Calcio
Napoli impazzisce per lo scudetto: centomila al Plebiscito, fuochi d’artificio e primi feriti
Dal Maradona al Lungomare, da via Chiaia ai Quartieri Spagnoli: esplode la festa azzurra per il quarto scudetto. Health point presi d’assalto, mezzi pubblici attivi tutta la notte. E il Comune invita i cittadini a “disperdersi” nelle piazze

Napoli non dorme, Napoli canta. Napoli oggi è una gigantesca curva sud a cielo aperto. Poco dopo il fischio finale, la città ha indossato il tricolore e si è lanciata in una celebrazione che ha il sapore della liberazione, dell’orgoglio e della pura follia collettiva. Il quarto scudetto è solo il pretesto: quello che conta davvero è il modo in cui viene festeggiato. E Napoli lo fa come nessun’altra.
Piazza del Plebiscito è diventata il cuore pulsante della festa: già prima della fine della partita si contavano centomila persone. Bandiere, striscioni, fumogeni, cori, lacrime e spumante. La piazza sembrava una marea azzurra, ondeggiante, densa, impaziente di esplodere. E infatti ha esploso tutto: petardi, abbracci, champagne, gioia pura.
Fuorigrotta, attorno allo stadio Maradona, era già murata dal traffico umano: migliaia e migliaia di tifosi in attesa del segnale per partire con i caroselli. Via Chiaia ha sfoggiato il suo gigantesco tricolore con il numero 4, come una bandiera di conquista che nessuno potrà ignorare. Il Lungomare, invece, ha visto brindisi su brindisi, tra bottiglie stappate e fuochi d’artificio sparati da ogni balcone.
Ma non è tutto. Perché Napoli si è preparata a questa notte da settimane. Il Comune ha schierato 1800 agenti, 1250 steward, e ha tenuto aperti i mezzi pubblici fino all’alba. Nove health point sono stati attivati in punti strategici della città per affrontare l’inevitabile: alle 22, con la partita ancora in corso, si contavano già 42 feriti, tra cui 10 in codice giallo, con cinque ricoveri ospedalieri.
La festa è dappertutto. Nei vicoli dei Quartieri Spagnoli, dove le bancarelle vendono gadget a ritmo di trombe e “Un giorno all’improvviso”. Nelle scale dei palazzi, dove anche chi è troppo anziano per scendere si affaccia e canta. Nelle auto impazzite che girano col clacson bloccato e le bandiere fuori dal finestrino.
Il Comune, travolto dal successo, ha invitato i cittadini a “concentrarsi anche in altre piazze” per evitare che il Plebiscito diventi ingestibile. Ma è tardi: la festa è già ovunque.
Per i napoletani, questo scudetto non è solo una vittoria. È una conferma di identità, è un riscatto continuo, è la prova che si può ancora sognare e vincere con stile, e con il cuore. E chi ha avuto la fortuna di esserci stanotte lo racconterà per tutta la vita. Con la voce roca, e il cuore pieno.
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Calcio
Azzurro sbiadito: l’Italia fuori dalla Top 10 Fifa. Ora è dietro anche alla Croazia
Perde due posizioni la Nazionale italiana nel nuovo ranking Fifa. E intanto la Croazia ci supera, il Belgio resta inspiegabilmente tra i big, e l’Argentina continua a guardare tutti dall’alto.

L’azzurro si scolora, ancora una volta. La nuova classifica Fifa, pubblicata in queste ore, è una doccia fredda per i tifosi italiani: l’Italia è ufficialmente fuori dalla Top 10. Dopo un Europeo balbettante e una serie di prestazioni in chiaroscuro, la Nazionale scivola all’undicesimo posto, perdendo due posizioni rispetto alla graduatoria del 3 aprile. Un tonfo che arriva dopo oltre 200 partite internazionali disputate nei mesi di maggio e giugno, e che racconta di un’Italia in evidente affanno.
