Tech
Tecnologia sotto l’ombrellone: i gadget tech dell’estate che (forse) non sapevi di volere
Dalla borraccia smart al mini proiettore da spiaggia, i nuovi accessori tech rendono l’estate più comoda, più social e decisamente più cool. Anche sotto il sole.
Chi l’ha detto che in vacanza bisogna “staccare”? O meglio, perché non farlo con stile, sfruttando tutta quella tecnologia che può trasformare una banale giornata al mare in un’esperienza da influencer internazionale (o da sopravvissuto del deserto, a seconda del mood)? Quest’estate la parola d’ordine è tech-relax: non si rinuncia al relax, ma neppure al Wi-Fi, alle app e ai gadget smart che ti fanno risparmiare fatica, tempo e – udite udite – sudore.
Il ventilatore da spiaggia esiste davvero
Lo metti nello zaino, lo attacchi al power bank e ti regala una brezza da Costa Smeralda anche se sei a Fregene: parliamo del mini ventilatore portatile, ormai must-have di ogni borsa mare che si rispetti. Alcuni modelli sono dotati di nebulizzatore, per un effetto hammam tascabile che sfida anche la sabbia più rovente.
Occhio alla borraccia… che ti giudica
Bere acqua è importante, certo. Ma ricordarsene, tra un tuffo e un mojito, è tutta un’altra faccenda. Ecco che entra in scena la borraccia smart, che vibra o si illumina quando hai bevuto troppo poco. Alcune si sincronizzano con lo smartwatch, altre ti inviano una notifica sullo smartphone. Perché l’idratazione, ormai, è anche una questione di notifiche.
Selfie di fuoco, ma senza surriscaldare il telefono
Sole a picco, temperatura tropicale, e il telefono che ti avvisa: “Sto morendo, lasciami all’ombra”. Soluzione? Le custodie termoisolanti, l’equivalente tech del bagnino per il tuo smartphone. Proteggono dai raggi solari, evitano il surriscaldamento e, dettaglio non trascurabile, sono anche Instagram-friendly. Il colore fluo è quasi d’obbligo.
Streaming sotto le stelle? Yes, we can
Altro che cinema all’aperto. L’ultima tendenza da spiaggia (o da terrazza panoramica) è il mini proiettore tascabile: grande quanto una lattina, potente come una TV. Si collega via Bluetooth al telefono e proietta film, concerti o video TikTok sulla parete della casa al mare. In alternativa, va bene anche un telo bianco steso tra due ombrelloni.
La rivoluzione del telo mare 3.0
È impermeabile, antisabbia, pieghevole, carica il telefono (sì, davvero), suona musica e – giuro – qualcuno sostiene anche che massaggi la schiena. I teli mare tech sono la nuova frontiera del dolce far niente hi-tech: un po’ stuoia zen, un po’ navicella spaziale.
E se invece vuoi disintossicarti? C’è anche la tech detox
Per chi cerca l’estate analogica, quella dei racchettoni e dei giri in pedalò, la tecnologia offre… l’anti-tecnologia. Ci sono app (paradossale, lo so) che bloccano notifiche e social per ore stabilite, braccialetti che vibrano quando superi il limite giornaliero di schermo, e persino localizzatori che ti aiutano a trovare il cellulare per poi spegnerlo consapevolmente.
In sintesi? L’estate 2025 è il perfetto equilibrio tra piacere e praticità, gadget e libertà, Wi-Fi e mojito. L’importante è ricordarsi una cosa: la tecnologia deve servire a migliorare la vacanza, non a sostituirla. Quindi sì al drone per riprendere l’aperitivo, ma poi posa il telefono. E goditi la luce vera del tramonto. Anche se non puoi metterla in story.
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Tech
Pensieri sussurrati ad alta voce: l’impianto neurale di Stanford che “ascolta” il linguaggio interiore
Grazie a microelettrodi nel cervello e un algoritmo di intelligenza artificiale, i ricercatori sono riusciti a decodificare il monologo mentale e a trasformarlo in parole udibili — con un sistema di “password mentale” per proteggere la privacy.
Cosa succederebbe se potessimo far uscire dal cervello, perfettamente comprensibili, i pensieri che pronunciamo solo nella nostra mente? È questa la frontiera che un team dell’Università di Stanford ha esplorato con un impianto neurale sperimentale, capace di convertire il “discorso interiore” in parole reali.
Come funziona
La tecnologia si basa su microelettrodi impiantati nella corteccia motoria del cervello — la zona che controlla i muscoli coinvolti nel linguaggio. In uno studio su quattro partecipanti con gravi problemi di parola dovuti a paralisi (per esempio causata da SLA o ictus), gli scienziati hanno registrato i segnali neurali sia quando le persone tentavano di parlare fisicamente, sia quando immaginavano di parlare nella loro mente.
Utilizzando modelli di apprendimento automatico (machine learning), l’algoritmo ha imparato a distinguere i diversi fonemi — i suoni più piccoli della lingua — sulla base dei pattern di attività cerebrale. Poi, ha ricomposto quei fonemi in parole e frasi.
