Cronaca
Caso Gintoneria, la figlia di Wanna Marchi e Davide Lacerenza si avvalgono della facoltà di non rispondere
Stefania Nobile e Davide Lacerenza restano in silenzio davanti ai magistrati, mentre nuove testimonianze confermano il giro di prostituzione e droga alla Gintoneria. Il locale è stato sequestrato, emergono sospetti su legami con la criminalità romana.

Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, scegliendo il silenzio davanti alla gip Alessandra Di Fazio. È questa la linea adottata da Stefania Nobile e Davide Lacerenza nel corso dell’interrogatorio dopo la misura cautelare degli arresti domiciliari, eseguita il 4 marzo nell’ambito dell’inchiesta sulla Gintoneria di Milano. Un’indagine che ha già portato alla luce un presunto giro di prostituzione e droga tra le mura del locale, con testimonianze che sembrano confermare il quadro accusatorio.
L’avvocato Liborio Cataliotti, difensore di Nobile, aveva anticipato la decisione di non rispondere alle domande dei magistrati e ha spiegato che presenterà istanza al Riesame per chiedere la revoca della misura cautelare per la sua assistita. Nessuna richiesta in tal senso, invece, per Lacerenza. Il legale ha dichiarato ai cronisti che la strategia difensiva non implica un’opposizione all’inchiesta, ma piuttosto la necessità di esaminare a fondo gli atti prima di prendere una posizione. “Abbiamo la massima fiducia e il massimo rispetto per questa indagine, sia nei confronti della Procura sia della Guardia di Finanza”, ha detto Cataliotti, aggiungendo che i suoi assistiti “oggi hanno preso atto delle accuse” ma senza ancora conoscerne il dettaglio probatorio.
L’inchiesta, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Gdf di Milano sotto il coordinamento della pm Francesca Crupi, si regge su una serie di testimonianze dirette, in particolare quelle delle giovani che lavoravano alla Gintoneria e nel privé La Malmaison. Secondo quanto emerso, le ragazze sarebbero state parte di un sistema ben strutturato: alcune si rapportavano direttamente con i clienti all’interno del locale, altre venivano chiamate appositamente per soddisfare richieste particolari. Un “pacchetto completo” che, stando alle accuse, prevedeva bottiglie di pregio, cocaina ed escort.
I verbali raccolti dagli inquirenti descrivono un meccanismo consolidato in cui Lacerenza avrebbe gestito i rapporti con le ragazze – arrivando anche a richiedere rapporti personali come “test” prima di proporle ai clienti – mentre Nobile si occupava della parte finanziaria, assicurandosi che i guadagni venissero incassati e redistribuiti. Anche alcuni dipendenti della Gintoneria sono stati ascoltati dagli investigatori e hanno confermato l’esistenza di un’organizzazione che andava oltre la semplice gestione di un locale notturno.
Le accuse contro i due imprenditori si sono ulteriormente aggravate negli ultimi giorni con nuove audizioni che hanno confermato il presunto sistema di sfruttamento della prostituzione. Le ragazze hanno ribadito che dietro la facciata esclusiva del locale si celava un vero e proprio mercato di incontri e droga, regolato da precise dinamiche interne. Le dichiarazioni delle testimoni sono state integrate con ulteriori riscontri, tra cui intercettazioni telefoniche e chat acquisite nel corso delle indagini.
Ma non è solo la prostituzione a preoccupare gli inquirenti. Negli atti dell’indagine è comparso anche il nome del clan dei Casamonica, una delle organizzazioni criminali più potenti della Capitale. In alcuni video pubblicati sui social dallo stesso Lacerenza e dai suoi sodali, tra cui Filippo Romeo, alias Filippo Champagne, si sentono riferimenti espliciti a legami con il clan romano. In una clip, Lacerenza dedica un brindisi a diversi esponenti della famiglia Casamonica, salutandoli con una promessa piuttosto inquietante: “Un giorno arriviamo a Roma e facciamo il manicomio”.