Il cambio in panchina, con l’addio di Luciano Spalletti e l’arrivo di Gennaro Gattuso, ha portato con sé l’ennesimo scossone. L’esordio del nuovo ct è stato amaro: sconfitta contro la Norvegia nelle qualificazioni ai Mondiali del 2026 e vittoria sofferta contro la Moldova. Troppo poco per tenere il passo delle grandi.
In testa al ranking mondiale resta l’Argentina, seguita da Spagna, Francia, Inghilterra e Brasile. A ruota, Portogallo e Olanda si scambiano il sesto e settimo posto. Il Belgio continua a mantenere saldamente l’ottava posizione, un mistero calcistico ormai da anni: niente finali, niente trofei, ma sempre tra i migliori dieci. Dietro, la Germania risale fino al nono posto, mentre la Croazia rientra in Top 10 proprio scavalcando l’Italia.
Subito dietro gli azzurri, il Marocco resta stabile al dodicesimo posto, ma il Messico fa un bel salto in avanti grazie alla vittoria nella Gold Cup, superando gli Stati Uniti e portandosi al tredicesimo posto. Stabili anche Colombia e Senegal, mentre Uruguay e Giappone perdono terreno.
Tra le nazionali in maggiore ascesa, spicca la Costa Rica, che grazie ai quarti raggiunti nella Gold Cup guadagna 14 posizioni, piazzandosi al 40° posto. Bene anche Norvegia (33°) — proprio la squadra che ha affossato l’Italia — Macedonia del Nord (62°) e Zambia (83°), tutte in crescita di cinque posizioni.
Insomma, il calcio italiano continua a perdere terreno anche nei numeri. E se l’estate 2024 ha lasciato l’amaro in bocca, l’autunno dovrà portare più di una scossa. Gattuso è già al lavoro per ridare grinta, punti… e un po’ di lustro a quell’azzurro che oggi sembra davvero troppo stinto.
Calcio
Balotelli spara a zero: “Stavo antipatico a Vieira, aveva paura che segnassi e lo mettessi in ombra”
Scartato, ignorato e messo ai margini: SuperMario non le manda a dire e punta il dito contro Vieira e il Genoa. “Mi hanno mancato di rispetto, il mister aveva paura che rubassi la scena. La società? Senza palle”

Mario Balotelli è tornato a piede libero, senza squadra, ma con la lingua sempre ben allenata. E se in campo lo si è visto col contagocce, davanti al microfono è tornato SuperMario dei bei tempi: diretto, irriverente e pronto a far saltare il banco. Ospite a sorpresa del podcast “Controcampo” – dove si stava intervistando suo fratello Enock – l’ex attaccante del Genoa ha fatto nomi e cognomi, prendendosela apertamente con Patrick Vieira, allenatore rossoblù.
“Stavo sui coglioni a Vieira, diciamolo chiaramente. Non c’entra nulla il calcio, era solo un fatto personale. Aveva paura che facessi gol e gli rubassi la scena”, ha tuonato Balotelli, con la consueta grazia di un caterpillar in discesa libera.
Il racconto è un mix di delusione e rabbia. “All’inizio mi aveva pure chiamato per sapere come stavo, mi era sembrato in buona fede. Poi però mi ha fatto giocare due minuti qua e là. Col Napoli entro quattro minuti e quasi segno, e da lì mi ha praticamente tagliato fuori. Un problema di antipatia, non tecnico. Lo ha detto anche la società: temeva che non accettassi di giocare poco. Una cazzata. Dite piuttosto che mi odiava”.
Il rapporto con il Genoa? Anche quello ai minimi storici: “Mi hanno mancato di rispetto sul piano umano. Mi hanno lasciato fuori dal gruppo, mi sono allenato da solo e quando ho chiesto spiegazioni mi hanno rimbalzato. Non voglio più sentirli, hanno avuto sette mesi per capire la situazione”.
Sulle accuse di protagonismo a Vieira, Balotelli rincara: “Ogni volta che i giornalisti parlavano di me, si incazzava. Aveva paura di me, punto. E visto che portava a casa i risultati, in società si sono messi la coda tra le gambe e l’hanno lasciato fare”.
