Speciale Festival di Sanremo 2025
Rkomi a Sanremo, l’anti-algoritmo che si rimette in gioco: «Avevo bisogno di noia e difficoltà»
«Questo pezzo è un bombardamento di domande, senza capo né coda. Non volevo la classica hit da Festival, ma un ponte verso il futuro». Tra decrescita, letture profonde e il senso di famiglia del quartiere, Rkomi si racconta

Dopo un anno lontano dai riflettori, Rkomi torna sul palco del Festival di Sanremo con Il ritmo delle cose, un brano pop che non segue le regole della classica hit festivaliera. È una canzone che non ha un capo né una fine, affronta temi come la dipendenza, la pornografia, la solitudine e la vita di coppia. Niente rime facili, niente “cuore” e “amore”, ma un vero e proprio viaggio dentro se stesso. E proprio questo percorso interiore sembra essere al centro del suo nuovo progetto musicale.
Rkomi ci racconta il suo ritorno e le sfide di portare a Sanremo una canzone lontana dalle convenzioni.
Il ritmo delle cose non è il classico brano da Festival. Quanto hai rischiato con questa scelta?
«Abbastanza. Sappiamo tutti qual è la canzone giusta da portare a Sanremo, ma ho deciso di seguire quello che mi sembrava giusto per me in questo momento. È un pezzo che ti bombarda di domande, senza uno svolgimento lineare. Affronta tanti temi diversi e non ha un vero capo né una vera coda. Non è una canzone semplice, ma è un ponte tra quello che ero e quello che sto diventando».
Nel testo parli di “violento decrescendo” e citi addirittura Jep Gambardella. Sei davvero l’anti-algoritmo come dici?
«Sì, in questo pezzo ho voluto giocare con l’idea di uscire dall’algoritmo, che oggi detta le regole per tutti. Ho citato La grande bellezza perché mi ha sempre affascinato quel senso di vuoto di Jep. Io stesso, nell’ultimo anno, ho vissuto una vita più casalinga, molto “interno”. Fumo ed esco poco, sto in mutande fissando il vuoto… Ho sentito il bisogno di rallentare e decrescere per guardare al futuro con occhi nuovi».
Parli spesso di decrescita. Cosa significa per te?
«Significa tornare indietro per rimettere a fuoco le cose. Mi sono accorto che avevo bisogno di noia, di quei momenti che artisticamente mi hanno sempre dato di più. Stavo conducendo una vita troppo lineare, troppo comoda. Mi sono fatto qualche sgambetto da solo per rimettermi in difficoltà e ritrovare nuovi stimoli, come studiare musica e leggere libri importanti».
A proposito di letture, hai citato autori come Delmore Schwartz e Paolo Sorrentino. Quanto hanno influenzato il tuo percorso?
«Molto. Leggere è stato fondamentale per la mia scrittura. Ho scoperto Delmore Schwartz grazie a Lou Reed e ai Velvet Underground, poi sono passato a Burroughs e Rimbaud. Paolo Sorrentino è stato una vera illuminazione: Hanno tutti ragione mi ha dato lo spunto per scrivere Odio, quindi sono. Leggere autori così profondi mi ha permesso di trovare nuove chiavi narrative».
Nel brano parli di solitudine e isolamento. Come trovi che stiano i ragazzi di oggi?
«Vedo tanti ragazzi soli e annoiati. È una condizione comune, ma in quartiere c’è ancora un senso di famiglia, ci si dà sempre una mano. Nella palestra che ho aperto vedo come si aiutano a vicenda, si fanno forza insieme. È una cosa che mi emoziona e che cerco di alimentare il più possibile».
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Speciale Festival di Sanremo 2025
Quando Sanremo si trasforma in una sitcom, con Bresh nel ruolo principale!
Duetto con Cristiano De Andrè da rifare tre volte, backstage infuocato, bodypack volanti e amici in after party a petto nudo: il Festival di Bresh è stato più un reality che una gara canora.

Se Sanremo fosse una serie TV, quella di Bresh sarebbe stata la puntata più movimentata. Ospite del podcast Supernova di Alessandro Cattelan, il rapper genovese ha raccontato la sua indimenticabile (per vari motivi) esibizione alla serata cover del Festival 2025. Il duetto con Cristiano De André sulle note di Creuza de mä? Ripetuto ben tre volte. Prima per un microfono spento. Poi per un bodypack caduto. Infine, probabilmente, per un esaurimento collettivo dietro le quinte.
