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Gossip

Alessandro Borghese: «Ho un figlio che non ho mai incontrato, ma lo mantengo. Wilma? Sposata in sei mesi»

Nato a San Francisco, cresciuto tra Roma e il mondo, Borghese si è stabilito a Milano “per amore di Wilma”. Il successo, la paternità a sorpresa, la vita da marinaio e quel giorno in cui ha rischiato di morire su una zattera. Oggi è padre geloso, marito devoto e conduttore di una delle trasmissioni più amate della tv.

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    Alessandro Borghese è figlio del mondo, ma con radici ben piantate nel cuore. Nato a San Francisco, ha vissuto a Roma, Parigi, Londra, New York e oggi si è stabilito a Milano, città che considera “l’unica in cui riesco a essere davvero puntuale”. Romano nel cuore, milanese per amore, come confessa lui stesso in una lunga intervista a Il Giorno. E proprio l’amore è il filo rosso che unisce la sua vita privata a quella professionale, fatta di viaggi, cucine, navi e scelte improvvise.

    «Sono romanissimo sotto tanti punti di vista, ma ho un’attitudine milanese», racconta lo chef, oggi volto amatissimo del programma 4 Ristoranti, appena arrivato alla decima stagione. Dietro il sorriso e la parlantina, si nasconde un uomo che ha attraversato mari in tempesta, letteralmente: «Sulle navi ho fatto la mia università gastronomica galleggiante. Ho passato tre anni a bordo, ho girato il mondo, ho conosciuto culture e cucine. Mi sono anche divertito, ma ho rischiato la vita».

    Il riferimento è all’incendio scoppiato sulla nave Achille Lauro, dove Borghese era imbarcato come cuoco: «Tre giorni e tre notti su un canotto. È stata durissima». Poi il ritorno a casa e la svolta. La televisione lo corteggia, il pubblico lo acclama, lui trova una dimensione nuova, senza rinnegare mai le origini umili del suo lavoro.

    E trova anche l’amore. Quello con Wilma Oliverio, conosciuta a Milano nel modo più inaspettato. «Ero lì per un’intervista. Chi mi doveva intervistare si chiamava Wilma. Un nome che mi incuriosiva, sembrava antico. Ma quando l’ho vista… be’, Wilma non era affatto antica». Scatta qualcosa subito, qualcosa di raro. Dopo sei mesi, senza tentennamenti, la sposa. Sono passati diciassette anni da allora. Insieme hanno due figlie: Arizona, nata nel 2012, e Alexandra, nel 2016.

    «Sono un padre gelosissimo, ma mi do i pizzicotti per stare zitto», confessa. Niente divieti, solo la consapevolezza che crescerle libere è più difficile — ma anche più giusto — che proteggerle a ogni costo.

    Poi, quasi con naturalezza, racconta una parte più complicata della sua storia. Quella che non tutti conoscono.
    «Ho anche un figlio di 19 anni», dice. «Non è un segreto. Ho saputo di essere padre molto tempo dopo la sua nascita. L’ho riconosciuto e sono tuttora un puntuale sostenitore. Non ho avuto modo di conoscerlo. L’ho visto su Internet».

    Poche parole, senza retorica. Nessuna polemica, solo una constatazione: essere padre non è sempre semplice. Ma è un impegno che non si può evitare. Anche a distanza, anche senza incontri. Anche senza abbracci. È uno dei momenti più toccanti dell’intervista, forse quello che più colpisce perché arriva senza enfasi. Solo con verità.

    Alessandro Borghese è così: generoso, impulsivo, un po’ rock’n’roll, ma con una bussola etica che tiene sempre puntata verso la responsabilità. E se in cucina è maestro di improvvisazione, nella vita ha imparato a lasciarsi guidare dall’istinto — che, a ben vedere, non ha mai sbagliato.

    Dal fuoco della nave al fuoco dei fornelli, da San Francisco a Milano, da padre in silenzio a padre presente, anche solo con un bonifico. Oggi racconta tutto con lo stile che lo ha reso famoso: diretto, caloroso, umano. E sotto il cappello da chef, c’è uno che sa bene quanto costa essere se stessi. E quanto ne valga la pena.