Questi legami sospetti hanno acceso un nuovo faro investigativo: la Gintoneria aveva contatti diretti con la criminalità organizzata? Per ora non ci sono elementi che lo dimostrino in modo inequivocabile, ma il sospetto che il locale potesse essere più di un semplice ritrovo per la movida milanese è sempre più forte.
La gip Alessandra Di Fazio ha convalidato il sequestro preventivo d’urgenza del locale e del privé La Malmaison per evitare che possano essere riaperti sotto la gestione di prestanome. Gli spazi, situati in via Napo Torriani, nel cuore della movida di Milano, erano ormai diventati il centro di un’inchiesta che ha messo in luce sfruttamento della prostituzione, spaccio di droga e autoriciclaggio.
Lacerenza, noto nel mondo della ristorazione milanese e con qualche piccolo precedente alle spalle, è da tempo legato a Stefania Nobile, sua ex compagna e attuale socia in affari. Il nome della figlia di Wanna Marchi non è certo nuovo alle cronache giudiziarie: in passato è stata coinvolta insieme alla madre nel noto scandalo delle televendite truffaldine, che le è costato una condanna definitiva per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata.
Oggi, il suo nome torna al centro di un’indagine che potrebbe rivelarsi ancora più pesante. Con il sequestro del locale e le accuse di sfruttamento della prostituzione e spaccio, l’inchiesta sulla Gintoneria potrebbe essere solo all’inizio. Le autorità stanno analizzando flussi di denaro e possibili connessioni con ambienti criminali, mentre nuove testimonianze potrebbero emergere nei prossimi giorni.
La difesa di Stefania Nobile ha già annunciato che chiederà la revoca dei domiciliari, ma gli elementi raccolti dagli inquirenti sembrano solidi. Resta da capire se le indagini porteranno a ulteriori sviluppi o se, come spesso accade in questi casi, qualcuno cercherà di insabbiare tutto.
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Cronaca Nera
L’estate calda dei “casi freddi”. Dopo Garlasco, si riapre anche il mistero McCann: ritrovati frammenti di vestiti e ossa.
Un’area di 50 ettari setacciata da investigatori portoghesi e tedeschi riaccende le speranze: i reperti saranno ora analizzati nei laboratori. L’obiettivo è trovare la prova definitiva contro Christian Brueckner

A diciott’anni dalla scomparsa della piccola Madeleine McCann, qualcosa finalmente si muove. Dopo l’improvvisa riapertura del caso Poggi a Garlasco, un altro cold case si riaccende sotto il sole di giugno. E stavolta siamo in Portogallo, precisamente nella regione dell’Algarve, vicino a Lagos. È lì, a circa 30 miglia dal luogo dove Madeleine svanì nel nulla nel maggio del 2007, che nei giorni scorsi una squadra mista di investigatori tedeschi e portoghesi ha concluso una nuova perquisizione. Una tre giorni di ricerche intense che, inizialmente, sembravano non aver portato a nulla. Ma ora emerge un dettaglio inquietante: sono stati trovati frammenti di vestiti e resti ossei.
Una notizia che, se confermata dalle analisi in corso, potrebbe dare una svolta decisiva all’indagine più seguita e discussa degli ultimi decenni. Madeleine McCann, tre anni appena, era in vacanza con i genitori nel resort Praia da Luz quando sparì dal lettino in cui dormiva. Da allora, ipotesi, avvistamenti, depistaggi e teorie complottiste si sono susseguite senza tregua. Ma di prove, nessuna. E soprattutto: del corpo della bambina, mai traccia.
Ora però qualcosa sembra cambiare. Secondo quanto riportato dalla Cnn Portugal, “durante la perquisizione sono stati sequestrati diversi oggetti che saranno ulteriormente esaminati dalla polizia tedesca”. Oggetti che comprenderebbero anche “campioni di vestiti e ossa”, come riportato anche dal quotidiano Correio da Manhã. Gli inquirenti, per il momento, mantengono il più stretto riserbo. Ma fonti vicine all’indagine confermano che “i materiali saranno ora analizzati attentamente nel laboratorio della polizia per valutarne la potenziale rilevanza ai fini delle indagini”.
