarsi su relazioni personali, obiettivi di carriera e interessi individuali. In Italia, secondo i dati Istat, il fenomeno sta crescendo parallelamente al calo della natalità: nel 2023 le nascite sono diminuite del 3,4%, con una media di 1,21 figli per donna nel 2024. Negli Stati Uniti, le famiglie childfree sono passate dal 37% nel 2018 al 44% nel 2021, e in Inghilterra il 51% delle persone tra 35 e 44 anni ha dichiarato di non avere figli né di volerli in futuro. A sorprendere è che i motivi principali di questa scelta non sono legati a difficoltà economiche o problemi di salute, ma piuttosto a una visione diversa della vita e delle priorità.

        Perché scegliere di essere Dink?

        Secondo la psicologa e sessuologa Eleonora Sellitto, le motivazioni principali includono: il desiderio di libertà personale e tempo per sé stessi. Le coppie danno priorità alla carriera e agli obiettivi personali. Una minore pressione sociale rispetto al passato per avere figli. Il rifiuto del carico emotivo e psicologico legato alla genitorialità. La mancanza di riconoscimento del lavoro familiare, che grava ancora principalmente sulle donne. E infine la percezione della genitorialità è cambiata. Se in passato i figli rappresentavano una “ricchezza sociale”, oggi molte coppie vedono nella mancata genitorialità una strada per una vita più appagante e libera da vincoli. “Non scegliere di avere figli fa parte della nostra libertà, prima individuale e poi di coppia. L’importante è che il concepimento sia una scelta consapevole e d’amore, non un obbligo sociale“, conclude la psicologa.

        Un fenomeno tra generazioni e contesti culturali

        Sul fenomeno sociale le differenze generazionali sono marcate: la Gen Z e i Millennial (67% e 65% rispettivamente) spesso ritengono troppo gravoso l’impegno di essere genitori. La mancanza di stabilità economica, combinata con il desiderio di realizzazione personale, spinge molti a rinunciare ai figli. Al contrario, per la Generazione X e i Baby Boomer, la genitorialità era vista come una parte inevitabile della vita, in un contesto di maggiori certezze economiche e sociali.

        La crescita del pet parenting

        In alternativa ai figli, molte coppie Dink optano per un animale domestico, considerato meno impegnativo a livello emotivo ed economico. Per alcuni, un cane o un gatto rappresenta una forma di compagnia che non compromette il tempo o le risorse necessarie per coltivare altre passioni e obiettivi. Il fenomeno sta ridefinendo il concetto di famiglia, portando a un dibattito su priorità personali, valori sociali e cambiamenti culturali. Lungi dall’essere solo una scelta individuale, questa tendenza riflette una trasformazione profonda nella percezione della vita e del ruolo delle coppie nella società contemporanea.

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          Società

          Come sarà il Natale a Verona? La polemica del prete social contro l’albero fucsia

          La critica del prete social di Verona contro l’albero di Natale color fucsia davanti alla sua chiesa.

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            Un albero stilizzato color fucsia, collocato davanti alla chiesa dello Spirito Santo a Verona, è diventato oggetto di una polemica che ha acceso i social e scatenato un dibattito politico-religioso. Don Ambrogio Mazzai, noto come il “prete social” con 370mila follower su TikTok e 90mila su Instagram, ha criticato aspramente l’installazione, definendola un “pistolotto fucsia”. Nel suo sondaggio online, la risposta più popolare tra i fedeli (40%) è stata: “Troppa frociaggine in Comune”, un termine già controverso usato da Papa Francesco. Don Mazzai ha poi spiegato che il suo intento era evidenziare la bruttezza dell’installazione, aggiungendo che anche se fosse stata verde sarebbe rimasta inadeguata.

            Le reazioni politiche e sociali

            La critica del prete ha suscitato reazioni indignate. Il segretario provinciale del PD, Franco Bonfante, ha accusato Mazzai di usare un linguaggio omofobo e ha invitato il sacerdote a scusarsi. Ha inoltre chiarito che l’installazione è stata curata dal gruppo AGSM-AIM, non dal Comune. Bonfante ha sottolineato che il problema non sembra essere solo di gusto personale, ma di una visione culturale ristretta, accostata alla recente polemica sollevata da Vannacci.

            Don Mazzai: il prete social al centro delle polemiche fucsia

            Don Ambrogio, ex studente di marketing e comunicazione, alterna riflessioni religiose a immagini quotidiane sui social. È abituato a coinvolgere la sua comunità digitale, ma questa volta il tono delle sue critiche ha diviso i follower. Pur sottolineando che il suo commento riflette un pensiero diffuso in città, il sacerdote è finito al centro di un acceso dibattito su rispetto, inclusività e ideologie.

