Cucina
“Italian Tomato” ma è cinese: un’inchiesta della Bbc smaschera lo scandalo del pomodoro
L’indagine accusa un’azienda italiana e coinvolge noti supermercati inglesi. Le reazioni sono di smentita, ma le prove della radiotelevisione britannica puntano il dito su gravi violazioni dei diritti umani.

“Pomodoro italiano”, recitano le etichette. Ma il concentrato di pomodoro venduto in tubetti nei supermercati inglesi sarebbe in realtà cinese, proveniente da una regione tristemente nota per lo sfruttamento della minoranza musulmana degli uiguri. È questa l’accusa pesante mossa da un’inchiesta della Bbc, che ha gettato luce su una possibile frode alimentare e su violazioni dei diritti umani.
Secondo l’indagine, i pomodori sarebbero raccolti in condizioni disumane nella regione dello Xinjiang, dove le autorità cinesi obbligano gli uiguri ai lavori forzati. I racconti raccolti dalla Bbc parlano di turni massacranti e punizioni violente per chi non raggiunge le quote giornaliere, fissate a 650 chilogrammi di pomodori raccolti a persona.
Il viaggio del pomodoro cinese
I pomodori, raccolti nello Xinjiang, verrebbero trasportati via treno attraverso Kazakhstan, Azerbaigian e Turchia, per poi arrivare in Italia via mare, sbarcando al porto di Salerno. Una volta in Italia, il concentrato sarebbe lavorato e confezionato da aziende come il gruppo Petti, basato a Venturina Terme, in provincia di Livorno, prima di essere venduto con etichette che ne dichiarano la provenienza italiana.
L’inchiesta ha individuato 17 tipi di concentrato di pomodoro etichettati come “italiano” ma in realtà cinesi, venduti con il marchio proprio di grandi catene inglesi come Tesco, Waitrose e Asda. I supermercati coinvolti hanno negato le accuse, contestando la validità dei test condotti dalla Bbc per verificare l’origine dei pomodori.
Le accuse alla Petti e le prove della Bbc
La Petti, una delle aziende coinvolte, è finita al centro delle indagini per la presenza di casse con etichette recanti il nome di “Xinjiang Guannong Tomato Products Ltd”, una compagnia cinese sanzionata dagli Stati Uniti nel 2020 per il ricorso ai lavori forzati. Le etichette, filmate con telecamere nascoste, riportavano la data del 23 agosto 2023, suggerendo che l’azienda italiana stesse ancora acquistando pomodori dalla compagnia nonostante le sanzioni.
In risposta, un portavoce della Petti ha dichiarato che l’azienda non importa più pomodori da Xinjiang Guannong e che il prodotto filmato sarebbe un residuo di vecchie scorte. Tuttavia, la Bbc sostiene che i dati di spedizione e l’analisi delle telefonate dimostrano che la Petti continua a importare dalla Cina, utilizzando un’altra azienda, Bazhou Red Fruit, che potrebbe essere una società di comodo.
Le condizioni di lavoro nello Xinjiang
L’inchiesta della Bbc ha raccolto testimonianze scioccanti da parte di ex detenuti uiguri, i quali hanno raccontato di essere stati incatenati e picchiati selvaggiamente per non aver raggiunto le quote giornaliere. La regione dello Xinjiang è nota per essere teatro di gravi violazioni dei diritti umani, con circa un milione di uiguri detenuti nei cosiddetti “campi di rieducazione” secondo le denunce di Onu, Stati Uniti ed Europa.
Le reazioni e il futuro
Il governo cinese nega tutte le accuse di sfruttamento dei lavoratori, definendo i campi come “centri di formazione professionale”. Da parte sua, la Petti ha dichiarato che in futuro non importerà più pomodori dalla Cina e migliorerà il monitoraggio dei fornitori per garantire il rispetto dei diritti umani.
La vicenda ha già acceso un acceso dibattito in Europa e Regno Unito sull’importanza di leggi più severe per contrastare lo sfruttamento lavorativo e le frodi alimentari. In attesa di ulteriori sviluppi, lo scandalo del “pomodoro cinese” lascia un’ombra inquietante su un simbolo della cucina italiana e sull’etica delle produzioni alimentari globalizzate.
