Connect with us

Gossip

Rocio Munoz Morales e il post sospetto dopo la rottura con Raoul Bova: “Prendersi cura è un atto di presenza”

Dopo le indiscrezioni di rottura con Raoul Bova, Rocio Munoz Morales pubblica un post sibillino che molti leggono come un messaggio all’ex compagno: “Prendersi cura è un atto di presenza”. Nessuna smentita ufficiale, ma secondo Parpiglia e Rosica la separazione sarebbe ormai certa, con Bova pronto a cambiare casa a settembre.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Il silenzio parla, a volte. E le parole scelte con cura, ancora di più. Rocio Munoz Morales ha affidato a un post su Instagram quello che molti fan hanno interpretato come un messaggio ben poco velato al compagno Raoul Bova, dopo le voci insistenti sulla rottura della coppia.

    “Prendersi cura… è un atto di presenza”, scrive l’attrice e conduttrice, che da giorni è al centro del gossip. La frase, legata alla promozione di una linea di cosmetici, ha acceso la curiosità di chi segue da anni la storia d’amore tra Rocio e l’attore romano. “La bellezza, quella vera, inizia da lì”, aggiunge. E ancora: “Un modo per ritornare a me…”. Parole che suonano come il manifesto di una rinascita personale, proprio nei giorni in cui si rincorrono le voci di una separazione definitiva.

    Secondo quanto svelato da Gabriele Parpiglia, la relazione tra Raoul Bova e Rocio Munoz Morales sarebbe giunta al capolinea. L’attore, impegnato in questi giorni sul set di Don Matteo 15, avrebbe già deciso di lasciare la casa condivisa con Rocio e di trasferirsi in un nuovo appartamento a partire da settembre. Un’indiscrezione rilanciata anche da Alessandro Rosica, che parla apertamente di presunti tradimenti da parte di Bova come causa della rottura.

    La storia tra i due era nata nel 2011 durante le riprese di Immaturi – Il viaggio, quando Bova era ancora sposato con Chiara Giordano. Dopo anni di relazione, due figlie e una vita apparentemente solida, la coppia oggi sembra arrivata al punto di non ritorno. Nessuna conferma ufficiale, ma neppure smentite: entrambi si tengono lontani dai microfoni e preferiscono affidare a frasi velate e silenzi eloquenti il racconto di ciò che accade davvero.

    Nel frattempo, Raoul è concentrato sul set e Rocio su se stessa. E se davvero la loro storia è finita, forse lo stanno raccontando esattamente così: senza urla, senza dichiarazioni, ma con una punta di malinconia. E una frecciatina tra le righe.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Gossip

      Cellino in ebollizione: nuove tensioni tra Loredana Lecciso e Romina Power, spunta il sospetto sul post di Yari

      Secondo il settimanale Oggi, dietro il post polemico di Yari Carrisi contro Loredana Lecciso ci sarebbe lo “zampino” di Romina Power. Intanto la compagna di Al Bano preferisce rifugiarsi a Milano, lontano dalle tensioni di Cellino San Marco.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Non è mai pace in casa Carrisi. A Cellino San Marco, dove da sempre si incrociano affetti, ricordi e polemiche, l’atmosfera si sarebbe fatta di nuovo incandescente. Tutta colpa di un post social di Yari Carrisi, figlio di Al Bano e Romina Power, che qualche settimana fa aveva lasciato intendere — con parole pesanti — che Loredana Lecciso fosse in attesa della “dipartita” del cantante per mettere le mani sul patrimonio. Un’accusa gravissima, cancellata dopo pochi minuti, ma non abbastanza in fretta da passare inosservata.

        A rilanciare la vicenda è stato Alberto Dandolo sul settimanale Oggi. Secondo il giornalista, dietro quel gesto clamoroso potrebbe celarsi un retroscena ancora più spinoso: «Serpeggia il sospetto che dietro la provocazione di Yari ci sia stato lo zampino di Romina, che non avrebbe mai digerito la seconda vita dell’ex marito», scrive. Una voce che non ha trovato conferme ufficiali, ma che basta a riaccendere le rivalità tra la storica moglie e l’attuale compagna di Al Bano.

