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A San Siro va in scena l’Elodie Circus: arte o marketing?
Al Meazza parte la giostra sensoriale, fatta di laser senza badare a spese, bassi che ti fanno vibrare la pancia e monologhi che sembrano scritti dal manuale “Attivismo per principianti”. Quattro atti – sì, quattro: Audace, Galattica, Erotica e Magnetica – ognuno con il suo bravo messaggio edificante e coreografie con più fumo che arrosto. LED wall a non finire, ballerini in trance sincronizzata, frustini per tutti: se la sostanza latita, almeno si acceca lo spettatore.
La musica? Pare ci fosse, dicono
Ogni tanto, tra un visual e un cambio d’abito, fa capolino anche la musica. Tribale riesce a strappare una lacrimuccia a comando, mentre i rimandi alla superstar Madonna (che più acchiappa-like di così si muore) riempiono i vuoti. L’apice emotivo arriva con Tutta colpa mia, eseguita live per la prima volta – probabilmente perché troppo vera, troppo nuda, troppo poco ritoccata dai soliti cinque team creativi. E quando saltano gli auricolari? Nessun dramma: tutto si trasforma in “performance viscerale”. Il playback è morto, viva il difetto tecnico con intento narrativo!
Con un piccolo aiuto da parte dei miei amici
Achille Lauro piomba sul palco per una versione glitterata di Rolls Royce degna di una sfilata a tema Halloween, mentre Gianna Nannini arriva come apparizione mistica a portare un briciolo di sostanza (ma tranquilli, dura poco: non sia mai che qualcuno oscuri la padrona di casa). Gaia e la dj russa Nina Kraviz fanno da cornice: una come mascotte, l’altra a offrire un set che pare uscito dal retropalco di un rave sponsorizzato. Il tutto, ça va sans dire, con la stessa grazia di un festival scolastico travestito da Coachella.
Da Amici con furore
Lo stage è costantemente in movimento. Nel corpo di ballo che accompagna Elodie scorgiamo l’ex velina Giulia Pelagatti da Amici 16; Megan Ria da Amici 22 e Marisol Castellanos, vincitrice del circuito ballo nella 23a edizione del talent Mediaset. Menzione a parte per Alessio La Padula. Anche il ballerino e coreografo, infatti, è nel corpo di ballo che accompagnano Elodie durante lo show. Ma lui e quest’ultima hanno partecipato alla stessa edizione del talent, la quindicesima, nella quale facevano entrambi parte della squadra bianca.
Drag variopinte, free Palestina e monologhi preconfezionati
Drag queen distribuite con cura in ogni “ambiente tematico”, monologhi sulla fluidità, la bandiera palestinese come climax visivo: nulla viene lasciato al caso, tutto deve comunicare qualcosa. O sembrare che lo faccia. Il confine tra arte e marketing? Labile, come sempre. Quando l’identità diventa accessorio da palco e la militanza un effetto scenico, il rischio di inciampare nell’ipocrisia è più che concreto. Le cause sono nobili, certo, ma qui sembrano arredamento, più che sostanza.
Inclusività o hashtag di tendenza?
Sia chiaro: nessuno mette in discussione l’importanza dei diritti, ci mancherebbe! Ma quando il messaggio fagocita l’arte, forse vale la pena farsi due domande. L’inclusività sembra più una strategia di posizionamento che una presa di posizione. Elodie, pi-up da urlo, spesso coperta nella voce e avvolta in brani che sembrano outfit d’alta moda più che esperienze musicali, sembra più preoccupata di finire in trending topic che nei cuori del pubblico.
Il talento resta dietro le quinte
Lo show ha avuto successo, i selfie sono piovuti come polpette, le stories in rete si sono moltiplicate. Missione compiuta. Ma che cos’è, oggi, un concerto se non una playlist visiva da spacchettare su TikTok? Elodie ha segnato tutte le caselle: ha pianto dove doveva, ha sventolato il simbolo giusto, ha domato il catino di San Siro. E l’arte? Forse non ha trovato parcheggio. O si è persa tra un faretto e una stories in 4K.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
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Cake art estrema: le torte che non ti aspetti…

