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Metti una genovese a Napoli: apparenti contraddizioni che creano il gusto

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    Il ragù alla genovese, a cavallo fra rito e mito, è una faccenda estremamente seria. Ogni napoletano degno di questo titolo sa che, sulle tavole partenopee, un piatto di genovese ben fatto può valere più di tante parole. Un cibo che custodisce mistero (viene davvero dalla Liguria?), emblema di famiglia, di convivialità e di senso di appartenenza.

    La tradizione… senza innovazione

    Un sugo costituto da cipolla e carne che rappresenta uno dei capisaldi della tradizione culinaria campana. A Napoli la genovese è notissima almeno quanto il tradizionale ragù… anche se quest’ultimo è conosciuto da tutti, mentre lei è sempre rimasta “dietro le quinte”, quasi sconosciuta ai non napoletani.

    Origini antiche

    Le origini della genovese risalgono al ‘500, con Napoli invasa da mercanti genovesi che preparavano questo particolare ragù, lo stesso che i napoletani successivamente ereditarono, facendolo proprio. Un piatto perfetto per la domenica e, più in generale, adatto ai giorni di festa. Una ricetta rimasta immutata nel tempo, tramandata di generazione in generazione. Classico esempio di “piatto unico”, dai tempi di preparazione estremamente lunghi (circa 9 ore). Nelle famiglie napoletane si cominciava il sabato nel tardo pomeriggio per terminare la domenica in tarda mattinata.

    Nei pressi della centralissima Piazza del Plebiscito

    Punto di riferimento per gli estimatori della genovese è l’Osteria della Mattonella, storica trattoria a conduzione famigliare a Monte di Dio, dietro Piazza del Plebiscito. «Sono quarant’anni che serviamo la genovese», racconta la signora Antonietta, «ma questo piatto è stato rivalutato circa otto anni fa. È una di quelle ricette della tradizione che in passato veniva fatta a casa. Oggi, ovviamente, con il cambiamento della società, il tempo a disposizione è poco e la genovese richiede molte ore di preparazione. E poi, diciamo la verità, quando si fa a casa l’odore di cipolla rimane per tre giorni». Aperta dal 1978, l’Osteria della Mattonella si distingue per il suo ambiente genuino ed accogliente. Con le pareti decorate da mattonelle, meglio dette “riggiole”, tipiche ceramiche vietresi risalenti al 1700.

    Vini consigliati

    In alternativa, non perdetevi una sosta presso la Locanda Gesù Vecchio, in pieno centro storico. Il locale dispone di due sedi, una al civico 26 e l’altra al civico 4, è stata menzionata anche dal New York Times come uno di quei ristoranti che ti fanno dimenticare la pizza. Parla il titolare: «Per la nostra genovese utilizziamo la cipolla ramata di Montoro, che secondo noi si presta meglio a questa ricetta, poi ovviamente carne di manzo e, come pasta, gli ziti». Per ogni pietanza viene anche consigliato il vino in abbinamento: ottimi il Greco di Tufo e il Timorasso, vini con una bella struttura, che si accostano bene al gusto dolciastro della cipolla e che creano una contrasto che al palato si traduce in un matrimonio di sapori.

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      L’arte del brunch perfetto: uova, musica e chiacchiere (ma senza stress) per una domenica tutta da gustare

      La tendenza del momento è il brunch casalingo, curato ma rilassato, dove il piacere è tutto nel tempo condiviso. Perché il lusso della domenica è non avere fretta.

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        Il ritorno del brunch fatto in casa

        C’è chi lo chiama colazione lunga, chi lo considera un rito sociale. Il brunch casalingo è la nuova abitudine che conquista anche i più pigri. Dopo anni di file interminabili nei locali “instagrammabili”, la tendenza si sposta tra le mura domestiche. La formula è semplice: tavola curata, piatti facili e atmosfera calda. Niente stress da servizio, solo il piacere di mescolare dolce e salato, caffè e cocktail leggeri, tra musica e chiacchiere.

        Pancakes, uova e un tocco di stile

        Il menu perfetto comincia con i classici: pancakes morbidi, uova strapazzate, avocado toast e frutta fresca. Ma il segreto non è cosa si serve, bensì come. I piatti si dispongono in modo informale, quasi da buffet, con stoviglie spaiate, tazze colorate e un mazzo di fiori al centro. Il brunch di casa non ha bisogno di chef stellati: basta un profumo di caffè, qualche ingrediente di qualità e un po’ di cura nei dettagli. Chi vuole aggiungere un tocco chic può puntare su succhi speziati, smoothie al mango o un Bloody Mary leggero.

        La colonna sonora della domenica

        Il brunch perfetto non ha orario: inizia tardi, finisce quando si vuole. La regola è una sola — creare atmosfera. Una playlist di dischi in vinile, luci soffuse e voci che si intrecciano in sottofondo. È la domenica reinventata, fatta di lentezza felice e piccole ritualità. Non c’è cameriera che serva, né conto da pagare: solo il tempo che scorre tra un sorso di caffè e una risata.
        Il brunch casalingo è l’antidoto alla frenesia del weekend. Una parentesi morbida, dove tutto profuma di burro, amicizia e quiete. E se avanza qualcosa, tanto meglio: lunedì avrà già il sapore di una dolce ripartenza.

