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Musica

Per i leggendari Queen è tempo di nuove canzoni, i fan lo sperano

A quasi 30 anni dal loro ultimo album, i Queen potrebbero presto incidere nuove canzoni. La leggendaria band inglese ha pubblicato postumo il suo ultimo lavoro in studio, Made In Heaven, nel 1995, dopo la morte del leader Freddie Mercury nel 1991. Il batterista Roger Taylor oggi dice: “Penso che potremmo”.

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    Nel corso di una intervista con l’autorevole magazine musicale britannico Uncut, il giornalista di turno ha chiesto al batterista Roger Taylor se i Queen potrebbero potenzialmente registrare e pubblicare del nuovo materiale. “Penso che potremmo”, la risposta del musicista.

    Se ci sono belle canzoni… perchè non farlo?

    “Brian May e io ne stavamo parlando l’altro giorno, e abbiamo entrambi detto che se pensiamo di avere del buon materiale, perché no? Possiamo ancora suonare. Possiamo ancora cantare. Quindi non vedo perché no…”.

    Roger Taylor e Brian May oggi

    L’ultimo disco di inediti risale al 1995

    La band formatasi nel 1970, incidendo brani iconici come We Will Rock You, Bohemian Rhapsody, Love of my life e I Want to Break Free, ha contribuito fattivamente a riscrivere la storia del rock. Il leggendario frontman Freddie Mercury è scomparso nel 1991 all’età di 45 anni a causa di una malattia legata all’AIDS, e la band ha rilasciato l’album postumo Made In Heaven nel 1995, che rimane ad oggi l’ultimo disco ufficiale dei Queen. Poi solo raccolte e dischi live.

    Dopo la dipartita di Mercury, con Rodgers prima e Lambert poi alla voce

    Brian May, 77 anni, e Roger Taylor, 75 anni, hanno continuato i tour con il brand Queen, accompagnati negli ultimi anni dal cantante americano 42enne Adam Lambert (prima di lui l’inglese Paul Rodgers). Il bassista John Deacon, oggi 73enne, non ha invece mai più partecipato ai concerti, ritirandosi dalle scene dopo la scomparsa di Mercury.

    Uan recente foto dello schivo John Deacon, paparazzato fuori da casa sua

    Una leggenda metropolitana da sfatare

    Il batterista ha poi smentito alcune fra le dicerie più assurde circolate sulla band nel corso degli anni: «Ci sono vari falsi miti. Uno di questi è quello dei nani calvi alla festa di New Orleans con la cocaina in testa», ha raccontato. «È piuttosto buffo ma si tratta di un falso mito, comunque non ne ho visti. Ma c’era un uomo che si muoveva ricoperto di carne. Giaceva su un tavolo ricoperto di salumi, e quando qualcuno si avvicinava al tavolo, barcollava, e tutta la carne si muoveva e spaventava la gente. Penso che sia molto più strano di un nano con la cocaina in testa».

    I Queen al completo incontrano Diego Armando Maradona nel 1981

    La curiosità che non tutti conoscono sul loro logo ufficiale

    Lo stemma del gruppo, conosciuto come Queen Crest e stato disegnato dallo stesso Mercury – diplomato all’Ealing Art College di Londra – poco prima dell’uscita dell’album d’esordio. Le figure che compaiono nello stemma rappresentano i segni zodiacali dei quattro componenti della band: i due leoni identificano Taylor e Deacon; il granchio raffigura il cancro, segno di May; le due fate bianche simboleggiano infine il segno zodiacale di Mercury, la vergine.

    Foto prese dalla rete

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      Musica

      Renga superstar a Bergamo: 40 anni di carriera, l’amore mutato per Ambra e la figlia Jolanda diventata paladina del Pride

      Francesco Renga torna sul palco per celebrare quattro decenni di musica e i vent’anni di “Angelo”. Ma a emozionarlo davvero oggi è Jolanda: «Difende i fragili e i più deboli, è un miracolo». E su Ambra: «Ora ci vogliamo più bene di prima»

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        Sabato 5 luglio, al Lazzaretto di Bergamo, Francesco Renga festeggia quarant’anni di musica e venti di “Angelo”, la canzone dedicata alla figlia Jolanda che lo consacrò a Sanremo nel 2005. Sul palco, promette, porterà una scaletta piena di ricordi: «Sarà un concerto affascinante, pieno di emozioni», dice al Corriere della Sera. «Ripercorrerò tutte le tappe, da “Affogo, baby” a oggi. Sarà come sfogliare insieme l’album di una vita».

        Renga oggi è padre di due ragazzi: Jolanda, 21 anni, e Leonardo, 19. E si ritrova a fare i conti con la stessa incertezza che aveva vissuto da ragazzo, quando suo padre – maresciallo della Guardia di Finanza – voleva mandarlo all’Accademia. «Gli dovetti dire che non era la mia strada. Mamma era appena morta», ricorda. Oggi, tocca a lui accompagnare Leonardo nelle scelte post-diploma. Bocconi inclusa. «Vedremo», sorride, «io non ho mai avuto un piano B».

        La vera sorpresa, però, è Jolanda. A Milano, durante il Pride, ha letto con commozione una poesia di Haidar Al Ghazali. «Mi ha mandato il discorso venti volte, era emozionata. Ma ha una qualità rara: sa difendere i fragili, chi soffre, chi ha paura. È qualcosa che ci sfugge, un miracolo».

        E Ambra? La loro storia è finita da tempo, ma il legame resiste. «Il nostro rapporto oggi è molto più bello di quando stavamo lasciandoci. Ci sentiamo ogni giorno», dice. Una foto recente, pubblicata da Ambra, li ritrae mentre baciano insieme Jolanda. La sintesi perfetta di un amore che cambia pelle ma non si dissolve. «Se è vero amore, continua, anche se muta».

