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Personaggi e interviste

Dal mega successo di Drive In all’oblio: Francesco Salvi si racconta

Una notorietà che gli è letteralmente scoppiata in mano: da un giorno all’altro nello show più seguito di Italia 1, pagato con un cachet che non aveva mai visto. Poi una gestione non sempre oculata della carriera l’ha messo all’angolo. Oggi ci riprova con un nuovo singolo di chiara atmosfera natalizia, sempre col sorriso.

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    “Eravamo tutti semidisperati, dopo il successo mi davano un milione a serata”. Tanta televisione e due grandi successi discografici, gli anni ’80 del comico Francesco Salvi raccontati in un’intervista al Corriere della Sera. Proprio da lui che, di quel periodo, è stato un testimone di grande successo, uno dei comici e cantanti demenziali più famosi di un periodo davvero dorato. C’è da spostare una macchina e Esatto, due hit che ancora oggi si possono trovare nelle playlist della babydance italiana. Oggi che è passata praticamente una vita, l’attore 70enne ricorda quel successo iniziato per caso.

    Il successo l’ha fulminato

    La grande popolarità televisiva arrivata come un fulmine a ciel sereno, tra il 1985 e il 1987, dopo esser stato uno dei protagonisti di una trasmissione cult come quel guazzabuglio irresistibile di comicità che era Drive In. Nella stagione 1986-87, successivamente, è uno dei protagonisti di Studio 5, programma contenitore con Guido Bagatta, Roberta Termali e Marco Columbro. Poi, le 70 puntate del MegaSalviShow e pure il successo al festival di Sanremo.

    Un milione di lire di chachet a puntata

    Drive In è stato uno spartiacque, una parodia dell’America, con le ragazze appariscenti, con il costumino a stelle e strisce, le moto, un genere di comicità veloce molti avanti per i tempi. Lui ricorda così lo show: “Un programma di rottura, perché allora la tv era leggermente avanti rispetto al pubblico, ma il pubblico poi ti seguiva. Già due giorni dopo essere andato in onda feci una serata e mi pagarono 10 volte di più rispetto alla volta precedente. Un milione di lire negli anni Ottanta: un botto! Prima eravamo tutti semidisperati”.

    Così ricorda i colleghi

    Salvi si lascia poi andare a una serie di ricordi dei colleghi con cui ha lavorato. Parlando di Gianfranco D’Angelo, morto nel 2021 all’età di 85 anni, il comico varesino spiega: “Tranquillo, educatissimo, ma diversissimo sul palco e giù dal palco. Nelle registrazioni era scatenato, nella vita era di una tranquillità spaventosa”. Su Ezio Greggio: “Faceva vari personaggi sempre ispirati ad attività truffaldine, da incantatore di serpenti sempre al centro di grandi imbrogli. Lui è così. Se non avesse fatto il comico sarebbe stato il signor Aiazzone”.

    Una leggenda metropolitana che coinvolgeva Berlusconi

    Sul Drive In girava questa voce: “Che Berlusconi veniva a trovare le ragazze, ma non è vero. Gli studi erano in periferia a Bande Nere prima, poi a Quarto Oggiaro, una zonaccia; la prima volta che sono andato lì mi hanno rubato l’autoradio, la seconda volta che ci sono tornato l’ho rubata io”.

    Fortissimo anche in hit parade

    Non si può sottolineare, parlando di lui, dello straordinario riscontro ottenuto da brani come C’è da spostare una macchina e Esatto, che lui ricorda così: “La casa discografica non riusciva a stampare tutte le copie che venivano richieste”. Di recente è stata pubblicata una sua nuova canzone di stampo natalizio, Comete come te, singolo prodotto da DJ Mitch e Paolo Agosta.

    Così nacque il suo personaggio

    “Inizialmente a Drive In pensavo di interpretare una guardia giurata, ma la stessa idea la ebbe Giorgio Faletti. Ero disperato, poi passai per puro caso a corso Buenos Aires a Milano e vidi una lite tra un camionista e il conducente di una Mercedes. Era così divertente, folkloristica, che alla riunione finale con Antonio Ricci arrivai col repertorio pronto”.

