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Personaggi e interviste

Diavolo d’una donna: Samantha De Grenet sa come vendicarsi con stile

La showgirl Samantha De Grenet racconta a La Volta Buona un episodio clamoroso del suo passato: il tradimento subito da parte del compagno e di una cara amica, e la sua risposta lucida e spietata. Una lezione di forza e astuzia, tutta al femminile, che rivendica il diritto di non perdonare quando il cuore viene calpestato.

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    50 anni portati con grinta e fascino, ha raccontato un episodio scioccante quanto emblematico della sua vita sentimentale. Ospite di Caterina Balivo a La Volta Buona, ha parlato di un tradimento doppio: da parte del fidanzato e di una sua cara amica.

    «Più è forte l’amicizia, più è grande il dolore»

    ha confidato, ricordando la scoperta avvenuta durante una vacanza in Sardegna. Niente scenate, nessuna reazione impulsiva. Samantha è rimasta in silenzio, osservando e pianificando. E quello che ha messo in atto non è stato un semplice sfogo: è stata una vendetta meticolosa, pensata nei dettagli e, soprattutto, legale.

    Il piano perfetto: quando la vendetta ha stile

    Tornata a Milano, Samantha ha deciso di far pagare all’amica infedele il prezzo della sua slealtà. Si è finta una manager di eventi, sfruttando le sue reali conoscenze nel mondo dello spettacolo, in particolare in Germania. Ha creato un’identità fittizia, orchestrato una falsa proposta di lavoro per una sfilata internazionale, e ha fatto sì che fosse un’amica a parlare al telefono con la “rivale”.

    Il risultato? Un biglietto aereo promesso, una prima classe mai esistita, un evento fantasma, e la truffata costretta a pagare tutto di tasca propria: volo, hotel, taxi. Un’umiliazione costosa, in ogni senso. “Andare a letto con il mio fidanzato le è costato qualcosa”, ha detto con un sorriso tagliente.

    Una vendetta che diventa manifesto di autodifesa emotiva

    Questo episodio non è solo un aneddoto da talk show. Rappresenta qualcosa di più profondo: la rivendicazione del diritto alla dignità dopo un tradimento. Samantha non ha agito con rabbia cieca, ma con determinazione e lucidità. Un comportamento che molte donne oggi potrebbero interpretare come una forma di empowerment: non porgere l’altra guancia, ma reagire con intelligenza, senza violenza, senza urlare. Solo con stile.

    Non solo spettacolo: il messaggio universale dietro il racconto

    La storia di Samantha De Grenet ha fatto il giro del web perché racchiude una verità potente: le donne non sono più disposte a essere tradite e poi dimenticate. In un’epoca in cui la sorellanza dovrebbe essere un valore forte, il dolore per un’amicizia violata può ferire anche più dell’amore perso. Il racconto si tinge anche di mistero: chi è la donna dello spettacolo coinvolta? La showgirl non lo rivela, ma lascia intendere che si tratti di qualcuno noto al pubblico. Un’altra prova del suo stile: colpire senza mai perdere classe.

    Icona di resilienza e astuzia

    A cinquant’anni, la De Grenet si conferma una donna che non ha bisogno di urlare per essere ascoltata. Il suo racconto è diventato virale perché rappresenta ciò che molte donne pensano ma non osano dire: chi ferisce il cuore altrui, deve mettere in conto le relative conseguenze…

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      Personaggi e interviste

      Nasce “La Voce di Iris”, la onlus fondata da Fabrizia De Andrè per aiutare donne e bambini: “Cantare per chi non ha voce”

      Dal CADOM di Monza alla rete umanitaria Supermarket23 all’Avana: il primo progetto benefico si finanzia con un CD in cui Fabrizia De Andrè interpreta due brani di Bebe. E presto arriverà anche un inedito.

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        C’è un fiore che sboccia in mezzo al rumore del mondo. Si chiama Iris ed è il simbolo scelto da Fabrizia De Andrè per dare forma a un progetto di amore concreto, un gesto musicale che si fa solidarietà. Così nasce “La Voce di Iris”, nuova onlus fondata dalla nipote del grande Fabrizio De Andrè, con l’obiettivo di aiutare donne e bambini che vivono in condizioni di fragilità, sia in Italia che all’estero.

        Dietro al nome poetico si nasconde un’idea molto chiara: usare la musica per creare connessioni, attenzione, sostegno reale. «Per molti anni offrire aiuto è stato anche un modo per non doverlo chiedere. Con la nascita di mio figlio questo impulso ha preso una forma nuova, più profonda», spiega Fabrizia, modella, artista e ora anche promotrice sociale.

