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Cronaca

Garlasco, condannati autore e conduttore de Le Iene: diffamarono Stefania Cappa nel servizio sul delitto di Chiara Poggi

Il servizio delle Iene, andato in onda nel 2022, insinuava un coinvolgimento di Stefania Cappa nell’omicidio della giovane di Garlasco. Ora la giustizia ha stabilito che era diffamazione: i responsabili condannati a 500 euro di multa e a 10mila euro di provvisionale.

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    Il Tribunale di Milano ha condannato per diffamazione aggravata Riccardo Festinese e Alessandro De Giuseppe, rispettivamente autore e conduttore del servizio de Le Iene intitolato “Speciale Le Iene, delitto di Garlasco, la verità di Alberto Stasi”, andato in onda nel maggio 2022.

    La sentenza, emessa dalla terza sezione penale lo scorso 29 aprile, prevede una multa di 500 euro a testa. E una provvisionale di 10mila euro in favore di Stefania Cappa, cugina di Chiara Poggi, vittima dell’omicidio di Garlasco.

    Al centro del processo c’era il racconto proposto dal programma di Italia 1 che insinuava un presunto coinvolgimento della Cappa nell’omicidio della 26enne. Secondo l’accusa, i due imputati avrebbero riportato – senza adeguata verifica e contestualizzazione – le dichiarazioni di Marco Muschitta. Il tecnico del gas che, la mattina del delitto, raccontò agli inquirenti di aver visto una ragazza bionda allontanarsi dalla villa di via Pascoli. Raccontò che era in bicicletta con un attrezzo da camino.

    Tuttavia, lo stesso Muschitta ritrattò poco dopo, dichiarando di essersi inventato tutto. Nonostante la ritrattazione e la successiva assoluzione di Muschitta dall’accusa di calunnia, nel servizio de Le Iene tali dettagli furono presentati. E definiti come elementi “formalmente inutilizzabili” ma comunque degni di nota. Senza precisare che erano stati ritenuti infondati dalle autorità giudiziarie.

    I legali di Stefania Cappa, Gabriele Casartelli e Matteo Bandello, hanno sottolineato che nel servizio non era stato dato conto delle sentenze – tra cui quella del gup di Pavia e quella del Tribunale di Vigevano – che avevano completamente scagionato la cugina di Chiara Poggi, definendo inattendibili e “prive di serietà” le accuse di Muschitta.

    Quest’ultimo, nel 2011, aveva persino scritto una lettera di scuse a Stefania e alla famiglia, ammettendo il suo “profondo disagio” per averli coinvolti ingiustamente.

    La condanna, seppur limitata alla sanzione pecuniaria e alla provvisionale, rappresenta un punto fermo per Stefania Cappa, da anni coinvolta – suo malgrado – nelle cronache del delitto di Garlasco. Le motivazioni della sentenza saranno depositate nelle prossime settimane e chiariranno in modo definitivo le responsabilità dei due imputati. Una vicenda che conferma quanto sia delicato, ancora oggi, il confine tra informazione e diffamazione.

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      Mondo

      Scandalo in Cina: rubati e rivenduti online i mattoni delle antiche mura Ming

      Sospetti su una coppia di venditori nella provincia dello Shanxi: i cimeli storici venduti a 95 yuan ciascuno (circa 12 euro). Sotto inchiesta un traffico illegale di materiali storici sottratti da un sito culturale protetto: oltre 100 i pezzi già venduti prima dell’intervento delle autorità.

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        Un vero e proprio scandalo culturale ha scosso la Cina nei giorni scorsi. Alcuni mattoni originali delle antiche mura cittadine risalenti alla dinastia Ming. Con oltre 400 anni di storia, sono stati messi in vendita. Su una piattaforma di e-commerce per appena 95 yuan l’uno (pari a circa 12 euro al cambio attuale). A lanciare l’allarme è stato un utente sui social, che ha notato l’annuncio sospetto accompagnato da foto e video del materiale archeologico.

        Le immagini mostravano mattoni sparsi vicino a un tratto danneggiato delle mura storiche, con la terra battuta visibilmente esposta. La descrizione del prodotto indicava chiaramente la provenienza da Linfen, nella provincia dello Shanxi, e faceva riferimento a una targa che riporta la data “Chongzhen, 4° anno”, riconducibile al 1631.

        Le autorità si sono mosse rapidamente: il 22 luglio, l’Ufficio di Pubblica Sicurezza della contea di Xiangfen ha avviato un’indagine. In base a quanto comunicato sull’account ufficiale WeChat “Xiangfen Public Security”. Una coppia – identificata come Wang e Zheng, residenti nel villaggio di Beizhonghuang. Ed è stata arrestata con l’accusa di aver sottratto e rivenduto illegalmente parte delle mura antiche.

        Screenshot preso da guancha.cn

        I mattoni sarebbero stati raccolti prima dell’inizio dei lavori di restauro sul sito. Tuttavia, gli investigatori sospettano che non si tratti semplicemente di materiali dismessi, ma di veri e propri elementi architettonici originali trafugati da un sito sottoposto a tutela culturale.

        Sembra che oltre un centinaio di pezzi fossero già stati acquistati prima della rimozione del prodotto dalla piattaforma. Un cliente aveva persino confermato nei commenti: “Si tratta davvero di mattoni originali, ne comprerò altri”. Il servizio clienti dell’e-commerce ha promesso un intervento immediato. Assicurando che il negozio sarebbe stato sospeso o chiuso dopo le opportune verifiche.

        Nel frattempo, anche l’Ufficio municipale per la Cultura e il Turismo di Linfen ha dichiarato di aver preso in carico il caso e di aver avviato controlli interni e ispezioni straordinarie. Gli esperti del dipartimento per i beni culturali stanno ora esaminando i materiali sequestrati per confermarne l’autenticità.