Nell’esperimento, il vocabolario usato per il “discorso interiore” era davvero ampio: il sistema poteva operare con circa 125.000 parole. Il livello di precisione raggiunto è sorprendente: fino al 74% di accuratezza nella decodifica in tempo reale.
Differenza tra parlare e pensare
I ricercatori hanno scoperto che il linguaggio immaginato e quello tentato attivano aree molto simili nel cervello, ma con intensità diversa. In particolare, i segnali neurali associati al linguaggio mentale sono più deboli, ma sufficientemente distinti per essere riconosciuti.
Proteggere la privacy mentale
Decodificare i pensieri può sembrare affascinante, ma apre a serie implicazioni etiche: che cosa succede se il dispositivo inizia a “leggere” parole pensate ma non volute? Il team di Stanford ha pensato anche a questo. Hanno introdotto un meccanismo di protezione: per attivare la decodifica, l’utente deve “pensare” una parola d’ordine. Nello studio, la frase scelta è stata “Chitty Chitty Bang Bang” — pensare mentalmente questa frase ha attivato il sistema con un’accuratezza superiore al 98%.
Senza la parola d’ordine, il sistema rimane spento. Questo significa che non decodifica il flusso di pensieri non autorizzato, riducendo il rischio di “fuoriuscite” involontarie.
Per chi potrebbe cambiare tutto
Per persone che hanno perso la capacità di parlare — ad esempio a causa della paralisi — questa tecnologia potrebbe restituire una modalità di comunicazione rapida, naturale e meno faticosa rispetto ai sistemi attuali. Secondo gli autori, un tale impianto potrebbe un giorno restituire un linguaggio quasi fluido, solo usando il pensiero.
Limiti e prospettive
Al momento, il dispositivo non è ancora una soluzione commerciale: è in fase sperimentale e richiede un impianto chirurgico. Inoltre, la decodifica non è perfetta e può commettere errori, soprattutto per pensieri complessi o non coscienti.
Tuttavia, i ricercatori sono ottimisti: migliorando l’hardware (più elettrodi, più sensori) e affinando gli algoritmi, potrebbero arrivare a sistemi più precisi, con funzioni wireless e una maggiore “risoluzione” nel riconoscere cosa sta pensando l’utente.
Questa scoperta rappresenta un balzo in avanti importante nelle interfacce cervello-computer (BCI). Non è solo tecnologia: è anche etica, identità e libertà di pensiero. Se, un giorno, potremo “parlare con la mente”, dovremo anche chiederci chi ascolterà — e con quali garanzie.
Tech
Il Web in ginocchio: guasto a Cloudflare spegne siti e piattaforme globali
Le prime segnalazioni sono arrivate a metà mattinata, ma il problema è diventato critico in poco tempo. L’azienda ha identificato la causa e sta lavorando per ripristinare i servizi, ma il down evidenzia ancora una volta la fragilità di un Internet gestito da poche “Big Tech”.
Un’interruzione del servizio da parte di Cloudflare, colosso delle infrastrutture digitali, ha causato un vasto e improvviso “blackout” che ha reso inaccessibili numerosi siti e piattaforme in tutto il mondo. L’azienda, che funge da intermediario tra i visitatori e i server web per garantire sicurezza e velocità, ha subito un guasto che ha automaticamente reso offline tutti i portali che si affidano alla sua rete. L’episodio ha avuto inizio a partire dalle 12:17 ora italiana, ma è stato intorno alle 12:48 che la situazione ha raggiunto il suo picco critico.
In una nota ufficiale, Cloudflare ha riconosciuto il problema, dichiarando di essere “a conoscenza di un’anomalia che potrebbe interessare diversi clienti” e che stava già indagando per risolverla. Successivamente, poco dopo le 14, un aggiornamento pubblicato sulla pagina di stato del servizio ha confermato che la causa era stata identificata e che era in corso l’implementazione di una soluzione. I primi segnali di ripristino dei servizi sono arrivati dopo le 13:00 UTC (le 14:00 italiane) quando alcuni servizi come Cloudflare Access e WARP sono tornati a funzionare normalmente.
Si stima che circa il 20% di tutti i siti web globali utilizzi i servizi di Cloudflare. Sebbene non sia ancora disponibile un elenco ufficiale completo delle vittime del disservizio, numerosi utenti hanno segnalato problemi di accesso a piattaforme di primo piano come il chatbot ChatGpt di OpenAI, il social network X (ex Twitter), la piattaforma di streaming musicale Spotify e il servizio di grafica Canva. A causa della natura centrale di Cloudflare, l’interruzione ha avuto un impatto su una parte significativa della rete, dimostrando quanto sia cruciale il ruolo di questi “custodi” del traffico internet.
Questo evento si inserisce in un contesto di fragilità della rete Internet, già evidenziata da recenti e simili disservizi. Soltanto il mese scorso, un down di Amazon Web Services (AWS) aveva mandato offline oltre un migliaio di siti e applicazioni, seguito poi da un’altra interruzione che aveva interessato Microsoft Azure. Questi eventi sottolineano la dipendenza del web da un numero limitato di grandi fornitori di infrastrutture, rendendo l’intero ecosistema digitale vulnerabile a guasti circoscritti, ma con conseguenze globali.
