Storie vere
Il neomelodico Borrelli, in arte Topolino: canta e disturba dal balcone di casa (VIDEO)
Un esponente della nuova tradizione partenopea che, esibendosi dal parapetto, sta diventando un vero e proprio incubo per i vicini. Anche se si è trasformato in un’attrazione per i turisti.
Da diversi anni Antonio Borrelli, uno dei tanti cantanti napoletani della tradizione (con qualche disco senza successo inciso negli anni ’80), si esibisce in pieno centro storico, ormai trasformatosi in un’attrazione vivente per i turisti. Ma non tutti sono felici di queste sue estemporanee esibizioni, soprattutto i vicini: «Disturba noi e la scuola vicina, fermatelo».
Un Topolino alquanto molesto
Il suo nome d’arte è Topolino, un cantante neomelodico non certo come gli altri. Perchè invece di esibirsi durante i matrimoni, canta direttamente dal suo balcone di casa, al secondo piano di via Atri, al centro di Napoli. Da circa otto anni Borrelli, con precedenti per spaccio di droga e una condanna a 10 anni, si esibisce dal suo balcone, a pochi passi dalla famosa pizzeria Sorbillo. Residenti e commercianti hanno avviato l’ennesima petizione rivolta al sindaco, in cui si denuncia l’uso di potenti apparecchiature di amplificazione. «Per raccogliere il compenso con un paniere, causando un forte rumore che invade tutto il vicinato. Questo comportamento disturba gravemente le attività quotidiane dei residenti, compromettendo il lavoro di commercianti e lavoratori». Renato Sivio, avvocato e abitante della zona, ha dichiarato: «È una vicenda che ha dell’incredibile. Siamo costretti a stare chiusi in casa». Magari – aggiungiamo noi – con doppi vetri alle finestre…
La preside della scuola lì vicino
Vicino a quel balcone ormai diventato famoso, sorge l’istituto scolastico Armando Diaz, che viene periodicamente disturbato dali suoi vocalizzi. E’ nata quindi una forte polemica guidata dalla preside dell’istituto, Daniela Oliviero, che si è fatta paladina per fermare una situazione inizialmente bizzarra e pittoresca che, però, nel corso del tempo è diventata insostenibile.
In occasione della maturità Borrelli ha rispettato l’invito al silenzio
Per gli scorsi esami di maturità la preside aveva espressamente chiesto al cantante di non esibirsi per non disturbare gli alunni in un momento così importante: «Non ha cantato. Solitamente la sua voce nelle classi si sente per alcune ore del giorno, alcuni insegnanti si lamentano. Ma io ne faccio un problema stilistico: secondo me dovrebbe lasciare spazio alla modernità, rispetto a questo genere così sguaiato. Napoli dovrebbe essere conosciuta per altro».
Attrazione per i turisti, una tortura per i residenti
Oltre al disturbo, ne è nata anche una polemica “artistica”. Secondo alcuni le canzoni di Topolino non avrebbero la dignità di essere chiamata musica. E mentre i vigili urbani della zona dicono che non possono farci nulla, la Procura gli restituisce gli strumenti acustici in caso di sequestro. Il consigliere comunale Gennaro Esposito si pronuncia in merito: «Non si può consentire una così palese violazione delle norme a tutela della quiete pubblica. I turisti sono di passaggio e non vivono tutto il giorno questo supplizio. La petizione è nata dai residenti che non ne possono più». Topolino è stato denunciato più volte.
I media si interessano a lui
Giuseppe Cruciani, il conduttore radiofonico de La Zanzara, La Vita in diretta e Mediaset si sono interessati al fenomeno che Borrelli ha generato col suo “balcone della canzone” in via Atri. Sotto al quale i telefonini dei turisti vengono puntati sul secondo piano a due passi dalla pizzeria Sorbillo. Folclore o illegalità? Lui dichiara: «Mi sono scusato con il vicinato. Ho abbassato i decibel, in modo da non dare fastidio. Prima non ci facevo caso, mi facevo prendere dall’euforia…».
Soldi in nero, senza nessuna autorizzazione
Sui soldi che raccoglie in nero con un paniere calato con lo spago, lui sostiene: «Le tasse non si pagano perché canto da casa mia. Se avessi avuto un esercizio pubblico, avrei dovuto pagare la Siae». Sulle autorizzazioni ad esibirsi che non ha, la sua filosofia è chiara: «I vigili mi fecero notare: canti un’ora, invece hanno dichiarato che lo fai ininterrottamente e quindi questa denuncia non può andare avanti. Un carabiniere mi disse una bella cosa: se vendevi droga non ci chiamavano, canti e ti denunciano».