        In questo clima avvelenato, Loredana Lecciso avrebbe scelto una strategia precisa: trascorrere più tempo possibile lontano da Cellino. «Preferisce restare a Milano, dove studia il figlio Al Bano Junior, detto Bido», rivela Dandolo. Un modo per respirare aria nuova, mentre nella campagna brindisina l’atmosfera si farebbe “davvero irrespirabile”.

        Intanto Al Bano, abituato a dividere la sua vita pubblica tra palcoscenici e talk show, sembra determinato a non farsi trascinare nel vortice delle polemiche. Sarà infatti tra gli ospiti della prima puntata della nuova stagione di Domenica In di Mara Venier. Ma la domanda resta: riuscirà il cantante a riportare la pace a Cellino, o la rivalità tra Loredana e Romina continuerà a serpeggiare tra frecciatine e sospetti?

          Continua a leggere

          Personaggi

          Raz Degan, digiuni e reset dell’anima: «Dopo dieci giorni senza cibo ho capito che persino una mela può cambiare la vita»

          Dopo i digiuni da record, Degan organizza maratone collettive online seguite da migliaia di persone. Vita barefoot in Valle d’Itria, niente tv, l’amore con Cindy Stuart e i ricordi di set con Hopkins, Lange, Stone e Olmi.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            «Questa sera io non ho fame». Sono passati quasi trent’anni da quello spot che lo rese un volto familiare. Raz Degan, oggi 55enne, continua a non avere fame, ma stavolta per scelta. Intervistato da Elvira Serra per il Corriere della Sera, l’ex modello e attore racconta la sua vita da “santone rock”, divisa tra digiuni estremi, meditazione e la quiete di un trullo pugliese.

            La sua esperienza più radicale risale al 2016, al termine delle riprese di The Last Shaman, documentario prodotto da Leonardo DiCaprio: diciotto giorni di digiuno totale. «Era il mio modo per purificarmi dopo cinque anni di lavoro totalizzante» spiega. Da allora Degan ha trasformato la pratica personale in un esperimento collettivo. Lo scorso agosto ha lanciato su Instagram “48 ore di digiuno con Raz”: si sono iscritti in tremila, oltre duecento hanno partecipato agli incontri live quotidiani.

            C’era chi temeva sbandamenti o rischi, ma Degan precisa che non era un’avventura improvvisata: «Avevamo un team di specialisti – medici, psicologi, cardiologi – pronti a seguire tutti i partecipanti. Le 48 ore erano precedute da un giorno di preparazione e seguite dal rientro consapevole. Non era una gara di resistenza, ma un’esperienza di crescita».

            Lui, che da fuori potrebbe sembrare un invasato, rivendica la filosofia che lo ispira: «Il digiuno consapevole è come riavviare il sistema operativo. In un mondo bombardato da immagini e distrazioni, togliere il superfluo permette di ritrovare respiro e lucidità. Così persino una mela, mangiata senza distrazioni, diventa un’esperienza di presenza e libertà».

            Dietro la seriosità, c’è anche l’ironia. Dopo un digiuno di dieci giorni aveva postato un video parlando con la voce di Dan Peterson. Il giorno dopo lo hanno invitato in tv per confrontarsi con quattro medici scettici. «All’estero il digiuno è sempre più sostenuto e ci sono studi che ne dimostrano i benefici» ribatte.

            Non solo astinenze. Degan rivendica la sua scelta di vivere da antidivo. Dal 2001 ha un trullo in Valle d’Itria: «Qui mi sento libero, cammino scalzo, non ho nemmeno la tv. È il mio modo per restare con i piedi per terra». Accanto a lui la compagna Cindy Stuart, con cui condivide viaggi e passioni: sul matrimonio taglia corto, «sono solo fatti nostri».

            E c’è la carriera da attore, con ricordi che ancora lo emozionano: «Anthony Hopkins e Jessica Lange in Titus erano straordinari. Lui scherzava fino a un attimo prima, poi si trasformava. Lei, tutta Metodo Stanislavskij, viveva davvero il dolore della scena. Due opposti, ma entrambi giganteschi». Anche tra i registi cita gli estremi: «Oliver Stone, un generale che costruiva le scene con disciplina militare. Ermanno Olmi, invece, rubava immagini creando magia».

