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Curiosità

Non si può! Mettetevelo bene in testa: guidare scalzi non si può!!

Ciabatte infradito alla guida? Un morso al panino al volante? Condizionatore acceso in sosta? Sono tutti comportamenti più o meno diffusi durante la stagione estiva.

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guidare in ciabatte

    E con le infradito? Nemmeno. E mangiando un panino? Neppure. E col tacco 12…? Neanche. Insomma diciamo la verità in estate a volte cerchiamo di aggirare gli ostacoli del caldo e della praticità di entrare e uscire dall’auto con le infradito… ma se ci beccano sono guai. Anche seri. Se vogliono fare i fiscali si rischia di pagarla cara quella disattenzione. O sbruffonata che sia…

    Tutti i comportamenti a rischio

    L’estate porta con sé abitudini particolari al volante, molte delle quali potrebbero costarti una multa? Ecco cosa prevede il Codice della Strada 2024.

    Guidare con infradito o scalzi

    Non è espressamente vietato guidare con le infradito o scalzi, ma attenzione. L’articolo 141 del Codice della Strada impone ai conducenti di guidare in sicurezza. Se la polizia ritiene che le calzature inadatte abbiano compromesso la guida, potresti ricevere una multa.

    Tacchi alti e responsabilità

    Donne, attenzione ai tacchi alti. In caso di incidente, se si dimostra che la guida con calzature inappropriate è stata la causa, l’assicurazione potrebbe rivalersi su di voi, costringendovi a rimborsare l’indennizzo.

    Mangiare al volante

    Mangiare mentre si guida non è esplicitamente vietato, ma se entrambe le mani sono impegnate e ciò compromette la sicurezza, potresti essere multato secondo l’articolo 141. La sanzione varia da 42 a 173 euro.

    Abbassa quella radio, ci sono dei limiti che non si possono superare

    Secondo l’articolo 155, è vietato superare i limiti sonori massimi usando apparecchi radiofonici in auto. Le multe vanno da 42 a 173 euro.

    Aria condizionata mentre sei fermo. C’è una molta anche per quello

    Lasciare il motore acceso per mantenere l’aria condizionata mentre sei fermo è vietato dall’articolo 157. La sanzione per questa pratica, che inquina l’ambiente, varia da 223 a 444 euro.

    Guidare a torso nudo

    Anche se può sembrare inappropriato, guidare a torso nudo non è vietato dal Codice della Strada, anche se potrebbe essere considerato oltraggio al pudore se fatto in strada.

    Smartphone al volante. E’ vietato da tempo…

    L’uso dello smartphone mentre si guida è severamente vietato. Le sanzioni vanno da 165 a 660 euro, e in caso di recidiva, rischi la sospensione della patente da uno a tre mesi. Usare il vivavoce o l’auricolare è consentito, ma le mani devono restare sul volante.

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      Monkey, il gatto cleptomane che ha arricchito la sua padrona Megan

      Monkey è un gatto della Cornovaglia che ruba ogni cosa e lo porta alla sua padrona MeganPer esempio? Un “gratta e vinci” da 14 mila euro.

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        Un gatto cleptomane della Cornovaglia, Inghilterra, sta diventando una piccola celebrità sui social. Monkey, questo il suo nome, torna ogni giorno a casa con un “dono” per la sua umana, Megan . Il suo bottino? Di tutto: da sacchetti vuoti di patatine a bustine di semi. Ma la vera sorpresa è arrivata quando Monkey ha riportato a casa un gratta e vinci già grattato, e per giunta risultato essere vincente.

        Quattordicimila euro tra i canini del gatto

        Inizialmente Megan pensava fosse solo spazzatura, ma ha scoperto che il biglietto valeva il doppio di quanto previsto: circa 14 euro. Nulla di straordinario, ma sicuramente un colpo di fortuna inaspettato! Il video dell’impresa felina naturalmente nel corso del tempo è diventato virale su TikTok (@meganchristiann), raccogliendo migliaia di commenti divertiti.

        Monkey è diventato social tra divertimento e telecamere segrete

        C’è chi scherza sul fatto che Monkey ripaghi i suoi debiti, mentre altri propongono di mettere una telecamera sul suo collare per svelare le sue misteriose incursioni. Megan, però, preferisce mantenere la sorpresa e continua a godersi le buffe avventure del suo gatto. Chi sa cosa Monkey porterà a casa la prossima volta!