“Conti voleva andare spedito, ma non poteva”
Dopo il secondo fallimento tecnico, Bresh racconta: “C’è stato un tafferuglio serio alla genovese, abbastanza sanguigno”. Dietro le quinte, tra un cavo e una bestemmia, pare che i toni si siano alzati. Il commento sul conduttore Carlo Conti è tutto un programma: “Voleva andare spedito, ma non poteva. I suoi capelli sono diventati bianchi in un attimo”. Capelli che, per dovere di cronaca, erano già piuttosto bianchi da anni.
L’importante è il gruppo, anche se viene in after, senza maglia
A rendere la settimana sanremese ancora più surreale ci hanno pensato gli amici di Bresh, portati a Sanremo come una vera squadra di calcio. “Quindici persone, solo numeri 10”, ha detto. La sua fidanzata Elisa Maino? Presente. L’appartamento affittato per il clan? Pagato da lui. E la dirigenza Sony a colazione? Costretta ad assistere all’arrivo di amici in modalità “post-rave a torso nudo”. Se questo non è spirito ligure, non sappiamo cosa lo sia.
Nessun interesse per l’hype, solo vacanza e caos
Bresh ha tenuto a precisare che i suoi amici “non gliene fregava un ca**o di niente dell’hype”. Nessuna voglia di apparire, solo relax. E magari un po’ di caos organizzato. Per lui, la vera vittoria è stata portarsi dietro un pezzo di casa, tra focaccia e after party, microfoni difettosi e discussioni tra fonici e autori.
Ariston, ovvero… il bello dell’imprevisto
Alla fine, la terza esibizione è andata. Bresh e De André hanno salvato la performance e fatto pace con l’audio. Ma a rimanere nella storia non sarà l’intonazione, bensì il dietro le quinte. Dove Conti perdeva la pazienza – forse anche un paio di diottrie – e Bresh faceva del Festival la sua personale vacanza collettiva. A Sanremo si viene per la musica, sì, ma anche per ricordare che l’imprevisto è il vero spettacolo.
Speciale Festival di Sanremo 2025
Sanremo dice addio al Festival? La Rai punta su Torino per la rivoluzione della musica italiana

Per decenni, dire “Sanremo” ha significato dire “Festival della Canzone Italiana”. Ma questa associazione potrebbe presto diventare un ricordo. La decisione del Comune di Sanremo di indire una gara per l’organizzazione del Festival ha fatto infuriare la Rai, che ora lavora a un piano alternativo: portare la kermesse in un’altra città, trasformandola in un evento musicale senza più radici liguri.
Secondo quanto riportato dall’Adnkronos, la Rai starebbe valutando Torino come nuova sede della manifestazione. Il capoluogo piemontese, già apprezzato per l’organizzazione dell’Eurovision Song Contest nel 2022, sarebbe la location perfetta per garantire continuità all’evento. Il cambio di città porterebbe con sé anche un cambio di nome: non più “Festival di Sanremo”, bensì “Festival della Musica Italiana”.
La decisione è tutt’altro che definitiva, ma la tensione tra la Rai e il Comune di Sanremo è ormai evidente. Il servizio pubblico attende di conoscere i dettagli della delibera con cui la città ligure ha istituito il bando di gara, ma nel frattempo sta lavorando per garantirsi un’alternativa sicura, senza più il rischio di restare senza casa.
Sanremo vuole più soldi, la Rai si guarda intorno
Alla base dello scontro c’è una questione economica: il Comune di Sanremo ha alzato la base d’asta per la concessione della manifestazione a 6,5 milioni di euro l’anno, rispetto ai 5 milioni dell’attuale accordo. Oltre a questo, la nuova convenzione impone alla Rai l’obbligo di realizzare altri quattro programmi televisivi in città, ampliando l’impegno economico dell’azienda.
Queste condizioni non sono piaciute ai vertici di Viale Mazzini, che hanno deciso di studiare un’alternativa. L’ipotesi di spostare l’evento a Torino non è campata in aria: la città piemontese dispone di strutture moderne e di un’esperienza recente nell’ospitare eventi musicali di caratura internazionale.