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      Gossip

      Lory Del Santo e la filosofia da sponda del fiume: tra introspezione social e metafore esistenziali, il nuovo pensiero profondo

      «Stare seduti e aspettare che passi qualcosa di interessante… oppure andare a cercare… io sono sulla sponda del fiume e devo prendere la decisione». Con queste parole Lory Del Santo si lancia in una riflessione spiritual-motivazionale che accende curiosità, ironia e qualche meme. La diva sceglie il pensiero filosofico, il pubblico sceglie l’interpretazione.

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        Nella selva di contenuti social quotidiani, Lory Del Santo ha optato per una deviazione esistenziale. «Stare seduti e aspettare che passi qualcosa di interessante… oppure andare a cercare… io sono sulla sponda del fiume e devo prendere la decisione». Non è una citazione orientale, non è un verso ritrovato: è la sua personale meditazione, condivisa con il tono di chi si affaccia sul mistero dell’esistenza. E nel meraviglioso mondo dei social, il risultato è stato immediato: applausi, perplessità e qualche sorriso trattenuto. Perché in fondo, Lory resta un personaggio capace di sorprenderti quando pensi di aver capito la sua traiettoria.

        Tra zen pop e auto-psicologia
        C’è chi l’ha letta come una chiamata all’azione (“alza-ti-e-vai”), chi come un invito alla contemplazione (“la vita scorre, sii acqua, amico mio”), e chi ha apprezzato lo stile “zen pop” di chi guarda l’orizzonte e parla di fiumi interiori. Del Santo, in questa versione guru post-televisiva, sceglie l’immagine della sponda: né qui né là, sospesa tra passività e coraggio. Un piccolo monologo esistenziale che, volendo, ha pure un suo fascino cinematografico. In alternativa, si può anche leggerlo così: è il ritorno della filosofia casalinga che tutti, almeno una volta, abbiamo pronunciato davanti a un caffè e a un lunedì stanco.

        Il pubblico? Tra cuori e ironia
        Il bello di Lory è che prende la scena senza paura di prendersi sul serio. Il pubblico, come sempre, risponde a modo suo: c’è chi applaude la profondità, chi ne apprezza l’ingenuità poetica e chi esporta la frase in modalità meme motivazionale. Ma è questo il gioco: Lory Del Santo attraversa epoche televisive, stili e piattaforme con un tratto comune — essere sé stessa, al di là di registri e contesti. Un po’ diva, un po’ narratrice interiore, un po’ personaggio consapevole del proprio mito.

        Sul fiume, per ora, resta seduta. Ma intanto ha già fatto muovere le acque della conversazione. E forse, per lei, era quello il punto.

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          Reali

          Meghan Markle, da duchessa a “dea dell’home décor”: con As Ever lancia due candele (a 64 dollari) e racconta l’amore

          Meghan Markle svela i primi prodotti della sua linea As Ever: due candele dalla poetica domestica che celebrano matrimonio e compleanno attraverso numeri simbolici. L’effetto? Tra casa profumata e storytelling sentimentale, la duchessa guarda al mercato luxury — e ai fan disposti a spendere 64 dollari per un ricordo aromatizzato.

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            Lontana dai corridoi reali ma non dalle luci dei riflettori, Meghan Markle torna a far parlare di sé. Questa volta non per documentari esplosivi o accuse velate, ma per due candele profumate. Sì, proprio così. Con il marchio As Ever, la duchessa del Sussex inaugura la sua nuova vita imprenditoriale partendo dall’oggetto-simbolo della casa perfetta: la candela aromatica. Due modelli, due narrazioni intime, molto pathos e una promessa di “esperienza olfattiva emozionale”. Il tutto racchiuso in una confezione curata e in un prezzo che non passa inosservato: 64 dollari. Per alcuni, poesia domestica; per altri, una rentrée da casalinga disperata versione Montecito.

