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Gelato al basilico e mozzarella: l’estate che non ti aspetti

Cosa succede quando una pallina si trasforma in antipasto? A Milano un maestro gelatiere racconta l’evoluzione (quasi folle) del cono italiano.

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    Dimentica cioccolato e stracciatella. L’estate 2025 ha un sapore tutto nuovo: quello del basilico fresco, della burrata pugliese e persino della crema di acciughe. È il trionfo del gelato salato, la rivoluzione che nessuno aveva chiesto… ma che ora tutti vogliono assaggiare.

    Milano, zona Navigli. Dentro una gelateria minimalista con scritte in corsivo e piante appese al soffitto, Stefano Zinni, 42 anni, ex cuoco stellato convertito al gelato, prepara con religioso silenzio una nuova vaschetta di “parmigiano e pere al balsamico”. Gli chiediamo se ha perso il senno. Sorride. «Il gelato è come la musica: può essere pop, ma anche jazz sperimentale. E io ho scelto l’improvvisazione».

    Stefano ha abbandonato la ristorazione tradizionale cinque anni fa per aprire Gelab, un laboratorio che propone gusti come “pomodoro confit e basilico”, “zola e miele di castagno” o “olio d’oliva e mandorla”. Il suo best seller? «Basilico e mozzarella. La gente lo prende per scherzo, poi torna il giorno dopo per una vaschetta intera».

    Sembra assurdo, ma funziona. Forse perché il palato italiano è più curioso di quanto crediamo. «All’inizio storcevano il naso. Poi ho messo il “crudo e melone” nel cono. E boom: sold out in tre ore». Il trucco, dice, è l’equilibrio: «Non faccio mai gusti estremi. Ogni gelato salato deve avere un ponte dolce. Come nella vita: serve una via di mezzo tra il rischio e il piacere».

    E così, tra il salato che rinfresca e il dolce che coccola, si apre una nuova frontiera della gelateria artigianale. I clienti arrivano anche dall’estero, e i ristoranti cominciano a ordinare vaschette su misura per servire antipasti “freddi” con il cucchiaino.

    «Il gelato non è più solo dessert. È diventato racconto, sorpresa, provocazione. È il modo con cui possiamo dire “l’estate è cambiata”».
    E se la prossima moda fosse il gelato al pesto? «Fatto ieri. Con pinoli caramellati». Touché.

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      Sushi al pesto, tartufo e bufala: le follie gastronomiche dell’estate italiana

      Dai maki al pesto ai nigiri con burrata, passando per uramaki al tartufo nero e tempura di babà: l’estate 2025 è il trionfo della contaminazione gastronomica. L’obiettivo? Far impazzire turisti, influencer e algoritmi. Anche a costo di far venire il mal di pancia al buon gusto.

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        Il sushi non è più quello di una volta. E in fondo, forse è giusto così: chi ha detto che il riso deve stare con il pesce crudo, la soia e il wasabi? L’estate 2025 ha sdoganato la versione italica del sushi con una creatività che definire ardita è un eufemismo.

        Il tour comincia a Portofino, dove lo “chef creativo” del momento serve un roll pesto e pinoli con topping di burrata. “Omaggio alla Liguria”, dicono. “Insulto alla gastronomia”, rispondono i puristi. Il colore verde acceso dell’alga nori che si fonde col verde più spento del pesto ricorda vagamente l’albero di Natale. A Ferragosto.

        Spostiamoci a Positano, dove il sushi roll con alici di Cetara e mozzarella di bufala campana fa impazzire TikTok. I turisti tedeschi ci mettono sopra il ketchup, quelli americani fanno “wow”. Il sommelier abbina un prosecco con nota di ananas e il gioco è fatto. L’Asia può attendere.

        Ma il premio per la più spregiudicata invenzione dell’anno va a un locale di Assisi, dove il “Sushufolo” – roll di riso con carpaccio di fassona, crema di tartufo nero e scaglie di pecorino – è l’ultimo sacrilegio in menù. Servito su pietra calda, accompagnato da una ciotolina di vin santo. Il Giappone ha chiesto l’estradizione.

        A Milano, invece, il “fusion estremo” è una religione. In zona Navigli, un locale propone “sushi carbonara”, con guanciale croccante e uovo a bassa temperatura. Si mangia rigorosamente con le bacchette. E con gli occhi chiusi.

        Ovviamente, i social impazziscono: reels, stories, TikTok pieni di bocche aperte, occhi stupiti e didascalie con hashtag tipo #SushItalia o #NigiriColParmigiano. Il confine tra genialità e delirio gastronomico è sempre più sottile. E spesso condito con l’olio al tartufo.

        La morale? Nessuna. Se non quella, forse, che l’estate è lunga, gli stomaci forti e il like facile. Nel dubbio, tenete a portata di mano un antiacido. E magari un onigiri vero.

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          La febbre del cocomero: da frutto popolare a simbolo hipster dell’estate 2025

          Non è più solo il frutto da tagliare a fette sotto l’ombrellone. Il cocomero si reinventa: ingrediente di cocktail d’autore, protagonista di dessert stellati, musa per packaging di bellezza e persino oggetto di culto su TikTok. E mentre il prezzo per una maxi anguria sfiora i 30 euro, scoppia la “cocomero mania”.

