Cronaca Nera
Caso Garlasco, i Sempio di nuovo sotto accusa: soldi sospetti e un Dna che riapre l’incubo
Le zie del ragazzo avrebbero versato 43 mila euro al padre tra il 2016 e il 2017. Quei soldi, secondo gli inquirenti, sarebbero serviti a ottenere l’archiviazione. Ma il Dna trovato sotto le unghie della vittima potrebbe cambiare tutto.

Diciassette anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, la vicenda di Garlasco torna a scuotere l’opinione pubblica. Andrea Sempio, amico di Marco Poggi e già due volte prosciolto, è di nuovo l’unico indagato. La svolta arriva da due fronti: un’inchiesta per corruzione sull’ex procuratore di Pavia Mario Venditti, che aveva chiesto l’archiviazione del caso, e un nuovo esame del Dna ritrovato sotto le unghie di Chiara.
Secondo la Guardia di Finanza, tra il 2016 e il 2017 due zie di Andrea avrebbero versato sul conto del fratello Giuseppe, padre del ragazzo, assegni per un totale di 43 mila euro. Soldi che, per gli investigatori, potrebbero essere stati destinati a “influenzare” le decisioni giudiziarie. Il padre si difende: «Erano solo spese legali», ha dichiarato, spiegando di aver sempre annotato tutto su foglietti e agende. Uno di questi, sequestrato in casa sua, riportava la scritta: “Venditti gip archivia X 20.30 €”.
Per la difesa si tratta di una nota sui costi delle marche da bollo, ma per gli inquirenti è un indizio che pesa, anche perché quei soldi furono prelevati subito in contanti. A conferma dei sospetti, le perquisizioni hanno coinvolto non solo i Sempio ma anche alcuni carabinieri dell’epoca, accusati di aver mantenuto contatti impropri con la famiglia.
Parallelamente, la procura di Pavia ha riaperto il fascicolo sull’omicidio, autorizzando un nuovo esame genetico sul materiale biologico trovato sotto le unghie di Chiara Poggi. «Quel Dna è valido e sarà confrontato con quello di Andrea Sempio», ha spiegato il genetista Marzio Capra, consulente della famiglia Poggi.
Una decisione che riaccende l’attenzione su un caso mai davvero chiuso. «Non vogliamo vendette – ha dichiarato l’avvocato della famiglia Poggi – ma verità». I Sempio, invece, si dicono vittime di un accanimento mediatico: «Abbiamo sempre agito alla luce del sole», ha detto la madre di Andrea, Daniela Ferrari.
Resta ora da capire se le indagini confermeranno l’innocenza già dichiarata di Sempio. O se, a 17 anni dal delitto, il mistero di Garlasco dovrà essere riscritto da capo.
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Cronaca Nera
La trappola del falso Matteo Bocelli: anziana pronta a versare migliaia di euro, salvata dalla direttrice delle Poste
Una pensionata, convinta di dover fare un bonifico a Matteo Bocelli, stava per consegnare i suoi risparmi a un gruppo di truffatori che le avevano fatto credere di ricevere un regalo dal figlio del celebre cantante. A bloccare l’operazione è stata la direttrice dell’ufficio postale, che ha preso tempo fingendo un guasto e ha avvisato i carabinieri.

Una pensionata, convinta di dover fare un bonifico a Matteo Bocelli, stava per consegnare i suoi risparmi a un gruppo di truffatori che le avevano fatto credere di ricevere un regalo dal figlio del celebre cantante. A bloccare l’operazione è stata la direttrice dell’ufficio postale, che ha preso tempo fingendo un guasto e ha avvisato i carabinieri.
Testo
«Devo fare un bonifico a Matteo, il figlio di Andrea Bocelli». Con questa frase una donna anziana si è presentata allo sportello dell’ufficio postale di Negrar di Valpolicella, in provincia di Verona, convinta di star facendo un favore al giovane tenore e pronta a versare migliaia di euro. In realtà si trattava dell’ennesima truffa orchestrata da criminali che usano nomi celebri per raggirare persone fragili.
La pensionata, come racconta il Corriere della Sera, aveva ricevuto sul cellulare un messaggio con la promessa di un regalo da parte della famiglia Bocelli. Poco dopo, un presunto autista le aveva chiesto di versare denaro su un conto per il recapito del pacco. La donna non aveva dubbi sulla veridicità della richiesta e, senza esitazione, si era recata alle Poste.
A salvarla è stata l’intuizione della direttrice, Cristina Remondini. «La cliente chiedeva di effettuare un versamento in denaro e quando ho letto la causale mi sono subito insospettita», ha raccontato. Per guadagnare tempo e far ragionare la donna, la funzionaria ha finto un problema tecnico al terminale. Nel frattempo, ha contattato i carabinieri e avvisato il marito della signora.
Quando l’uomo è arrivato in ufficio, la truffa è emersa in tutta la sua chiarezza. I due coniugi si sono poi recati in caserma per sporgere denuncia, mentre l’audio e i messaggi ricevuti sono stati acquisiti dagli inquirenti.
Il meccanismo era semplice e subdolo: fingere di essere un personaggio noto, in questo caso Matteo Bocelli, e convincere la vittima a versare denaro in cambio di un regalo inesistente. Una variante del cosiddetto “pacchetto truffa” che continua a mietere vittime soprattutto tra gli anziani.
Grazie alla prontezza della direttrice, questa volta i risparmi della donna sono stati salvati. Un intervento che conferma quanto la vigilanza quotidiana di chi lavora a contatto con il pubblico possa fare la differenza contro chi sfrutta ingenuità e buona fede.
Cronaca Nera
Caso Garlasco, indagato l’ex procuratore Mario Venditti: sospetti di corruzione per l’archiviazione di Sempio
Nel mirino un presunto pagamento occulto e alcune trascrizioni “alleggerite” dell’inchiesta sull’amico di Marco Poggi. Perquisizioni a Pavia, Genova e Campione d’Italia, ma anche a Garlasco. L’indagine potrebbe riaprire scenari rimasti in ombra per anni.

