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Fedez e il generale Vannacci faccia a faccia: “Si mangia la Schlein”, ma rifiuta la canna

Tra elogi alla comunicazione di Vannacci e uno scambio surreale su una canna, l’incontro tra Fedez e il generale diventa uno show che mescola ironia e paradossi.

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    È finalmente arrivato il tanto chiacchierato incontro tra Fedez e il generale Roberto Vannacci. Dopo i complimenti del rapper all’eurodeputato leghista durante la trasmissione La Zanzara, dove aveva dichiarato che Vannacci “si mangia la Schlein” dal punto di vista comunicativo, i due si sono confrontati nella terza puntata del Pulp podcast, condotto da Fedez e Mr. Marra, online su YouTube da lunedì 9 dicembre.

    L’episodio, già anticipato sui social, promette scintille. Nelle storie pubblicate da Fedez, si vedono alcuni estratti dell’incontro, tra cui uno che ha già fatto discutere: il momento in cui il rapper offre una canna al generale. “Vuole fare un tiro?”, chiede Fedez con il suo consueto stile provocatorio. “Che cos’è, un sigaro?”, risponde con aria perplessa Vannacci. “No, è una canna, un blunt con dell’erba,” replica Fedez, ricevendo un netto “no” come risposta dal generale.

    Il loro confronto era stato annunciato già durante La Zanzara, quando Fedez aveva sorpreso tutti esprimendo apprezzamento per le capacità comunicative di Vannacci rispetto alla leader del Pd, Elly Schlein. “La Schlein non attecchisce, io da comunicatore guardo, non giudico, e comunicativamente parlando Vannacci è dieci spanne sopra,” aveva detto il rapper, suscitando una reazione di sorpresa da parte del generale, che aveva risposto: “Le parole di Fedez mi hanno lusingato, il mondo è proprio al contrario.”

    L’incontro nel podcast diventa quindi il terreno ideale per uno scontro dialettico tra due mondi apparentemente agli antipodi: l’icona pop e l’ex paracadutista. Mentre Fedez gioca a fare il provocatore, Vannacci mantiene un tono istituzionale, ma non privo di ironia, dimostrando di saper reggere il gioco.

    L’episodio mostra come il confine tra intrattenimento e politica sia sempre più sottile. Se Fedez usa la sua piattaforma per porre domande scomode e accorciare le distanze tra il pubblico e i personaggi pubblici, Vannacci dimostra di non essere estraneo ai meccanismi della comunicazione moderna, riuscendo a mantenere la sua posizione senza cedere alle provocazioni.

    Il Pulp podcast si conferma così un terreno fertile per confronti inaspettati e momenti surreali, e l’incontro tra Fedez e Vannacci è solo l’ultimo esempio di come il linguaggio pop possa incrociarsi con quello della politica. Resta da vedere quale sarà la reazione del pubblico e se il generale riuscirà davvero a “mangiarsi” la concorrenza comunicativa, come suggerito dal rapper.

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      Michelle Hunziker, altro che crisi: Nino Tronchetti Provera compra una palazzina da 14 milioni per lei

      Si parlava di addio imminente, invece arriva un segnale che pesa — letteralmente — tonnellate di mattoni e amore: Nino Tronchetti Provera avrebbe acquistato un intero palazzo nel cuore di Milano, a due passi da San Babila, per farne il nido con Michelle Hunziker. Un gesto dal valore di circa 14 milioni di euro. Eppure, su quell’indirizzo aleggia una vecchia “maledizione sentimentale” che avrebbe colpito le coppie precedenti. Ma Michelle e Nino sembrano non essere il tipo da lasciarsi condizionare da superstizioni

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        Altro che vento di crisi. Altro che addio. Michelle Hunziker e Nino Tronchetti Provera sembrano aver scelto la strategia più semplice per silenziare i pettegolezzi: continuare a volersi bene e, nel dubbio, comprare un palazzo. Sì, un palazzo intero. Perché quando l’amore è solido e il conto in banca è robusto, non si risponde ai rumors con post criptici o sguardi languidi, ma con una mossa che fa rumore, e tanto.

