Italia
Noleggio auto a lungo termine: ma conviene davvero?
Sempre più italiani scelgono il noleggio al posto dell’acquisto: ecco come funziona, chi lo offre e quando è la soluzione più vantaggiosa.

Il noleggio a lungo termine sta diventando la formula preferita da molti automobilisti italiani, soprattutto in un momento in cui acquistare un’auto nuova è sempre più oneroso. I dati parlano chiaro: nei primi quattro mesi del 2025, mentre il mercato dell’auto è in calo, il noleggio a lungo termine è cresciuto del 16%, con quasi 20mila immatricolazioni in più rispetto all’anno precedente. A trainare il settore sono soprattutto le società captive, ovvero quelle direttamente collegate alle case automobilistiche, come Alphabet (BMW), Free2Move (ex PSA), ES Mobility (Renault/Nissan), Leasys (ex FCA), Kinto (Toyota), Mercedes-Benz Lease, Suzuki Rent e Volkswagen Financial Services. Queste realtà offrono pacchetti completi che includono manutenzione, assicurazione, bollo e spesso anche l’auto sostitutiva, rendendo il noleggio una soluzione comoda e senza pensieri.
Ma sei sicuro che ti conviene il noleggio dell’auto?
Il vantaggio principale del noleggio è la prevedibilità dei costi. Si paga un canone mensile fisso che copre quasi tutte le spese, senza sorprese. È ideale per chi vuole cambiare auto ogni 3-5 anni, non vuole preoccuparsi della svalutazione del veicolo e preferisce la semplicità di un servizio tutto incluso. Tuttavia, non è sempre la scelta migliore. Chi percorre molti chilometri, ad esempio, rischia di sforare i limiti previsti dal contratto e pagare penali. Inoltre, chi desidera un’auto personalizzata nei minimi dettagli potrebbe trovarsi limitato nella scelta.
Che stile di vita hai? Forse ti conviene comprarla…
L’acquisto resta vantaggioso per chi intende tenere l’auto a lungo e vuole recuperare parte dell’investimento rivendendola. Inoltre, chi ha la possibilità di pagare in anticipo può evitare interessi e costi accessori. In definitiva, la scelta tra noleggio e acquisto dipende dallo stile di vita, dalle esigenze di mobilità e dalla capacità di gestione delle spese. Ma una cosa è certa: il noleggio a lungo termine non è più solo per le aziende. È una nuova idea di mobilità che piace sempre di più anche ai privati.
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Italia
Caro svegliati c’è da andare in guerra. Ecco chi partirebbe in caso di conflitto
Dalle forze armate ai riservisti, fino ai civili: ecco chi potrebbe essere chiamato alle armi se l’Italia entrasse in un conflitto.

In un mondo sempre più instabile, con tensioni tra Stati Uniti e Iran che sfiorano la linea rossa e scenari da terza guerra mondiale che sembrano meno fantascientifici, molti si chiedono: se l’Italia entrasse in guerra, chi verrebbe chiamato a combattere?
Alzarsi e partire?
La risposta è meno semplice di quanto sembri. In base all’articolo 5 del Trattato NATO, l’Italia è obbligata a intervenire in difesa di un alleato attaccato. Ma prima che scattino le sirene, serve una decisione formale del Parlamento e un decreto del Presidente della Repubblica per dichiarare lo stato di guerra. In caso di coinvolgimento diretto, i primi a essere mobilitati sarebbero i militari di carriera: esercito, marina, aeronautica, carabinieri e guardia di finanza. Restano invece esclusi i corpi civili come vigili del fuoco, polizia locale e penitenziaria.
In caso di guerra tutti in trincea dai 18 ai 45 anni donne incluse
Se le forze armate non bastassero, toccherebbe ai riservisti, ovvero ex militari congedati da meno di cinque anni. Il governo sta anche lavorando a una legge per creare una riserva ausiliaria di 10.000 ex militari volontari sotto i 40 anni, pronti a essere richiamati in caso di emergenza. E i civili? Entrerebbero in gioco solo in caso di estrema necessità, come una minaccia diretta alla sicurezza nazionale. In quel caso, potrebbero essere arruolati uomini e donne tra i 18 e i 45 anni, previa visita medica. Le donne in gravidanza sarebbero esentate, così come chi risulta non idoneo. La leva obbligatoria, sospesa nel 2004, potrebbe essere riattivata con un decreto del Presidente della Repubblica.