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Cucina
Zucchine gratinate, delizia croccante al pecorino
Le zucchine gratinate sono deliziose e possono arricchire qualsiasi pasto. Facili da preparare e adatte a molteplici occasioni, sono perfette come antipasto, grazie alla consistenza croccante e la doratura irresistibile, porteranno in tavola un tocco di genuina.

Le zucchine gratinate sono un piatto irresistibile che combina la freschezza delle zucchine con la sapidità del formaggio pecorino e la croccantezza del pane grattugiato. Questo connubio di ingredienti semplici crea una sinfonia di sapori che esalta ogni boccone, rendendo le zucchine gratinate un contorno perfetto o un antipasto sfizioso. Il pecorino, con il suo gusto deciso, si fonde meravigliosamente con la gratinatura dorata e croccante, regalando una profondità di sapore che trasforma un piatto umile in una vera e propria prelibatezza. Perfette per ogni occasione, le zucchine gratinate con pecorino e pane grattugiato porteranno in tavola un’esplosione di gusto e tradizione.
Zucchine gratin con pecorino e pane Grattugiato
Ingredienti per 4 persone
5 zucchine medie
100 g di formaggio pecorino grattugiato
100 g di pane grattugiato
Un pezzetto di aglio tritato
Olio extravergine di oliva q.b.
Prezzemolo fresco tritato q.b.
Sale e pepe q.b.
Procedimento
Lava e taglia le zucchine a bastoncini. In una ciotola, mescola il pane grattugiato con il pecorino, l’aglio tritato, il prezzemolo, sale e pepe. Aggiungi olio e mescola fino a ottenere un composto omogeneo.
Disponi le zucchine in una teglia leggermente unta d’olio, cospargi uniformemente la gratinatura sopra le zucchine. Cuoci in forno preriscaldato a 180°C per circa 20-25 minuti, o fino a quando la superficie è dorata e croccante. Sforna e lascia raffreddare leggermente prima di servire.
Cucina
Ma tu quanto spendi per un gelato…?
Il prezzo del gelato in Italia varia significativamente, con Milano in testa come città più cara e Palermo tra le più economiche. Tuttavia, il prezzo più alto non garantisce necessariamente una migliore qualità. Riconoscere un buon gelato artigianale richiede attenzione ai dettagli e una certa esperienza di degustazione.

Il costo del gelato in Italia varia notevolmente da città a città e all’interno delle stesse. I prezzi sono influenzati da diversi fattori, tra cui la materia prima, la lavorazione artigianale e le spese di gestione. Milano è senza dubbio la città più cara. Una coppetta piccola può costare fino a 3,5 euro, e il prezzo al chilo può superare i 25 euro. A Palermo invece il gelato è più economico anche se mediamente una coppetta piccola con una sola pallina può costare fino a 1.60 euro. Anche all’interno delle stesse città, i prezzi possono variare significativamente. A Roma, ad esempio, il prezzo di un chilo di gelato può variare quartiere a quartiere da 12 a 25 euro. A Genova, una coppetta con due palline lo può trovare a 1,50 euro. Ma è raro.
Ne mangiamo circa 12 chili a testa ogni anno
Con un consumo medio di 12 chili a testa all’anno, l’Italia è tra i paesi leader nel consumo di gelato. Tuttavia, non tutti i gelati sono creati uguali, e distinguere un gelato artigianale di qualità da uno di bassa qualità può essere complicato.
Come riconoscere un gelato artigianale
Il costo di produzione di un gelato artigianale, considerando solo la materia prima e la lavorazione, si aggira intorno ai 5-6 euro al chilogrammo. Tuttavia, nelle località turistiche come Sorrento e Venezia per esempio, i prezzi per i consumatori possono essere molto più alti, spesso per speculare sull’affluenza turistica. Riconoscere un gelato artigianale di qualità è fondamentale per giustificare il suo costo. Un prodotto artigianale lo puoi riconoscere per la sua consistenza e la sensazione al palato non deve essere oleoso, troppo liquido o appiccicoso.
Cremoso e senza coloranti artificiali
Un buon gelato deve essere cremoso ma non eccessivamente. Se si scioglie troppo rapidamente, è un segno di un alto contenuto di zucchero. Se non si scioglie affatto, potrebbe contenere additivi. Si può capire se è industriale oppure non semplicemente guardando i colori. Quelli troppo vivaci possono indicare l’uso di coloranti artificiali. Il colore del gelato dovrebbe corrispondere al gusto naturale degli ingredienti. Ad esempio, il pistacchio dovrebbe essere di un colore marroncino naturale, non verde acceso. La menta dovrebbe essere bianca, non verde brillante.
