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Cronaca

Alcol, cocaina e notti brave: l’estate dei ragazzini che si credono rockstar finisce troppo spesso in ospedale

Dall’inizio di giugno a oggi 24 giovanissimi sono stati ricoverati d’urgenza: 16 per abuso di alcol e 8 per consumo di droghe. I medici parlano di un’età sempre più bassa, di mix pericolosi con bevande energetiche e di un allarme che riguarda tutta la movida roman

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    Con le scuole chiuse e le giornate lunghe da riempire, la strada si trasforma in discoteca e il bicchiere diventa un passatempo. Ma per troppi adolescenti l’estate 2025 sta già lasciando il segno più amaro: coma etilici, overdose e sirene del 118 che squarciano la notte. Al pronto soccorso pediatrico del Bambino Gesù di Roma, dall’inizio di giugno sono arrivati 24 minorenni, più o meno uno ogni due giorni.

    Numeri che raccontano un fenomeno in crescita. «Molti sono poco più che bambini», spiega Sebastian Cristaldi, responsabile del pronto soccorso del Gianicolo. «In queste settimane abbiamo accolto 12enni in stato soporoso dopo aver abusato di alcolici e 15enni che avevano consumato grandi quantità di cocaina».

    Sedici accessi su ventiquattro riguardano alcol: ragazzini tra i 13 e i 16 anni che bevono nei luoghi della movida, da Monti a Trastevere fino a Centocelle. Non si tratta solo di ubriacature improvvise: c’è chi mescola superalcolici ed energy drink per restare sveglio più a lungo. «Così si alterano i segnali del corpo e si continua a bere ben oltre il limite di sicurezza», avverte Cristaldi.

    Accanto agli etilometri che vanno fuori scala, ci sono le bustine e le canne. Otto i ricoveri legati a sostanze stupefacenti, uno a settimana. «Nel 90% dei casi si tratta di cannabinoidi — racconta il medico — ma registriamo anche consumi di cocaina. Di solito parliamo di ragazzi provenienti da contesti più fragili, con alle spalle storie familiari complicate».

    Un quadro che spaventa non solo per i numeri ma per la rapidità con cui l’età media scende. A 12 anni, oggi, c’è chi conosce già lo stordimento dell’alcol e la spinta artificiale della polvere bianca. Effetti immediati che, se ripetuti, si portano dietro danni permanenti: «Si altera il metabolismo glicemico, aumenta il rischio di diabete, obesità e malattie cardiovascolari», avvertono i pediatri. «E per il cervello il danno è irreversibile: le cellule nervose non si ricostituiscono».

    La soluzione, sottolineano dal Bambino Gesù, non è solo la repressione ma la prevenzione. Educare, spiegare, riportare nelle scuole il tema del consumo consapevole. Perché a furia di giocare a fare i ribelli, i ragazzini rischiano di bruciare la salute prima ancora di diventare grandi.

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      Cronaca

      Beata subito! Nuove prove per la beatificazione di Elena di Savoia

      Nel 2001 l’allora arcivescovo di Montpellier Jean-Pierre Ricard aprì a livello diocesano la causa di beatificazione della sovrana italiana Elena di Savoia…

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      Elena di Savoia

        Elena di Savoia, moglie di Vittorio Emanuele III, il terzo re d’Italia, è ricordata non solo per il suo ruolo di sovrana, ma anche per la sua profonda fede e dedizione al prossimo.

        Nata ortodossa in Montenegro e convertitasi al cattolicesimo dopo il matrimonio, ha vissuto un’esistenza riservata, sempre impegnata nel sostegno ai malati e ai bisognosi. Nel 2001, l’arcivescovo Jean-Pierre Ricard aprì la causa di beatificazione a Montpellier, dove Elena morì in esilio nel 1952, dopo la scomparsa del marito avvenuta ad Alessandria d’Egitto nel 1947.

        Un impegno riconosciuto da Pio XII

        Nel 1937, papa Pio XII insignì la regina Elena della “Rosa d’oro della cristianità” per la sua instancabile opera sociale. Tra le sue tante iniziative, spicca la creazione di un ospedale oncologico che ancora porta il suo nome, e l’istituzione della prima scuola specialistica per infermiere. Il suo impegno durante i due conflitti mondiali fu straordinario, tanto che nel 1939 cercò di evitare l’ingresso delle nazioni neutrali nella Seconda guerra mondiale, un’iniziativa bloccata da Mussolini.

        Gli ultimi anni e il nuovo impulso alla causa

        Dopo l’abdicazione del marito nel 1946, Elena si trasferì a Montpellier, dove visse con discrezione nonostante la sua malattia. Esemplare il suo gesto a Lourdes poco prima di morire, quando chiese preghiere non per sé, ma per tutte le madri che avevano perso figli in guerra, come lei stessa aveva sperimentato con la perdita di sua figlia Mafalda nel campo di concentramento di Buchenwald.

        Raccolta di nuove testimonianze verso la beatificazione

        Ora, il comitato che promuove la causa di beatificazione vuole rilanciare l’iniziativa, cercando di aprire una causa diocesana anche a Roma e raccogliendo nuove testimonianze.