Non ti puoi rifiutare
E no, non ci si può rifiutare. L’articolo 52 della Costituzione è chiaro: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”. Rifiutare la chiamata, salvo gravi motivi di salute, è considerato un reato.
Italia
Gemelle siamesi unite per la testa, a Monza l’intervento eccezionale: una sopravvive, l’altra muore dopo 48 ore di sala operatoria
Dopo dieci mesi di preparazione e 48 ore in sala operatoria, solo una delle gemelline siamesi senegalesi unite per la testa è sopravvissuta. I medici parlano di “progresso clinico” per D., mentre i genitori ringraziano: “Abbiamo visto l’amore fino all’ultimo”.

Un caso medico rarissimo, una sfida umana e scientifica senza precedenti, una speranza spezzata e una vita che, nonostante tutto, resiste. È il bilancio tragico ma straordinario dell’intervento di separazione delle gemelle siamesi senegalesi di due anni e mezzo, unite per la testa, avvenuto nei giorni scorsi presso l’ospedale San Gerardo di Monza. Un’operazione chirurgica titanica, durata 48 ore consecutive, che ha purtroppo visto il decesso della piccola T., mentre la sorellina D. è ora ricoverata in terapia intensiva neurologica, con segnali definiti “incoraggianti” dai medici.
Le due bambine erano affette da una forma eccezionalmente rara e complessa di craniopago verticale totale, una condizione in cui i crani, parte dei cervelli e i vasi sanguigni dei gemelli risultano fusi. Una situazione che si verifica in un caso ogni 2,5 milioni di nascite, con meno di 60 interventi di separazione documentati nel mondo negli ultimi settant’anni.
Giunte in Italia nel luglio del 2024 grazie all’intervento di associazioni umanitarie e con il supporto di Areu Lombardia, le bambine sono state accolte in una struttura specializzata dove, per quasi un anno, sono state seguite da un’équipe multidisciplinare altamente specializzata: neurochirurghi, anestesisti, radiologi, infermieri pediatrici, psicologi e tecnici biomedici. Ogni fase del percorso è stata preceduta da simulazioni digitali tridimensionali, per prepararsi a ogni possibile scenario.
L’operazione, eseguita nei giorni scorsi, è stata descritta dai chirurghi come “una delle prove più ardue mai affrontate nella storia del nostro ospedale”. L’obiettivo era ridare a entrambe una possibilità di vita autonoma, lontana dalle limitazioni e dai rischi legati alla loro condizione. Ma la realtà è stata più dura delle proiezioni.
T. non ce l’ha fatta. Ha perso la vita al termine della fase più critica dell’intervento, nonostante ogni sforzo. La sua morte ha lasciato un vuoto profondissimo non solo nella famiglia, ma anche tra i medici, che avevano condiviso un anno intero di lotte, speranze e preparativi. La sorella, D., lotta ancora, ma i segnali sono positivi: “Sta reagendo bene”, fanno sapere i sanitari, “ma il percorso sarà lungo”.
Colpiti dal lutto ma anche dal sostegno ricevuto, i genitori hanno affidato il loro dolore a parole piene di riconoscenza: “Abbiamo perso una figlia, ma abbiamo visto fino all’ultimo quanto amore e impegno ci siano stati attorno a noi. Siamo grati a chi ha creduto in questo sogno”.
Ora resta la speranza per D., e il patrimonio di conoscenze accumulato da un’équipe che, pur nell’esito tragico, ha compiuto un’impresa che entra a pieno titolo nella storia della medicina italiana.
Italia
Da prodigio digitale a santo millennial: ma la canonizzazione di Carlo Acutis divide fedeli e teologi
Acutis sarà canonizzato insieme a Pier Giorgio Frassati, ma l’annuncio ha scatenato un acceso dibattito. Il teologo Andrea Grillo parla di “fissazione distorta”, mentre migliaia di fedeli difendono il ragazzo e la sua devozione eucaristica.