    Un successo gestito male

    Dopo avere raggiunto l’apice della notorietà, qualcosa è andato storto: “Basta gestirsi male. Aggiungiamo che mi sono molto divertito, ho viaggiato, mi sono levato sfizi. Certo, vedendo la mediocrità voluta e totale della comicità di oggi un po’ mi girano”.

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      Justine Mattera, tra sport, provocazione e passato: “La mia libertà? L’ho conquistata a 17 anni”

      Un mix di determinazione, sport, sensualità e spirito imprenditoriale: Justine Mattera si racconta senza censure. Dalle prime esperienze in Italia alla televisione, fino all’amore per il triathlon e i social, tra scelte di vita, provocazioni e un passato che ancora oggi fa discutere.

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        Justine Mattera è una donna che non ha mai avuto paura di mettersi in gioco. Un’americana arrivata in Italia negli anni ’90, prima per studiare, poi per inseguire un sogno nel mondo dello spettacolo, sfruttando un’arma inaspettata: una somiglianza impressionante con Marilyn Monroe. Da lì, una carriera che ha attraversato la televisione, la musica, lo sport e oggi i social media, dove il suo profilo Instagram raccoglie migliaia di follower affascinati dal suo mix di sensualità e passione sportiva.

        “Quando mi ha sposato sapeva che ero così”

        Nata a New York nel 1971, Mattera si è trasferita in Italia nel 1994 per studiare letteratura. È diventata famosa grazie al sodalizio con Paolo Limiti, che l’ha scelta per il suo programma Rai e che poi ha sposato. Un matrimonio breve, che ancora oggi viene citato spesso quando si parla di lei. Ma Justine è molto più di un’ex moglie.

        Negli ultimi anni è diventata un punto di riferimento per le donne che vogliono mantenere femminilità e indipendenza, senza rinunciare al piacere di provocare. E se qualcuno la accusa di “esagerare” sui social, lei risponde con sicurezza: “Quando mio marito mi ha sposato, sapeva benissimo chi ero. Non c’erano i social, ma avevo già posato per Playboy. E poi sono una madre e una moglie molto presente”.

        La passione per il triathlon e il mito del corpo perfetto

        Oggi Justine Mattera è un’atleta, testimonial del marchio Colnago e appassionata di triathlon, disciplina che combina nuoto, ciclismo e corsa. Una scelta che all’inizio ha spiazzato molti: “Non si vedono tante donne in bicicletta, è un mondo ancora dominato dagli uomini. Volevo mettermi alla prova e dimostrare che è possibile conciliare sport e femminilità”.

        Ha iniziato quasi per caso, dopo aver partecipato a una mezza maratona senza allenamento e aver ottenuto un piazzamento sorprendente. Oggi si allena costantemente, alternando il nuoto con le corse al parco e le uscite in bici con il coach. “Mi piace l’idea di superare i miei limiti. La fatica non mi spaventa, anzi, mi esalta”.

        E se qualcuno le dice che superati i 50 anni dovrebbe smettere, lei replica senza esitazioni: “Ho cominciato a 46 anni, ma la costanza premia sempre. Non ho bisogno di vincere, voglio solo dimostrare che l’età non è un limite”. Il sogno? Affrontare un mezzo Ironman, con 90 km in bici, 1,5 km di nuoto e 21 km di corsa.

        L’ombra di Paolo Limiti e la polemica sul funerale

        Ma il passato è sempre lì, pronto a riaffiorare. Quando si parla di Justine, inevitabilmente torna fuori il nome di Paolo Limiti, il celebre autore televisivo scomparso nel 2017. Il loro matrimonio durò pochi anni, e quando lui morì, le polemiche non mancarono.

        Le venne rimproverato di non essersi mostrata affranta durante il funerale, un’accusa alla quale risponde senza mezzi termini: “Chi dice che non c’ero? Qualcuno ha filmato tutti i presenti? Certo, non mi sono messa a piangere in prima fila. Ero l’ex moglie, non la vedova. Forse ho sbagliato, ma anche se non ci fossi andata sarebbero stati cavoli miei”.