A 34 anni, con più panchine che minuti in Serie A, Balotelli sembra vivere l’ennesimo déjà vu di una carriera folle e incompiuta. Ma almeno una cosa non è cambiata: quando parla, non fa mai catenaccio.
Calcio
Alta tensione all’Inter dopo il ko col Fluminense: Lautaro sbotta e punta il dito contro Calhanoglu
Lautaro Martinez, furioso dopo il 2-0 subito contro il Fluminense, attacca i compagni: “Ho visto cose che non mi sono piaciute”. Il presidente Marotta chiarisce: “Ce l’aveva con Calhanoglu, ma niente crocifissioni”. Chivu ammette: “Siamo stati presuntuosi”

Alta tensione nello spogliatoio dell’Inter dopo la pesante sconfitta per 2-0 contro il Fluminense agli ottavi del Mondiale per Club. Il ko ha fatto saltare i nervi al capitano Lautaro Martinez, che nel post-partita ai microfoni di Dazn ha lanciato un messaggio durissimo ai suoi compagni: «Chi vuole restare con noi, resta. Chi non vuole restare deve andare via. Non faccio nomi, ma ho visto tante cose che non mi sono piaciute». Nessun nome, certo, ma la frase non è passata inosservata.
Il riferimento non troppo velato ha scatenato immediatamente una serie di ipotesi, finché a fare chiarezza è stato il presidente nerazzurro Giuseppe Marotta. Intervenuto su Mediaset, ha confermato: «Il discorso era riferito a Calhanoglu. Lautaro non l’ha detto apertamente, ma io sì. Non dobbiamo però buttare la croce su Hakan. Parleremo con lui: al momento non ci sono i presupposti per separarci, ma se ci saranno lo faremo senza problemi».
Una bomba in piena regola, esplosa dopo una partita che ha messo a nudo tutte le fragilità dell’Inter. La squadra, pur reduce da una stagione tra alti e bassi, arrivava a questa sfida con l’ambizione di dire la sua anche a livello mondiale. Invece, il Fluminense ha dominato sul piano fisico e mentale, condannando i nerazzurri a un’eliminazione amara. E a un interno processo.
Lautaro, che ha chiuso la stagione tra i migliori marcatori in Europa, ha sentito su di sé tutto il peso della sconfitta. «Io sono il primo responsabile come capitano – ha detto –. Chiedo scusa ai tifosi. È un’altra sconfitta che fa malissimo. Ma abbiamo lasciato tutto dentro il campo». Tutt’altro che convinto, però, dell’impegno di tutti i suoi compagni.
A cercare di smorzare i toni ci ha provato l’allenatore Cristian Chivu. Anche lui intervistato nel post-partita, ha ammesso: «Siamo stati un po’ presuntuosi, cercando il bello quando bastava fare cose semplici. Abbiamo patito la loro intensità e pressione. Le parole di Lautaro? Capisco, è entrato a gamba tesa, ma tutti dobbiamo restare nella stessa barca. Questa è una squadra che vuole riscattare un’annata non semplice e costruire la prossima con ambizione».
Il problema, però, non sembra solo tecnico. Il malessere che traspare dalle dichiarazioni del capitano e dalla presa di posizione di Marotta lascia intravedere una spaccatura nello spogliatoio, proprio mentre la dirigenza è chiamata a programmare la stagione futura. E Calhanoglu, ora al centro delle polemiche, è in trattativa per un possibile trasferimento in Arabia Saudita. Non una fuga, dicono da Appiano, ma l’interesse c’è.
Intanto, i tifosi reagiscono. Sui social si moltiplicano i messaggi di sostegno a Lautaro, ma anche quelli di delusione per un gruppo che, dopo aver sfiorato la gloria europea nella scorsa stagione, sembra aver perso unità e identità. In campo e fuori. E nel momento in cui servirebbe compattezza, l’Inter si scopre fragile, litigiosa, nervosa.
Il Mondiale per Club doveva essere una vetrina. Rischia invece di trasformarsi nell’inizio di una crisi. E il mercato estivo, già incandescente, è appena cominciato.
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