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Musica

Sfera & Salmo, botte da un milione (ma solo sui social)

Una frecciatina qui, un “milly” là, ed ecco che il rap italiano torna a far parlare di sé. Sfera Ebbasta e Salmo si scontrano (virtualmente) su cachet, coerenza e visioni opposte del successo. Mentre i fan si dividono, la rete applaude… con i popcorn in mano.

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    È bastata una frase — sei parole e un po’ di arroganza ben dosata — per incendiare i social: “Io il milly me lo sono preso”. Così Sfera Ebbasta ha risposto a distanza a Salmo, che aveva pubblicamente raccontato di aver rifiutato un cachet da 1 milione di euro per diventare giudice di X Factor. Motivo del gran rifiuto? Coerenza artistica. Emozioni da evitare. Scelte da rispettare. Peccato che la risposta di Sfera abbia messo in chiaro che, per lui, coerenza fa rima con opportunità. E che il milione, beh… è meglio averlo in tasca che in teoria.

    Salmo il purista, Sfera il pragmatico

    Da un lato, c’è Salmo: il rapper-filosofo, l’artista che rifugge la spettacolarizzazione, anche quando vale sette zeri. Dall’altro, Sfera Ebbasta: diamanti, hit e strategie da CEO. Non è la prima volta che il mondo rap italiano si divide su valori e visioni, ma stavolta lo scontro è sottile, quasi elegante — come uno schiaffo dato con il guanto di seta. Eppure, il messaggio è chiaro: Salmo rinuncia, Sfera incassa. E lo dice pure.

    Il pubblico? Diviso, come sempre… come vogliono i social

    L’internet, ovviamente, ha risposto a tono. I fan di Salmo applaudono la scelta “etica” e radicale, ritenendo la tv un compromesso da evitare. I supporter di Sfera, invece, lo elevano a paladino del “meglio un milione oggi che un’identità domani”. Nel mezzo, tanti che condividono meme, remixano la frase del “milly preso al volo” e ne fanno merchandising virtuale. Il rap, insomma, diventa trend topic… senza nemmeno pubblicare un brano.

    Quando l’autenticità diventa spettacolo (anche senza volerlo)

    Il bello — o l’amaro — di questa storia è che, paradossalmente, anche il rifiuto di Salmo è diventato contenuto. Un gesto “contro” il sistema che, nel giro di poche ore, è finito esattamente nel cuore di quel sistema: social, articoli, like. E, naturalmente, reazioni. Forse, oggi più che mai, l’unica vera coerenza è accettare che ogni scelta, nel bene o nel male, diventa spettacolo. Soprattutto se fai rap.

    Il prossimo dissing? Al prossimo bonifico!

    Al momento i due artisti non hanno proseguito il botta e risposta. Forse si stanno limitando a scrivere la prossima barra a tema banca. Oppure stanno semplicemente godendosi l’hype: perché, piaccia o no, ogni volta che due big si pungono, il pubblico impazzisce. E così il vero talent show non è X Factor. È Threads, Instagram, Twitter. Dove le rime sono post e le punchline valgono (quasi) quanto un cachet.

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      Musica

      Marco Carta si confessa: «Dopo l’accusa di furto non uscivo più di casa, ho scoperto che mio padre aveva delle dipendenze»

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        Marco Carta si è aperto come non mai nel salotto di Verissimo. Ospite di Silvia Toffanin, l’ex vincitore di Amici ha ripercorso gli alti e bassi della sua vita, dai successi musicali alle profonde cicatrici personali. Reduce dal San Marino Song Contest, Carta ha spiegato come oggi sia tornato a sorridere grazie a un nuovo amore e a una ritrovata serenità, nonostante il peso di un passato difficile.

        L’amore con Luca e la rinascita personale

        «La vita sentimentale va molto bene», confessa Carta, lasciandosi andare a un sorriso. Dopo la fine della relazione con Sirio Campedelli nel 2022, il cantante cagliaritano ha trovato la felicità accanto a Luca: «È un raggio di sole per me, sono pieno di nuova linfa», ha detto. Un legame che arriva in un momento di rinascita personale e professionale. La partecipazione al contest musicale di San Marino lo ha visto salire di nuovo su un palco importante, emozionato ma determinato: «Era un’occasione per mettermi in gioco, e ne sono felice», racconta.

        L’ombra dell’accusa di furto: «Ho avuto paura di uscire»

        Marco però non nasconde la ferita ancora aperta di un periodo difficile: l’accusa di furto nel 2019 alla Rinascente di Milano, che gli ha cambiato la vita. «Sono stato assolto, ma l’allarme mediatico è stato enorme», spiega. «Quando l’assoluzione è arrivata, molti erano disorientati, ma io mi sono sentito solo e giudicato. Per settimane non uscivo di casa, avevo paura di ciò che avrebbero pensato gli altri». Una vicenda che ha rallentato la sua carriera e lo ha messo davanti al lato più spietato dei social network: «Sui social si esagera, la calunnia è pesante da gestire. Ora però è passato tutto e voglio solo far ascoltare la mia voce».

