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Salute

Adolescenti prigionieri del muscolo: la bigoressia, l’altra faccia del culto del fitness

Nel nome del benessere e dell’estetica, lo sport può diventare una gabbia. È la bigoressia, dipendenza ancora sottovalutata che colpisce soprattutto i più giovani, spinti da social e modelli irrealistici.

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    Siamo abituati a considerare lo sport un toccasana. E in molti casi lo è. Ma cosa succede quando l’allenamento diventa un’ossessione, la palestra un’ancora di salvezza malata, e ogni specchio un tribunale? Succede che il fitness si trasforma in gabbia, e il corpo in nemico. È la bigoressia, o “dipendenza da esercizio fisico”, una patologia in crescita soprattutto tra gli adolescenti, spesso mascherata dietro l’immagine rassicurante della disciplina sportiva.

    Riconosciuta dall’OMS come disturbo comportamentale da dipendenza, la bigoressia ha caratteristiche simili alla dipendenza da sostanze o gioco d’azzardo. Il meccanismo è sempre lo stesso: si cerca un sollievo, si finisce per perdere il controllo. Lo spiega bene il dottor Michaël Bisch, esperto di dipendenze in Francia: “Si aumenta la dose – intensità, durata, frequenza – per rincorrere un senso di soddisfazione che non arriva mai. Non è più il piacere a muovere, ma la mancanza”.

    Non è un caso che le vittime siano sempre più giovani. Secondo uno studio svedese citato da RTL, tra il 2,8% e il 3,6% degli adolescenti sportivi manifesta comportamenti a rischio. E i numeri sono probabilmente sottostimati. Il fenomeno, infatti, resta in gran parte invisibile: perché nessuno si insospettisce davanti a chi “fa sport”.

    Maxime e Jules, 15 e 17 anni, lo raccontano con parole semplici: “Vogliamo un fisico scolpito, vogliamo piacere”. Ma sotto la leggerezza delle battute si nasconde la frustrazione di chi si guarda allo specchio senza mai vedersi abbastanza. Perché, dicono, “non è mai abbastanza”.

    La bigoressia è infatti spesso l’estensione della dismorfia muscolare: si ha la sensazione di essere troppo magri o poco muscolosi, anche quando la realtà racconta altro. Kara Becker, psicoterapeuta specializzata, lo spiega chiaramente: “È un’alterazione della percezione di sé, alimentata da un ideale fisico irraggiungibile”.

    E a nutrire questo ideale, ci pensano i social. TikTok, Instagram e YouTube sono ormai palestre virtuali dove imperano addominali scolpiti, regimi iperproteici e performance senza tregua. Il confronto è continuo e spietato. Il pediatra Jason Nagata, che studia i disturbi alimentari nei ragazzi, sottolinea come l’esposizione a questi standard irrealistici accresca l’insoddisfazione e la possibilità che si ricorra a scorciatoie pericolose: integratori non certificati, sostanze dopanti, steroidi.

    “Molti ragazzi si rovinano la salute per rincorrere un corpo da copertina”, avverte il dottor Hervé Martini, che consiglia l’uso di integratori solo se garantiti da etichette affidabili.

    Ma i danni non sono solo fisici. Ansia, insonnia, isolamento, relazioni distrutte. Carole, 49 anni, è arrivata a praticare sette ore di sport al giorno. Il risultato? Un divorzio, amici persi e un senso di vuoto costante. “È una droga”, ha detto a France Info.

    E il paradosso è che nessuno sospetta. Perché lo sport “fa bene”, perché chi corre, solleva pesi o nuota non può essere malato. “Questo tabù rallenta tutto”, ammette Sébastien, insegnante di educazione fisica affetto da bigoressia. E infatti le diagnosi arrivano tardi, spesso solo quando tutto è già crollato.