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            Un tempo si mangiava sulla spiaggia, appoggiati al bagnasciuga, con le mani appiccicose e il succo che colava sulle ginocchia. Oggi, invece, l’anguria si serve in calici da vino, viene affettata in cubi minimal per dessert da ristorante stellato, e profuma – letteralmente – le notti estive di chi la sceglie come nota di testa nel nuovo Eau de Parfum da boutique.

            È ufficiale: il cocomero non è più solo un frutto. È un manifesto estetico.

            La “cocomero mania” è esplosa come una granita al sole, complice l’ascesa social dell’anguria: tra TikTok, Instagram e Pinterest, il frutto rosa è diventato sfondo, oggetto, pattern, trend. C’è chi lo scolpisce in forme artistiche, chi lo utilizza per creare stoviglie biodegradabili, chi ne fa la base per un gelato molecolare da servire al tavolo con l’azoto liquido.

            E poi ci sono i cocktail, ovviamente. Dal Watermelon Spritz con gin botanico al Margarita all’anguria affumicata, il frutto più pop dell’estate si è guadagnato un posto d’onore nei menu dei rooftop bar di Milano, Roma e Barcellona.

            Non solo food. Brand cosmetici e case di moda ne esaltano l’effetto pop: la fragranza watermelon è ovunque, dagli shampoo alle creme corpo, passando per le candele da 60 euro l’una. Persino nei beachwear si moltiplicano i pattern ispirati all’anguria, che torna prepotente anche su borse, teli mare e accessori.

            E il prezzo? Come ogni moda, ha il suo costo. In alcune città, una maxi anguria biologica può superare i 25-30 euro. E se la si vuole già tagliata, il ricarico raddoppia.

            L’anguria, insomma, non è più la merenda proletaria che fu. Ma forse, proprio per questo, piace ancora di più. Perché dietro la scorza verde e le righe scure, batte ancora un cuore rosso capace di conquistare ogni estate. Anche questa.

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              Crostata fragole e basilico: il dolce che non ti aspetti

              Dimenticate la solita crema pasticcera e aprite le porte a un nuovo equilibrio: quello tra la dolcezza acidula delle fragole fresche e l’aroma inaspettato del basilico. In questa crostata il sapore della primavera si fa audace, erbaceo e profondo, in un connubio che sa di innovazione e nostalgia. La pasta frolla è quella burrosa delle nonne, ma il ripieno strizza l’occhio a una pasticceria più moderna e profumata. Il risultato? Un dessert elegante e fresco, da servire rigorosamente a temperatura ambiente.

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                C’è un profumo che a fine aprile comincia a farsi largo tra mercati e cucine: quello delle fragole mature, rosse, lucide, ancora piene di sole. Ma c’è un altro profumo che, silenziosamente, reclama spazio nei nostri piatti: quello del basilico, fresco, verde, con quel tocco tra il limone e la liquirizia che sa d’estate anticipata. In questa crostata si incontrano entrambi, e lo fanno senza chiedere il permesso.

                Perché il basilico, se usato bene, può regalare alla pasticceria una nota inedita, elegante e pulita. Ecco allora una crostata che è un piccolo colpo di teatro sul palato: una base friabile di frolla, una crema vellutata al basilico e un tappeto di fragole fresche, intere o a fettine, come preferite. Perfetta come dessert per una cena, una merenda chic, o semplicemente per il puro piacere di stupirsi.

                Ingredienti

                Per la frolla:

                • 250 g di farina 00
                • 150 g di burro freddo a pezzetti
                • 100 g di zucchero a velo
                • 1 uovo intero
                • Un pizzico di sale
                • Scorza grattugiata di mezzo limone

                Per la crema al basilico:

                • 400 ml di latte intero
                • 100 ml di panna fresca
                • 4 tuorli
                • 120 g di zucchero
                • 40 g di amido di mais
                • 20 foglie grandi di basilico fresco

                Per la decorazione:

                • 400 g di fragole fresche
                • Gelatina neutra per lucidare (facoltativa)
                • Foglioline di basilico fresco

                Procedimento

                Preparate la frolla: sabbiate farina e burro con la punta delle dita fino a ottenere un composto bricioloso, poi aggiungete zucchero, uovo, sale e scorza di limone. Lavorate velocemente fino a ottenere un panetto, avvolgetelo nella pellicola e fatelo riposare in frigo per almeno 30 minuti.

                Nel frattempo, preparate la crema al basilico. Scaldate latte e panna in un pentolino con le foglie di basilico spezzettate grossolanamente. Portate quasi a ebollizione, poi spegnete e lasciate in infusione per 30 minuti. Filtrate e rimettete sul fuoco. In una ciotola montate i tuorli con lo zucchero, poi aggiungete l’amido. Unite a filo il latte caldo, mescolate e cuocete la crema a fuoco dolce fino a che si addensa. Fate raffreddare coperta da pellicola a contatto.

                Stendete la frolla e foderate uno stampo da crostata (24-26 cm), bucherellate il fondo con una forchetta e cuocete in bianco a 180°C per circa 20-25 minuti. Una volta fredda, farcite con la crema al basilico e decorate con fragole fresche a piacere. Se volete, spennellate con un velo di gelatina neutra per lucidare e profumate con foglioline di basilico.

                Il risultato? Una crostata che non ha paura di uscire dal coro. Dolce, ma non troppo. Elegante, ma con carattere. E con quel profumo verde che la primavera lascia quando entra dalla finestra.

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