I dolci, prima di tutto, devono essere buoni. Ma non dimentichiamo che l’aspetto è altrettanto importante. Su un tavolo imbandito di dessert, la vostra scelta cadrà, molto probabilmente, su quello più bello, è normale.
Oggi l’arte dolciaria non si limita al sapore: entra in gioco l’estetica, la sorpresa, l’illusione visiva. E la cosiddetta cake art è diventata una vera e propria forma d’arte contemporanea, capace di stupire tanto quanto un’installazione museale.
È in questo scenario che si muovono alcuni cake artist in rete, diventando famosi sui social per le loro incredibili creazioni. Dolci che sono delle vere e proprie illusioni ottiche: sembrano qualsiasi cosa, tranne che dolci. Dalle scarpe da calcio agli zainetti per la scuola, dai pacchetti di patatine a oggetti di uso quotidiano, ogni realizzazione inganna lo sguardo e sorprende al taglio: sotto quella che sembra plastica, stoffa o cartone, si nasconde un interno soffice, farcito e profumatissimo.
Non si tratta solo di talento tecnico, ma di sfide tra realtà e finzione, tra cucina e scultura. Esempi estremi e affascinanti di come la pasticceria moderna stia abbracciando sempre più linguaggi visivi contemporanei, trasformando la torta da semplice fine pasto a spettacolo memorabile. In fondo, mangiamo anche con gli occhi. E quando una torta ti fa dubitare di ciò che vedi… è chiaro che siamo di fronte a un’opera d’arte, anche se realizzata con pan di spagna, frutta candita e panna montata!
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Annalisa autoironica a Le Iene: “Sorchissima io”? C’è dell’eccitazione in rete…

La popstar italiana ormai diventata vera icona di stile e sensualità, ha fatto scintille durante la sua recente apparizione a Le Iene. In un servizio tutto da ridere, la cantante ha letto ad alta voce alcuni dei commenti più “coloriti” ricevuti sui social. Il tono? Ironico, scanzonato e con una buona dose di autoironia, come solo lei sa fare.
Tra un “sorchissima” e un “dea”, Annalisa se la ride di gusto
Durante il segmento, che potete vedere nel nostro video, Annalisa ha sciorinato ad alta voce messaggi che la definiscono, senza troppi giri di parole, “sorchissima”, “gnocca spaziale”, “dea in terra”. Commenti diretti, senza filtro, che la cantante ha accolto con una risata sincera e una prontezza disarmante. Senza imbarazzo, anzi: Annalisa ha cavalcato l’onda dell’entusiasmo social, dimostrando quanto sia a suo agio con la propria immagine.
“In rete c’è fame di donne”: la risposta che conquista tutti
Con il suo solito sorriso ironico, Annalisa ha chiuso il siparietto con una battuta che ha fatto il giro del web. Una frase semplice, ma perfetta per fotografare la realtà dei social di oggi, dove la sensualità viene celebrata (a volte in modo un po’ sopra le righe) con entusiasmo travolgente. Dimostrandosi per l’ennesima volta capace di giocare con la propria immagine pubblica senza mai prendersi troppo sul serio. Saper ridere di sé, trasformare anche i commenti più “spinti” in un momento di divertimento condiviso: è qui che si vede la stoffa delle vere star.
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Al Bano canta in terra russa, un gesto audace che a molti non è piaciuto

Al Bano in Russia, nel 2025. Un gesto audace, quasi da romanzo di spionaggio, se il romanzo fosse scritto da un fan dei talent show. In un momento storico in cui la diplomazia si gioca tra sanzioni, embargo e conferenze infuocate, lui prende l’aereo — e va a cantare Felicità a Mosca. Felicità, davvero.
C’è chi ha gridato allo scandalo, chi ha invocato l’ergastolo culturale, chi ha cercato di boicottare le sue bottiglie di vino (che, poverine, non c’entrano nulla). Ma Al Bano non si scompone: dice che la musica unisce i popoli. Dimenticando che, a volte, i popoli non hanno la minima voglia di cantare… ma di capire da che parte stai. E così, mentre l’Europa discute di armi, gas e diritti umani, lui intona Nostalgia Canaglia davanti a una platea di oligarchi con le lacrime agli occhi. Sarà per la canzone, o per la vodka?!?
Del resto, Al Bano è un veterano del paradosso geopolitico: è stato Cavaliere in Italia, Artista del Popolo in Russia e probabilmente verrà beatificato in Bielorussia. Ha la magica capacità di essere ovunque e con chiunque, purché ci sia un palco e una tastiera MIDI. Chissà… forse ha ragione lui. Forse la pace mondiale comincerà con un duetto con Putin. Magari sulle note di Ci sarà. O magari no. Ma intanto, un italiano canta in Russia, come se nulla fosse. Ed è proprio questo il problema.
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