        La bellezza come arma e il femminismo secondo Justine

        L’accusa più frequente che riceve è di essere troppo provocante sui social. Il suo profilo Instagram è una miscela di sport, scatti sensuali e momenti di vita quotidiana. “Non sono terrorista, sono una donna che ama il suo corpo e non ha paura di mostrarlo”.

        Non ha mai nascosto che la bellezza sia stata una carta vincente, ma sa anche che essere belle è un’arma a doppio taglio. “È difficile essere prese sul serio. Se non sei furba, puoi non capire il potere che hai. Gli uomini tendono a sottovalutare una donna attraente, e questo può rivelarsi un vantaggio. Meglio essere una sorpresa che una delusione”.

        Per quanto riguarda il MeToo, la sua posizione è chiara: “Sono felice che le cose siano cambiate, ma non mi piace quando le denunce arrivano dopo vent’anni. Perché non l’hanno detto subito? Io ho sempre saputo dire di no”.

        E sul femminismo? “Per me significa essere indipendenti. A 17 anni sono uscita di casa con una borsa di studio, ho sempre lavorato per conquistare il mio spazio. Ma non credo che femminismo voglia dire vestirsi da uomo o eliminare la femminilità”.

        Salvini e Trump, la politica vista da una newyorkese

        Nonostante sia americana, Justine segue con curiosità la politica italiana e non nasconde un certo interesse per Matteo Salvini. “Sono figlia di immigrati italiani, voglio capire dove vuole portarci. Lo osservo, anche se d’istinto la vedo diversamente”.

        Quanto a Donald Trump, pur essendo cresciuta in una famiglia democratica, non ha votato per lui, ma ne riconosce il carisma. “È un personaggio che divide, ma sa come attirare l’attenzione. Io credo ancora nella politica che premia il merito”.

        L’incontro con il destino: da Firenze alla tv

        La sua storia in Italia è iniziata per caso, con un incontro che le ha cambiato la vita. “Ero in Corso Sempione con un fotografo quando Paolo Limiti uscì dalla Rai. Stavano cercando una valletta per un programma. Io avevo un disco in classifica e volevo tornare in America, ma lui mi propose un provino. Andò bene e mi affidò a un’insegnante di danza. Da valletta diventai showgirl”.

        Non rimpiange nulla, ma oggi guarda avanti. “Il varietà non esiste più, i ruoli per donne con accento americano sono pochi. Valuto il teatro, mi piacerebbe portare in scena una commedia brillante”.

        Una donna che non ha mai avuto paura di dire la sua, di reinventarsi e di sfidare i pregiudizi. Justine Mattera non si è mai fermata, e di certo non ha intenzione di farlo ora.

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          Personaggi e interviste

          Achille Costacurta e il periodo buio: papà Alessandro rompe il silenzio e racconta tutto

          Alessandro Costacurta parla per la prima volta apertamente delle fragilità del figlio Achille, dei problemi con la giustizia e del ruolo fondamentale della moglie Martina Colombari: “Ci siamo salvati a vicenda. E oggi lui è il ragazzo più bello del mondo”.

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            Dopo mesi di silenzio e indiscrezioni, è Alessandro Costacurta a rompere il ghiaccio. In un’intervista a Il Giornale, l’ex difensore del Milan e della Nazionale ha parlato per la prima volta a cuore aperto del momento difficile attraversato dal figlio Achille, 20 anni, diventato suo malgrado protagonista delle cronache per una serie di episodi controversi.

            “Se mi avessero fatto questa domanda due anni fa, non avrei risposto allo stesso modo”, ha detto l’ex calciatore, riferendosi al proprio ruolo di padre. “Oggi posso dire di essere stato un buon padre. Mio figlio ha delle fragilità, ha avuto dei problemi, ma li ha superati. E adesso è il ragazzo più bello del mondo”.

            Parole che rivelano una ferita, ma anche un percorso di consapevolezza. Achille, in passato, ha avuto problemi con le forze dell’ordine, e la vicenda ha messo a dura prova l’equilibrio familiare. “Abbiamo attraversato momenti duri, ma ci siamo sostenuti a vicenda: io, Martina e nostro figlio. Questo ci ha unito ancora di più”.

