Cinema

Alessandro Gassmann con la kefiah: “A Gaza c’è un genocidio, pochi imbecilli hanno provato a rovinare una manifestazione meravigliosa”

In un post social Gassmann denuncia “la perdita di umanità” e chiede ai governi di intervenire. Dopo Iacchetti, un’altra voce dello spettacolo si unisce alla protesta simbolica con la kefiah.

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    La kefiah, simbolo palestinese per eccellenza, continua a fare la sua comparsa nel mondo dello spettacolo italiano. Dopo Enzo Iacchetti, è stato Alessandro Gassmann a indossarla pubblicamente, accompagnando il gesto con parole dure e inequivocabili sul conflitto a Gaza. «A Gaza è in atto un genocidio. Una parola orribile ma che rappresenta quanto sta accadendo in Palestina. Si è persa l’umanità», ha scritto l’attore in un post che ha subito acceso il dibattito.

    La presa di posizione arriva nei giorni in cui la tensione internazionale resta altissima e in Italia le piazze continuano a riempirsi di cortei pro Palestina. Gassmann ha voluto legare la sua scelta simbolica non solo alla denuncia della violenza, ma anche alla richiesta di un impegno politico concreto: «Siamo ancora in attesa che chi ci governa dica qualche cosa», ha sottolineato, mettendo in luce il silenzio che a suo giudizio circonda la crisi mediorientale.

    Parole che hanno colpito per la loro nettezza, soprattutto perché pronunciate da un volto amatissimo del cinema e del teatro, già in passato attento ai temi sociali e civili. In molti, sotto il suo post, hanno espresso sostegno e approvazione. Non sono mancati, però, anche i commenti critici, segno di un tema che divide profondamente l’opinione pubblica.

    Il riferimento diretto di Gassmann agli scontri di Milano ha aggiunto un altro elemento. Durante la grande manifestazione a sostegno del popolo palestinese, alcuni disordini avevano rischiato di spostare l’attenzione dai contenuti del corteo. L’attore ha parlato chiaro: «Pochi facinorosi imbecilli tentano di rovinare una manifestazione pacifica come quella meravigliosa che abbiamo visto». Un giudizio netto che ha voluto separare il senso autentico della mobilitazione dalla violenza di pochi.

    Non è la prima volta che il mondo dello spettacolo italiano interviene su questioni internazionali. Dalla guerra in Ucraina al conflitto in Medio Oriente, attori, cantanti e artisti hanno usato la loro voce per amplificare messaggi di pace, solidarietà e denuncia. Ma il gesto della kefiah, per la sua carica simbolica, resta uno dei più divisivi.

    Il caso di Enzo Iacchetti, che poche settimane fa aveva fatto lo stesso, aveva già acceso polemiche. Ora la scelta di Gassmann conferma che la cultura e l’arte non intendono restare in silenzio. E che l’immagine di un attore con al collo la kefiah può diventare, nel bene e nel male, uno dei simboli più forti di questa stagione di tensione e di dolore.

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