Carlo Acutis sarà santo. Il prossimo 7 settembre, Leone XIV lo proclamerà tale nel corso di un concistoro che vedrà salire agli onori degli altari anche Pier Giorgio Frassati. La data è stata annunciata ufficialmente e segna un momento importante per la Chiesa cattolica, che si prepara a canonizzare un giovane vissuto nel pieno dell’era digitale. Ma non tutti, all’interno del mondo ecclesiale e teologico, condividono la scelta.
Nato a Londra nel 1991 e cresciuto a Milano, Acutis è morto nel 2006, a soli 15 anni, per una leucemia fulminante. Sin da piccolo aveva manifestato una devozione profonda per l’Eucaristia e la Madonna, tanto da diventare un riferimento spirituale per molti coetanei. Usando le sue competenze informatiche, creò una mostra virtuale sui miracoli eucaristici nel mondo, esposta ancora oggi in centinaia di parrocchie.
Francesco lo aveva beatificato il 10 ottobre 2020 ad Assisi, dove oggi il corpo del giovane riposa nella chiesa di Santa Maria Maggiore. La canonizzazione è stata resa possibile dal riconoscimento di un secondo miracolo, attribuito alla sua intercessione. Doveva essere il papa stesso a dichiararlo santo, ma la malattia ha costretto a rimandare: sarà il successore, Leone XIV, a concludere il processo.
Tuttavia, nelle ultime settimane, sono esplose le polemiche. Al centro del dibattito, l’intervento del teologo Andrea Grillo, docente al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo. In un post sul suo blog e in successive dichiarazioni, Grillo ha definito “assurda” la canonizzazione di Acutis, criticando aspramente l’approccio teologico che avrebbe nutrito la spiritualità del ragazzo. “Una teologia eucaristica vecchia, ossessiva, concentrata sull’inessenziale”, ha scritto. Per il teologo, il problema non starebbe tanto nel giovane, quanto in chi – durante la sua breve vita – gli avrebbe trasmesso una “maleducazione eucaristica” basata su un’idea “distorta” e miracolistica della fede.
Grillo si è scagliato in particolare contro la mostra sui miracoli eucaristici, considerata il simbolo di quella “comprensione difettosa e unilaterale” della spiritualità. Le sue parole hanno suscitato un forte clamore. Specialmente per la durezza dei toni e per il fatto che provengano da un professore di un’università pontificia. In rete, la reazione dei fedeli non si è fatta attendere. Migliaia di persone hanno difeso Acutis, ricordandone la semplicità, la gioia e la capacità di parlare di Dio con gli strumenti del suo tempo.
A intervenire anche il vescovo spagnolo José Ignacio Munilla, che ha definito “incredibile” l’attacco di Grillo. Sottolineando come sia “impossibile per certa teologia accettare che Dio possa intervenire soprannaturalmente nella storia”.
Al di là delle polemiche, la figura di Carlo Acutis continua a esercitare un’attrazione particolare, soprattutto tra i giovani. Viene considerato il primo beato della generazione millennial, capace di testimoniare la fede non solo attraverso le opere, ma anche usando il linguaggio del web. Diceva che l’Eucaristia era “la mia autostrada per il Cielo” e si offrì a Dio con una maturità spirituale che ha colpito profondamente chi lo ha conosciuto.
Nel 2020, la salma di Acutis fu esposta alla venerazione pubblica: colpì il fatto che il corpo fosse rimasto apparentemente intatto a 14 anni dalla morte, sebbene siano stati operati trattamenti conservativi. Oggi il suo santuario ad Assisi è meta di pellegrinaggi da tutto il mondo.
Il 7 settembre, Acutis diventerà ufficialmente santo. Ma il dibattito su cosa significhi davvero la santità, su quali modelli debbano essere proposti ai fedeli del futuro e su come la teologia debba dialogare con la spiritualità popolare, è tutt’altro che chiuso.
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