        Secondo quanto riportato da Oggi, la scintilla tra Michelle e Nino sarebbe scoccata proprio davanti a quell’immobile elegante a pochi passi da San Babila, uno di quei gioielli immobiliari che sembrano usciti da una cartolina di una Milano riservata, verde e ricchissima. Lei lo vede, lui lo vede. Cupido stavolta si presenta col tailleur e una planimetria. E a quanto pare, quella visione condivisa si è trasformata in realtà: l’imprenditore avrebbe deciso di acquistare l’intera palazzina, con giardino privato, per circa 14 milioni di euro. Un gesto più eloquente di qualunque dichiarazione social.

        Nonostante la coppia continui a stare lontana dai riflettori — scelta rara per un volto amatissimo della tv come Michelle — il passo verso la convivenza appare deciso. Un nido d’amore costruito in verticale, tra pareti importanti e una privacy blindata. Perfetto per una storia che sembra voler restare lontana dal clamore, nutrita più da piani concreti che da dichiarazioni di rito.

        C’è però un dettaglio folkloristico che aggiunge sapore — e brivido — alla vicenda. La palazzina in questione, racconta Today, avrebbe una nomea non proprio accomodante. Le coppie che l’hanno abitata negli anni passati si sarebbero puntualmente lasciate. Una sorta di maledizione immobiliare, come se quelle facciate ordinate e quel giardino curato nascondessero un karma difficile da domare.

        Ma Michelle e Nino non paiono tipi da farsi impressionare dai racconti da cronache mondane. Sembrano piuttosto la coppia del “proviamo e vediamo”, con serenità e piede ben piantato nel presente. La maledizione, semmai, è quella che ogni tanto colpisce chi crede che l’amore di una donna forte e indipendente debba per forza passare dai flash o dagli hashtag.

        Per ora, i due scelgono la loro via: riservatezza, concretezza e, va detto, un indirizzo a cinque zeri che sa di promessa e progetto. Non serve altro.

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          Vivian Jenna Wilson si libera del cognome Musk: «Non voglio più avere a che fare con lui». La figlia di Elon rompe con il padre

          Cambio di nome, nessuna eredità, vita condivisa in un appartamento di Los Angeles e orgoglio militante. Vivian Jenna Wilson, figlia di Elon Musk, rivendica la propria indipendenza e attacca il magnate: «Ha voluto figli brillanti, non felici». E sul passato: «Non volevo più portare quel cognome, faccio quello che voglio».

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            Vivian Jenna Wilson ha un obiettivo chiaro: vivere una vita che non abbia nulla a che fare con suo padre. Un nome pesante, quello di Elon Musk, che a ventun anni ha deciso di abbandonare, legandosi invece a quello della madre, Justine Wilson. A Paris Match racconta il perché senza giri di parole: «Non volevo più avere a che fare con tutte quelle stronzate legate al nome. E poi faccio quello che voglio».

            La rottura con il patron di Tesla e SpaceX non è solo affettiva: è culturale, politica, identitaria. Vivian fa coming out come persona trans nel 2020 e cambia legalmente sesso due anni dopo. Da allora, la distanza con Musk si trasforma in frattura pubblica. Lei sfila, studia, lavora, condivide un appartamento a Los Angeles. «Non vivo in una villa. Non ho una Tesla», dice con ironia feroce. A chi su TikTok l’ha dipinta erede da 40 miliardi risponde così: «Se fosse vero, non ci sarebbero più senzatetto né fame nel mondo».

            La giovane rivendica con orgoglio la strada costruita da sola: modella emergente, attivista LGBTQIA+, voce presente nelle marce e online. Non cerca pietà, non cerca eredità: cerca spazio. E lontananza. «La sola menzione del suo nome mi fa spegnere il cervello», confessa. Una frase che sintetizza anni di incomprensioni, culminate nella rottura definitiva.

            Il contrasto non è solo familiare, ma filosofico. «Quando avevo dieci anni mi disse che Marte sarebbe stato il futuro dell’umanità. Pensai: chi si occuperà della Terra allora? Non parlavamo la stessa lingua». È la fotografia di due mondi che non si incontrano: da un lato il miliardario convinto che il progresso passi dalla colonizzazione dello spazio; dall’altro una figlia che difende i diritti delle minoranze e marcia sul suolo terrestre, tra le persone.

