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Cronaca

L’ex modella ucraina accusa la chirurga dei vip: “Truffata con 22 interventi estetici da 4 milioni di euro”

Oksana Moroz denuncia: «Mi hanno diagnosticato una malattia inesistente per sottopormi a operazioni inutili». Condannati in primo grado la dottoressa Marilena Pizzuto e il marito Santo Gentilcore a risarcire 3 milioni di euro, destinati agli orfani della strage di Bucha.

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    Una storia intricata e drammatica quella che coinvolge l’ex modella e imprenditrice ucraina Oksana Moroz, che ha fatto fortuna con una catena di grandi magazzini di lusso a Kiev. Moroz ha accusato la nota chirurga estetica Marilena Pizzuto, molto richiesta tra i vip, di averle diagnosticato una grave malattia della pelle inesistente, spingendola a sottoporsi tra il 2016 e il 2018 a una serie di costosi interventi chirurgici, per un totale di 22 operazioni e un esborso di ben 4 milioni di euro. La cifra è stata pagata in parte in contanti e in parte su una società di Dubai riconducibile al marito della dottoressa, Santo Gentilcore.

    Secondo quanto racconta Moroz, Pizzuto le avrebbe diagnosticato una falsa sclerodermia, convincendola a seguire una “terapia innovativa del Dna” che, invece, consisteva solo in una serie di iniezioni di cocktail di vitamine, minerali e collagene. La chirurga, dal canto suo, nega categoricamente queste accuse, sostenendo di non aver mai parlato di malattie e di aver sempre e solo eseguito interventi a fini estetici su richiesta della cliente.

    Una sentenza che fa discutere

    Il tribunale di Milano ha dato ragione, almeno in parte, a Moroz. Giovedì il giudice Alberto Carboni ha assolto Pizzuto dal reato di lesioni, ma l’ha condannata insieme al marito a 2 anni e mezzo di reclusione per truffa, con l’obbligo di risarcire l’imprenditrice con quasi 3 milioni di euro. Moroz ha dichiarato che devolverà l’intero importo agli orfani della strage di Bucha, una tragedia che ha colpito profondamente il popolo ucraino.

    A complicare ulteriormente il quadro, l’insolito intervento della rappresentanza diplomatica ucraina a Milano. Il console Andrii Kartysh ha inviato una lettera direttamente al giudice per esprimere il proprio disappunto sull’orientamento della Procura, che aveva chiesto l’assoluzione dei due imputati. Un intervento che ha suscitato polemiche e che ricorda quello del ministro degli Esteri russo Lavrov nel processo Eni-Nigeria del 2018, in cui, curiosamente, era coinvolto lo stesso giudice Carboni.

    Una battaglia legale che proseguirà in Appello

    Le versioni delle due donne non potrebbero essere più distanti. Da un lato, Oksana Moroz sostiene di essere stata ingannata e manipolata psicologicamente, dall’altro, la chirurga Marilena Pizzuto e il suo legale Marco Sizzi insistono nel negare ogni diagnosi di malattia, ribadendo che tutti gli interventi effettuati erano esclusivamente di natura estetica, richiesti dalla stessa Moroz. La disputa proseguirà in Appello, dove Pizzuto spera di dimostrare la sua totale estraneità alle accuse.

    Il caso ha suscitato un forte clamore anche per la figura di Santo Gentilcore, marito della chirurga, che nel 2017 avrebbe diagnosticato un avvelenamento da arsenico nel sangue della Moroz sulla base di un esame anonimo proveniente da un laboratorio albanese. Anche su questo punto, le versioni si contrappongono: la difesa sostiene che l’esame fosse stato portato proprio da Moroz, mentre l’ex modella afferma di non essere mai stata in Albania, sottolineando invece che Pizzuto è stata console onorario in quel Paese.

    Una vicenda dai contorni internazionali

    Questa complessa vicenda, tra il dramma personale e i risvolti giuridici, si inserisce in un contesto internazionale, con personaggi noti e accuse pesanti. Mentre Oksana Moroz, conosciuta anche per i suoi legami con il presidente ucraino Zelensky, si dice pronta a combattere per la verità, Marilena Pizzuto, chirurga dei vip tra cui la popstar Madonna, difende la propria reputazione e la propria carriera. La storia non finisce qui, e c’è da aspettarsi che il prossimo capitolo legale riserverà ancora sorprese e colpi di scena.