        Le prime iniziative sostenute dall’associazione toccano due luoghi distanti ma simbolicamente vicini. Il primo è il CADOM – Centro Aiuto Donne Maltrattate di Monza, una struttura attiva da oltre trent’anni che accoglie e accompagna le donne vittime di violenza attraverso percorsi psicologici, legali e formativi. Il secondo è Supermarket23, rete solidale attiva nella zona di L’Avana, a Cuba, dove la crisi economica sta colpendo duramente le famiglie, e in particolare i bambini.

        Per raccogliere fondi in favore di queste realtà, Fabrizia ha deciso di cantare. È appena uscito un CD autoprodotto in cui reinterpreta due brani della cantautrice spagnola Bebe: Malo ed Es Por Ti. Due canzoni cariche di rabbia, dolore e resilienza. «Non l’ho fatto per brillare, ma per dare luce a situazioni che troppo spesso preferiamo non vedere», dice. Il disco sarà disponibile in occasione dell’evento inaugurale dell’associazione, l’8 luglio 2025 al GetFit Village di Milano, e anche sul sito lavocediiris-onlus.com: chi effettuerà una donazione libera riceverà il CD in omaggio.

        La musica, nella visione di Fabrizia, non è solo colonna sonora: è strumento di partecipazione. È il linguaggio che può unire mondi diversi e portare attenzione dove c’è silenzio. Non a caso il progetto prende il nome da un fiore, l’iris, simbolo di speranza e fiducia. E non è un caso che a ispirarla sia stato il nonno, Fabrizio De Andrè, che nella sua carriera ha sempre dato voce agli ultimi.

        Nel futuro dell’associazione c’è anche un brano inedito, attualmente in fase di scrittura, che accompagnerà le prossime campagne de La Voce di Iris. Ma già da ora è chiaro che non si tratterà solo di beneficenza: sarà un atto di cura, un ponte tra emozione e impegno.

        Perché ci sono fiori che crescono ovunque, anche tra le crepe del disagio. Basta saperli ascoltare.

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          Perfetti solo in posa: la verità filtrata secondo Aurora Ramazzotti… e i social che ci ingannano

          La “Ramazzottina” smaschera ancora una volta le bugie patinate dei social network. Con la solita ironia, mette a nudo il mito della perfezione, ricordandoci che ciò che vediamo online non è realtà, ma posa, filtro e strategia. E mentre continuiamo a scrollare, dimentichiamo che la vera vita… non si ritocca.

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            Benvenuti nel meraviglioso mondo di Instagram, dove nessuno suda, nessuno ha un brufolo e tutti sono sempre in vacanza. È questo l’universo che Aurora Ramazzotti ha deciso di smontare con un “friendly reminder”: no, non siamo tutti perfetti. Lo sembriamo. Ma solo in posa. La perfezione che vediamo ogni giorno nei feed non è altro che il risultato di luci giuste, angoli studiati e filtri furbi. È uno show permanente in cui nessuno sbaglia scatto. Semplicemente, lo scatto sbagliato non si pubblica… e il gioco è fatto.

            La dittatura del “mi piace”

            Nel nuovo millennio non contano più i voti a scuola o le strette di mano sincere. A decretare il nostro valore è un numerino sotto la foto: i like. È lì che si gioca la nostra autostima. Se piaci, vali. Se non piaci… be’, forse è il filtro sbagliato. Aurora lo sa bene. Cresciuta sotto i riflettori e bersagliata dagli haters, ha imparato presto che dietro ogni post perfetto si nasconde spesso una fragilità. Per questo continua a usare l’ironia come scudo e come lente per mostrarci quanto tutto sia distorto.

            Quando “essere veri” diventa rivoluzionario

            In un’epoca in cui il corpo naturale è diventato un atto sovversivo, Aurora prova a rimettere al centro la normalità. Non è una battaglia di Photoshop, ma una rivoluzione silenziosa fatta di smagliature, occhiaie e risate vere. Ha parlato di salute mentale, di body shaming, di pregiudizi e tabù. E lo ha fatto senza filtri, anche quando sarebbe stato più comodo tacere. Perfetta? No. Umana? Sì, e proprio per questo necessaria.