        Se le accuse fossero confermate, ci troveremmo di fronte a un grave caso di vandalismo e traffico illecito di beni storici. Un episodio che riaccende il dibattito sulla protezione del patrimonio culturale in Cina, in un’epoca in cui anche l’archeologia rischia di essere mercificata online.

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          Politica

          Meloni sul Time: dalla fiamma al glamour, ora Giorgia conquista la copertina del magazine americano.

          Giorgia Meloni è la nuova star del Time: “Figura interessante d’Europa”. Il profilo elogia la sua ascesa, il pragmatismo e la postura internazionale. Ma tra omissioni, ambiguità e scatti patinati, l’operazione profuma più di rebranding che di rivoluzione politica.

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            Altro che l’Italia degli spaghetti e mandolino: ora ci sono i tacchi, i dossier sottobraccio e le copertine patinate. Giorgia Meloni si prende il Time. E non un trafiletto laterale: la copertina. “Una delle figure più interessanti d’Europa”, scrive il magazine. Tradotto: la destra in tailleur è finalmente presentabile anche in salotto, purché non urli troppo.

            Il ritratto firmato da Massimo Calabresi è lungo, curato, levigato. E racconta una Meloni capace di sorprendere: meno barricadera di quanto i suoi stessi elettori forse speravano, più atlantista di molti centristi in doppiopetto. Una premier che affascina Washington, piace a Bruxelles, si fa fotografare in posa riflessiva mentre promette riforme “presidenziali” con un occhio a Mattarella e l’altro a Trump.

            Ma il punto non è chi l’ha intervistata. È chi ha scelto di dimenticare. Perché nel ritratto non c’è traccia di certi provvedimenti sgraziati, né delle leggi che strizzano l’occhio al voto nostalgico. Scompare magicamente il piglio muscolare sui migranti, l’offensiva contro la stampa, i sussurri autoritari che sanno tanto di passato che non passa mai. E il pragmatismo? Viene scambiato per democrazia, come se bastasse non salire su un balcone per essere Churchill.

            Certo, l’articolo ricorda che Biden l’aveva presa con le molle. Ma oggi la benedice, come fanno Von der Leyen e i repubblicani Usa. Tutti affascinati da una leader che parla chiaro, cammina dritta e non fa troppe onde. In fondo, Meloni non rompe con Bruxelles: cerca solo di renderla un po’ più FdI-friendly. Altro che rivoluzione: è la normalizzazione del post-fascismo a colpi di selfie e parole misurate.

            E se oggi il mondo applaude Giorgia, è anche perché fa comodo una destra “gestibile” nel cuore dell’Europa. Una che non alza la voce, ma tiene saldo il timone. E soprattutto non si vergogna di portare in copertina la fiamma del MSI, pur illuminata da un riflettore americano.

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              Politica

              Farmacia Meloni: Gemmato sogna il viceministero e intanto incassa la ricetta giusta

              Il fedelissimo di Giorgia Meloni e farmacista a tempo pieno, è il nome più caldo per il ruolo di viceministro alla Salute. Il decreto di nomina è pronto da settimane, ma sul tavolo del ministro Orazio Schillaci resta lì, fermo, in attesa di una firma che non arriva. E non per pigrizia. Ma perché il conflitto d’interessi è fin troppo evidente.

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                Marcello Gemmato, fedelissimo di Giorgia Meloni e farmacista a tempo pieno, è il nome più caldo per il ruolo di viceministro alla Salute. Il decreto di nomina è pronto da settimane, ma sul tavolo del ministro Orazio Schillaci resta lì, fermo, in attesa di una firma che non arriva. E non per pigrizia. Ma perché il conflitto d’interessi è fin troppo evidente.

                Gemmato, pugliese doc, già noto per le sue uscite discutibili sui vaccini, è anche titolare di una farmacia a Terlizzi. Ed è proprio questo a preoccupare Schillaci: perché da quando il sottosegretario ha ricevuto la delega sulla farmaceutica, le farmacie hanno iniziato a godere di trattamenti da veri e propri privilegiati.

                Il caso più eclatante? Il trasferimento di intere categorie di farmaci dalla cosiddetta “assistenza diretta” (cioè distribuiti dagli ospedali con forti sconti per le Regioni) agli scaffali delle farmacie. Una scelta venduta come “semplificazione” per i cittadini, ma che ha fatto felici soprattutto i titolari di farmacie: meno burocrazia, più margini. Il tutto senza veri benefici per gli utenti, che prima prendevano quei medicinali gratis o a basso costo nei presìdi sanitari e ora li pagano (indirettamente) con i bilanci regionali.

                Schillaci, uomo di medicina e non di partito, ha espresso più di una perplessità. E anche dal Colle, dove Marcello Gemmato non riscuote le simpatie che ha a Palazzo Chigi, si invita alla prudenza.

                A pesare, poi, c’è anche la rete di rapporti tessuta dal sottosegretario. Dopo la fusione tra Unico e Q Farma è nato un colosso della distribuzione da 2,5 miliardi. E nel cda è spuntato un amico storico di Gemmato: Sergio Silvestris, ex europarlamentare FdI. Coincidenze?

                Giorgia Meloni, che nella masseria di Gemmato ha passato più di una vacanza, prende tempo. Pubblicamente tace, privatamente sa che una nomina sbagliata alla Salute potrebbe costarle cara. Anche perché promuovere un farmacista con delega alla farmaceutica non è solo un rischio politico: è una bomba a orologeria. E il conto, prima o poi, arriva. Con o senza ricetta.

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