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      Italia

      Intelligenza artificiale, truffe reali: deepfake di Giorgia Meloni sui social, la premier clonata promette guadagni facili

      Voci, espressioni e sorrisi perfettamente ricostruiti: nei deepfake la premier assicura guadagni da 30 mila euro al mese con un investimento di 250 euro. Indagini in corso sul fenomeno, già intercettato da agenzie di cybersicurezza internazionali.

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        Giorgia Meloni in studio con Francesco Giorgino, intervistata sul futuro dell’Italia, mentre sponsorizza una piattaforma di trading “garantita dal governo”. Tutto perfetto, realistico, impeccabile. Peccato che sia tutto falso.

        Tre video deepfake — prodotti con tecniche di intelligenza artificiale e già in circolazione sui social — mostrano la presidente del Consiglio in ambientazioni credibili, con voce e volto ricostruiti in maniera quasi indistinguibile dall’originale. Nelle clip la premier si presta a uno spot fraudolento: «Tutti hanno diritto a ricevere un aiuto fino a 3 mila euro al mese, basta registrarsi e versare 250 euro», afferma sorridendo.

        In un altro filmato, ambientato in una finta intervista al Tg5 con Simona Branchetti, la presidente ribadisce: «Io stessa sono coinvolta in questo progetto e questo mese ho guadagnato 40 mila euro. Basta un piccolo investimento e la registrazione sarà attiva».

        Il dettaglio che inquieta è la precisione: la voce della Meloni è sincronizzata alla perfezione, lo sguardo e i sorrisi sono quelli veri. È l’avanguardia del deepfake, un salto di qualità che rende sempre più difficile distinguere realtà e artificio.

        Dietro, il solito meccanismo: i truffatori inseriscono link che promettono facili guadagni, portando invece a piattaforme che raccolgono dati personali e, passo dopo passo, arrivano fino ai conti correnti degli utenti.

        La Protective Intelligence Network di Singapore, guidata dall’ex poliziotto italiano Angelo Bani, ha intercettato i video e li ha segnalati al Global Anti-Scam Summit di Londra. «In Italia c’è un bombardamento di deepfake contro figure pubbliche, specialmente del governo», ha spiegato. Anche Sensity.ai, società italiana specializzata in cybersicurezza, ha registrato un’impennata di casi.

        Non è la prima volta che i deepfake colpiscono personaggi noti, ma questa è la prima volta che un presidente del Consiglio italiano viene clonato con questa precisione, in un’operazione studiata per sembrare più vera del vero. E il messaggio subliminale è fin troppo chiaro: non si può più credere nemmeno ai propri occhi.

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          Cronaca

          Davide Lacerenza racconta la sua caduta e la rinascita in tv: cocaina fino a 5 grammi al giorno, l’arresto come “salvezza”

          Laceranza ricorda gli anni bui e l’inchiesta che lo ha coinvolto insieme alla ex compagna. «Ho rischiato di morire». Da Repubblica, la lettura ironica del format e della presenza delle Marchi.

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            Davide Lacerenza torna sotto i riflettori e sceglie Lo Stato delle Cose di Massimo Giletti per parlare della dipendenza e della vicenda giudiziaria che lo ha travolto. «Sono arrivato ad assumere fino a cinque grammi al giorno. Avevo perso il senso della realtà, rischiavo di morire. Oggi sono uscito da quell’incubo», racconta in collegamento. Dice di aver perso ventidue chili e di aver visto il suo mondo sgretolarsi, fino all’arresto che definisce decisivo: «Senza, sarei finito o in manicomio, o in carcere, o morto».

            Il mistero sul fornitore e il processo

            Quando Giletti gli chiede chi gli procurasse la cocaina, Lacerenza glissa: «Chi mi dava la droga? Non lo dirò mai, anche se è stato il più grande infame quando mi hanno arrestato». Nessun nome, nessuna rivelazione. L’ex proprietario della Gintoneria e del privé La Malmaison, insieme a Stefania Nobile, aveva patteggiato una condanna per favoreggiamento della prostituzione e spaccio. In studio, proprio Nobile lo definisce «un ragazzo buono che non ha retto al successo», ricordando di aver chiesto un TSO. Wanna Marchi aggiunge: «Davide è un uomo buono, ci è caduto. È una malattia». Lacerenza oggi dice di essere “rinato” e di provare vergogna rivedendo i video di quell’epoca: «Mi faccio schifo… e non voglio più tornare lì».

