Arte e mostre
“Odor de Milan”: il libro olfattivo che racconta la storia del panettone e di Milano
Un’opera d’arte che si scopre con il naso, non con gli occhi, l’incontro tra memoria, aroma e creatività nell’opera olfattiva di Topylabrys. Un libro che va oltre le pagine, raccontando Milano in modo inedito e coinvolgente.

Cosa accade quando un libro non si legge con gli occhi, ma con il naso? Quando le pagine non sono solo di carta, ma di ricordi e profumi che accarezzano i sensi? “Odor de Milan” è l’opera olfattiva di Ornella Piluso, in arte Topylabrys, che racchiude l’essenza di Milano nel profumo inconfondibile di un panettone appena sfornato. Il 10 dicembre, questo progetto troverà una nuova espressione al Museo Bagatti Valsecchi, dove sarà protagonista di un’asta benefica a favore della ristrutturazione dell’impianto luci del museo. Un’occasione imperdibile per supportare la cultura, mentre si esplora il potere evocativo dell’olfatto.
Il profumo del panettone e la memoria olfattiva, un viaggio sensoriale nella tradizione milanese
“Odor de Milan” va oltre la lettura tradizionale. Ogni pagina di questo libro è impregnato di una fragranza che risveglia ricordi legati alla ritualità del panettone: l’impasto che lievita, il taglio della fetta, l’ingresso in una bottega dove l’aroma di dolce si diffonde nell’aria. Un’emozione che va oltre il gusto, trasformando il panettone in un’esperienza sensoriale completa che coinvolge tutti i sensi.
Topylabrys e la magia del lievito madre
Con “Odor de Milan”, Topylabrys invita il pubblico a riflettere su come i profumi siano legati ai ricordi e alle sensazioni fisiche. Il lievito madre, che cresce e si rinnova nel tempo, diventa la metafora perfetta di come il nostro senso dell’olfatto custodisca memorie indelebili, come il panettone, che viene “rinfrescato” ad ogni incontro. Un libro che non è solo da leggere, ma da vivere, in un’esperienza che risveglia la memoria olfattiva di ognuno di noi.
Una Collaborazione Creativa e Sensoriale: Visioni Olfattive e l’Arte Contemporanea
Il progetto “Odor de Milan” è il risultato di una collaborazione creativa tra Topylabrys e l’azienda Visioni Olfattive, che ha contribuito a rendere questo viaggio sensoriale un’innovazione artistica, dove il profumo diventa arte. Il libro è un ponte tra la memoria olfattiva, la tradizione gastronomica milanese e l’arte contemporanea. Presentato durante la 25ª edizione del Panettone Party 2024, evento organizzato dall’Associazione Arte da Mangiare Mangiare Arte e dal Movimento di Pensiero, il progetto ha ricevuto una calorosa accoglienza, con la partecipazione di oltre 150 artisti internazionali.
“Odor de Milan”: Un Viaggio nella Milano Più Intima e Sensoriale
Con “Odor de Milan”, Topylabrys prosegue la sua ricerca artistica sensoriale, esplorando il mondo delle emozioni e dei sensi. Questo libro non è solo un oggetto da collezionare, ma un’opera che invita il lettore a scoprire una Milano più intima e sensoriale, fatta di profumi che parlano al cuore e alla mente. Un’opera che celebra la tradizione e l’arte contemporanea, unendo passato e presente in una nuova e affascinante dimensione olfattiva.
Supporta l’Arte e la Cultura con “Odor de Milan”
Il 10 dicembre, unisciti all’asta benefica al Museo Bagatti Valsecchi, dove “Odor de Milan” sarà protagonista. Acquistando questo libro, non solo entrerai in contatto con un’esperienza unica, ma contribuirai alla ristrutturazione del museo, sostenendo la cultura e l’arte contemporanea. Non perdere l’opportunità di vivere un’esperienza olfattiva che trasforma il panettone in una memoria indimenticabile e in un viaggio sensoriale che celebra Milano.
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Arte e mostre
La Sindone e il mistero del restauro rinascimentale: c’è la mano di Leonardo?
La Sindone, uno dei reperti più venerati e studiati al mondo, potrebbe essere stata soggetta a un restauro artistico tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento. Le nuove scoperte sollevano domande sull’autenticità dell’immagine e sul possibile intervento di un artista di grande abilità.