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Storie vere
Scuola in rivolta: prete svela ai bambini che Babbo Natale non esiste e scatena il caos natalizio
Invitato per una lezione sulla Natività, il reverendo Paul Chamberlain ha dichiarato che Babbo Natale non esiste e che i regali sotto l’albero sono opera dei genitori. Genitori furiosi, bambini sconvolti e un Natale compromesso.
La magia del Natale si è trasformata in un incubo per i bambini della Lee-on-the-Solent Junior School, una scuola elementare nell’Hampshire, in Inghilterra. Il responsabile? Il reverendo Paul Chamberlain, un prete anglicano invitato dalla scuola per una lezione sulla Natività, che ha finito per svelare ai piccoli alunni che Babbo Natale non esiste.
La rivelazione che ha sconvolto i bambini
L’episodio, raccontato dal Times, ha avuto luogo durante un progetto natalizio in classe. Il prete, parlando a un gruppo di bambini di circa 10 anni, ha spiegato la storia della nascita di Gesù, come richiesto dalla scuola. Ma il discorso ha preso una piega inaspettata quando il religioso ha deciso di commentare l’esistenza di Babbo Natale, dichiarando che l’uomo con la barba bianca e vestito di rosso non esiste.
Come se non bastasse, alle domande dei bambini sui regali sotto l’albero, Chamberlain ha insistito spiegando che sono i genitori a comprarli, aggiungendo che anche i biscotti lasciati per Babbo Natale vengono mangiati da mamma e papà.
Lacrime e proteste
Molti bambini sono scoppiati in lacrime, sconvolti dalla rivelazione. “La mia bambina era sconvolta ma, per fortuna, ancora ci crede e pensa che il prete abbia perso la testa”, ha raccontato una madre. Un’altra genitrice, meno fortunata, ha spiegato: “Molti di noi sono stati costretti a confessare tutto ai nostri figli. Ha rovinato la magia del Natale”.
Le proteste non si sono fatte attendere. Insegnanti e genitori hanno denunciato pubblicamente il comportamento del prete, definendolo “un gesto assolutamente disgustoso”.
Scuse tardive e critiche dalla diocesi
Dopo il caos, la scuola si è scusata ufficialmente con i genitori, assicurando che episodi simili non si ripeteranno. Anche la diocesi di Portsmouth, da cui dipende il reverendo, ha condannato il gesto. Un portavoce ha dichiarato: “Paul ha ammesso che si è trattato di un errore di giudizio. Siamo dispiaciuti per le conseguenze delle sue parole”.
Un Natale difficile da rimediare
Mentre la scuola cerca di riportare la serenità, i genitori si interrogano su come rimediare ai danni fatti. “Non so come si possa recuperare la magia del Natale per i nostri figli”, ha commentato una madre amareggiata.
Storie vere
Marito e amante filmati per errore dal ristorante: quando una pubblicità su TikTok diventa un caso di privacy
Un ristorante pubblica su TikTok una pubblicità con clienti ignari e una donna scopre così il tradimento del marito. Il caso, segnalato dal Codacons, riporta al centro il tema delle violazioni della privacy nei locali pubblici e delle possibili sanzioni, anche pesanti, per chi diffonde immagini senza consenso.
Una cena “di lavoro”, un ristorante affollato e un video promozionale caricato con leggerezza su TikTok. Tanto basta per far saltare un matrimonio e trasformare una trovata social in un problema legale serio. È successo in Sicilia, dove un ristoratore ha ripreso alcuni clienti per una pubblicità online senza chiederne il consenso. Tra quei clienti c’erano un uomo e la sua amante. A scoprire tutto è stata la moglie, che li ha riconosciuti nel video. Fine della relazione, marito cacciato di casa e una valanga di conseguenze.
La vicenda, resa pubblica dal Codacons, non è solo una storia di tradimenti scoperti nel modo peggiore possibile. È soprattutto un esempio concreto di quanto una violazione della privacy possa avere effetti devastanti sulla vita privata delle persone coinvolte. E di quanto chi gestisce un locale rischi, anche quando pensa di fare “solo pubblicità”.
Dal TikTok al tribunale
Secondo quanto ricostruito, il protagonista è un 42enne catanese che aveva raccontato alla moglie di dover partecipare a una cena di lavoro. In realtà era al ristorante con l’amante. La scena, però, è finita in un video promozionale pubblicato su TikTok dal locale. Nessuna liberatoria firmata, nessun consenso chiaro. Il risultato è stato immediato: la moglie ha riconosciuto il marito, il matrimonio è finito e ora il ristoratore rischia sanzioni e una possibile causa civile.
Il Codacons sta valutando azioni legali per conto del cliente. “È inammissibile che un ristorante riprenda i clienti senza un consenso chiaro e diffonda le immagini sui social, esponendo le persone a conseguenze imprevedibili”, ha dichiarato Francesco Tanasi, giurista e segretario nazionale dell’associazione. La pubblicazione del video, secondo il Codacons, ha prodotto una frattura familiare e un grave pregiudizio alla vita privata.
