Sport
Ferrari, stagione da incubo sotto i riflettori del Wall Street Journal: zero vittorie, errori strategici e frizioni interne
Dal sogno Hamilton alla realtà di un campionato anonimo, con Leclerc a contestare in radio le scelte del muretto. Per il Wall Street Journal i tifosi restano fedeli, ma la Scuderia non vince un titolo costruttori dal 2008 e il futuro è un’incognita.

«La stagione della Ferrari è un incubo». Non usa giri di parole il Wall Street Journal per descrivere il 2025 della scuderia di Maranello. Un reportage pubblicato in occasione del Gran Premio di Monza che racconta l’entusiasmo dei tifosi italiani nonostante quello che il quotidiano definisce «l’anno più brutto degli ultimi tempi».
Il giornale sottolinea come il Cavallino, che non conquista un titolo costruttori dal 2008, stia vivendo il digiuno più lungo della sua storia. «Neanche una vittoria in gara per i suoi piloti», scrive il Wsj, ricordando che a Zandvoort entrambe le monoposto non sono nemmeno arrivate al traguardo. Monza, da sempre casa felice della Ferrari, quest’anno ha avuto più il sapore di una pagella piena di insufficienze.
L’inizio della stagione era stato salutato come l’alba di una nuova era. Con l’arrivo di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, le aspettative erano altissime. Il britannico aveva definito il debutto in rosso «il sogno di ogni bambino che corre in kart», e l’obiettivo era chiaro: puntare all’ottavo titolo. Ma la realtà si è rivelata ben diversa.
Hamilton è finito lontano dai vertici, relegato al sesto posto in classifica generale. Non solo: Charles Leclerc lo ha battuto in 12 delle 14 gare concluse insieme. Il punto più basso per il campione inglese è arrivato in Ungheria, quando non è riuscito a superare la seconda fase delle qualifiche. «Sono inutile, assolutamente inutile», ha ammesso via radio. «Ho guidato malissimo».
Il Wall Street Journal racconta anche delle tensioni interne. L’ultimo episodio è arrivato ancora a Zandvoort, quando Leclerc ha contestato in diretta radio le scelte del muretto. «Siamo così fottutamente sfortunati! Incredibile!», ha urlato lo stesso pilota, lasciando intendere la frustrazione che si respira nel box Ferrari.
Le difficoltà tecniche hanno fatto il resto. Le monoposto hanno sofferto problemi cronici di assetto e di altezza da terra, costringendo i piloti a lottare più contro la macchina che contro gli avversari. A questo si sono sommati errori strategici e mancanza di costanza.
La lotta al titolo è ormai chiusa e il futuro resta un’incognita, soprattutto in vista del 2026, quando entreranno in vigore i nuovi regolamenti tecnici. «Mercedes sembra già in vantaggio nello sviluppo», nota il quotidiano americano, mentre a Maranello si cerca di salvare l’immagine di una stagione nata con fanfare e finita in frustrazione.
Eppure, nonostante i risultati disastrosi, il Wall Street Journal osserva come l’amore dei tifosi italiani non si sia incrinato. A Monza, il rosso Ferrari continua a riempire tribune e bandiere. Segno che il Cavallino, anche nei momenti peggiori, resta un simbolo che va oltre le classifiche.
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Tennis
Sinner e Alcaraz, dopo la finale di New York la rivalità riparte: la colazione con Laila, l’analisi lucida di Jannik e l’ossessione vincente di Carlitos
Il 22enne spagnolo ha vinto sei Slam, l’altoatesino quattro. A Shanghai saranno le teste di serie numero 1 e 2: il tennis universale dei due predestinati annulla le differenze tra superfici e accende la sfida più appassionante del circuito.

Il giorno dopo l’Us Open, il sole è sorto anche su Manhattan. Carlos Alcaraz e Aryna Sabalenka hanno presidiato i morning show, mentre Jannik Sinner ha scelto la colazione con Laila nella suite del Baccarat Hotel per metabolizzare la sconfitta e meditare vendetta sportiva. L’ennesimo capitolo di una rivalità che ormai trascende i confini del tennis.