Un appunto, un nome e una cifra bastano a riaprire uno dei casi giudiziari più discussi d’Italia. “Venditti / gip archivia X 20-30 euro”: è la frase trovata dai carabinieri in un bloc notes sequestrato nella casa dei genitori di Giuseppe Sempio a Garlasco. Quelle parole, scritte nel 2016, hanno riacceso i riflettori sull’omicidio di Chiara Poggi e sull’operato dell’allora procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, oggi indagato dalla Procura di Brescia per corruzione in atti giudiziari.
Secondo l’ipotesi dei magistrati bresciani, Venditti avrebbe ricevuto denaro per favorire l’archiviazione dell’inchiesta a carico di Sempio, amico di Marco Poggi e indagato nel 2016 dopo le istanze dei legali di Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara condannato in via definitiva. La nuova indagine, coordinata dal pm Claudia Moregola e dal procuratore Francesco Prete, ha portato a perquisizioni nelle abitazioni di Venditti, della famiglia Sempio e di due ex carabinieri della sezione di Polizia giudiziaria di Pavia, Silvio Sapone e Giuseppe Spoto.
Gli inquirenti sospettano che l’inchiesta del 2016 sia stata gestita con negligenza o, peggio, manipolata. Alcune intercettazioni e conversazioni ambientali, oggi riesaminate, mostrerebbero omissioni nelle trascrizioni ufficiali e riferimenti a “soldi”, “pagamenti” e “assegni” mai riportati integralmente nei verbali.
A rafforzare i dubbi ci sono anche i risultati degli accertamenti bancari condotti dal Gico della Guardia di finanza. Nei primi mesi del 2017 dai conti dei parenti di Sempio sarebbero partiti trasferimenti di denaro per oltre 30mila euro. Una parte – circa seimila euro – risulta destinata all’ex generale dei Ris Luciano Garofano, oggi consulente dell’indagato, ma senza incarichi formali nella precedente inchiesta. Il resto del denaro avrebbe seguito un percorso non ancora chiarito.
Per ora nessuna misura cautelare, ma l’ombra del sospetto è pesante. Quell’appunto, minuscolo e inquietante, riporta alla memoria le pagine più controverse del caso Garlasco, dove a quasi vent’anni dall’omicidio di Chiara Poggi la verità continua a sfuggire.
Cronaca Nera
Ciro Grillo condannato a 8 anni per stupro di gruppo: il tribunale di Tempio Pausania chiude il primo atto del processo
Dopo tre anni di udienze e scontri in aula, arriva il verdetto: colpevoli di violenza sessuale ai danni di una studentessa conosciuta in Costa Smeralda nell’estate 2019. L’iter giudiziario prosegue con l’appello e, se necessario, la Cassazione.

Il tribunale di Tempio Pausania ha emesso la sentenza che mette fine al primo capitolo di una vicenda giudiziaria che ha segnato il dibattito pubblico italiano. Ciro Grillo, figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle, insieme a Edoardo Capitta e Vittorio Lauria, è stato condannato a otto anni di reclusione per violenza sessuale di gruppo. Per Francesco Corsiglia, quarto imputato, la pena stabilita è di sei anni e sei mesi.
Il processo, nato dalla denuncia di una studentessa allora diciannovenne, ha ricostruito quanto accaduto tra il 16 e il 17 luglio 2019: una serata iniziata al Billionaire, storico locale della Costa Smeralda, e conclusa la mattina successiva nella villa di Beppe Grillo a Porto Cervo. Secondo l’accusa, fu lì che la ragazza subì la violenza di gruppo.
Oggi, dopo oltre tre anni di dibattimento, il collegio giudicante ha confermato la tesi dei pubblici ministeri, condannando gli imputati a pene pesanti, seppur inferiori alle richieste iniziali. La giovane donna non era presente in aula al momento della lettura della sentenza. Assenti anche gli imputati, difesi fino all’ultimo da legali che hanno puntato sull’inattendibilità del racconto della vittima.
Nella lunga camera di consiglio, il tribunale ha respinto le tesi difensive che, nell’ultima udienza, avevano ribadito le presunte contraddizioni della ragazza. A parlare per ultimi erano stati Alessandro Vaccaro, avvocato di Lauria, Antonella Cuccureddu per Corsiglia e Mariano Mameli per Capitta.
La sentenza non comporta l’immediata detenzione: i quattro restano liberi fino a quando il verdetto non diventerà definitivo. Prima ci sarà l’appello, poi, con ogni probabilità, il giudizio della Cassazione. Solo allora eventuali condanne potranno tradursi in pene effettive.
Una vicenda che ha sollevato discussioni anche fuori dalle aule giudiziarie, soprattutto dopo le difese pubbliche di Beppe Grillo, finite spesso al centro di polemiche. Oggi, però, a parlare è solo il verdetto: per la giustizia, quella notte del 2019 fu stupro di gruppo.
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