            Tra testimonianza e tv del tardo sera

            La puntata diventa anche terreno di osservazione per il racconto televisivo. Repubblica sottolinea l’impronta di Giletti, capace di alternare cronaca giudiziaria e toni morbidi da “notte televisiva”, con la presenza delle Marchi che spiazza lo spettatore. «Rinunciare del tutto al porn talk a tarda sera sarebbe davvero un peccato», scrive Antonio Dipollina, rilevando come tra accuse, difese e ricordi “non si capisca nulla, ma siamo qui per quello”. Il ritorno sullo schermo di Wanna Marchi viene descritto come «una botta durissima» per il pubblico, mentre la figura di Lacerenza rimane sospesa tra confessione, spettacolo e memoria di un caso che l’Italia ricorda a tratti.

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              Italia

              Salvini scopre i parrucchieri (e ci va alla guerra): la Lega vuole “contingentare” barbieri e saloni stranieri

              Alla Camera la Lega presenta un testo che prevede il “contingentamento progressivo delle autorizzazioni” per acconciatori e parrucchieri. Zinzi e Molinari chiedono al ministero del Made in Italy un piano per ridurre i saloni dove la quota supera la soglia fissata. Obiettivo dichiarato: difendere il settore. Obiettivo percepito: colpire la concorrenza straniera.

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                “Prima i parrucchieri italiani”. Non è ancora uno slogan, ma poco ci manca. La Lega ha depositato alla Camera una proposta di legge che punta a introdurre il “contingentamento progressivo delle autorizzazioni per l’attività di acconciatore, barbiere e parrucchiere”. Tradotto: fissare un tetto massimo alle licenze e, laddove venga superato, ridurre il numero di saloni. Soprattutto quelli gestiti da titolari stranieri, percepiti come troppi e “troppo competitivi” rispetto ai negozi italiani tradizionali.

                La firma è quella del deputato leghista Gianpiero Zinzi, sostenuto dal capogruppo Riccardo Molinari. Un’iniziativa che rievoca vecchi slogan di partito e si inserisce in una battaglia simbolica: proteggere le attività storiche, difendere il “made in Italy” anche quando si parla di tagli di capelli e pieghe. Il testo chiede al ministero del Made in Italy di elaborare un “piano di riduzione” nei territori dove i saloni superano la soglia ritenuta sostenibile.

                La ratio del provvedimento
                Secondo i promotori, l’esplosione di negozi — in particolare nelle grandi città e nelle periferie — avrebbe generato concorrenza sleale, abbassamento dei prezzi e difficoltà per gli esercizi storici a sopravvivere. L’obiettivo dichiarato è preservare qualità, professionalità, tradizione, tutelando chi opera da anni e paga affitti e contributi elevati.

                Ma il sottotesto è evidente: la crescita dei saloni gestiti da imprenditori stranieri, spesso con costi più contenuti e orari molto flessibili, ha cambiato il mercato. E la Lega prova a riportarlo indietro, o almeno a ingabbiarlo.

                Un’idea che divide
                Il mondo dell’impresa osserva. Le associazioni di categoria sottolineano la necessità di combattere l’abusivismo e garantire concorrenza leale, ma molti storcono il naso davanti all’idea di contingentare licenze in un settore commerciale. Alcuni amministratori locali ricordano che norme simili furono abolite anni fa proprio per evitare distorsioni.

                E tra gli addetti ai lavori emerge un interrogativo semplice: davvero chiudere negozi — o impedirne di nuovi — è la risposta al problema della qualità? In un mercato che vive di fidelizzazione e servizio, la legge del cliente resta spesso più forte di quella dello Stato.

                Per ora la battaglia è sul tavolo parlamentare. E mentre in Parlamento si discute di tetti e quote, nei quartieri italiani i parrucchieri continuano a fare quello che sanno fare meglio: tagliare, pettinare, ascoltare. Con phon e forbici, più che con i decreti.

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