Alcaraz e Sinner hanno vinto dieci Slam in due, sei lo spagnolo, quattro l’italiano. Hanno dimostrato che le superfici non contano più: terra, erba o cemento sono diventati playground per un tennis universale. A Parigi ha vinto Carlitos, a Londra Jannik, a New York ancora lo spagnolo. Una filastrocca che cancella la vecchia epoca dei Big Three e che sembra destinata a ripetersi.
La finale americana ha messo in luce le difficoltà di Sinner, che ha analizzato la sconfitta con lucidità. «Sono stato troppo prevedibile: lui ha cambiato il gioco, io no. Ho variato poco tutto il torneo. Pochi drop shot, poco serve and volley… e mi sono fatto trovare impreparato», ha ammesso. Poi l’autocritica: «Il servizio non era al top, è tutto il torneo che ci litigo. In risposta ho fatto poco. Ma sono un solido fondocampista, so di essere un buon tennista. Voglio diventare migliore, a costo di subire qualche sconfitta in più. Mi allenerò in modo diverso». Con un sorriso ha aggiunto: «Cambierò un paio di dettagli del servizio: certo non diventerò mancino… Né sarò mai Carlos. Sarò sempre me stesso ma voglio spingermi fuori dalla comfort zone».
Dall’altra parte, Alcaraz ha confermato la sua capacità di adattarsi a qualsiasi condizione. «Riprendermi la vetta del ranking era uno degli obiettivi stagionali», ha spiegato. Il suo coach Juan Carlos Ferrero ha raccontato come lo spagnolo abbia lavorato in modo maniacale dopo la finale di Wimbledon: «Ha passato due settimane a curare solo i dettagli che pensava gli sarebbero serviti contro Sinner». Ossessione pura, trasformata in vittoria.
Il futuro immediato li vedrà di nuovo protagonisti in Asia: Sinner a Pechino, Alcaraz a Tokyo, poi entrambi a Shanghai, teste di serie numero 1 e 2. La rivalità è destinata a crescere, perché a differenza del passato non ci sono più superfici da dividere ma solo una sfida continua. «Non sono una macchina, posso sbagliare anch’io», ha detto Jannik. E Carlitos ha risposto con i fatti: a New York ha dimostrato di non arrendersi mai.
Il tennis, con loro, è già entrato in una nuova era.
Sport
“Physical: da 100 a 1” sbarca in Italia: sfida estrema con Federica Pellegrini e Jury Chechi
Il reality internazionale arriva su Netflix con una versione italiana tutta muscoli, sudore e celebrità. Tra i 100 concorrenti in gara anche Tania Cagnotto, Elisabetta Canalis, Mirco Bergamasco e Luis Sal. In palio il titolo di atleta definitivo

L’Italia è pronta a mettersi alla prova con una nuova sfida targata Netflix. Si chiama “Physical: da 100 a 1”, ed è l’adattamento italiano del celebre format coreano “Physical: 100”. Diventato un fenomeno mondiale grazie al suo mix adrenalinico di sport, spettacolo e resistenza. Il reality, prodotto da Endemol Shine Italy. Sarà presto disponibile sulla piattaforma streaming e promette di portare sullo schermo una competizione fisica ad altissimo tasso di spettacolarità.
A contendersi il titolo saranno 100 concorrenti, scelti tra atleti professionisti, sportivi emergenti e volti noti dello spettacolo. Pronti a mettersi in gioco in prove estreme che testeranno ogni aspetto del loro corpo e della loro mente. Solo uno, alla fine, riuscirà a superare ogni sfida e conquistare la vittoria.
Tra i partecipanti spiccano nomi illustri dello sport italiano: Federica Pellegrini, regina del nuoto, il leggendario ginnasta Jury Chechi, la tuffatrice olimpica Tania Cagnotto. L’ex rugbista Mirco Bergamasco, l’ex calciatore e volto tv Alvise Rigo, e Elisabetta Canalis, oggi anche atleta di kickboxing. A sorprendere il pubblico ci sarà anche il creator Luis Sal, seguitissimo sui social.