La Sindone di Torino, da secoli oggetto di venerazione e dibattito, potrebbe nascondere tra le sue pieghe una storia più complessa di quanto finora immaginato. Un gruppo di ricercatori del Centro di ricerca di Stile Arte ha portato alla luce indizi che suggeriscono un intervento artistico avvenuto tra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento, finalizzato a potenziare l’immagine impressa sul sacro lenzuolo.
L’ipotesi di un restauro rinascimentale
Il lenzuolo di lino, lungo circa 4,41 metri e largo 1,11 metri, porta impressa l’immagine di un uomo nudo, segnato da lesioni che sembrano compatibili con le ferite della crocifissione. Per secoli, la Sindone è stata al centro di controversie: è davvero il sudario che avvolse il corpo di Gesù, come credono molti fedeli, o un manufatto medievale?
I ricercatori di Stile Arte hanno analizzato i segni presenti sulla Sindone, confrontandoli con le tecniche pittoriche dei monocromi rinascimentali. Il risultato? Esistono “elevate possibilità” che la Sindone sia stata “rinvigorita” con interventi pittorici, forse per renderla più leggibile e suggestiva, in vista della sua esposizione pubblica organizzata dai Savoia intorno al 1502. L’intervento avrebbe potuto essere condotto da un artista di grande abilità, qualcuno vicino all’ambiente di Leonardo da Vinci, che all’epoca era già noto per le sue opere innovative e la sua padronanza delle tecniche ottiche.
Leonardo da Vinci: il sospettato perfetto?
Leonardo da Vinci, che tra il 1499 e il 1508 visse un periodo errabondo dopo aver lasciato Milano, avrebbe potuto essere coinvolto in questo restauro. I ricercatori sottolineano che Bona di Savoia, duchessa consorte di Milano e madre di Gian Galeazzo Maria Sforza, aveva stretti contatti con il mondo artistico e culturale di Leonardo. Questo legame suggerisce una possibile connessione tra il grande maestro e l’intervento sulla Sindone.
Il Centro di ricerca di Stile Arte sostiene che il restauro sia stato condotto con un “pigmento ocra scuro, molto allungato nell’acqua e in materiale rugginoso”, applicato con un pennello appena inumidito. Le tracce di sangue, che oggi sembrano così nitide, sarebbero state potenziate con l’uso di un pennino, un procedimento che avrebbe reso l’immagine più visibile e drammatica, soprattutto se retroilluminata.
Una sindone “rinvigorita” per un effetto teatrale
Secondo gli studiosi, la Sindone restaurata doveva essere esposta in modo da ottenere il massimo impatto visivo, con un’immagine che appariva tridimensionale e che scompariva o si intensificava a seconda dell’illuminazione e della distanza dell’osservatore. “A uno-due metri essa è perfettamente a fuoco, mentre avvicinandosi sembra scomparire”, spiegano i ricercatori, sottolineando come questi effetti ottici fossero ben conosciuti e sfruttati dagli artisti rinascimentali.
Inoltre, il lenzuolo sembra essere stato concepito per una visione retroilluminata, con torce che ne avrebbero evidenziato i dettagli, creando un’atmosfera quasi mistica. L’analisi rivela anche la presenza di figure composite e immagini reversibili, come un crocifisso che appare come un cartiglio quando osservato da una certa angolazione. “L’insieme parrebbe una sorta di colomba posta su un’ancora”, affermano gli studiosi, ipotizzando che l’artista possa aver inserito simboli nascosti con un significato esoterico o religioso.
La Sindone: un capolavoro rinascimentale?
Se confermata, l’ipotesi di un restauro rinascimentale della Sindone aggiungerebbe un nuovo capitolo alla sua già complessa storia. Non si tratterebbe quindi di un falso, ma di un’opera potenziata per migliorare la sua leggibilità e il suo impatto durante le esposizioni pubbliche. Un intervento che, pur non alterando l’autenticità del lenzuolo come reliquia, ne avrebbe modificato l’aspetto per renderlo più adatto alle necessità devozionali e politiche del tempo.
La storia documentata della Sindone
Per comprendere appieno l’importanza di queste scoperte, è utile ripercorrere la storia documentata della Sindone. Dopo essere stata donata alla chiesa di Lirey nel 1353 dal cavaliere francese Goffredo di Charny, la Sindone passò attraverso numerose mani e contese, fino a diventare proprietà dei Duchi di Savoia nel 1453. Nel 1502, fu costruita una cappella apposita a Chambéry per custodirla, e nel 1506 il Papa Giulio II autorizzò il culto pubblico della Sindone.