            Il riferimento è ovviamente alla moglie Martina Colombari, ex Miss Italia e madre di Achille, che ha avuto un ruolo centrale in tutto il percorso. “Ho scoperto in quei giorni una forza incredibile in mia moglie”, ha raccontato Costacurta. “Ha una capacità di protezione verso nostro figlio che è pazzesca. È stata lei il nostro punto fermo”.

            Il matrimonio con Martina, celebrato nel 2004, è uscito rafforzato dalla crisi. E oggi la coppia si mostra compatta, più consapevole e pronta a condividere anche i momenti difficili. “La famiglia è stata la nostra ancora. E lo è ancora oggi”, ha concluso Costacurta.

            Non serve aggiungere molto. In un mondo dove spesso si finge perfezione, il coraggio di raccontare anche le cadute – e le risalite – fa tutta la differenza.

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              Perfetti solo in posa: la verità filtrata secondo Aurora Ramazzotti… e i social che ci ingannano

              La “Ramazzottina” smaschera ancora una volta le bugie patinate dei social network. Con la solita ironia, mette a nudo il mito della perfezione, ricordandoci che ciò che vediamo online non è realtà, ma posa, filtro e strategia. E mentre continuiamo a scrollare, dimentichiamo che la vera vita… non si ritocca.

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                Benvenuti nel meraviglioso mondo di Instagram, dove nessuno suda, nessuno ha un brufolo e tutti sono sempre in vacanza. È questo l’universo che Aurora Ramazzotti ha deciso di smontare con un “friendly reminder”: no, non siamo tutti perfetti. Lo sembriamo. Ma solo in posa. La perfezione che vediamo ogni giorno nei feed non è altro che il risultato di luci giuste, angoli studiati e filtri furbi. È uno show permanente in cui nessuno sbaglia scatto. Semplicemente, lo scatto sbagliato non si pubblica… e il gioco è fatto.

                La dittatura del “mi piace”

                Nel nuovo millennio non contano più i voti a scuola o le strette di mano sincere. A decretare il nostro valore è un numerino sotto la foto: i like. È lì che si gioca la nostra autostima. Se piaci, vali. Se non piaci… be’, forse è il filtro sbagliato. Aurora lo sa bene. Cresciuta sotto i riflettori e bersagliata dagli haters, ha imparato presto che dietro ogni post perfetto si nasconde spesso una fragilità. Per questo continua a usare l’ironia come scudo e come lente per mostrarci quanto tutto sia distorto.

                Quando “essere veri” diventa rivoluzionario

                In un’epoca in cui il corpo naturale è diventato un atto sovversivo, Aurora prova a rimettere al centro la normalità. Non è una battaglia di Photoshop, ma una rivoluzione silenziosa fatta di smagliature, occhiaie e risate vere. Ha parlato di salute mentale, di body shaming, di pregiudizi e tabù. E lo ha fatto senza filtri, anche quando sarebbe stato più comodo tacere. Perfetta? No. Umana? Sì, e proprio per questo necessaria.

                La foto non respira (ma tu sì)

                Una fotografia congela un istante. Ma è un istante scelto, costruito, isolato dal resto. Niente respiri, niente movimento. Nessun difetto. Ma la vita vera è un flusso: ci si muove, si cambia, si sbaglia. È fatta di prospettive sbilenche e risate fuori tempo. Ecco perché confrontarsi con le immagini dei social è una trappola: non c’è verità nello scatto perfetto. C’è solo l’illusione di ciò che vorremmo essere, e che, spoiler, nessuno è davvero.

                Essere imperfetti non è un difetto: è vita vera!

                Aurora Ramazzotti ci ricorda che la vera ribellione, oggi, è mostrarsi per ciò che si è. E dirlo senza vergogna. Tra filtri ed eccessi, c’è bisogno di persone che usino i social non per mostrare una favola, ma per raccontare una realtà. Anche quando è un po’ disordinata. In fondo, la vera perfezione sta proprio nell’abbracciare ogni imperfezione. Anche se non è instagrammabile.

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