    Qualcosa però si muove. In Francia, l’Ospedale universitario di Nantes ha lanciato con l’Istituto federale per le dipendenze dei questionari di autovalutazione da usare in medicina sportiva. E ci sono iniziative nelle scuole per informare allenatori e studenti. L’obiettivo? Smontare la narrazione tossica che lega benessere fisico a perfezione estetica.

    Il trattamento della bigoressia richiede un approccio integrato: psicoterapia, lavoro sul corpo, attenzione all’alimentazione, ma soprattutto un ritorno al movimento come piacere, non come prestazione. “Non bisogna smettere di fare sport – chiarisce il dottor Bisch – ma imparare a farlo senza costrizioni”.

    Dietro quei muscoli esibiti su uno smartphone, spesso, c’è un adolescente che si sente inadatto, fragile, invisibile. La bigoressia è un disturbo del nostro tempo, figlio di una cultura che ha confuso l’identità con l’immagine.
    Per questo parlarne è fondamentale. Perché quando l’attività fisica diventa un’ossessione, non è più salute: è schiavitù. E liberarsi è l’unica vera corsa da vincere.

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      Salute

      Fare il bagno dopo mangiato: servono davvero tre ore di attesa? La verità dietro il mito della nonna

      Per decenni ci hanno detto che entrare in acqua dopo pranzo è pericoloso. Ma cosa dice davvero la scienza? Quanto bisogna aspettare?

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        Dal panino in spiaggia alla grigliata al lago, il tormentone estivo è sempre lo stesso: “Hai mangiato? Allora niente bagno per tre ore”. Un consiglio che le nonne davano con convinzione, ma che oggi la medicina mette in discussione. Scopriamo perché non è poi così pericoloso tuffarsi subito dopo aver mangiato.


        Un mito tramandato di generazione in generazione

        Chi non ha mai sentito, almeno una volta, la fatidica frase: “Devi aspettare tre ore prima di fare il bagno, altrimenti ti viene una congestione”? Le nonne lo dicevano con tono perentorio, e guai a disobbedire. Ma da dove nasce questa convinzione? L’idea è che durante la digestione il sangue affluisca in gran parte allo stomaco, sottraendolo ai muscoli: se ci si tuffa e si inizia a nuotare, il corpo potrebbe andare in crisi, con conseguenze pericolose.


        Congestione o crampo: cosa può succedere davvero?

        Il timore più diffuso è quello della cosiddetta “congestione”, spesso confusa con i crampi muscolari. In realtà, la congestione digestiva è un fenomeno raro e molto specifico: può accadere se si entra in acqua fredda subito dopo un pasto abbondante, causando uno shock termico che interferisce con la digestione. Ma è un evento estremo, più legato alla differenza di temperatura tra il corpo e l’acqua che al pasto in sé.


        Cosa dicono i medici oggi

        Secondo i pediatri e gli esperti in medicina dello sport, il bagno dopo mangiato non è vietato, a patto che si rispettino alcune semplici regole. Dopo un pasto leggero, come un panino o un’insalata, non ci sono particolari controindicazioni. Se invece si è fatta una grande abbuffata — fritti, carne, alcol — allora è meglio attendere un po’, non tanto per paura di morire in mare, ma per evitare nausea, affaticamento o malessere.


        Il vero pericolo: lo shock termico

        Più che la digestione, il vero rischio riguarda l’impatto con l’acqua fredda. Entrare di colpo in mare dopo essere stati al sole può provocare un calo improvviso della pressione e causare svenimenti. Per questo, indipendentemente dal pasto, è sempre meglio bagnarsi gradualmente. La prudenza non è mai troppa, ma i catastrofismi da ombrellone si possono tranquillamente archiviare.


        Quindi: bagno sì o bagno no?

        La risposta è: dipende. Dal tipo di pasto, dalla temperatura dell’acqua, dallo sforzo fisico che si intende fare. Non servono tre ore di attesa, come ci dicevano le nonne, ma un po’ di buon senso. Evita le nuotate agonistiche dopo un pranzo da matrimonio, ma un tuffo rinfrescante dopo un toast? Promosso. Con buona pace della zia che urla “Esci subito, che ti prende il crampo!”.

