Connect with us

Musica

Al Bano: «Io e Romina come i Coma Cose? Ma per carità, siamo agli antipodi. Non solo nel canto, anche nel look»

Al Bano Carrisi racconta di essere stato invitato a esibirsi con i Coma_Cose durante la serata delle cover a Sanremo, ma rifiutò: «Non volevo tornare all’Ariston dalla finestra. Non abbiamo nulla in comune, né nello stile né nella vita».

Avatar photo

Pubblicato

il

    «Io e Romina come i Coma_Cose? Ma per favore!». Al Bano Carrisi, raggiunto dall’Adnkronos mentre si gode qualche giorno di vacanza a Zagabria con i nipotini, non ci sta a sentirsi paragonare al duo indie milanese che ha appena annunciato la separazione artistica e sentimentale. «Non abbiamo nulla in comune – chiarisce –. Due stili musicali e due storie professionali completamente diverse. Chi ha inventato questa similitudine cercava solo un titolo ad effetto».

    La scintilla è nata dopo la notizia dell’addio tra Fausto Lama e California, coppia sul palco e nella vita, spesso indicata come i “nuovi Al Bano e Romina” per il loro legame trasformato in musica. Ma il Leone di Cellino San Marco frena subito ogni parallelismo romantico: «Con i Coma_Cose siamo agli antipodi, non solo nel canto ma anche nel look e nello stile di vita. Io e Romina siamo nati in un’altra epoca, in un mondo musicale completamente diverso. Questo non significa che siamo migliori di loro, ma semplicemente che non c’è alcuna somiglianza».

    Il cantante svela anche un retroscena curioso sul Festival di Sanremo. Durante la scorsa edizione, quando i Coma_Cose stavano scegliendo la canzone per la serata delle cover, il maestro Enrico Melozzi – direttore d’orchestra per il duo – avrebbe contattato proprio Al Bano per sondare la possibilità di una sua partecipazione. «Mi avevano proposto di cantare insieme, ma ho rifiutato – racconta Carrisi –. Non solo perché facciamo generi musicali completamente diversi, ma anche perché Carlo Conti non mi aveva voluto in gara e non mi andava di tornare all’Ariston dalla finestra».

    Alla fine, Fausto e California si esibirono con Johnson Righeira in L’estate sta finendo, brano simbolo degli anni Ottanta. «Li ho seguiti da lontano e sono bravi nel loro genere – riconosce Al Bano – ma il paragone con me e Romina non ha senso. Noi abbiamo costruito una carriera internazionale, fatta di melodie e sentimenti universali, loro appartengono a un mondo più di tendenza, giovanile, urbano. È tutta un’altra storia».

    Parole che chiudono con garbo ma decisione la porta a un parallelismo mai davvero fondato. «Auguro ai Coma_Cose di ritrovarsi, se vorranno – conclude il cantante –. Ma certe etichette lasciamole ai giornalisti. Io e Romina siamo un’altra musica».

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Musica

      Lucio Corsi: «Dopo Sanremo la vita è la stessa, passo le giornate con gli amici di sempre»

      «Il giorno dopo Sanremo sembrava un film: le macchine mi salutavano per strada. Ma non è cambiato niente. Suono con gli stessi amici, scrivo con la stessa leggerezza». Dopo il trionfo sul palco dell’Ariston, Lucio Corsi debutta sul grande schermo con un live visionario girato in pellicola 16mm.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        «Il giorno dopo Sanremo sono uscito di casa e tutte le macchine mi salutavano. Sembrava un film». Lucio Corsi sorride mentre racconta i mesi che hanno cambiato la sua carriera, ma non la sua vita. Dopo l’exploit all’Ariston con Volevo essere un duro, il cantautore toscano si prepara a sbarcare anche al cinema con il film concerto La chitarra nella roccia – Lucio Corsi dal vivo all’Abbazia di San Galgano, in esclusiva nei The Space Cinema il 3, 4 e 5 novembre.

        Un viaggio musicale e visivo diretto dal suo “fratello artistico” Tommaso Ottomano e prodotto da Sugar, che raccoglie il live registrato nell’estate 2024 nella celebre abbazia del XII secolo, tra le più suggestive d’Italia. Girato interamente in pellicola 16mm, è un omaggio alla terra d’origine dell’artista, quella Maremma che continua a essere la sua musa silenziosa.

        «Suono con gli stessi ragazzi e passo le giornate con gli amici di sempre», spiega Corsi. «Nelle cose che amiamo, come scrivere canzoni, non è cambiato niente. Siamo cresciuti insieme e ci teniamo a vicenda coi piedi per terra. È quello che fa anche la Maremma: la casa dove sono nato è circondata da alberi, e loro sono i primi che ti insegnano a guardarti intorno, ma restando piantati dove sei nato».

        La sua musica, sospesa tra fiaba e rock, trova nell’abbazia un tempio naturale. «Se fosse un personaggio delle mie canzoni, sarebbe una balena che nuota nella campagna, con una buona acustica nella pancia», racconta divertito. «È un luogo che ha popolato la mia immaginazione fin da bambino. I miei genitori mi ci portavano spesso, e da anni ci immaginavo dentro un palcoscenico. Questo era l’anno giusto per provarci».

        Nel film, le luci, i suoni e la voce di Corsi si intrecciano con l’architettura gotica del luogo, trasformando ogni brano in una visione. La chitarra nella roccia è anche un disco, in uscita il 14 novembre, che cattura la stessa energia del live. «In adolescenza io e Tommaso siamo stati travolti dalla musica – racconta –. Ci ha portato via dalle nostre camerette e dalla noia che somiglia alla pace di un paese. Da allora, il sogno è stato quello di restituire quella magia».