            Numeri, ricordi e messaggi velati
            Il concept è semplice: ogni candela porta un numero e un significato affettivo. La Signature Candle No. 519 richiama il 19 maggio, la data del matrimonio reale con Harry, descritta come simbolo di “amore a prima vista”. La No. 084 richiama invece il 4 agosto, giorno del compleanno di Meghan, e celebra “rinascita e gioia personale”. Insomma, la fiamma della memoria. Niente arditi esperimenti olfattivi, niente botanica segreta: qui il focus è puro storytelling. E se il mercato del profumo di lusso vive di narrazioni, Meghan sceglie l’autobiografia aromatizzata. C’è chi lo chiama branding emotivo, chi operazione nostalgia profumata.

            Tra business e realtà (post-royal)
            Nel panorama delle celebrity-preneurs, Meghan sceglie la via slow, morbida, familiare. Non creme miracolose, non lezioni di stile, ma candele. Scelta rassicurante, quasi domestica, in evidente contrasto con i clamori degli ultimi anni. Eppure, la semplicità del prodotto non annulla la strategia: la duchessa punta al pubblico che sogna lifestyle californiano, ritualità del benessere e piccoli lussi quotidiani. Un percorso che potrebbe continuare tra tè, porcellane, tessuti e atmosfere da cottage chic.

            Per ora, tutto parte da due candele e da un messaggio molto chiaro: rinascere è possibile, anche con un fiammifero e un profumo di casa nuova. Resta solo da capire se il pubblico rimarrà incantato… o se la fiammella rischia di spegnersi alla prima corrente d’aria social.

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              Gossip

              Katy Perry e Justin Trudeau, coppia (quasi) ufficiale: tra luci rosse e champagne al Crazy Horse

              Katy Perry ha scelto il Crazy Horse di Parigi per festeggiare i 41 anni. Accanto a lei, Justin Trudeau, elegante e rilassato, con cui sembra ormai formare una coppia vera. Un’uscita pubblica che conferma un legame già chiacchierato, vissuto lontano dai flash ma non più negato.

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              Katy Perry e Justin Trudeau

                Quando si dice “fare outing di coppia” nel modo più spettacolare possibile. Katy Perry e Justin Trudeau hanno scelto il Crazy Horse, il più celebre locale di strip-tease parigino, per celebrare i 41 anni della popstar. Tavolo discreto, brindisi riservato e un’atmosfera volutamente ironica: la cantante, in un abito rosso lungo e castigato (per i suoi standard), e l’ex premier canadese, in completo scuro impeccabile, si sono goduti lo spettacolo tra sguardi complici e sorrisi trattenuti. Pochi avventori li hanno riconosciuti, ma la notizia si è diffusa in un lampo: a Parigi, nulla resta segreto troppo a lungo.

                Dalla politica al pop, un legame inatteso
                La voce di un legame tra i due circolava da mesi, ma nessuno aveva ancora assistito a una loro uscita pubblica. Eppure, visti insieme, sembrano perfettamente a loro agio. Lei, reduce dal successo di Play, il residency show di Las Vegas; lui, da poco fuori dalla politica attiva dopo anni alla guida del Canada. Il contesto scelto – un locale che ha fatto della sensualità un’arte e della discrezione un marchio – non è casuale: il Crazy Horse è simbolo di libertà e gioco, di ironia e di eleganza parigina. Un luogo dove perfino un ex capo di governo può concedersi un sorriso fuori protocollo.

                Dalla scena alla coppia, con leggerezza
                Secondo chi era presente, i due si sono comportati come una coppia affiatata ma senza ostentazioni. Nessun bacio rubato, nessuna posa costruita: solo due persone che condividono una serata speciale. Un modo raffinato per dire “sì, ci siamo”, lontano dai set fotografici e dai red carpet. E chissà che Parigi, città dell’amore e delle trasgressioni eleganti, non diventi il punto di partenza di una nuova storia che unisce la pop culture e la diplomazia dismessa.

                Dopo la serata, le luci del Crazy Horse si sono spente, ma la curiosità resta accesa. E se qualcuno ironizza sul contrasto tra popstar e politico, altri già scommettono che questa coppia così improbabile possa diventare la più chiacchierata — e irresistibile — dell’anno.

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