Tech
I robot con muscoli umani: la frontiera della bioingegneria prende vita ad Harvard
Nel laboratorio del Wyss Institute, un team di ricercatori guidato da Sun Ryun Shin ha sviluppato microrobot capaci di muoversi grazie a tessuti muscolari umani coltivati in laboratorio. Un passo decisivo verso la “biohybrid robotics”, dove tecnologia e biologia si fondono.
La nascita dei robot bioibridi
Sembra fantascienza, ma è realtà. In un laboratorio dell’Università di Harvard, nel cuore del Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering, piccoli automi di silicone si contraggono e si muovono come fossero vivi. A dar loro energia non sono batterie o circuiti, ma muscoli umani coltivati in provetta.
A coordinare la ricerca è Sun Ryun Shin, professore di bioingegneria, che insieme al suo team ha descritto l’esperimento sull’International Journal of Extreme Manufacturing. Gli scienziati hanno isolato cellule muscolari scheletriche umane e le hanno fatte crescere fino a formare sottili fasci di tessuto. Parallelamente, grazie alla stampa 3D, hanno costruito piccoli telai biocompatibili in idrogel, un materiale morbido e flessibile che imita la consistenza del muscolo naturale.
Sulla superficie di queste strutture sono stati incisi micro-solchi orientati: guide che aiutano le cellule ad allinearsi, proprio come accade nel corpo umano. Una volta ancorate, le cellule hanno iniziato a organizzarsi, creando veri e propri mini-muscoli funzionanti.
Per attivarli, i ricercatori hanno utilizzato impulsi elettrici e luminosi, stimolando le cellule a contrarsi in sincronia. Il risultato? Minuscole strutture capaci di piegarsi, spostarsi o trascinare oggetti. Un passo concreto verso la creazione di robot “vivi”, in parte biologici e in parte artificiali.
Le applicazioni in medicina
I risultati aprono prospettive straordinarie nel campo biomedico.
Secondo Shin, “queste strutture rappresentano una piattaforma ideale per studiare il comportamento del tessuto muscolare e sviluppare nuovi trattamenti per la rigenerazione dei muscoli danneggiati”.
Le applicazioni principali sono tre:
- Medicina rigenerativa – I mini-muscoli potranno essere impiegati per analizzare come il tessuto umano si ripara dopo lesioni, immobilizzazione o invecchiamento. Le scoperte potranno contribuire a terapie contro atrofie muscolari e distrofie.
- Test farmacologici – Sperimentare nuovi farmaci su tessuti umani coltivati in laboratorio permette di valutarne efficacia e tossicità riducendo la necessità di test sugli animali. In particolare, sarà possibile osservare in tempo reale la risposta dei muscoli ai medicinali che influenzano la contrazione o la trasmissione elettrica.
- Microchirurgia di precisione – Dispositivi bioibridi miniaturizzati potrebbero un giorno essere usati come pinze o strumenti autonomi, capaci di operare in aree del corpo oggi inaccessibili con la chirurgia tradizionale.
Le sfide ancora da affrontare
Nonostante i progressi, la biohybrid robotics deve superare ostacoli significativi. Il primo riguarda la sopravvivenza del tessuto muscolare: se la struttura di supporto è troppo spessa, le cellule interne non ricevono abbastanza nutrienti. Per questo si stanno sviluppando microcanali simili a capillari, che consentano un flusso costante di ossigeno e sostanze vitali.
Un’altra sfida è la trasmissione uniforme del segnale elettrico. Oggi, gli impulsi non si propagano in modo omogeneo lungo il tessuto. La soluzione potrebbe arrivare da idrogel conduttivi di nuova generazione, dotati di minuscoli elettrodi integrati.
C’è poi il problema della resistenza meccanica: materiali troppo rigidi ostacolano il movimento, ma quelli troppo morbidi si deteriorano in fretta. I ricercatori stanno quindi studiando matrici rinforzate, in grado di mantenere flessibilità e durata.
Infine, la tecnologia di stampa 3D dovrà diventare più rapida e precisa per creare strutture più grandi senza compromettere la vitalità cellulare.
Oltre Harvard: la corsa ai robot “vivi”
Il lavoro del team di Shin non è isolato. Al Massachusetts Institute of Technology (MIT), nel marzo 2025, un gruppo di bioingegneri ha sviluppato un tessuto artificiale in grado di contrarsi in diverse direzioni, imitando il movimento dell’iride umana.
E al Ren Lab della Carnegie Mellon University, i ricercatori hanno presentato gli AggreBots, microscopici automi composti da cellule polmonari umane che si muovono grazie a minuscole ciglia biologiche.
Questi progetti segnano l’inizio di una nuova era in cui la distinzione tra organismo e macchina si fa sempre più sottile. La prospettiva, ancora lontana ma sempre più concreta, è quella di robot che non solo si muovono, ma crescono, si riparano e reagiscono all’ambiente come esseri viventi.
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