        Il dramma familiare: «Non ho mai conosciuto mio padre»

        Tra i passaggi più toccanti dell’intervista, Marco Carta ha raccontato il dolore per un padre mai conosciuto: «L’ho odiato per anni, non accettavo l’idea che non volesse sapere nulla di me», confessa. La scomparsa della madre, avvenuta quando era bambino, ha amplificato quel senso di solitudine. «Ero geloso dei miei compagni che avevano entrambi i genitori. Io no».

        Solo dopo la morte del padre, Marco ha scoperto una verità che ha cambiato la sua visione: «Aveva delle dipendenze che lo hanno portato lontano da me. Sapevo che era morto di leucemia, ma scoprire dei suoi problemi mi ha fatto smettere di odiarlo. Ho capito che non era lucido per potermi crescere». Un perdono tardivo ma necessario: «Ho fatto pace con i demoni dentro di me e anche con lui».

        «Lo abbraccerei»

        Alla domanda su cosa direbbe al padre oggi, Marco risponde con sincerità disarmante: «All’inizio qualcosa di brutto. Ma poi lo abbraccerei, perché ne ho bisogno. Ho sempre desiderato l’affetto paterno e non l’ho mai avuto». Un racconto che commuove e che mostra un Marco Carta maturo e più forte, deciso a guardare al futuro con un sorriso. E, questa volta, senza più paura di uscire di casa.

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          Eurovision 2025: Lucio Corsi fa la storia, Gabry Ponte fa ballare, ma a vincere è l’Austria con JJ

          L’Eurovision Song Contest 2025 si è concluso con una vittoria netta: JJ porta l’Austria sul gradino più alto del podio con la sua emozionante Wasted Love. Un brano potente che ha convinto sia il pubblico europeo al televoto sia le giurie nazionali. Decisivi anche i 12 punti dell’Italia annunciati da un’icona tutta italiana: Topo Gigio, in un momento diventato già virale sui social.

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            La canzone, tra pop elettronico e atmosfere malinconiche, ha avuto la meglio su altri due pezzi fortissimi: New Day Will Rise di Yuval Raphael (Israele, secondo posto) e la controversa Espresso Macchiato di Tommy Cash (Estonia, terzo classificato), brano che ha giocato ironicamente sui cliché italiani. All’ultimo posto il torinese Gabry Ponte.

            Lucio Corsi quinto: il “duro” dal cuore tenero conquista il pubblico

            Nonostante non abbia vinto, Lucio Corsi ha regalato all’Italia un’esibizione memorabile. Con la sua Volevo essere un duro, il cantautore toscano ha portato sul palco dell’Eurovision poesia, stile retrò e uno storytelling musicale inedito per il contest. Corsi alla fine si è classificato quinto, un risultato che in pochi avrebbero previsto alla vigilia, considerando quanto la sua proposta artistica fosse distante dai canoni eurovisivi. La sua performance ha fatto la storia anche per altri motivi: ha riportato l’armonica a bocca sul palco dopo 27 anni e, per la prima volta in assoluto, ha utilizzato sottotitoli in inglese sincronizzati, per far arrivare a tutti il significato del testo. Un piccolo record tutto italiano, anche se a vincere è stato JJ.

            Gabry Ponte per San Marino: Tutta l’Italia in 26ª posizione, ma tanta energia

            Ha fatto discutere anche la partecipazione di Gabry Ponte, in gara per San Marino con Tutta l’Italia, la sigla non ufficiale di Sanremo 2025. Nonostante un’esibizione esplosiva e il supporto dei fan del dance italiano anni Duemila, il DJ si è piazzato solo 26°, ultimo tra i finalisti. Un risultato deludente ma coerente con l’andamento degli ultimi anni per il microstato. Eppure, Gabry Ponte ha fatto ballare l’arena con il suo ritmo martellante, regalando una ventata di leggerezza e autoironia.

            La classifica dell’Eurovision 2025

            Austria – JJ: Wasted Love

            Israele – Yuval Raphael: New Day Will Rise

            Estonia – Tommy Cash: Espresso Macchiato

            Svezia – KAJ: Bara Bada Bastu

            Italia – Lucio Corsi: Volevo essere un duro

            Grecia – Klavdia: Asteromáta

            Francia – Louane: Maman

            Albania – Shkodra Elektronike: Zjerm

            Ucraina – Ziferblat: Bird of Pray

            Svizzera – Zoë Më: Voyage

            Nessuna squalifiche e tanta varietà musicale

            Dopo la squalifica dei Paesi Bassi nel 2024, questa edizione è filata liscia, con 26 Paesi in finale. Tra ballad, elettronica, ironia e performance teatrali, l’Eurovision 2025 ha mostrato il volto multiculturale e creativo della musica europea, in diretta da Basilea. E tra chi ha emozionato e chi ha fatto discutere, ci sono due italiani che, seppur con esiti diversi, hanno saputo lasciare il segno: Lucio Corsi, il “duro gentile” della musica d’autore, e Gabry Ponte, l’inarrestabile re delle consolle.

