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In un’oasi di lusso, a un’ora da Milano

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    Il Collina Luxury Relais, con la sua My Purity Spa sorge sulla cima del Collina, alla base del
    Relais, a Clusone (BG). Oasi di relax e lusso con 26.000mq di area verde boschiva per percorsi rigeneranti, dispone di 2 saune, bagno turco, docce emozionali, sale relax, cabine per trattamenti e massaggi.

    Una coccola per il palato

    Da questa settimana e per tutta la stagione presenta, al Beides Restaurant, i suoi menu
    degustazione, Intenso, Essential e Green, che verranno proposti tutte le sere, da lunedì a domenica e il week-end anche a pranzo. Il termine “Beides”, dal tedesco “entrambi”, ben rappresenta gli chef Caterina Vosti e Dario Gaiti.

    Una coppia di chef di livello

    Caterina è una chef talentuosa di consolidata, con un’esperienza culinaria maturata da collaborazioni con chef di fama internazionale: a New York ha lavorato all’Eleven Madison Park di Daniel Humm, a Francoforte a Villa Kennedy e negli ultimi due anni è stata Executive Chef presso il Tschuggen Group Hotel Eden Roc Ascona. Dario è local e conoscitore della Val Seriana, nonché parte della famiglia. Dopo aver maturato esperienze come Junior Sous Chef al Giardino Hotel ad Ascona e Sous Chef a Villa Kennedy, Dario ha scelto di tornare in Italia per contribuire al progetto della sua famiglia.

    Un tavolo di pregiato castagno

    Una delle particolarità di questo luogo esclusivo è la presenza di 13 tavoli, tra cui spiccano il Chesnut Table, realizzato in maestoso castagno per ospitare fino a 8 persone e lo Chef Table fronte cucina, perfetto per 10 persone.

    Facilmente raggiungibile da Bergamo e da Milano

    Questa vera e propria oasi del lusso, del relax e dell’alta gastronomia è aperta anche a chi non alloggia nella struttura, per godere, anche ad agosto e a poche decine di chilometri da Bergamo e a poco più di un’ora da Milano, vicino al lago d’Iseo e agli impianti sciistici di Colere e del Monte Pora, di un clima di coccole e vacanza.

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      Grande Impero rinnova la Festa della Famiglia: il pane come simbolo di solidarietà, inclusione e futuro condiviso

      La Festa della Famiglia di Grande Impero diventa quest’anno anche un forte messaggio sociale. Accanto alla celebrazione della comunità aziendale, prende vita una campagna di raccolta di coperte e vestiario destinata ai più bisognosi, con il pane come simbolo di accoglienza e inclusione.

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        È tornata la Festa della Famiglia di Grande Impero, l’appuntamento annuale che celebra l’unità, la diversità e il calore umano di un’azienda che ha fatto della panificazione artigianale una storia collettiva. Un evento sentito, partecipato, che quest’anno assume un significato ancora più profondo, trasformandosi anche in un’occasione concreta di solidarietà.

        Accanto alla festa, Grande Impero ha infatti dato il via a una raccolta di coperte e vestiario destinata ai senzatetto, in vista dell’Epifania. Un’iniziativa che coinvolge tutti i laboratori dell’azienda e che culminerà il 6 gennaio, quando le coperte e i panini preparati con cura dai dipendenti verranno distribuiti ai più bisognosi grazie alla collaborazione con la Banca dei Talenti, gruppo di volontari inserito nel “Progetto Missionario” della Basilica del Sacro Cuore a Castro Pretorio, gestita dai salesiani.

        Un gesto concreto che scalda più del pane
        L’obiettivo è semplice e diretto: offrire un po’ di calore a chi vive ai margini della società. Non solo simboli, ma azioni reali, che partono dal lavoro quotidiano e si trasformano in sostegno concreto. Il pane, elemento centrale dell’identità di Grande Impero, diventa così veicolo di accoglienza, inclusione e vicinanza.

        “La Festa della Famiglia di Grande Impero è l’occasione per ricordare che il nostro successo non è solo il risultato del nostro lavoro quotidiano, ma della forza di una comunità che sa essere solidale”, ha spiegato Antonella Rizzato, Amministratore Delegato dell’azienda. “Il pane che prepariamo ogni giorno, con il sudore di mani che provengono da realtà diverse, è un simbolo di accoglienza e inclusione. Oggi, più che mai, vogliamo restituire qualcosa a chi è più vulnerabile”.

        Ventisei etnie, una sola comunità
        La giornata ha coinvolto tutte le 26 etnie che compongono la grande famiglia di Grande Impero, trasformandosi in un momento autentico di condivisione e scambio culturale. Giochi per i più piccoli, la presenza di Babbo Natale e attività pensate per tutti hanno reso l’evento un’occasione di festa vera, capace di parlare ai bambini ma anche agli adulti.

        Non solo intrattenimento, ma anche riflessione sul valore dei legami che uniscono l’azienda alle comunità locali e sull’importanza di una solidarietà che va oltre le parole.

        Responsabilità sociale come identità aziendale
        “Grande Impero non è solo un’azienda che si distingue per la qualità del suo pane – conclude Antonella Rizzato – ma una comunità che vive, cresce e si arricchisce grazie alla diversità e all’inclusività. La responsabilità sociale e culturale è parte della nostra missione e ci dà la forza per affrontare le sfide future”.