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          Cronaca Nera

          Torturato per dieci giorni e ucciso in diretta sui social: non era una messinscena, aperta un’inchiesta sugli “amici” dello streamer

          Non più intrattenimento ma violenza reale. Raphael Graven, streamer con oltre mezzo milione di follower, è morto dopo giorni di dirette estreme. I legali dei due complici parlano di “finzione”, ma le immagini mostrano strangolamenti, ingestione di sostanze tossiche e colpi violentissimi. La procura apre un’inchiesta: i primi ad essere interrogati saranno proprio i due “amici”.

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            Raphael Graven, conosciuto in rete come Jeanpormanove, non era un esibizionista qualsiasi. A 46 anni, con oltre 582mila follower su TikTok e migliaia di spettatori fissi sulle dirette, aveva costruito la sua notorietà sulle “sfide impossibili”, al limite della sopportazione fisica. Ma il gioco è finito in tragedia. Dopo più di dieci giorni di live ininterrotti sulla piattaforma Kick, lo streamer è morto in diretta, mentre veniva sottoposto a sevizie sempre più estreme da parte dei suoi due complici, noti come Naruto e Safine.

            Strangolamenti, pugni al volto, vernici gettate in testa, ingestione di sostanze tossiche: un crescendo di violenze spacciate per “contenuto estremo” che in realtà celavano sofferenza autentica. Lo dimostrano i video, che raccontano ben più di una “messinscena” come sostengono i legali dei due uomini. Per oltre dieci minuti, il corpo senza vita di Graven è rimasto esposto in diretta, sotto lo sguardo incredulo di migliaia di spettatori, prima che qualcuno interrompesse la trasmissione.

            La procura ha aperto un’inchiesta. I primi a essere interrogati saranno proprio Naruto e Safine, i due che lo hanno accompagnato nelle ultime ore e che hanno continuato a spingerlo in performance sempre più estreme. La linea difensiva punta a presentare tutto come spettacolo, ma per gli investigatori la realtà appare diversa: la sofferenza era autentica e i segni lasciati sul corpo lo confermano.

            Jeanpormanove aveva scelto Kick dopo aver abbandonato Twitch, piattaforma dai regolamenti più rigidi che già lo aveva messo nel mirino. Qui aveva trovato un terreno fertile per moltiplicare le sfide e alimentare la propria fama. Un pubblico pronto a cliccare, commentare e condividere, mentre la spirale di violenza diventava intrattenimento.

            Ora la morte dello streamer obbliga a guardare oltre lo schermo: non più “content”, ma vita reale spinta fino al limite, dove l’applauso dei follower si trasforma in complicità silenziosa.

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              Mondo

              Il padre di Papa Leone XIV, eroe del D-Day: Louis Marius Prevost tra lo sbarco in Normandia e la fede

              Louis Marius Prevost, padre di Papa Leone XIV, prese parte allo sbarco in Normandia il 6 giugno 1944 come ufficiale della Marina degli Stati Uniti. Stimato per disciplina e dedizione, partecipò anche all’Operazione Dragoon nel sud della Francia, prima di rientrare in patria e dedicarsi alla scuola e alla comunità religiosa. Una vita segnata da senso del dovere e fede, eredità che il figlio ha portato fino al soglio pontificio.

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                Il destino della famiglia Prevost si intreccia con la Storia. Louis Marius Prevost, padre di Papa Leone XIV, classe 1920, fu uno degli ufficiali della Marina statunitense impegnati nello sbarco in Normandia, il 6 giugno 1944. A rivelarlo sono i documenti conservati al National Archives and Records Administration di St. Louis, Missouri, che raccontano la parabola di un giovane americano arruolato con il programma di addestramento accelerato V-7.

                Il 24 novembre 1943 ottenne il grado di guardiamarina della Riserva Navale, e poco dopo partì per l’Europa. Imbarcato sulla USS LST-286, una nave da sbarco in grado di trasportare uomini, mezzi e carri armati, partecipò al D-Day, uno degli eventi che segnarono la fine della morsa nazifascista. Nel 1944 prese parte anche all’Operazione Dragoon, lo sbarco nel sud della Francia.

                I fascicoli ufficiali riportano come i suoi superiori ne apprezzassero le capacità organizzative, lo spirito di abnegazione e il senso del dovere. Qualità che gli valsero la promozione a tenente di vascello. Dopo quindici mesi di missione oltreoceano, Prevost fece ritorno negli Stati Uniti, dove scelse di dedicarsi all’educazione e alla vita comunitaria: divenne preside scolastico e catechista, continuando a trasmettere i valori di disciplina e servizio.

                Il 25 gennaio 1949 sposò Mildred Agnes Martinez, dalla quale ebbe tre figli. Proprio il terzogenito, Robert Francis, sarebbe diventato, esattamente ottant’anni dopo la fine della guerra in Europa, Papa Leone XIV.

                Una coincidenza simbolica, che lega la forza silenziosa di un padre soldato alla missione spirituale di un figlio chiamato a guidare la Chiesa cattolica.

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