        Infine, un pensiero alle nuove generazioni musicali: «Olly mi piace molto, anche Blanco scrive pezzi bellissimi. Non potrei mai criticare i giovani: significherebbe diventare il vecchio». Ma con quarant’anni di carriera sulle spalle e la voce ancora calda, di “vecchio” Francesco Renga non ha proprio nulla.

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          Musica

          Morgan e Angelica, niente pace (e tanti veleni): fallisce la mediazione, lei rifiuta i 15mila euro e lo accusa di stalking sui social

          Angelica Schiatti ha lasciato il tavolo conciliativo: chiesti 150mila euro, lui ne offre 15mila “senza colpa”. Poi parte la guerra social: Morgan si proclama vittima, lei replica duramente e lo accusa di “mistificazione”

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            Altro che pace: tra Morgan e la sua ex compagna Angelica Schiatti è ormai guerra aperta, dentro e fuori dalle aule di giustizia. Fallito il tentativo di giustizia riparativa, il processo per stalking e diffamazione aggravata contro Marco Castoldi — in arte Morgan — andrà avanti. Il 27 settembre scorso il Tribunale di Lecco aveva accettato la richiesta dell’artista di accedere a un percorso di mediazione, ma la controparte si è tirata indietro. Fine della tregua.

            I fatti risalgono agli anni 2020-2021, quando — secondo l’accusa — Morgan avrebbe tormentato la ex con messaggi, telefonate e comportamenti invasivi. Lui ha sempre negato. La frattura definitiva si è consumata in aula martedì: secondo quanto riferito da Il Giorno, Angelica Schiatti avrebbe chiesto 150mila euro di risarcimento, mentre Morgan ha offerto 15mila euro come gesto “di responsabilità civile, ma senza ammettere colpa”.

            Nel frattempo, la battaglia si sposta online. Morgan ha pubblicato un video in cui sostiene che in tribunale sarebbe “stata riconosciuta la sua innocenza”, che “i fatti non sono gravi” e che lui stesso avrebbe subito un danno. Poi la frecciata alla ex: “Se vuole, devolva i 15mila euro alle vittime vere di violenza”. Una mossa che ha innescato l’immediata reazione social di Angelica.

            Sui suoi canali, la cantautrice ha smentito tutto: “Oggi l’udienza è stata semplicemente rinviata al 9 settembre. Il processo nemmeno è iniziato, e già lui parla di assoluzione. È la solita strategia: prendere tempo per sfinire magistrati e me”. Poi la replica ancora più dura a chi, secondo lei, cerca di minimizzare: “Insinuare che io mi meriti stalking, pedinamenti, appostamenti e diffamazione solo perché ho accettato due inviti radiofonici… è delirante”.

            Nessun passo indietro da parte di Schiatti, che conclude con un messaggio rivolto a tutte le donne: “Siate forti, non mollate mai”. Il processo, intanto, è fissato per settembre. E con questi toni, si annuncia infuocato.

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              Springsteen infiamma San Siro e attacca Trump: «L’America è in mano a un governo disonesto»

              Sul palco di San Siro, Bruce Springsteen parla alla platea con un messaggio politico forte: critica Trump, difende la democrazia e cita Baldwin. E per farsi capire da tutti, fa tradurre in italiano ogni parola

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                Bruce Springsteen non è solo tornato a San Siro: ha acceso un fuoco. Davanti a 58mila spettatori, il Boss ha trasformato il primo dei suoi due concerti milanesi in una dichiarazione civile potente. L’ha fatto alla sua maniera: con musica, sudore, e parole che pesano. Tra un brano e l’altro, ha preso la parola e ha lanciato un attacco frontale a Donald Trump, parlando di “un’America tradita” e di “un governo corrotto e disonesto”. Un discorso carico di significato, proiettato in tempo reale con sottotitoli in italiano sui maxischermi dello stadio.

                «Benvenuti nel tour della terra della speranza e dei sogni», ha esordito, mentre l’arena esplodeva di entusiasmo. Poi, la stoccata politica: «La potente E Street Band è qui stasera per invocare il potere virtuoso dell’arte, della musica, del rock’n’roll in tempi pericolosi. A casa mia, l’America che amo, quella di cui ho scritto, che è stata un faro di speranza e libertà per 250 anni, è attualmente nelle mani di un’amministrazione corrotta, incompetente e traditrice».

                Non ha mai nominato direttamente Trump, ma il bersaglio era evidente. Springsteen ha parlato della necessità di resistere, di combattere l’autoritarismo con la cultura e l’impegno civile. «Stasera chiediamo a tutti coloro che credono nella democrazia e nel meglio del nostro esperimento americano di unirsi a noi, alzare la voce contro l’autoritarismo e far risuonare la libertà».

                Poi la chiusura, affidata alle parole dello scrittore afroamericano James Baldwin: «In questo mondo non c’è tanta umanità quanta se ne vorrebbe, ma ce n’è abbastanza».

                A quarant’anni esatti dal suo debutto a San Siro nel 1985, Bruce ha suonato con una forza che non conosce il tempo. Ha aperto con No Surrender e ha infilato uno dietro l’altro i suoi inni di resistenza e riscatto. Vestito con camicia, gilet e cravatta – look austero per una serata dal tono solenne – ha condotto il pubblico in un viaggio che è stato molto più di un concerto: un atto di fede nel potere della musica e della libertà.

                In tempi in cui anche le rockstar sembrano spesso rinchiuse in bolle di convenienza, Springsteen ha dimostrato ancora una volta di essere il Boss. Di se stesso, della sua arte, della sua coscienza. E ieri sera, anche di San Siro.

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