        Con la Festa della Famiglia, Grande Impero rinnova così il proprio impegno verso il territorio, dimostrando che la condivisione di valori e la solidarietà non sono un accessorio, ma il lievito essenziale per costruire un futuro migliore, insieme.

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          Nei salotti romani tra il 1870 e il 1914: l’eredità culturale di Ersilia Caetani Lovatelli e Giuseppe Primoli

          Dal 2 al 4 dicembre 2025 studiosi italiani e internazionali analizzeranno l’universo intellettuale e sociale creato da Ersilia Caetani Lovatelli e Giuseppe Primoli, protagonisti assoluti della Roma postunitaria e della sua raffinata civiltà salottiera.

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            Tra il 1870 e il 1914 Roma cambiava volto, adattandosi al peso simbolico della nuova capitale del Regno d’Italia e al ritmo frenetico delle trasformazioni politiche e culturali dell’Europa fin de siècle. In questo scenario complesso, due salotti divennero centri di gravità permanente: quello di Ersilia Caetani Lovatelli, archeologa, intellettuale e prima donna ammessa all’Accademia dei Lincei, e quello di Giuseppe Primoli, fotografo, collezionista e mediatore instancabile tra cultura italiana e cultura francese. Il convegno in programma dal 2 al 4 dicembre 2025 vuole ricostruire questo universo, restituendo un’immagine viva e concreta di un’epoca che continua a esercitare un fascino duraturo.

            Una Roma che cambia volto
            Il contesto postunitario era un laboratorio instabile: si discuteva di identità nazionale, di modernizzazione, di rapporti con l’Europa. Nei palazzi Caetani e Primoli, politici, letterati, archeologi, musicisti e scienziati si incontravano con una naturalezza che oggi sembrerebbe impensabile. Lì si formavano opinioni, si consolidavano reti di potere, si sperimentavano idee nuove sulla società e sulla cultura. Attraverso le fotografie di Primoli e gli scritti di Caetani Lovatelli quei mondi emergono ancora con nitidezza.

            Tra arte, scienza e mondanità
            Il convegno coinvolgerà storici, archeologi, musicologi e studiosi di letteratura, chiamati a restituire la complessità di quegli anni attraverso documenti d’archivio, carteggi, immagini e testimonianze d’epoca. I relatori si concentreranno non soltanto sulle dinamiche politiche e intellettuali che animavano i due salotti, ma anche sugli aspetti che definivano il loro stile: le conversazioni erudite accanto alla musica da camera, i balli, la moda, l’etichetta e quel linguaggio sottile fatto di gesti, ruoli sociali e codici condivisi.

            La civiltà salottiera ritrovata
            L’iniziativa, ospitata dalla Fondazione Camillo Caetani, dalla Fondazione Primoli e dall’École Française de Rome, mira a superare la visione dei salotti come semplici scenografie mondane. Erano spazi dinamici in cui cultura e società si specchiavano l’una nell’altra, teatri in cui si definivano identità, appartenenze, stili di vita e perfino orientamenti politici. Oggi, nel raccontarli, si tenta di ricostruire una “civiltà salottiera” ormai scomparsa, ma fondamentale per capire come Roma si sia raccontata e rappresentata nel passaggio fra Ottocento e Novecento.

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              Simone Di Matteo presenta “Gli Occhi e la Rosa”: la nuova sfida che fa ricorso al linguaggio dei sentimenti

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                Simone Di Matteo torna a scrivere. E lo fa con il linguaggio che più gli appartiene: quello della poesia. Dopo otto anni di assenza dalle librerie, l’autore, giornalista, direttore della testata “L’Opinione – Tempi Moderni”, opinionista e volto noto del panorama televisivo nostrano, ha annunciato sui suoi social l’uscita di “Gli Occhi e la Rosa”, edito da DrawUp nella collana XPecial.

                Conosciuto per la sua penna brillante e spesso irriverente, Di Matteo sorprende con un’opera che sceglie il silenzio e la delicatezza invece della provocazione. “Gli Occhi e la Rosa” è una fiaba moderna, costruita come un dialogo interiore tra un cuore giovane e quattro creature simboliche: un colibrì, un gatto, un bruco e un corvo. Attraverso questi incontri, l’autore accompagna il lettore in un viaggio emozionale che parla di amore, crescita e consapevolezza.

                Ho scritto questo libro per ricordare che la bellezza dei sentimenti è una forma di resistenza,” ha spiegato Di Matteo. “In un mondo che corre, fermarsi a sentire è diventato un atto rivoluzionario.” Il testo è arricchito dalla prefazione del poeta Bartolomeo (Theo) Di Giovanni, fondatore del movimento Una piuma per Alda Merini, dalla postfazione di Renato Ongania e da un intervento artistico di Paola Tratzi, in arte MySoul Art Colors, che dona al libro una dimensione visiva intensa e vibrante.

                Gli Occhi e la Rosa” non è solo un ritorno letterario: è un invito a rallentare, a ritrovare la semplicità dell’ascolto e a riscoprire la poesia come forma di rinascita personale. Un piccolo manifesto di sensibilità in tempi dominati dal rumore, che segna il ritorno di Simone Di Matteo nella sua dimensione più autentica.

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