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              La Rai costretta a inginocchiarsi davanti a Sanremo: per riprendersi il Festival deve partecipare al bando del Comune

              Il Comune di Sanremo ha imposto una gara pubblica per l’organizzazione del Festival: chi vorrà la kermesse dovrà presentare un’offerta entro il 19 maggio. Rai compresa. Una decisione che non è piaciuta per nulla a Viale Mazzini, dove si sussurra di “irriconoscenza” e si inizia a immaginare scenari alternativi.

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                Ci voleva il Comune di Sanremo per mettere in crisi l’orgoglio della Rai. Dopo oltre settant’anni di sodalizio, applausi, lacrime e ascolti record, l’azienda di servizio pubblico è costretta a piegarsi e partecipare, come una qualunque società di produzione, al bando pubblico indetto dal municipio per decidere chi organizzerà le prossime edizioni del Festival.

                Una doccia gelata per Viale Mazzini, che pure si è dovuta arrendere all’evidenza: entro il 19 maggio bisogna presentare domanda, e se non si partecipa, si resta fuori. Punto. Il Festival, almeno per ora, non è più cosa “di famiglia”.

                La decisione della Rai di partecipare al bando è arrivata ieri, quasi con riluttanza. Il Cda ha dato mandato, ma l’atmosfera ai piani alti è di malcelato fastidio. “Ci tocca farlo”, spiega una fonte interna con voce più che eloquente. “Ma resta l’amarezza. Dopo tutto quello che il Festival ha rappresentato per Sanremo – e viceversa – trovarsi in gara con chissà chi è uno schiaffo”.

                Il motivo di questo cambio di rotta è noto: il Tar ha accolto un ricorso che impone al Comune la messa a gara della concessione, aprendo le porte, almeno in teoria, anche a privati o broadcaster alternativi. La Rai, se vorrà mantenere il controllo dell’evento che da sempre è il fiore all’occhiello del suo palinsesto, dovrà vincere. Come se fosse Mediaset. O Sky. O Amazon.

                L’irriconoscenza brucia

                La parola che circola con più insistenza tra le stanze di Viale Mazzini è “irriconoscenza”. “Ci accusano di egemonia, ma vogliamo parlare di tutto quello che la Rai ha fatto per il Festival e per la città di Sanremo negli ultimi quarant’anni?”, sbotta un dirigente. “Negli anni ’80 il Festival era sull’orlo del baratro. Siamo stati noi a reinventarlo, rilanciarlo, renderlo di nuovo centrale. E adesso ci si tratta come un concorrente qualunque?”.

                Il riferimento, neanche troppo velato, è anche all’impegno economico: sei milioni e mezzo di euro per la concessione, percentuali sulla pubblicità e l’obbligo di ospitare e promuovere eventi collaterali del Comune. Un carico non indifferente, che viene percepito come un vero e proprio salasso.

                Il Consiglio di Stato può ribaltare tutto

                Il colpo di scena potrebbe però arrivare dal Consiglio di Stato, che il 22 maggio si pronuncerà sull’ammissibilità della decisione del Tar. Se l’organo dovesse ribaltare il verdetto, il Comune potrebbe essere costretto a tornare indietro. E la Rai, pur avendo già partecipato al bando, si ritroverebbe da sola in pista. Ma intanto il danno d’immagine c’è stato, e a Viale Mazzini non lo dimenticano.

                “Se alla fine si farà la gara, allora vedremo chi parteciperà – ammette un consigliere del Cda – ma se il Consiglio di Stato ci darà ragione, dovremo riflettere seriamente su come procedere in futuro. Non è escluso che si cominci a pensare a qualcosa di alternativo”.

                Il tono è minaccioso. Un Sanremo senza la Rai? Fantapolitica oggi, ma chissà domani. Per ora è solo un’ipotesi, ma è indicativa del nervosismo che serpeggia tra gli scranni più alti dell’azienda.

                La vendetta, intanto, si serve fredda

                Dietro le dichiarazioni ufficiali, c’è una strategia che inizia a prendere forma. E se il Comune pensa di poter fare a meno della Rai, la Rai sta già valutando se potrà fare a meno di Sanremo. Non subito, certo. Ma in futuro, forse. Qualcuno ha parlato di un “piano B”: un nuovo evento musicale, magari da tenersi altrove, che raccolga lo spirito (e gli sponsor) del Festival. Per ora è solo un sussurro, ma come sempre a Viale Mazzini, quando le voci girano, raramente lo fanno a vuoto.

                Intanto, la sfida va avanti. Il bando è lì, nero su bianco. Le condizioni ci sono, i termini sono stretti. La Rai ha deciso di partecipare. Ma lo fa con l’orgoglio ammaccato e il taccuino pieno di appunti. E chissà che qualcuno, presto o tardi, non li usi per scrivere un nuovo copione. Magari senza più l’Ariston in scena.

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