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Personaggi e interviste

“Corrado non mi chiese mai scusa”: il dramma e la rinascita di Dora Moroni

Dora Moroni: l’incidente che ha cambiato la sua vita, il silenzio di Corrado e la rinascita tra musica e dolore. Era la notte del 13 luglio 1978 quando la sua vita non fu più la stessa.

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    La giovane artista, all’epoca 23enne, si trovava a bordo di un’auto guidata dal noto conduttore televisivo Corrado Mantoni, di ritorno da una serata del Rally canoro a Civitavecchia. Seduta sul sedile posteriore, Dora dormiva quando il veicolo si schiantò contro il guard-rail dell’autostrada. Fu sbalzata fuori dall’auto e venne trovata da Tony Binarelli, che seguiva la loro macchina.

    Coma e riabilitazione: un calvario

    Il trauma fu devastante: sei settimane di coma, tre arresti cardiaci e una lunga riabilitazione che la costrinse a nove mesi di ricovero. Quando si svegliò, non riusciva a parlare e nemmeno a camminare. I medici le dissero che, se anche fosse sopravvissuta, sarebbe rimasta un vegetale. Ma la determinazione e l’amore della madre la portarono a lottare e a riconquistare parte della sua vita.

    Il silenzio di Corrado e il sostegno di Barbara D’Urso

    Nonostante la gravissima responsabilità dell’incidente, Corrado non chiese mai scusa a Dora Moroni. Il celebre conduttore andò a trovarla in ospedale una volta a settimana durante la degenza, ma non espresse mai parole di rimorso o di supporto. Anche dal punto di vista economico, l’aiuto fu minimo. “Non mi ha detto niente”, ha dichiarato Dora in un’intervista, sottolineando come il conduttore abbia poi continuato la sua carriera televisiva, scegliendo una nuova valletta per sostituirla. “Io non potevo più fare tante cose, non parlavo, non camminavo, che andavo a fare in tv, il barattolo?”. Al contrario, altre figure del mondo dello spettacolo le furono vicine. In particolare, Barbara D’Urso, che l’aiutò in diverse occasioni. Anche Donatella Rettore e Mara Venier le dimostrarono solidarietà, almeno in una prima fase della sua convalescenza.

    La lotta per la riabilitazione e il ritorno alla musica

    Dora Moroni non si è mai arresa. Grazie alla madre, che studiò discipline orientali per aiutarla nella riabilitazione, riuscì a recuperare parzialmente la parola e a camminare con fatica. Ogni giorno, con enorme sforzo, faceva esercizi di logopedia per riacquistare la capacità di esprimersi.

    Dopo tre anni, tornò a cantare, anche se non con il successo di un tempo. “Quando canto, la voce non si spezza”, racconta con emozione. La sua carriera, purtroppo, non poté mai raggiungere gli stessi livelli di notorietà che aveva prima dell’incidente.

    La visione dell’aldilà e la serenità

    Durante il coma, Dora racconta di aver vissuto un’esperienza fuori dal comune. “Mi trovavo in un luogo bellissimo, un prato verde circondato da alberi bianchi e alti, come cipressi. C’era tanta luce e un senso di pace assoluta”. Per questo, oggi, non ha paura della morte, anzi la considera una nuova dimensione della vita, senza dolore e senza preoccupazioni.

    Tra difficoltà e resilienza: la vita attuale

    Oggi Dora Moroni ha 70 anni e convive con problemi di salute cronici, tra cui il dolore alla schiena e la difficoltà a camminare. “Mi stanco presto, mi siedo e poi riparto”, racconta. Si sposta per la città con una motoretta elettrica a quattro ruote e vive circondata dall’affetto del figlio Alfredo e dei suoi due gatti, Alfred e Marti.