Ma la questione è anche politica e legale. Il Comune di Sanremo ha preso questa decisione dopo che il TAR della Liguria ha dichiarato illegittimo l’affidamento diretto del Festival alla Rai, rendendo necessaria una gara pubblica. Il prossimo 22 maggio si discuterà il ricorso al Consiglio di Stato, ma la Rai non può permettersi di aspettare passivamente il verdetto.
Cosa succederà ora?
L’idea che il Festival possa abbandonare Sanremo dopo oltre 70 anni lascia increduli molti appassionati di musica e televisione. La Rai, dal canto suo, non può rinunciare a un evento che genera un giro d’affari enorme, con oltre 65 milioni di euro di raccolta pubblicitaria solo nell’ultima edizione.
Speciale Festival di Sanremo 2025
Marco Masini e Fedez, la verità su Sanremo: «Con Bella stronza eravamo soli contro tutti»
Marco Masini torna a parlare del suo Sanremo e del duetto con Fedez, tra critiche, censure e rinascita artistica. «Bella stronza? Abbiamo portato a casa un risultato incredibile». Nel podcast del rapper, il cantautore ripercorre la sua carriera tra accuse di sessismo, istigazione alla violenza e il periodo in cui era stato messo da parte dall’industria musicale. «Ma tutto passa, come le polemiche sui social».

La partecipazione di Marco Masini a Sanremo 2025 al fianco di Fedez ha acceso un dibattito acceso ancora prima che i due salissero sul palco dell’Ariston. La scelta della cover da eseguire nella serata dei duetti, Bella stronza, ha scatenato polemiche per il suo testo diretto, accusato negli anni di essere sessista e misogino. A questo si è aggiunto il gossip, con i più maliziosi che hanno collegato la scelta della canzone alla situazione sentimentale del rapper, reduce dalla rottura con Chiara Ferragni.
Ora, a distanza di settimane, Masini ha ripercorso quell’esperienza nel podcast Muschio Selvaggio, condotto da Fedez e Mr Marra, parlando non solo del Festival, ma anche della sua carriera, delle accuse che lo hanno segnato e del suo lungo periodo di allontanamento dall’industria musicale.
«Con Bella stronza eravamo soli contro tutti»
Durante l’intervista, Masini ha difeso il brano portato a Sanremo, sottolineando il successo ottenuto: «Eravamo soli contro tutti e abbiamo portato a casa un bellissimo risultato. Ma poi l’abbiamo portato a casa dopo, perché è l’unica cover che oggi è in classifica». Un’affermazione che sottolinea come, al di là delle critiche, la canzone abbia conquistato il pubblico, raggiungendo i vertici dello streaming e delle radio.
Il cantautore ha poi ripercorso i suoi esordi, ricordando il Festival del 1990, quando vinse tra le Nuove Proposte con Disperato. «È stato pazzesco, perché in un attimo mi sono ritrovato da musicista e autore per altri artisti a essere sul palco di Sanremo davanti a dieci milioni di persone».
Ma quel successo segnò anche l’inizio di un periodo complicato, fatto di censure e accuse pesanti. Disperato, infatti, venne attaccata per i suoi riferimenti considerati espliciti e Masini fu accusato addirittura di istigazione alla droga e alla violenza.
Le censure e il periodo nell’ombra
Se gli anni ‘90 furono segnati da una serie di hit di successo, la situazione cambiò dopo la vittoria sanremese del 2004 con L’uomo volante. Da lì in poi, Masini si trovò sempre più isolato nel panorama musicale, fino a scomparire quasi del tutto dalle scene. «Per un periodo nessuno mi chiamava più, ero stato messo ai margini. Ma nella mia mente c’era la convinzione che comunque queste cose passano, come passa una notizia sui social: oggi ti travolgono, domani c’è già qualcos’altro».
Nel tempo, l’artista ha imparato a vedere le cose con più distacco e a rimettersi in gioco. A Fanpage aveva spiegato: «Bisogna evitare il vittimismo. È sbagliato attribuire tutte le colpe agli altri. Il nemico più grande da fermare sei tu stesso. Devi lavorare su di te, senza farti prendere dal panico».
Oggi Marco Masini è tornato protagonista, con una carriera che continua a rinnovarsi e una nuova generazione di fan che lo riscopre. Sanremo, nonostante le polemiche, è stato un punto di svolta e il duetto con Fedez ha dimostrato che il suo repertorio è ancora attuale. Critiche o meno, la musica ha vinto.
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