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          Salute

          Giappone: scoperto un farmaco per la ricrescita dei denti

          Un’innovazione nella medicina dentale: la scoperta giapponese che potrebbe rivoluzionare il futuro dei trattamenti odontoiatrici

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            Un team di scienziati giapponesi ha sviluppato un farmaco rivoluzionario che potrebbe permettere la ricrescita dei denti persi. Questa scoperta promette di cambiare radicalmente l’approccio ai trattamenti dentali, offrendo una soluzione naturale a chi ha perso i denti a causa di malattie o incidenti. Attualmente in fase di sperimentazione clinica, il farmaco sfrutta le cellule staminali per stimolare la formazione di nuovi denti.

            Dettagli e prospettive del farmaco innovativo

            Il farmaco agisce attivando le cellule staminali presenti nella polpa dentale, favorendo la crescita di nuovi denti naturali. Questa scoperta potrebbe superare le attuali tecniche di impianto dentale, riducendo la necessità di protesi e offrendo una soluzione meno invasiva e più efficace per i pazienti. I risultati preliminari dei test clinici sono promettenti, e se continueranno a essere positivi, il farmaco potrebbe essere disponibile sul mercato entro pochi anni.

            Implicazioni e futuro della ricerca

            Questa innovazione rappresenta un passo avanti significativo nella ricerca medica e potrebbe migliorare notevolmente la qualità della vita di milioni di persone affette da edentulia. Il Giappone si conferma leader nelle innovazioni scientifiche e mediche, aprendo nuove prospettive nel campo della rigenerazione tissutale. I ricercatori sono fiduciosi che il farmaco non solo rivoluzionerà la medicina dentale, ma aprirà la strada a ulteriori scoperte nel trattamento delle patologie odontoiatriche.

            Con un continuo impegno nella ricerca e nello sviluppo, questa scoperta potrebbe rappresentare una svolta epocale, ridando fiducia e speranza a chi ha perso i denti, migliorando la loro salute e benessere complessivo.

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              Salute

              Il batterio carnivoro che sta preoccupando il Giappone

              La sindrome da shock tossico streptococcico (Stss) sta causando un’emergenza medica in Giappone, con 77 decessi registrati dall’inizio del 2024 fino a marzo.

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                A Tokyo sono in allarme più di quanto lo siano quando la terra gli trema sotto i piedi. La causa di questa preoccupazione è dovuto dall’elevato numero di persone affette da sindrome da choc tossico streptococcico causato da un batterio carnivoro che porta alla morte. Da inizio dell’anno questo batterio ha avuto una crescita esponenziale di casi. Finora sono stati registrati 77 decessi.

                Di cosa si tratta

                La sindrome da shock tossico streptococcico (Stss) è la causa di questa emergenza medica he sta affliggendo il Giappone. Il Ministero della Salute ha riportato 977 casi di Stss un numero che ha superato il record del 1999. Questa infezione batterica, causata principalmente dallo streptococco del gruppo A (GAS), è rara ma grave. Si sviluppa quando i batteri invadono i tessuti profondi e il flusso sanguigno.

                Come si manifesta

                I sintomi iniziali includono febbre, dolori muscolari e vomito, ma possono rapidamente peggiorare, portando a una bassa pressione sanguigna, gonfiore e insufficienza multiorgano, con un alto tasso di mortalità. Tra i sintomi anche infezioni alla gola che si manifestano soprattutto nei bambini. In rare circostanze lo streptococco A può diventare anche mortale quando il batterio produce una tossina capace di invadere il flusso sanguigno. Nei casi estremi può essere causa di fascite necrotizzante e choc tossico. La maggior parte delle persone affette da questo batterio ha manifestato problemi di salute con sistemi immunitari carenti, che riducono la capacità di combattere l’infezione. Anche con trattamento adeguato, la malattia rimane altamente letale, con un tasso di mortalità di circa il 30%.

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