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          La famiglia Zammit rifiuta 30 milioni di dollari per la casa

          La famiglia Zammit ha rifiutato un’offerta di 30 milioni di dollari per vendere la loro casa a The Ponds, Sydney. La loro decisione diventa un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana.

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            La famiglia Zammit, residente a The Ponds, Sydney, ha fatto notizia rifiutando un’offerta di 30 milioni di dollari per vendere la loro casa. Questa abitazione rappresenta per loro non solo un bene materiale, ma un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana. Circondata da un’enorme area commerciale e sviluppi residenziali, la casa dei Zammit è un baluardo contro l’avanzata della cementificazione. Questa decisione ha suscitato ammirazione e riflessione sulla crescente pressione dell’urbanizzazione nelle grandi città.

            La storia dietro il rifiuto

            Nonostante l’enorme somma offerta, la famiglia Zammit ha scelto di rimanere nella loro casa storica, dimostrando un attaccamento emotivo e culturale al loro luogo di vita. Questa scelta coraggiosa riflette il desiderio di mantenere un legame con le proprie radici e di resistere alla spinta verso la modernizzazione a tutti i costi. La casa, costruita su un terreno di due ettari, è circondata da negozi, ristoranti e complessi residenziali di nuova costruzione, rendendo il rifiuto dei Zammit ancora più significativo.

            Un simbolo di resistenza

            La decisione della famiglia Zammit è diventata un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana eccessiva. In un’epoca in cui molte persone cedono alle offerte lucrative dei costruttori, i Zammit hanno scelto di mantenere la loro casa come testimone del passato e baluardo contro l’invadenza del cemento. Questo rifiuto mette in luce la crescente tensione tra lo sviluppo urbano e la conservazione delle tradizioni e dei legami familiari.

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              Fotografato nudo da Google Street View: poliziotto argentino vince la causa e ottiene un risarcimento

              Secondo i giudici argentini, la privacy dell’uomo è stata violata in modo palese: Google dovrà risarcirlo con 12.500 dollari. Decisivo il fatto che fosse all’interno della sua proprietà, protetta da un alto muro.

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              Google Street View

                Era un giorno come tanti nel 2017, quando un poliziotto argentino, in un momento di relax nel giardino di casa sua, fu immortalato nudo dalle telecamere mobili di Google Street View. L’immagine, sfuggita alle consuete procedure di oscuramento automatico, mostrava l’uomo completamente nudo dietro un muro di oltre due metri, nel cortile privato della sua abitazione. Il caso, inizialmente trascurato, si è trasformato in un lungo iter giudiziario che ha ora trovato la sua conclusione: Google dovrà risarcire l’uomo con 12.500 dollari.

                La vicenda è emersa quando la foto ha iniziato a circolare online, accompagnata dal nome della via e dal numero civico, elementi ben visibili nell’inquadratura. La combinazione di questi dati ha reso l’uomo facilmente identificabile, esponendolo al ridicolo tra colleghi e residenti del piccolo centro in cui vive.

                In un primo momento, un tribunale aveva respinto il ricorso del poliziotto, ritenendo che fosse stato lui a comportarsi in modo inappropriato nel proprio giardino. Ma la Corte d’Appello ha ribaltato la sentenza, stabilendo che non si trattava di uno spazio pubblico. Bensì privato e protetto da una barriera “più alta della media umana”. L’inquadratura è stata quindi definita come una “palese invasione della privacy”.

                La corte ha evidenziato anche una falla nei protocolli di Google, che solitamente sfoca i volti e le targhe. “In questo caso non si trattava di un volto, ma dell’intero corpo nudo di una persona, un’immagine che avrebbe dovuto essere evitata con ogni mezzo”, si legge nella sentenza.

                Assolte invece da ogni responsabilità la compagnia telefonica Cablevision SA e il sito di notizie El Censor, che avevano rilanciato la foto.

                Il caso solleva nuove domande sull’equilibrio tra tecnologia e tutela della privacy, dimostrando che, anche nell’era del digitale, il diritto alla riservatezza rimane fondamentale.

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