            La vita di oggi, fatta di silenzi, digiuni e natura, sembra distante anni luce dai riflettori che lo hanno reso un sex symbol. Eppure Degan resta fedele a sé stesso: un uomo che, tra spiritualità e provocazione, trasforma persino il gesto più semplice – addentare una mela – in un manifesto di libertà.

              Continua a leggere

              Gossip

              Il mito oscuro del Groucho Club: tra cocaina, eccessi e celebrità cacciate alla porta

              Nato come rifugio anticonvenzionale, il Groucho Club divenne sinonimo di dissolutezza. Da Madonna respinta all’Oscar rifiutato ad Al Pacino, fino alle notti di George Michael, i fratelli Gallagher e Damien Hirst: un paradiso bohémien che oggi chiude i battenti dopo la sospensione della licenza.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Se a Londra c’era un posto dove tutto poteva accadere, quello era il Groucho Club. Fondato nel 1985 da editori e agenti letterari come Carmen Callil ed Ed Victor, nacque come alternativa ai rigidi club per gentiluomini dell’epoca. Prezzi accessibili, porte aperte alle donne e un’atmosfera creativa fecero del locale di Dean Street, nel cuore di Soho, il ritrovo perfetto per scrittori, musicisti e artisti in cerca di libertà.

                Ma già negli anni Novanta la sua reputazione prese una piega diversa: l’edonismo del Britpop e dei Young British Artists trasformò il Groucho in un laboratorio di eccessi. Tra i tavoli del bar non era raro imbattersi in Blur e Oasis — spesso più pronti a litigare che a brindare — o in artisti come Tracey Emin e Damien Hirst, che facevano della provocazione uno stile di vita.

                Le leggende si sprechino. C’era la stanza soprannominata “Dipartimento degli acquisti peruviano”, dove la cocaina sarebbe stata a disposizione contro ogni regolamento ufficiale. Toby Young, giornalista e autore, ha raccontato: «Negli anni Novanta girava così tanta cocaina che se qualcuno avesse imbucato dell’antrace nella cassetta della posta, sarebbe finito nel naso di qualcuno in trenta secondi».

                Gli episodi di ordinaria follia sono entrati nella mitologia londinese. Jeffrey Bernard, editorialista dello Spectator, ricordò di essersi svegliato con la testa appoggiata su un rombo alla griglia, convinto di essere diventato cieco, salvo scoprire che aveva la salsa tartara sugli occhiali. Il pubblicitario Mark Borkowski intratteneva gli ospiti dandosi fuoco ai peli del petto, finché Damien Hirst non esagerò e lo mandò in ospedale. Il bassista dei Blur, Alex James, confessò di aver dormito per una settimana sotto il tavolo da biliardo.

                Le rockstar non erano le sole a finire nei guai. Liam Gallagher venne buttato fuori dopo aver rotto una finestra, mentre Lily Allen, figlia dell’attore Keith Allen, fu sospesa per un mese dopo essere stata sorpresa a sniffare in bagno. Alan Davies, protagonista della serie Jonathan Creek, finì in prima pagina nel 2007 per aver morso l’orecchio di un senzatetto fuori dal locale, ubriaco perso.

                Eppure, il Groucho era così celebre da permettersi gesti impensabili: rifiutare un Oscar ad Al Pacino o cacciare Madonna alla porta. Nelle sue sale hanno brindato George Michael, Robbie Williams, Rita Ora, Cara Delevingne, Freddie Mercury e persino membri della famiglia reale britannica. Si dice che Bono abbia intonato Happy Christmas a Bill Clinton, e che notti intere si siano consumate tra sesso nei bagni e celebri caduti sotto i tavoli.

                Negli ultimi anni il club aveva provato a ripulire la sua immagine, ma il mito rimane indissolubilmente legato a quel mix di creatività e autodistruzione che lo ha reso leggendario. Oggi, dopo la sospensione della licenza per problemi legali, il Groucho chiude i battenti. Eppure resta il simbolo di un’epoca in cui Londra sapeva essere scandalosa e geniale allo stesso tempo.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù