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Cronaca

L’Amerigo Vespucci a Los Angeles

Dopo Los Angeles, l’Amerigo Vespucci farà tappa a Honolulu, Tokyo, Darwin, Singapore, Mumbai, Abu Dhabi, Doha e Jeddah, con il Villaggio Italia che sarà visitabile accanto alla nave durante queste tappe. Questo tour non solo celebra il patrimonio italiano ma promuove anche il Made in Italy su scala globale.

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amerigo vespucci a los angeles

    Il veliero Amerigo Vespucci, nave scuola della Marina Militare Italiana, ha fatto tappa a Los Angeles dal 2 all’8 luglio. La nave ambasciatrice del “Made in Italy”, ha portato con sé un pezzo d’Italia, evidenziando l’eccellenza del paese in vari settori. Questo evento è stato arricchito dall’inaugurazione del “Villaggio Italia“. Si tratta di un’esposizione mondiale itinerante che accompagnerà il tour del Vespucci in sette altre tappe globali.

    Il Villaggio Italia per promuovere il made in Italy

    La nostra nave scuola è stata scelta per promuovere il Made in Italy, con un progetto che coinvolge più ministeri perché racchiude in sé tutte le eccellenze italiane, dalla tecnologia all’arte, dalla musica alla cultura. L’ambasciatrice italiana negli Usa Mariangela Zappia ha elogiato il veliero definendolo “la nave più bella del mondo“, un simbolo di amicizia tra Italia e Stati Uniti. Del resto da anni il Vespucci rappresenta il meglio del Made in Italy, dalla moda al cibo, dal design all’innovazione tecnologica.

    Un tour mondiale come i grandi del rock

    L’Ammiraglio di squadra Enrico Credendino ha sottolineato l’importanza del tour mondiale del Vespucci, che ha già percorso oltre 23.000 miglia sul totale di 44.000 previste e ha sottolineato l’enorme affluenza di visitatori, con oltre 115.000 persone accolte a bordo.

    Che cos’è il Villaggio Italia

    Villaggio Italia racconta “l’Italia più bella, l’Italia del fare, l’Italia degli artigiani, l’Italia delle piazze” come Piazza Italia che ha accolto i visitatori con un programma di incontri ed esibizioni, tra cui quelle delle Frecce Tricolori, la musica della Fanfara della Legione Allievi dei Carabinieri, e l’arte contemporanea con opere come “La David” di Jago. Ma anche eventi con esperti di blue economy ed economia dello Spazio, inclusi gli astronauti Walter Villadei e Roberto Vittori.

    E dopo la California…

    Dopo Los Angeles, l’Amerigo Vespucci farà tappa a Honolulu, Tokyo, Darwin, Singapore, Mumbai, Abu Dhabi, Doha e Jeddah. Il Villaggio Italia che sarà visitabile accanto alla nave durante tutte le tappe.

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      Mondo

      La Casa Bianca? Un bancomat personale: ecco la “grande rapina” di Trump tra jet, golf club e bitcoin

      Tre miliardi di dollari di affari, criptovalute e resort di lusso: il ritorno del Tycoon alla Casa Bianca è una saga di soldi, famiglia e selfie in jet privati.

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        Altro che Commander-in-Chief. Donald Trump, secondo The Atlantic, avrebbe trasformato il ritorno alla Casa Bianca in un vero e proprio bancomat personale. Un colpo da manuale che ha portato nelle sue tasche, e in quelle della famiglia, la bellezza di tre miliardi di dollari in pochi mesi.

        Come? Con un mix da manuale di businessman: resort di lusso spuntati come funghi in Vietnam e Qatar, investimenti in criptovalute con soci Emirati e un jet privato offerto da un generoso fondo qatariota. Un Air Force One alternativo, con tanto di moquette dorata e hostess in stile reality show.

        E mentre Washington discuteva di dazi e di “fare l’America di nuovo grande”, la famiglia Trump chiudeva affari con i partner più ansiosi di ottenere un selfie con l’uomo più potente del pianeta. Perché si sa: la politica è noiosa, gli affari sono sexy.

        Eric Trump, l’erede scatenato, ha già annunciato la nuova Trump Tower di Dubai: 80 piani di hotel e appartamenti di lusso, acquistabili anche in bitcoin. E se la politica non dovesse bastare, ci pensa Melania: la first lady ha firmato un contratto da 40 milioni di dollari con Amazon per raccontare la sua vita in un docu-soap che promette lacrime e lustrini.

        Nel frattempo, la base Maga sogna il “primo anno di stipendio donato”, ma i conti parlano chiaro: la fortuna di famiglia è cresciuta di tre miliardi di dollari in quattro mesi. Un record che neanche un influencer con 100 milioni di follower potrebbe replicare.

        E non finisce qui. La scorsa settimana, un gala esclusivo nel golf club di famiglia ha accolto 200 investitori della “Trump Crypto Holdings”. Un nome che sembra un gioco, ma che suona come un monito: in questa Casa Bianca, anche il bitcoin ha trovato il suo posto.

        Per The Atlantic, è uno scenario degno delle vecchie repubbliche sovietiche. Un livello di conflitto d’interessi che ridefinisce la parola “corruzione”. E Trump? Niente scuse: la strategia è semplice. Presentarsi come l’eroe che combatte il sistema corrotto, mentre intasca tutto.

        Alla fine, la domanda è una sola: Donald Trump è davvero il paladino dell’America profonda, o solo un genio del marketing che ha trovato nella Casa Bianca il business più redditizio di sempre? Se la risposta vi sembra ovvia, ricordate: è la politica, baby. E a Washington, la commedia è sempre aperta.

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          Mistero

          Gli Hobbit esistevano davvero ma non nella Contea del Signore degli Anelli. Dove? In Indonesia

          Nonostante i progressi fatti negli ultimi anni nelle ricerche archeologiche e antropologiche il mistero dell’Homo floresiensis rimane avvolto da un velo di fascino.

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            L’isola indonesiana di Flores continua a stupire gli scienziati con i suoi misteri evolutivi. Negli ultimi anni, questo luogo remoto è diventato famoso per aver ospitato una specie umana di dimensioni ridotte, soprannominata “hobbit” per la sua somiglianza con le creature immaginarie create da J.R.R. Tolkien. L’Homo floresiensis, questo il suo nome scientifico, ha affascinato il mondo con la sua storia e le sue caratteristiche uniche.

            Un frammento di osso diventa una grande scoperta

            Recenti ricerche hanno portato alla luce una scoperta sensazionale che riscrive parte di ciò che sappiamo sull’Homo floresiensis. Un frammento di omero, risalente a ben 700.000 anni fa, è stato classificato come appartenente a uno dei primi rappresentanti di questa specie. La cosa più sorprendente è che questo osso è ancora più piccolo di quelli precedentemente attribuiti all’Homo floresiensis. “Questo omero adulto di 700.000 anni non è solo più corto di quello dell’Homo floresiensis, ma è anche il più piccolo osso del braccio conosciuto tra i reperti fossili di ominidi in tutto il mondo“, afferma l’archeologo Adam Brumm della Griffith University in Australia.

            Un’evoluzione verso la miniatura

            Analisi approfondite hanno confermato che l’osso apparteneva a un individuo adulto. Ciò significa che gli antenati dell’Homo floresiensis erano di dimensioni corporee molto ridotte, ben oltre quanto si pensasse in precedenza. Questa scoperta suggerisce un processo evolutivo che ha portato a una progressiva miniaturizzazione di questa specie, un fenomeno noto come nanismo insulare, spesso osservato in animali isolati su isole.

            Le cause di un nanoismo estremo

            Le ragioni di questo nanoismo estremo sono ancora oggetto di dibattito tra gli scienziati. Alcuni ipotizzano che l’isolamento geografico e la limitata disponibilità di risorse abbiano favorito lo sviluppo di individui più piccoli, in grado di sopravvivere meglio in un ambiente con risorse scarse. Altri, invece, suggeriscono che fattori genetici intrinseci alla popolazione abbiano accelerato questo processo evolutivo.

            Un puzzle ancora da completare

            La scoperta di questo nuovo frammento fossile solleva ulteriori interrogativi sulla storia evolutiva dell’Homo floresiensis. Chi erano questi piccoli ominidi? Da dove provenivano? Come si sono adattati all’ambiente insulare? Queste sono solo alcune delle domande a cui gli scienziati stanno cercando di rispondere.

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              Cronaca Nera

              La verità proibita di Garlasco: orge al santuario e sangue in villa

              Tra i riflessi delle rogge e i segreti delle ville, la morte di Chiara Poggi e il mistero delle gemelle K continuano a bruciare nella memoria di un paese che ha sempre preferito la menzogna alla verità.

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                Garlasco, Lomellina. Era il 13 agosto 2007 quando la “ragazza dell’oratorio” venne trovata senza vita nella villetta di via Pascoli: un colpo alla nuca, forse due, e poi un silenzio che per 18 anni ha seppellito verità scomode e verità mai raccontate.

                Chiara, la “brava ragazza”, nascondeva una doppia vita che nessuno voleva vedere. Nelle mail scambiate con l’amica Cristina Tosi, confessava un cuore diviso: “Il mio piccione al telefono mi dà sempre soddisfazioni”, scriveva, “mentre con l’altro… ultimamente non ci vado troppo d’accordo”. Due uomini, due vite. E un secondo cellulare pieghevole, azzurro, mai repertato. Una linea segreta che nessuno ha mai voluto cercare.

                Al suo fianco c’era Alberto Stasi, il fidanzato ufficiale. Freddo e impacciato, ma anche ossessionato dal sesso: nel suo computer, migliaia di immagini e video hard, molti girati con Chiara stessa. Lingerie comprata a Londra, sex toys, pose provocanti. La “coppia da oratorio” che si divertiva come fosse in un film proibito. Ma nei tribunali bastò questo per trasformare Stasi nel mostro perfetto. Eppure quei video mostravano solo una sessualità giovane e curiosa, senza violenza. Ma a Garlasco, la curiosità è un peccato mortale.

                E mentre Alberto veniva inchiodato come carnefice, altre ombre si muovevano dietro le quinte. Le gemelle Paola e Stefania Cappa, cugine di Chiara, sono sempre rimaste a galla, protette dal potere della famiglia. Belle e ambiziose, di giorno “figlie modello”, di notte cubiste alle Rotonde, la discoteca più in voga. Il loro habitat era la notte, e la loro arma, la voglia di essere viste. Dopo la morte di Chiara, si buttarono nelle braccia di Fabrizio Corona: “Erano le gemelle K, le cugine affrante. Il dolore fa audience,” racconta Francesco Chiesa Soprani, manager dello showbiz e amico delle due ragazze. E loro, in cerca di visibilità, falsificarono pure una foto per sembrare più vicine alla cugina morta.

                Tra i loro messaggi, uno fa rabbrividire: “Mi sa che abbiamo incastrato Stasi”. Ma a Garlasco, dove i sorrisi sono cortine di fumo, nessuno volle scavare davvero. Anche quando spuntarono messaggi vocali in cui Paola parlava di “un segreto che la renderebbe ricca”.

                Intanto, la famiglia Cappa restava intoccabile. Ermanno, il padre, avvocato influente, era “l’uomo che tutto può”, mentre Maria Rosa, madre delle gemelle e sorella del padre di Chiara, mentiva spudoratamente sugli alibi del mattino dell’omicidio. Bugie che lasciavano sole le due figlie in casa, con un mazzo di chiavi della villetta di Chiara.

                A Garlasco si bisbiglia di vecchi rancori e di gelosie morbose. “Le gemelle odiavano Chiara,” dice Maria Ventura, madre di un’amica. Il giorno dopo la morte della ragazza, Paola e Stefania erano già sul piede di guerra per gestire la loro “immagine da cuginette affrante” e chiedere a Corona di trasformarle in star da copertina.

                E mentre il paese fingeva di non vedere, Andrea Sempio, amico di Marco Poggi e comparsa inquietante in questa saga, finì per diventare l’altro nome sussurrato. Un’impronta palmare lo inchioda sulla scena del delitto, ma la sua ombra è ancora più lunga. Il memoriale di Flavius Savu parla di orge e prostituzione al santuario delle Bozzole, dove Sempio – dicono – era di casa. Minorenni pagati per sesso con i preti, chiavi sotto i tappeti e riti satanici.

                “Mio zio mi riferiva che tante volte aveva paura che questi gli togliessero la vita, per quello che aveva visto,” scrive Savu. Parole di un testimone che dice di aver conosciuto l’orrore vero.

                E poi c’è Michele Bertani, amico di Sempio, morto impiccato nel 2016. In macchina, Andrea sussurrava: “Michele si è impiccato… perché? Tutte le cazzate le abbiamo fatte insieme…”. Un monologo che sa di colpa, di segreti condivisi, di un’ombra che non si può cancellare.

                Garlasco è ancora lì: un paese che si inginocchia in chiesa e la sera si perde tra le ombre delle sue ville. Dove la verità non è solo una ferita aperta, ma una storia che puzza di sesso, potere e menzogne.

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