Ingredienti ben in evidenza
Ogni gelateria dovrebbe esporre la lista degli ingredienti utilizzati da cui si può capire se vengono utilizzati prodotti freschi, oppure congelati. Evitate gelati che contengono grassi idrogenati, oli vegetali in eccesso, conservanti, coloranti e altri additivi. Un’altra cosa a cui dare attenzione è la quantità di zucchero. Un gelato artigianale dosa lo zucchero in modo appropriato. Troppo zucchero rende il gelato troppo morbido, mentre troppo poco lo rende granuloso. Il sapore del gelato dovrebbe riflettere fedelmente gli ingredienti utilizzati. Un gelato che sa troppo di zucchero può mascherare ingredienti di bassa qualità. Inoltre dovrebbe essere preparato quotidianamente e servito entro tre giorni dalla produzione per garantire freschezza e qualità.
Laboratorio artigianale in vista è un simbolo di qualità
La presenza di un laboratorio artigianale visibile all’interno della gelateria è un buon segno di trasparenza e qualità. Verificate sempre la pulizia e la freschezza delle materie prime utilizzate.
Un laboratorio attiguo al punto vendita garantisce che il gelato non debba essere trasportato, mantenendo così la sua integrità e freschezza. Ricordarsi sempre che il gelato artigianale può essere conservato in freezer a meno 18 gradi per tre-quattro mesi. Una volta scongelato leggermente, va consumato subito e non può essere ricongelato.
Cucina
Verdura ripiena: il piatto estivo per eccellenza che mette d’accordo gusto, leggerezza e tradizione
Da Nord a Sud, ogni famiglia ha la sua ricetta segreta. Con carne, pane, tonno o solo con verdure: il ripieno diventa scrigno di sapori e le proprietà nutrizionali ne fanno un piatto completo. Perfetto anche da freddo.

La tavola estiva italiana ha un sapore preciso: quello delle verdure ripiene appena sfornate, con la superficie dorata e il profumo che invade la cucina. È un piatto che sa di casa, di ricette tramandate, di gesti lenti e antichi. Ma anche di praticità: si prepara in anticipo, si conserva bene e, anzi, migliora il giorno dopo. Non c’è estate senza zucchine ripiene, pomodori col tappo, peperoni colmi di bontà.
Le varianti sono infinite, come le famiglie italiane. In Liguria, ad esempio, si farciscono zucchine e cipolle con mollica, uova, parmigiano e maggiorana. In Campania, il classico è il peperone imbottito con pane raffermo, olive, capperi e alici. A Roma si aggiunge la carne macinata, in Sicilia c’è chi preferisce il riso o la ricotta salata. E in Puglia non mancano mai tonno e pangrattato. Il bello, insomma, è che ognuno ha la sua versione, e tutte sono valide.
La ricetta base? Svuotate con delicatezza le verdure (zucchine, melanzane, peperoni o pomodori), tenendo da parte la polpa. Fatela rosolare con olio e aglio, aggiungete mollica di pane ammorbidita nel latte, un uovo, parmigiano, erbe aromatiche (basilico, timo, maggiorana) e, se volete, carne macinata o tonno. Riempite i gusci, spolverate con pangrattato e infornate a 180 gradi per 30–40 minuti. Il risultato è un piatto che profuma d’estate.
E sul fronte nutrizionale? Le verdure ripiene offrono un equilibrio interessante: fibre, vitamine e sali minerali dalle verdure, proteine dal ripieno, grassi buoni dall’olio extravergine. Se evitate la carne e usate pane integrale, diventano un perfetto piatto unico vegetariano, ricco ma leggero. Servite fredde, sono perfette anche per un picnic o un pranzo in spiaggia.
Le versioni moderne prevedono ripieni gluten free, con quinoa o cous cous, oppure varianti vegane a base di legumi. Il concetto resta lo stesso: svuotare, farcire, cuocere. Ma ogni stagione aggiunge il suo tocco. E l’estate, si sa, ha sempre il sapore buono delle cose semplici.
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