Le selezioni sono state rigorosissime: più di 1.000 candidati contattati, 187 colloqui online, 130 ore di provini e 137 incontri finali in presenza. I partecipanti hanno età comprese tra i 22 e i 60 anni, e provengono dai mondi più disparati: triathlon, lotta greco-romana, football americano, skeleton, fino a sport meno convenzionali come l’Hyrox o il Calcio Storico Fiorentino.
Il programma, ambientato in una scenografia imponente firmata da Marco Calzavara e accompagnato dalla fotografia di Ivan Pierri, punta a ricreare l’atmosfera di un’arena moderna, dove forza fisica e strategia si fondono in un unico grande show. Il team creativo è guidato da Roberta Briguglia e Tommaso Marazza, con un gruppo di autori che comprende nomi esperti del settore televisivo.
Dopo il successo delle versioni statunitense e asiatica, Netflix consolida così il suo investimento nei reality ad alta intensità, aprendo la prima edizione italiana di un franchise internazionale di grande richiamo. “Physical: da 100 a 1” non è solo un gioco a eliminazione, ma un vero e proprio test di determinazione, resilienza e spirito di squadra. E per chi guarda da casa, uno spettacolo tutto da vivere.
Sport
Mondiali, Tamberi scioglie i dubbi: «Vado a Tokyo, anche se sarà la sfida più complicata»
In un video su YouTube, Gianmarco Tamberi ha confermato che parteciperà ai Mondiali di Tokyo dal 13 settembre. Reduce da settimane di incertezza e acciacchi fisici, l’azzurro del salto in alto rilancia: «Duemila motivi per partire e duemila per restare a casa, ma proprio perché è difficile mi gasa».

È arrivata la decisione che tutto il mondo dell’atletica stava aspettando: Gianmarco Tamberi sarà ai Mondiali di Tokyo. L’annuncio è arrivato con un video su YouTube, dove il campione olimpico e mondiale ha raccontato il travaglio delle ultime settimane, tra allenamenti, dubbi e dolori. «Ho riprovato a saltare come da programma, le gambe rispondevano bene. All’inizio ero un po’ titubante, quando ho cominciato a spingere ho sentito un po’ di fastidio».
Parole che tradiscono il peso della scelta. Da una parte la prudenza, dall’altra l’orgoglio di un campione che non vuole fermarsi. «Ci sarebbero duemila motivi per partire ma anche duemila per non partire – ha spiegato – ma non pensavo che sarei stato in grado di saltare. Poi che non sia riuscito a fare certe cose non importa».
Un equilibrio difficile, che Tamberi ha sciolto alla fine con il consueto guizzo: «È una sfida complicata ma proprio per questo mi gasa. Ho voglia di mettermi in gioco. Finché sarò un professionista dovrò fare scelte da professionista. Quindi ci vediamo a Tokyo, sperando che ne valga la pena».
Non una scelta banale. Tokyo non è una città qualsiasi per Tamberi: qui, nell’estate del 2021, ha vinto l’oro olimpico condiviso con il qatariota Barshim, in quella che è rimasta una delle pagine più emozionanti dello sport mondiale. E proprio da quell’abbraccio in pedana è nata una nuova epica del salto in alto, fatta di amicizia, competizione e resilienza.
Da allora, Tamberi ha continuato a collezionare successi: campione mondiale a Budapest 2023, campione europeo a Monaco 2022 e a Roma 2024. Un palmarès che lo colloca già tra i grandi della disciplina, ma che lui non smette di arricchire.
Questa volta, però, non sarà soltanto questione di centimetri. A Tokyo, Tamberi porterà con sé anche le scorie fisiche di un’estate segnata da fastidi muscolari e la consapevolezza che la condizione non è al top. Ma il marchigiano non ha mai nascosto di trovare energia proprio nelle sfide impossibili.
Lo sguardo ora è fissato sul 13 settembre, giorno di apertura dei Mondiali. In pedana ci sarà ancora lui, con la barba mezza rasata e lo spirito di chi non vuole arrendersi. Perché, come ha ricordato nel video, «le scelte difficili sono quelle che ti fanno sentire vivo».
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