    L’amore

    Dal punto di vista sentimentale, dopo il matrimonio e la separazione con il collega Christian, non ha più cercato l’amore. “Non è facile trovare un uomo che mi stia accanto con tutti i miei problemi di salute”. Nonostante tutto, Dora Moroni non ha rancori, né verso Corrado né verso il destino. “Forse in una vita passata sono stata molto cattiva, devo espiare i miei peccati. Ma ho avuto la fortuna di vedere cosa c’è dall’altra parte, e questo mi dà serenità”.

    Avanti con un sorriso

    La storia di Dora Moroni è quella di una donna che ha affrontato un destino crudele con forza e dignità. Non ha mai ricevuto le scuse di Corrado, non ha mai avuto risarcimenti, ma ha trovato in altre persone il sostegno di cui aveva bisogno. Oggi, pur tra le difficoltà, continua a vivere con un sorriso, ricordando il passato con nostalgia ma senza rimpianti. “Vorrei cantare come Giorgia o, almeno, poter cantare bene come prima dell’incidente”. E forse, tra tutte le cose perse, questa è quella che le manca di più.

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      Come ti sistemo gli haters: Elena Santarelli risponde alle critiche con intelligenza, l’arma più potente

      Elena Santarelli, 43 anni, è finita al centro di una bufera social per aver condiviso una foto in costume su Instagram. Le critiche, sfociate in bodyshaming, non si sono fatte attendere. Ma la sua risposta ha riportato al centro il valore dell’autenticità e della solidarietà femminile. Una replica che insegna ad amare il proprio corpo, difendendo la bellezza reale e lanciando un messaggio potente contro la cultura dell’apparenza.

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        Basta poco, sui social, per scatenare una tempesta. In questo caso, è stata una semplice foto in costume intero bordeaux, elegante ma sobria, a trasformarsi nel pretesto per un’ondata di odio gratuito. Elena Santarelli è stata bersagliata da commenti pesanti come: “Sei anoressica”, “Meglio se ti copri”, “Cos’hai sull’addome?”.

        La stupidità è cieca

        Gli attacchi non si sono limitati alla forma fisica, ma hanno toccato anche il vissuto personale della showgirl, sminuendo la sua figura di donna forte e sensibile. In particolare, un utente ha scritto: “Era la più bella… questa foto parla di anoressia, un vero peccato”, evidenziando la tossicità di certi standard estetici irraggiungibili.

        La realtà dietro l’immagine: diastasi addominale e maternità

        Molti dei commenti hanno criticato l’aspetto dell’addome, ignorando che potrebbe trattarsi semplicemente di diastasi addominale, una condizione comune tra le donne dopo una gravidanza. Un cambiamento naturale e fisiologico che non dovrebbe mai diventare motivo di vergogna. Questo episodio riapre il dibattito su quanto sia pericolosa la pressione estetica, soprattutto per le donne che hanno vissuto la maternità. Il corpo cambia, ma non perde valore. Anzi, racconta una storia: di vita, di amore, di forza.

        La risposta della Santarelli: “Siamo donne, non nemiche”

        Elena non ha scelto il silenzio. Ha risposto con intelligenza e determinazione, puntando il dito contro un meccanismo crudele: “Spesso le peggiori critiche arrivano da altre donne”. Un’osservazione amara ma vera, che mette in luce quanto sia urgente ristabilire un clima di solidarietà femminile, anziché alimentare competizione e giudizi. Nonostante gli insulti, la Santarelli ha ricevuto anche moltissimi messaggi di supporto, da chi ha riconosciuto il coraggio di mostrarsi senza filtri. Molti utenti hanno apprezzato la scelta di non ritoccare lo scatto, difendendo il diritto di ogni donna a sentirsi bella nel proprio corpo, anche con qualche segno del tempo.

        Perché la bellezza autentica fa ancora paura?

        Il caso di Elena Santarelli dimostra quanto sia ancora difficile accettare una bellezza imperfetta, vera, fuori dai canoni irreali imposti dai media. Mostrare un corpo che non rispecchia i cliché della perfezione diventa un atto rivoluzionario. Nel 2025, in un’epoca di consapevolezza e inclusività, il bodyshaming dovrebbe essere un retaggio del passato. Eppure, continua a colpire duramente, soprattutto chi ha il coraggio di esporsi con sincerità.