            Il contesto Vaticano

            La polemica richiama il linguaggio usato da Papa Francesco in passato. Durante un recente incontro, il Papa avrebbe ribadito la necessità di prudenza sull’ammissione di persone con tendenze omosessuali nei seminari, sottolineando l’importanza di accoglienza e accompagnamento, ma senza ignorare i rischi delle ideologie.

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              Lifestyle

              Che fine hanno fatto i biglietti da visita nell’era digitale?

              Il biglietto da visita, sia cartaceo che digitale, continua a essere un elemento essenziale nel mondo professionale, adattandosi e evolvendosi con le tecnologie emergenti. La combinazione di tradizione e innovazione rappresenta la chiave per mantenere vivo questo rituale globale.

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                Nell’era della trasformazione digitale, potrebbe sembrare che i biglietti da visita siano destinati all’obsolescenza. Tuttavia, un’indagine ha raccolto dati internazionali e pareri di esperti, dimostrando che questo piccolo rettangolo di carta continua a plasmare le relazioni professionali adattandosi all’evoluzione tecnologica. I biglietti da visita cartacei coesistono con quelli digitali dotati di QR Code e quelli realizzati con realtà aumentata, confermando il loro ruolo cruciale nelle interazioni di lavoro.

                L’impulso dei biglietti da visita digitali

                Secondo HiHello, una delle piattaforme che realizza biglietti da visita, lo scorso anno ne sono stati condivisi oltre 13 milioni digitali. Market Research Future prevede una crescita significativa del 9,8% per questo settore, mentre il mercato globale dei cartacei, stimato a 1,3 miliardi di dollari nel 2021, continua a contrarsi ma a resistere.

                Tra tradizione e innovazione

                La chiave per il futuro dei biglietti da visita sembra essere un approccio che bilanci tradizione e innovazione. Mentre il biglietto da visita fisico rimane un potente strumento di connessione personale, il suo equivalente digitale offre nuove opportunità di networking interattivo e sostenibile.

                Biglietti da visita in realtà aumentata

                I biglietti da visita in realtà aumentata sovrappongono contenuti virtuali in 2D o 3D, offrendo una presentazione innovativa e coinvolgente del proprio ruolo e dell’azienda. Secondo Massimo Galli, consulente sulle terapie del linguaggio e delle relazioni “Questa trasformazione ha reso la connessione immediata e semplice, ma ha ridotto l’intimità dell’interazione. Parafrasando McLuhan, il medium digitale è diventato il messaggio, modificando come comunichiamo e cosa siamo. Le identità sono fluide e intercambiabili, dove la solidità del cartaceo lascia spazio alla fugacità del byte. Sta a noi umani riappropriarci della profondità e creare nuovi rituali che arricchiscano l’esperienza, ricordando che dietro ogni contatto digitale c’è comunque una persona reale“.

                Una risorsa in vacanza

                La natura digitale dei biglietti da visita consente di condividere i propri contatti professionali ovunque ci si trovi, senza la necessità di avere fisicamente con sé i biglietti cartacei.

                Il fascino del rituale asiatico del biglietto da visita

                Giappone
                In Giappone, lo scambio di biglietti da visita, noto come “meishi koukan“, è un’introduzione formale e rispettosa. I biglietti vengono presentati con entrambe le mani, con il testo rivolto verso il destinatario. Ricevere un biglietto richiede un momento di attenta osservazione e un commento rispettoso. È considerato scortese mettere subito il biglietto in tasca; l’attività professionale non può iniziare finché non avviene questo scambio.

                Cina
                In Cina, i biglietti si presentano e ricevono con entrambe le mani. È apprezzato avere un lato del biglietto tradotto in cinese. Il rango e il titolo sono particolarmente importanti e dovrebbero essere evidenziati.

                Corea del Sud
                In Corea del Sud, lo scambio avviene all’inizio di un incontro, con la persona di rango inferiore che offre per prima il suo biglietto. È considerato irrispettoso scrivere sul biglietto ricevuto in presenza del proprietario.

                India
                In India, i biglietti vengono scambiati anche in contesti non lavorativi. Devono essere presentati con la mano destra, considerata la mano pura. Come in altri paesi asiatici, il biglietto va presentato con il testo rivolto verso il destinatario.

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