            La foto non respira (ma tu sì)

            Una fotografia congela un istante. Ma è un istante scelto, costruito, isolato dal resto. Niente respiri, niente movimento. Nessun difetto. Ma la vita vera è un flusso: ci si muove, si cambia, si sbaglia. È fatta di prospettive sbilenche e risate fuori tempo. Ecco perché confrontarsi con le immagini dei social è una trappola: non c’è verità nello scatto perfetto. C’è solo l’illusione di ciò che vorremmo essere, e che, spoiler, nessuno è davvero.

            Essere imperfetti non è un difetto: è vita vera!

            Aurora Ramazzotti ci ricorda che la vera ribellione, oggi, è mostrarsi per ciò che si è. E dirlo senza vergogna. Tra filtri ed eccessi, c’è bisogno di persone che usino i social non per mostrare una favola, ma per raccontare una realtà. Anche quando è un po’ disordinata. In fondo, la vera perfezione sta proprio nell’abbracciare ogni imperfezione. Anche se non è instagrammabile.

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              Personaggi e interviste

              Emma Marrone risponde all’hater che la invita a fare figli “alla vecchia maniera”: “Servono le ovaie che non ho”

              Emma Marrone si confessa: la difficoltà di concepire un figlio e il tabù della procreazione medicalmente assistita in Italia. Alle insinuazioni sull’adozione o sul “metodo tradizionale”, la risposta è tagliente e commovente.

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                Emma Marrone torna a parlare apertamente del suo desiderio di maternità e delle difficoltà che ha incontrato nel realizzarlo. In un’intervista rilasciata a Vanity Fair, la cantante ha raccontato il suo rapporto con un tema delicato, segnato da esperienze personali dolorose: “In Italia devo rinunciare per forza. Dovrei sottopormi alla procreazione medicalmente assistita, ma non ho un compagno e quindi non posso. E per l’adozione, senza un marito, la strada è chiusa”.

                Le dichiarazioni hanno suscitato un’ondata di solidarietà, ma anche commenti spiacevoli. Un utente su X, con toni superficiali, ha scritto: “Cara Emma Marrone, ti stimo molto ma, per fare un figlio, c’è anche la ‘vecchia maniera’, eh? Poi, se proprio vuoi diventare genitore, si può pensare anche all’adozione (ma non so se ci sono difficoltà)”.

                La risposta di Emma non si è fatta attendere ed è stata tanto tagliente quanto illuminante: “Caro tesoro bello, per la ‘vecchia maniera’ servono le ovaie che non ho. Vabbè dai, ma che te lo spiego a fare. Manco all’asilo”.

                Una battaglia personale

                Emma non ha mai nascosto il suo passato segnato dalla malattia. Già in un’intervista a Le Iene, aveva raccontato il momento drammatico in cui scoprì di avere un tumore alle ovaie. “Ero andata ad accompagnare una mia amica per una visita ginecologica. Lei mi convinse a fare un controllo, così, per scrupolo. La dottoressa cambiò espressione e da lì è stato un inferno”.

                Quella battaglia si è ripetuta più volte, fino all’intervento che le ha salvato la vita ma l’ha privata delle ovaie. “Ho affrontato tutto con coraggio, ma so cosa ho perso. E nonostante questo, trovo ancora persone che si permettono di giudicare o dare consigli non richiesti”.

                Un desiderio che resta vivo

                Nonostante le difficoltà, Emma non ha mai nascosto il suo desiderio di diventare madre, anche se le opzioni in Italia sembrano limitate. Parlando di fecondazione eterologa, ha ammesso: “Dovrei pagare e non mi sembra corretto verso tutte le donne che sono nella mia stessa situazione e non possono permetterselo. È un tema che andrebbe affrontato con più attenzione e meno giudizi”.

                Sull’adozione, la cantante ha sollevato una questione cruciale: “In Italia, se non hai un marito, l’adozione è praticamente impossibile. È una strada che tante donne single vorrebbero percorrere, ma le porte restano chiuse”.

                Un tema che divide

                La vicenda di Emma Marrone accende ancora una volta i riflettori sulle difficoltà che le donne incontrano quando si tratta di realizzare il proprio desiderio di maternità in Italia. Tra i limiti normativi, i tabù culturali e le esperienze personali dolorose, il percorso spesso si trasforma in una battaglia solitaria e complessa.

                Emma, con la sua forza e la sua schiettezza, continua a sensibilizzare l’opinione pubblica, offrendo un punto di vista sincero e toccante su un tema che riguarda tante donne, spesso silenziosamente.

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