        Esempio di forza e verità

        La Santarelli è riuscita a trasformato un attacco personale in un messaggio collettivo: accettarsi è un atto d’amore. Per sé, per le altre donne, per le generazioni che verranno. La sua vicenda è un invito a non sottomettersi alla violenza verbale dei social, ma a rispondere con dignità, consapevolezza e rispetto per il proprio corpo.

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          A breve all’altare, Francesco Montanari racconta la sua idea rivoluzionaria di amore

          L’attore, che tutti ricordano in Romanzo Criminale, si prepara a dire “sì” alla psicologa Federica Sorino, sua compagna da quattro anni. Il matrimonio, previsto per il 14 giugno in Puglia, è il punto di arrivo (e di partenza) di una relazione costruita sulla fragilità condivisa, sulla volontà quotidiana di scegliersi e sull’equilibrio tra vita privata e lavoro. In una intervista a Vanity Fair, l’attore riflette sull’amore maturo, sulla mascolinità e sull’importanza di mostrarsi vulnerabili.

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            Volto amatissimo del teatro e del piccolo schermo, si racconta senza filtri. Il momento è speciale: il 14 giugno sposerà la sua compagna Federica Sorino, psicologa, in una masseria in Puglia, terra delle origini della nonna di lei. “Ci siamo conosciuti grazie a un appuntamento al buio. Il primo incontro andò malissimo. Ma ci siamo rincontrati per caso in un ristorante e lì è iniziato tutto”, racconta l’attore romano. Quattro anni dopo, una proposta semplice ma intensa: «Era il 25 agosto, 40 gradi, lei distrutta sul divano. Io le ho chiesto:

            “Tu che programmi hai per i prossimi 50 anni?”». Una frase che, più che una battuta, è diventata promessa.

            La forza della fragilità

            Per Montanari, oggi quarantenne, l’amore non è più tempesta, ma scelta quotidiana. «Ho capito che funziona solo se ogni giorno scegli di esserci. Non per dovere, ma per desiderio. L’amore è cura, non possesso». Con Federica ha scoperto l’importanza di lasciarsi vedere davvero: «Per anni ho pensato che mostrarmi fragile fosse un limite. Poi ho capito che non serve essere un caterpillar. Serve essere veri».

            Federica, lo specchio che non giudica

            Il fatto che Federica sia lontana dal mondo dello spettacolo è, secondo Montanari, un dono. «All’inizio pensavo: magari uno psicologo può aiutarti anche nella relazione. Poi ho scoperto che no, anche lei si lascia coinvolgere come tutti. Ma ha uno sguardo limpido, e mi ricorda che non bisogna restare incastrati nella fatica». Quella tra i due è una relazione di equilibrio, in cui si è imparato a separare i ruoli:

            «Prima non volevo mai staccare dal lavoro. Ora so che serve. Non solo per la coppia, ma anche per l’arte».

            L’uomo oggi? In crisi, ma con speranza

            Montanari affronta anche un tema attuale: la mascolinità contemporanea. Nella recente serie Maschi veri interpreta un uomo immerso in una “normalità” maschilista, spesso invisibile. «Non raccontiamo mostri, ma dinamiche quotidiane. È lì che si annida la tossicità. Anche io, recitando, ho riconosciuto cose che ho fatto. Osservare, commentare: sembrano gesti innocui, ma formano una cultura». Lui stesso ammette:

            «Gli uomini non hanno più uno schema. Il vecchio modello non funziona, ma il nuovo ancora non c’è. Serve coraggio per riscriversi».