La storia del lenzuolo è segnata da eventi drammatici, come l’incendio del 1532, che causò gravi danni al tessuto, e le successive riparazioni che hanno alterato in parte il suo aspetto originale. Tuttavia, è solo con l’avvento della fotografia nel 1898 che l’immagine della Sindone ha rivelato i suoi segreti più profondi, mostrando dettagli invisibili a occhio nudo.
Un enigma ancora aperto
Nonostante i numerosi studi, la Sindone di Torino continua a suscitare dibattiti e controversie. Le nuove scoperte suggeriscono che, oltre a essere una reliquia sacra, la Sindone potrebbe anche essere considerata un capolavoro dell’arte rinascimentale, frutto dell’intervento di un maestro come Leonardo da Vinci o di un artista a lui vicino.
Questo intreccio tra fede, arte e scienza rende la Sindone un oggetto unico nel suo genere, che continua a sfidare la nostra comprensione e a ispirare nuove ricerche. Con ogni nuova scoperta, ci avviciniamo un po’ di più a svelare i misteri di questo antico lenzuolo, che da secoli affascina credenti e scettici.
Arte e mostre
Addio silenzio: ora anche i musei si riempiono di note e playlist
Dalla musica di Brian Eno alla Biennale di Venezia al sottofondo sonoro nei musei d’arte contemporanea: l’esperienza sensoriale si arricchisce, ma non tutti gradiscono. I puristi protestano: “L’arte non ha bisogno di colonna sonora”.

Entrare in un museo e sentire musica ambient, onde sintetiche, bassi profondi e vibrazioni ovattate. Non è la playlist di una spa, ma l’ultima tendenza dei musei contemporanei. Sempre più spazi espositivi scelgono di accompagnare opere d’arte con suoni d’ambiente, effetti audio, persino playlist curate dagli artisti stessi. E se da una parte c’è chi applaude all’esperienza immersiva, dall’altra i puristi storcono il naso: “L’arte dovrebbe bastare a se stessa”.
A fare scuola è stato Brian Eno, musicista e produttore, che ha portato la sua ambient music alla Biennale di Venezia e al Design Museum di Londra. Ma anche musei più “classici” come il Reina Sofia di Madrid o il MAXXI di Roma hanno sperimentato percorsi sonori accanto alle esposizioni.
Il motivo? Creare una fruizione sensoriale più completa, coinvolgere il visitatore, farlo “entrare” nell’opera. In alcuni casi i suoni sono registrazioni naturali, in altri vere e proprie composizioni. E c’è già chi sogna visite su Spotify, con tracce da ascoltare mentre si gira tra i quadri.
Ma la questione resta aperta: è davvero un arricchimento o una forma di distrazione? Il confine tra esperienza e intrattenimento si fa sempre più sottile. E forse è proprio lì, in quella zona grigia tra emozione e consumo, che oggi si gioca la sfida dell’arte contemporanea.
Arte e mostre
Un ‘covone’ davvero caro venduto da Sotheby’s
L’opera “Covone a Giverny” di Claude Monet ha suscitato grande interesse con un prezzo di vendita di quasi 35 milioni di dollari.

L’asta di “Covone a Giverny” di Claude Monet che si è svolta a New York ha suscitato grande interesse da parte di collezionisti e investitori. Alla fine dell’asta ha ottenuto un notevole risultato, con un prezzo di vendita di quasi 35 milioni di dollari. Questo successo è particolarmente significativo visto che da qualche tempo si assiste a un calo del mercato mondiale dell’arte. E’ soprattutto un inizio promettente per le vendite delle grandi case d’asta come Christie’s e Sotheby’s.
Inversione di tendenza
La vendita online, telefonica e in sede di Sotheby’s ha generato un totale di 235 milioni di dollari per una cinquantina di dipinti di arte moderna. La competizione per “Covone a Giverny” è stata descritta come una “guerra di offerte di otto minuti“, culminata con il suo acquisto per 34,8 milioni di dollari. Questo dimostra anche il persistente fascino e valore dell’opera di Monet nel mercato dell’arte.
Inoltre, un’altra opera d’arte, “Les Distractions de Dagobert” della pittora anglo-messicana Leonora Carrington, ha stabilito un nuovo record d’asta per l’artista, con una vendita di 28,5 milioni di dollari dopo una battaglia di dieci minuti tra gli acquirenti presenti in sala.
Risultati che indicano un rinnovato interesse e fiducia nel mercato dell’arte, con gli acquirenti che dimostrano una forte disposizione a investire in opere di grande valore artistico e storico.
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