Cosa dice la legge sulla privacy
Sul piano giuridico la questione è meno ambigua di quanto molti credano. A chiarirlo sono anche due esperti di diritto della privacy, Fulvio Sarzana e Silvia Stefanelli. “Scattare foto o video in luoghi aperti al pubblico è consentito; non lo è divulgare le immagini senza il consenso degli interessati”, spiega Sarzana. Le eccezioni sono poche e ben definite: notorietà della persona ripresa o finalità giornalistiche. Di certo non una pubblicità commerciale.
Il punto chiave è proprio lo scopo: se il video serve a promuovere un’attività, il consenso è indispensabile. E se dalla pubblicazione deriva un danno, chi ha diffuso le immagini può essere obbligato a risarcire. Non solo multe del Garante della privacy, quindi, ma anche un’azione civile per i danni subiti. In casi come questo, spiega Sarzana, potrebbe persino essere chiesto un risarcimento collegato alla fine del matrimonio, se viene dimostrato il nesso di causa.
Il problema della “videocamera selvaggia”
Il caso si inserisce in un contesto più ampio. Solo la scorsa estate il Garante della privacy aveva avviato una campagna di ispezioni contro il fenomeno della “videocamera selvaggia” nei negozi e nei locali. Le violazioni sono sempre le stesse: assenza di cartelli informativi, telecamere puntate su aree pubbliche, registrazioni audio non autorizzate, immagini conservate oltre i limiti consentiti.
Una pubblicità social con persone chiaramente riconoscibili e ignare di essere riprese rappresenta un passo ulteriore, ancora più rischioso. Non solo controllo, ma esposizione pubblica. E quando il video finisce online, le conseguenze sfuggono di mano.
Quando il marketing ignora i limiti
Molti locali inseguono la visibilità facile dei social, convinti che basti uno smartphone per fare marketing. Ma questo caso dimostra che improvvisare può costare caro. Una ripresa fatta senza pensarci troppo può trasformarsi in un boomerang legale ed economico, oltre che umano.
La privacy non è un dettaglio burocratico. È un confine che, se superato, può travolgere vite, relazioni e attività. E a volte basta un video di pochi secondi per accorgersene.
Storie vere
A Biancavilla famiglie in lacrime davanti alla salma sbagliata: scambio di feretri in ospedale e mistero su chi abbia invertito le bare
Lo scambio è avvenuto dopo il ricovero dei due uomini, coetanei, nello stesso ospedale di Biancavilla. Le bare tornano alle famiglie corrette, ma resta senza risposta la domanda chiave: quando e perché i feretri sono stati confusi?
A Biancavilla, nel Catanese, una famiglia ha vegliato per ore un uomo che non conosceva, convinta di trovarsi davanti al proprio caro estinto. La scena, quasi irreale, si è consumata in una casa privata dove parenti e amici avevano iniziato il rito del commiato. Nessuno aveva notato nulla di anomalo. L’allarme è scattato solo quando l’Azienda sanitaria provinciale di Catania ha contattato uno dei familiari, invitandolo a verificare l’identità della salma. Una richiesta insolita che ha subito acceso i sospetti.
Il controllo, effettuato con maggiore attenzione, ha confermato il peggiore dei timori: la persona nella bara non era il loro congiunto. Da quel momento la situazione si è capovolta, trascinando entrambe le famiglie in uno sconcerto difficile da spiegare.
Due uomini, stesso ospedale, età simile
Le informazioni raccolte indicano un punto comune: i due defunti, uomini di età simile, erano stati ricoverati nel medesimo ospedale, il “Maria SS. Addolorata” di Biancavilla. È lì che le loro strade si sarebbero incrociate per l’ultima volta.
Le operazioni successive – preparazione delle salme, trasferimenti, consegna delle bare – rappresentano una catena lunga, fatta di passaggi tecnici e procedure che, in teoria, riducono al minimo la possibilità di errori. Ma qualcosa, questa volta, non ha funzionato. E le famiglie, ignare, hanno accolto due feretri invertiti senza sospettare alcuno scambio.
Un errore ancora senza autore
Resta ora la domanda più scomoda: chi ha invertito le bare? E soprattutto, in quale momento della procedura è avvenuta la confusione?
L’Asp ha segnalato l’accaduto e dovrà ricostruire ogni fase, dai reparti al deposito delle salme, fino al passaggio alle imprese funebri. Errori del genere sono rari, ma quando accadono lasciano dietro di sé non solo disagi burocratici ma ferite emotive profonde.
Le due famiglie, dopo ore di smarrimento, hanno finalmente riavuto indietro i rispettivi defunti. Un epilogo necessario, ma che non cancella lo choc di aver pianto un estraneo, né le domande ancora aperte su una vicenda che richiede chiarezza.
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