            Sui social Musk l’ha cancellata – letteralmente: «Mio figlio Xavier è morto. Ucciso dal virus woke», scrisse. Oggi lei restituisce il colpo con una frase glaciale: «La morale non si misura in dollari». Non cerca un confronto, non chiede riconciliazione. Alza il mento, senza paura: «Sono stata usata come esempio per dimostrare che i bambini trans non dovrebbero esistere. Non potevo lasciar correre. Non è un capriccio politico. È una questione di sopravvivenza».

            In mezzo, nessun accordo, nessun passo indietro. Solo una ragazza che ha deciso chi vuole essere. E un padre che, almeno per lei, non è più una stella nella stessa galassia.

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              Personaggi

              Eva Grimaldi: “Ho rischiato la vita per un intervento al seno. Un anno intero con una sola protesi”

              Ospite nel programma di Caterina Balivo, Eva Grimaldi ripercorre gli anni dei sette interventi estetici e l’infezione che le ha quasi tolto la vita. “Mi sono ritrovata con un seno solo nel momento di massimo successo. Ma oggi amo le mie cicatrici.”

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              Eva Grimaldi

                Nel salotto di La volta buona, il talk show pomeridiano di Rai 1 condotto da Caterina Balivo, Eva Grimaldi ha scelto di parlare senza filtri di una parte dolorosa della sua vita: gli interventi estetici subiti negli anni per inseguire un ideale di bellezza. “Ho fatto sette operazioni al seno — ha raccontato —, tutto è cominciato quando avevo 26 anni. All’inizio portavo la taglia zero e volevo un po’ di femminilità in più. Poi ho continuato: prima la seconda, poi la terza, poi la quarta. Finché è arrivato il disastro.”

                Dietro la ricerca di un décolleté perfetto, si nasconde una storia di sofferenza e di paura. “Una protesi si è infettata. Ero andata dal miglior chirurgo, ma non è stato in grado di intervenire nel modo giusto. Anziché rimuoverla, ne ha messa un’altra sopra, e il seno si è gonfiato in modo anomalo. Ho iniziato a stare malissimo.”

                “Avevo la febbre a 42: ero più morta che viva”

                Il racconto di Eva è crudo, ma necessario: “Avevo la febbre a 42, ero più morta che viva. Nessuno capiva quanto fosse grave. Ho rischiato la setticemia, e solo l’intervento di un altro chirurgo mi ha salvata.” Il nuovo medico ha dovuto rimuovere completamente la protesi infetta, lasciandola con un solo seno per un intero anno.

                “È stato il periodo più difficile della mia vita — confessa l’attrice —. Ero nel pieno della carriera, giravo un film con Remo Girone e c’era una scena di nudo. Non avevo detto nulla a nessuno, inventavo scuse, parlavo di una fistola al seno per evitare domande. Mi coprivo come potevo.”

                Remo Girone, racconta, fu una presenza discreta e preziosa: “È stato un vero signore. Quando gli ho confidato la verità, mi ha sostenuta e aiutata a superare la vergogna.”

                “Un seno solo nel momento di massimo successo”

                Per Eva Grimaldi, quel periodo rappresenta un punto di svolta. “Per un anno ho vissuto con un seno solo, in un mondo in cui l’immagine era tutto. Ma è proprio lì che ho capito quanto fosse fragile la mia autostima e quanto stessi cercando approvazione nel posto sbagliato.”

                L’attrice, oggi 63 anni, ammette di aver imparato ad accettarsi: “Oggi non rifarei mai nulla di tutto questo. Ho imparato a volermi bene, a non confondere la bellezza con la perfezione. Le mie cicatrici sono il segno di quello che ho superato.”

                La riflessione: tra estetica e consapevolezza

                Il racconto di Grimaldi riaccende un dibattito sempre più attuale: quello sul rapporto tra chirurgia estetica, autostima e pressioni sociali. Negli ultimi anni, secondo la Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica (SICPRE), gli interventi estetici in Italia sono in costante aumento, soprattutto tra le donne tra i 25 e i 45 anni. Ma i medici ricordano l’importanza di rivolgersi a professionisti certificati e di comprendere i rischi reali di ogni operazione.

                Eva Grimaldi oggi parla con la serenità di chi ha attraversato il dolore e ne è uscita trasformata: “Ho vissuto sulla mia pelle cosa significa affidarsi a chi non ti ascolta. Oggi voglio che la mia storia serva da esempio: la chirurgia non è un gioco, e la vera bellezza è sentirsi bene dentro, non davanti allo specchio.”

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