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          Dolci gotici di Halloween: nero, spezie e cacao per dessert che stregano gli occhi (e il palato)

          Tra glassa nera, polvere di carbone, cannella e cacao amaro, nasce la tendenza dei dessert gotici: eleganti, sensuali e perfetti per la notte più misteriosa dell’anno.

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          Dolci gotici

            L’eleganza oscura dei dessert neri

            Halloween non è più solo zucche e caramelle: è diventato un’occasione per giocare con l’estetica dark in cucina. Così nascono i dolci gotici, creazioni scure, vellutate e profumate di spezie, che trasformano la paura in piacere. Nero come la notte, lucido come il velluto, il cioccolato fondente torna protagonista, affiancato da ingredienti insoliti come il carbone vegetale, che dona il colore nero intenso a mousse, glasse e biscotti. L’effetto è magnetico: elegante, scenografico, un po’ decadente.

            Spezie, cacao e magia al forno

            Le ricette seguono la logica del contrasto: dolce e amaro, caldo e freddo, luce e ombra. Nei dolci gotici di Halloween dominano cannella, zenzero e chiodi di garofano, che scaldano l’aroma e ricordano i profumi d’autunno.
            Un classico rivisitato è la torta al cioccolato nero e peperoncino: morbida, umida, con un retrogusto piccante che arriva in ritardo, come un colpo di scena.
            Per i più curiosi, c’è la cheesecake dark, con base di biscotti al cacao e crema nera al carbone vegetale: bella da vedere e sorprendente da mangiare.
            E per chi ama i sapori intensi, la mousse al cioccolato fondente e whisky affumicato è il dolce più “noir” che ci sia: un morso e si accende l’atmosfera di una vecchia villa vittoriana.

            Decorare con stile (non con paura)

            La regola d’oro del dolce gotico è la raffinatezza. Basta una glassa lucida color carbone, qualche petalo rosso o granello d’oro alimentare per rendere ogni dolce un piccolo dramma estetico. Si gioca con contrasti e texture: il nero del cioccolato, il bianco della panna, il rosso del lampone.
            Halloween così smette di essere una festa da bambini e diventa un rituale adulto, sensuale, gourmand. Un piccolo peccato di gola da concedersi al buio, davanti a una candela, mentre fuori il vento muove le foglie secche e il profumo di cacao riempie la casa.

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              La trombetta da morto, il fungo nero dal sapore unico: il “tartufo dei poveri” che profuma d’autunno

              Nero, profondo e profumatissimo: il Craterellus cornucopioides è il protagonista segreto della stagione, amatissimo dagli chef e perfetto per Halloween.

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              La trombetta da morto

                Il fungo più elegante (e frainteso) del bosco

                Si chiama trombetta da morto, ma è tutto fuorché lugubre. Il suo nome latino, Craterellus cornucopioides, significa “corno dell’abbondanza”: una descrizione più fedele, perché questo fungo, con il suo colore grigio-nero e la forma a imbuto, porta in tavola un profumo intenso e una sapidità che ricorda il tartufo. Cresce nei boschi umidi tra ottobre e novembre, spesso nascosto tra le foglie. Economico ma nobilissimo nel gusto, viene soprannominato “tartufo dei poveri” proprio per il suo aroma profondo e persistente, capace di elevare anche i piatti più semplici.

                Come pulirlo e conservarlo

                La trombetta da morto va trattata con delicatezza. Si pulisce a secco con un pennello morbido, evitando di lavarla sotto l’acqua per non rovinarne la consistenza. Una volta puliti, i funghi possono essere saltati subito in padella oppure essiccati, conservandoli per mesi. Anzi, molti cuochi li preferiscono secchi, perché sprigionano un profumo ancora più deciso dopo la reidratazione.

                Tre ricette da provare

                Risotto alle trombette e Parmigiano – In una casseruola, tosta il riso Carnaroli con una noce di burro, aggiungi le trombette tagliate sottili e sfuma con vino bianco. Cuoci con brodo vegetale e, a fine cottura, manteca con Parmigiano Reggiano e un pizzico di timo. Profumo intenso, gusto boschivo, comfort food d’autunno.

                Tagliatelle con trombette e panna acida – Fai saltare le trombette in olio e aglio, aggiungi un cucchiaio di panna acida e una spolverata di pepe nero. Condisci le tagliatelle all’uovo e completa con scaglie di Grana. Un piatto rustico e raffinato insieme.

                Crostoni con trombette e uovo al tegamino – Tosta pane casereccio, spalmalo con burro fuso e aggiungi le trombette saltate con prezzemolo. Adagia sopra un uovo al tegamino con tuorlo morbido. L’unione di cremoso e croccante è irresistibile.

                Dal bosco alla tavola, la trombetta da morto è un piccolo miracolo autunnale: misteriosa come il suo nome, ma generosa come pochi altri ingredienti. E se Halloween ha bisogno di un sapore “dark”, questo è il più elegante che ci sia.

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