Il sospettato numero uno resta sempre lui: Christian Brueckner, cittadino tedesco già detenuto in Germania per reati sessuali, incluso l’abuso su minori. All’epoca della sparizione, Brueckner viveva non lontano dal resort della famiglia McCann. Da anni gli inquirenti tedeschi cercano di incastrarlo, ma senza mai trovare una prova inconfutabile. Potrebbero essere proprio questi frammenti a segnare il punto di svolta.
Secondo quanto riferito dai media lusitani, l’intera area setacciata dagli investigatori la scorsa settimana — circa 50 ettari di territorio collinare attorno a una vecchia diga — era già stata indicata in passato come luogo potenzialmente interessante. Ma solo oggi, con l’ausilio di nuove tecnologie e la pressione crescente della magistratura tedesca, si è deciso di intervenire in modo più sistematico. Una fonte investigativa ha dichiarato: “Non possiamo confermare ufficialmente la correlazione con Madeleine, ma è chiaro che questa è la nostra speranza”.
Una speranza che tiene col fiato sospeso non solo i genitori della piccola, ma milioni di persone che da anni seguono la vicenda con apprensione. Kate e Gerry McCann, che non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali dopo la notizia dei ritrovamenti, si sono detti in passato “determinati a conoscere la verità, qualunque essa sia”. Negli ultimi anni hanno più volte ribadito di voler semplicemente “sapere cosa è accaduto a Madeleine, per poter finalmente trovare pace”.
Questa nuova fase dell’inchiesta è stata condotta in stretta collaborazione con l’autorità giudiziaria tedesca, che da tempo coordina il fascicolo contro Brueckner. Le autorità tedesche credono che Madeleine sia stata uccisa poco dopo il rapimento, e Brueckner — attualmente in carcere per altri crimini — sarebbe il responsabile. Ma finora, nessun corpo, nessuna prova. Solo indizi e testimonianze, spesso contraddittorie.
Resta da capire se i frammenti ritrovati possano davvero parlare dopo tutto questo tempo. Gli esami in laboratorio inizieranno in settimana, ma i risultati — avvertono gli inquirenti — non saranno immediati. L’obiettivo è isolare tracce di Dna compatibile con quello della bambina, o identificare elementi riconducibili alla sua scomparsa.
Nel frattempo, sul caso si sono riaccesi anche i riflettori mediatici. In Germania, Gran Bretagna e Portogallo i principali quotidiani hanno rilanciato la notizia con grande evidenza. E in Italia, proprio mentre la cronaca riporta in primo piano altri cold case riaperti dopo anni di silenzio, il nome di Madeleine torna a scuotere coscienze e interrogare giustizia e opinione pubblica.
Forse, dopo diciott’anni di buio, il mistero più inquietante del nuovo millennio si prepara ad avere un epilogo. Forse.
Italia
E’ arrivata la prima ondata di caldo ma non è quella definitva
Temperature in forte aumento, città arroventate e primi temporali. Una tregua in settimana ma poi si ricomincia. L’estate bussa.

L’estate sembra davvero entrare nel vivo. Questo è il primo fine settimana rovente. Da ieri il caldo intenso si fa sentire con temperature che hanno raggiunto i 37°C, a cui si aggiunge un’afa che rende l’atmosfera opprimente, soprattutto nelle ore serali e notturne. Secondo il bollettino del Ministero della Salute, sei città italiane sono già da bollino rosso, ovvero a rischio massimo per la salute: Bolzano, Campobasso, Perugia, Rieti, Roma e Frosinone. Altre cinque sono in bollino arancione, con temperature elevate ma un rischio più contenuto: Bologna, Brescia, Firenze, Latina e Torino. Le previsioni indicano cielo sereno su gran parte del Paese, con temporali isolati solo sulle Alpi Occidentali. Ma a rendere la situazione ancora più difficile è l’umidità, che fa crescere il disagio percepito sia di giorno che di notte.