            Teatro, cinema, e la libertà di non sapere tutto

            Montanari è oggi diviso tra palcoscenico, set e scrittura. Sta lavorando al suo primo film da regista: «Non so se farò questo mestiere per sempre, ma questa storia voglio raccontarla». Dopo anni in cui il lavoro veniva prima di tutto, ora cerca un equilibrio. «Trovare giustificazioni per anteporre il lavoro è facile. Ma ti lascia inquieto. Federica mi ha insegnato a dire le cose. A parlare, a non lasciare le emozioni nel limbo».

            Un amore senza filtri, come la vita vera

            Il matrimonio con Federica non è l’happy ending da favola, ma il nuovo inizio di una storia reale, fatta di quotidianità e di scelte condivise. «L’ho amata da subito, ma oggi la scelgo ogni giorno», conclude Montanari. In un tempo in cui tutto è “scrollabile”, lui sceglie di fermarsi, guardare in faccia la vita. E dire “sì”.

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              Basta con l’alcol, faceva male a chi mi vuole bene: i buoni propositi di Mauro Corona

              L’opinionista a “Verissimo”: “Sono in cura da due mesi per il vino, alcool è tragico”. Dalla Toffanin Mauro Corona confessa la dipendenza dal vino, i processi subiti, il percorso di cura iniziato dopo la sospensione della patente. “Ho smesso perché facevo male a chi mi voleva bene”.

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                Ospite di Verissimo, Mauro Corona, noto alpinista, scrittore e opinionista di È Sempre Cartabianca, ha aperto il suo cuore parlando della sua battaglia contro l’alcol. “Sono in cura da due mesi per il vino – ha spiegato – dico vino perché è poetico, alcool è tragico”. Un modo delicato per raccontare un dramma personale che per anni ha segnato la sua vita e le sue relazioni.

                Ha perduto la patente

                Corona ha rivelato di aver perso la patente proprio a causa dell’alcol e che quella sospensione è stata il vero punto di svolta: “Non guido da due mesi. È stato difficile, ma non tanto per l’astinenza fisica, quanto per la mancanza di allegria e della compagnia degli amici. Dopo una scalata si andava a bere qualcosa, ora invece ho detto stop, e stop è stato”.

                I processi e gli eccessi: “Vedevo il demonio”

                Parlando senza filtri, Corona ha ripercorso gli episodi più bui del suo passato, causati dalle cosiddette “bevute strane”. Non tutte, racconta, erano caratterizzate da violenza o eccessi: alcune erano tranquille, ma altre degeneravano. “Mi succedeva di vedere il demonio e fare terra bruciata intorno a me”, ha ammesso.

                Le ripercussioni legali

                A causa di questi comportamenti, negli anni Mauro Corona ha dovuto affrontare numerosi problemi legali: “Ho avuto tanti processi: ubriachezza molesta, interruzione di funzione religiosa, turpiloquio in luogo sacro, sequestro di persona… E anche offese a gente che mi voleva bene”. Un elenco doloroso che testimonia quanto la dipendenza avesse preso il sopravvento su di lui.

                La decisione di smettere: “Facevo male a chi mi amava”

                Nonostante le cadute e i momenti difficili, Corona ha trovato la forza di cambiare. “Ho smesso di bere perché facevo del male a chi mi voleva bene”, ha raccontato commosso. Una scelta difficile ma necessaria, maturata non per obbligo esterno, ma per un profondo senso di responsabilità verso le persone care. Il percorso di cura intrapreso da Mauro non è semplice: rinunciare a quello che per anni è stato un rifugio richiede costanza e forza di volontà. Ma, come ha sottolineato lui stesso, la consapevolezza di poter ferire gli altri è stata più forte di qualsiasi richiamo all’alcol.

                Un nuovo capitolo

                Con la sua testimonianza a Verissimo, Mauro Corona non solo ha raccontato la sua personale battaglia, ma ha anche lanciato un messaggio di speranza: è possibile rialzarsi, è possibile riprendersi la propria vita. Con la sua schiettezza, ancora una volta, ha mostrato che anche gli uomini più forti e apparentemente indistruttibili devono, a volte, fermarsi e chiedere aiuto.

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