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Personaggi e interviste

All’inferno e ritorno: Romina Carrisi e la sua rinascita attraverso l’arte

Romina Carrisi, figlia di Al Bano e Romina Power, ha vissuto un momento buio dopo la partecipazione a L’Isola dei Famosi. Un periodo di smarrimento, segnato da alcol, droghe e una profonda crisi interiore che l’ha spinta a lasciare tutto e allontanarsi dalla scena pubblica. A distanza di sei anni da quella confessione pubblica, le sue parole restano un monito sincero e potente su come il successo possa diventare una prigione invisibile.

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    Dopo l’esperienza televisiva del reality al quale ha partecipato, Romina Carrisi ha raccontato di essere caduta in un vortice di eccessi. Il ritorno alla quotidianità si è rivelato più difficile del previsto: “Ero disorientata, cercavo emozioni forti per colmare un vuoto che non sapevo spiegare”. L’alcol e la droga erano diventati strumenti di evasione, mezzi per anestetizzare la mente e mettere a tacere l’ansia.

    In un’intervista rilasciata nel 2017, Romina ammise: “Ho toccato il fondo. Ho pensato che forse era meglio sparire”. Parole crude, ma necessarie per comprendere quanto la pressione della popolarità e l’identità ingombrante di “figlia di” abbiano inciso sul suo percorso personale.

    La fuga e il bisogno di ricostruirsi

    Sentendo di aver perso sé stessa, Romina prese una decisione radicale: lasciò l’Italia e si trasferì negli Stati Uniti. Lontana dalle luci dei riflettori e dalla pressione del cognome Carrisi, iniziò un cammino di ricostruzione interiore. In California trovò rifugio nell’arte, nella fotografia, nella scrittura e nella recitazione. Una forma di espressione autentica che le permise di raccontare il dolore senza filtri e senza giudizi.

    In quel periodo pubblicò anche alcuni componimenti poetici, trasformando le ferite in parole. La terapia artistica divenne la sua salvezza. “Scrivere è stato come urlare senza fare rumore”, raccontò in un’intervista.

    Una nuova Romina

    Oggi, Romina Carrisi è una donna nuova. Matura, consapevole e in pace con il suo passato. Non ha mai rinnegato il periodo buio, anzi, lo racconta con grande lucidità per aiutare chi si trova nello stesso tunnel. È tornata in Italia con un bagaglio di esperienze, pronta a rimettersi in gioco con autenticità. Ha partecipato a diversi programmi televisivi, ma con un approccio completamente diverso: più profondo, più umano, meno legato all’apparenza.

    Ha detto addio agli eccessi, scegliendo la semplicità e la verità. Ha anche riallacciato un legame più sereno con la sua famiglia, imparando a convivere con il peso di un cognome illustre senza esserne schiacciata.

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      Personaggi e interviste

      Riccardo Rossi, il re del “tampinamento seriale”: una vita tra cinema, tv e star

      L’attore romano, sempre pronto a una battuta, ci racconta la sua carriera costellata di incontri con le celebrità e la sua scelta di vita da scapolo convinto.

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        Riccardo Rossi, volto noto del cinema e della televisione italiana, è un personaggio eclettico e dalla verve inconfondibile. Con la sua simpatia e la sua ironia ha conquistato il pubblico, diventando uno degli attori più amati del nostro paese. Ma chi è davvero Riccardo Rossi dietro la maschera del comico?

        Un inizio tra cinema e tv

        Nato a Roma nel 1962, Rossi ha debuttato al cinema a soli 22 anni, nel film “College“. Da lì in poi, la sua carriera è stata costellata di ruoli in film e serie tv di successo, come “I ragazzi della 3ª C” e “Dio c’è”. Negli anni ’90 ha conquistato il pubblico televisivo con la sua partecipazione a programmi come “Non è la Rai” e “Forum”.

        Riccardo Rossi o meglio il “tampinatore seriale”

        Ma è forse per la sua passione per le celebrità che Rossi è diventato famoso. Autodefinitosi un “tampinatore seriale”, ha raccontato in numerose interviste i suoi incontri con star del cinema e dello spettacolo. Da Sean Connery a Fanny Ardant, da Alberto Sordi a Raffaella Carrà, Rossi ha collezionato una serie di aneddoti divertenti e curiosi. E nonostante il successo e le numerose conquiste, Rossi ha scelto di rimanere single. “Ho pensato tanto all’amore eterno, all’anima gemella, ma poi ho capito che non fa per me“, ha confessato in un’intervista. L’attore ha spiegato che preferisce la libertà e l’indipendenza, e che non crede nel matrimonio come istituzione.

        Un’esistenza tra cinema, tv e… cucina

        Oltre alla carriera di attore, Rossi è un appassionato di cucina. Ha partecipato a numerosi programmi televisivi dedicati al cibo e ha scritto diversi libri di ricette. La sua passione per il buon cibo lo ha portato a viaggiare in lungo e in largo, alla scoperta di nuovi sapori e tradizioni culinarie. In tavola la sua solita simpatia, la sua ironia e la sua voglia di vivere. Tre qualità con le quali è riuscito a conquistare il pubblico e a ritagliarsi un posto speciale nel cuore degli italiani.

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          Personaggi e interviste

          Tuona Alessandro Gassmann: No a raduni fascisti nel teatro dedicato a mio padre!