Quando arriverà un po’ di refrigerio? Domani…
Da questa sera assisteremo ai primi segnali di cambiamento. Dall’Inghilterra arriverà un vortice di aria più fresca, che provocherà forti temporali sulle Alpi, sulla parte alta della Pianura Padana e sull’Adriatico centrale. Il contrasto tra l’aria caldissima preesistente e quella più fresca in arrivo potrà generare fenomeni intensi, con raffiche di vento improvvise, rovesci e possibili grandinate. Da domani16 giugno, il peggioramento si sposterà al Nord e al Centro, con precipitazioni più diffuse, specialmente sulla Riviera Romagnola nel pomeriggio. In ogni caso, le temperature rimarranno elevate, e questa prima ondata di caldo segnerà ufficialmente l’inizio della stagione torrida.
Italia
Maria Rosaria Boccia sotto inchiesta: la laurea è vera o no?
La Guardia di Finanza ha acquisito atti e documenti per fare luce sul titolo di studio della venditrice di abiti da sposa diventata consulente. L’inchiesta è partita da una segnalazione dell’università Pegaso. Dubbi anche sulla tesi: sarebbe molto simile a quella di un’altra studentessa laureata alla Luiss

È partita da una segnalazione dell’Università Telematica Pegaso l’inchiesta che oggi coinvolge Maria Rosaria Boccia. La procura di Napoli ha aperto un fascicolo per truffa, falso in atto pubblico e plagio, ipotizzando irregolarità nel percorso accademico della donna, nota alle cronache come ex collaboratrice del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
L’indagine è condotta dai pm Ciro Capasso, Claudio Onorati e Vincenzo Piscitelli, con il supporto della Guardia di Finanza. Gli accertamenti si stanno concentrando su tre atenei: la Pegaso, dove Boccia avrebbe conseguito la laurea in Economia Aziendale; la Parthenope, presso cui risultava iscritta in precedenza; e la Luiss di Roma, che rientra nel caso per una curiosa coincidenza: una tesi molto simile a quella presentata da Boccia è stata discussa da un’altra studentessa dell’ateneo nel 2019.
La Gdf ha chiesto agli atenei documentazione completa: file digitali, esami sostenuti con relativi voti, video delle sessioni a distanza, libretti universitari, autocertificazioni e ogni altro elemento utile a ricostruire la carriera accademica della studentessa. Particolare attenzione è rivolta al passaggio tra la Parthenope e la Pegaso: gli investigatori vogliono capire se l’autocertificazione con cui Boccia ha dichiarato gli esami già svolti fosse veritiera.
Ma a far esplodere il caso sarebbe stata proprio la tesi finale. Un lavoro accademico su cui l’università Pegaso ha avviato già da settembre un’istruttoria interna, dopo che alcuni dubbi erano stati sollevati da un’inchiesta giornalistica. L’ateneo ha comunicato di aver agito “nel pieno rispetto della trasparenza e della legalità”, e ha confermato di essere parte lesa nel procedimento.
Il sospetto degli inquirenti è che la tesi possa essere stata in larga parte copiata da un’altra, discussa alla Luiss sei anni fa. A confermarlo potrebbe essere un’analisi con software antiplagio già in uso in molte università italiane. Se le analogie saranno confermate, il reato di plagio si aggiungerà al quadro, aggravando ulteriormente la posizione della Boccia.
Per ora la diretta interessata non ha rilasciato dichiarazioni. Ma il caso è destinato ad avere conseguenze anche fuori dall’aula di tribunale, soprattutto per i legami politici e istituzionali che la donna aveva coltivato negli ultimi anni. E resta aperta la domanda più semplice e più spinosa: quella laurea, c’è davvero?
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