          Alessandro Gassmann chiede la rimozione del nome del padre, Vittorio, dal Teatro Condominio di Gallarate, dopo che la struttura ha ospitato un evento dell’estrema destra. La vicenda solleva interrogativi sull’uso degli spazi culturali pubblici e sull’eredità dei grandi artisti italiani.

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            Il Teatro Condominio di Gallarate, fondato nel 1862 come Teatro Sociale, è stato per decenni un punto di riferimento culturale nella provincia di Varese. Dopo anni di chiusura, nel 2006 è stato riaperto e intitolato a Vittorio Gassman, uno dei più grandi attori italiani del 900. La scelta di dedicare a lui il teatro è stata un omaggio alla sua straordinaria carriera e al suo contributo al teatro italiano.

            La polemica: un evento controverso accende gli animi

            Recentemente, il Teatro Condominio ha ospitato il Remigration Summit, un convegno organizzato da gruppi di estrema destra. La scelta di utilizzare una struttura pubblica intitolata a un artista noto per i suoi valori antifascisti ha suscitato indignazione. In particolare, Alessandro Gassmann, figlio di Vittorio, ha espresso il suo disappunto, chiedendo la rimozione del nome del padre dal teatro.

            La reazione di Alessandro Gassmann: una questione di coerenza

            Alessandro Gassmann ha dichiarato: “L’estrema destra si incontri dove vuole, ma non nella sala intitolata a Vittorio. I nostri parenti uccisi dai nazifascisti”. Le sue parole riflettono una profonda preoccupazione per l’uso degli spazi pubblici e per la memoria storica. Per Gassmann, associare il nome del padre a un evento di estrema destra è inaccettabile e contraddice i valori che Vittorio ha sempre rappresentato.

            Il dibattito pubblico, tra libertà di espressione e rispetto della memoria

            La vicenda ha acceso un acceso dibattito sull’uso degli spazi culturali pubblici. Da un lato, c’è chi sostiene la libertà di espressione e l’uso delle strutture pubbliche da parte di tutti i gruppi, indipendentemente dalle loro ideologie. Dall’altro, c’è chi ritiene che ospitare eventi di estrema destra in luoghi intitolati a figure simbolo dell’antifascismo sia una mancanza di rispetto per la memoria storica e per i valori democratici.

            Una riflessione sull’eredità culturale

            La richiesta di Alessandro solleva interrogativi importanti sull’eredità culturale e sulla gestione degli spazi pubblici. È fondamentale che le istituzioni riflettano sull’uso delle strutture culturali, garantendo che siano coerenti con i valori che rappresentano. In un’epoca in cui la memoria storica è spesso messa in discussione, preservare l’integrità dei luoghi simbolo della cultura italiana è più importante che mai.

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              Personaggi e interviste

              Fiorello demolisce la Rai: “Palinsesti da 27 anni fa. Chi li fa meriterebbe una pallottola nel cuore”

              Don Matteo 13, Imma Tataranni 3, Makari 3: per Fiorello la programmazione Rai è “la stessa di 27 anni fa”. E rilancia: “Questo non è un palinsesto, è un miracolo che cammina”. Frecciate anche al mondo del cinema e ai furbi del tax credit: “Facciamo le sovvenzioni, ma pure autocritica”.

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                Nel debutto ufficiale del suo nuovo programma su Rai Radio2, La pennicanza, lo showman siciliano ha fatto quello che gli riesce meglio: mescolare ironia, paradosso e verità che bruciano. E la prima vittima è stata proprio la Rai, colpevole — secondo lui — di aver messo il palinsesto in naftalina nel 1997 e di non averlo mai più tirato fuori.

                I palinsesti Rai sono quelli di 27 anni fa”, dice ridendo (ma neanche troppo), “chi li fa meriterebbe una pallottola nel cuore”. E poi affonda il colpo: “Questo non è un palinsesto, è accanimento terapeutico. Ora inizia la stagione delle repliche: Don Matteo 13 (don Matteo ormai ha 109 anni), Lolita Lobosco 2, Imma Tataranni 3, Makari 3, Bianca 2, L’allieva e Cuori. Praticamente RaiUno è il museo delle cere”.

                La battuta è feroce, ma l’applauso è servito. Perché sotto la risata c’è una stoccata a una tv che sembra aver perso il coraggio dell’innovazione. E non è finita.

                Fiorello, in una finta telefonata con Gabriele Muccino, si toglie qualche sassolino anche dalle scarpe del cinema italiano: “Ci sono stati dei furbetti che si sono approfittati dei finanziamenti. Il cinema dovrebbe dirlo: sì alle sovvenzioni, ma anche un po’ di autocritica. In questo governo e in quelli precedenti c’è sempre stato chi ha fatto il furbo”.

                La puntata poi scorre tra telefonate vere (come quella a Silvia Toffanin, beccata mentre “lavava i piatti”), revival di Ramazzotti e un botta e risposta live con il direttore di Repubblica, Mario Orfeo, che gli scrive per ricordargli che Veltroni, da lui citato, “scrive per il Corriere”. La risposta? “Ma Veltroni è comunista!”. Finezza e nonsense firmati Fiore.

                Lo show è appena iniziato, ma la linea è chiara: La pennicanza sarà anche una siesta pomeridiana, ma non per chi siede ai piani alti della tv pubblica. Per loro, il risveglio è già stato piuttosto traumatico.

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