        E i sogni, per Lucio, continuano a farsi concreti. Dopo il film e l’album, nel gennaio 2026 partirà il suo Tour Europeo, con date nei club delle principali città del continente, cui seguirà Lucio Corsi – Palasport 2026, il primo tour nei palazzetti italiani.

        Una corsa senza artifici, fatta di chitarre, amici e radici. «Sanremo mi ha dato tanto – conclude – ma la mia forza è restare quello di sempre. Nei miei sogni ci sono ancora la Maremma e una balena che canta nel silenzio».

          Continua a leggere

          Musica

          Victoria Beckham: «Da ragazzina mi chiamavano stupida e mi tiravano lattine». Il bullismo, la dislessia che l’ha resa più forte

          Ospite del podcast Call Her Daddy, Victoria Beckham rivela le ferite mai guarite del passato: bullismo, acne, dislessia e la sensazione di sentirsi “sbagliata”. «Quell’esperienza mi ha temprata, mi ha preparato alla cattiveria dei media».

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

          Victoria Beckham

            Dietro la perfezione di Victoria Beckham c’è una ragazza che ha conosciuto la crudeltà e la solitudine. A raccontarlo è lei stessa, senza filtri, nel podcast Call Her Daddy. «Ero una bambina e un’adolescente un po’ strana» dice, ricordando gli anni in cui sentirsi diversa sembrava una colpa.
            «A scuola ero vittima di bullismo. Gli altri ragazzi dopo le lezioni fumavano, uscivano, io andavo a danza o a teatro. Non riuscivo a integrarmi».

            A rendere tutto più difficile c’erano anche l’acne, i capelli piatti e l’insicurezza. «Ricordo quando ero nel cortile della scuola, tutta sola, e i bambini raccoglievano le lattine di Coca-Cola dalle pozzanghere per tirarmele addosso. È stato umiliante».
            Un dolore amplificato dalle difficoltà scolastiche: «Guardando i miei figli ora mi rendo conto di essere dislessica e di soffrire di discalculia. All’epoca però non si parlava di queste cose. Mi chiamavano semplicemente “stupida”».

            Nemmeno il college fu un rifugio. «Mi dissero che non ero abbastanza brava o bella, troppo grassa per salire sul palco». Un giudizio che avrebbe potuto distruggerla, ma che invece l’ha resa più determinata. «Quel bullismo mi ha preparata a quello dei media» racconta. «Mi ha temprata».

            Oggi, a cinquant’anni, Victoria Beckham è icona di stile e fondatrice di un marchio di moda di successo, ma non dimentica la ragazzina insicura che era. «Allora non si parlava di salute mentale come si fa oggi. Io cercavo solo di sopravvivere, di restare me stessa».
            Dietro l’immagine impeccabile della Posh Spice resta così la forza di una donna che ha trasformato la vergogna in disciplina e le ferite in eleganza. Perché la vera bellezza — quella che resiste — nasce sempre da un difetto accettato.

              Continua a leggere

              Musica

              Sabrina Salerno: «La terapia ormonale è dura, ma continuo a ballare». Dopo il tumore, la cantante si racconta

              Scoperto in tempo grazie alla prevenzione, il tumore di Sabrina Salerno non ha richiesto chemioterapia. Oggi l’artista affronta gli effetti delle cure ormonali, ma non perde entusiasmo: «Mi chiedo come nel 2025 non si sia ancora trovata una terapia più leggera».

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Sabrina Salerno non si ferma. A un anno dalla diagnosi di tumore al seno, la cantante e showgirl è tornata in scena con la stessa grinta che l’ha resa un’icona degli anni ’80. Lo scorso luglio il singolo, Bollente, realizzato in collaborazione con Ludwig (Ludovico Franchitti), ha rappresentato un inno all’energia e alla rinascita. Ma dietro la luce del palco c’è anche il racconto di una battaglia personale.

                Nell’agosto 2024 Sabrina aveva rivelato ai suoi follower di aver scoperto un nodulo maligno al seno. Una lesione non palpabile, individuata grazie a una mammografia di routine. «È stata la prevenzione a salvarmi» aveva scritto sui social. Diagnosticato in fase iniziale, il tumore non ha richiesto chemioterapia ma solo radioterapia mirata.

                Oggi la cantante sta affrontando una terapia ormonale specifica, necessaria per prevenire recidive. «Mi chiedo come mai nel 2025 non si sia ancora trovato un metodo per far andare le cose meglio» ha raccontato in un’intervista a Libero Quotidiano, denunciando le difficoltà e gli effetti collaterali del trattamento. Una testimonianza sincera che mette in luce la necessità di continuare a investire nella ricerca.

                Nonostante tutto, la sua carriera non si è mai fermata. «Continuo a lavorare, a fare musica e a crederci» ha dichiarato con il sorriso che l’ha sempre contraddistinta. Bollente è un brano ironico e sensuale, ma anche simbolico: racconta la voglia di restare viva, di muoversi, di non lasciarsi definire dalla malattia.

                Sabrina non parla solo di sé. Nella stessa intervista ha espresso stima per Elodie, Alfa, Jennifer Lopez e Cher, donne che, come lei, hanno trasformato la sensualità in linguaggio artistico. «Il corpo è uno strumento di comunicazione, non un tabù» ha detto.
                Tra forza, ironia e consapevolezza, la Salerno dimostra ancora una volta che si può essere fragili e indistruttibili allo stesso tempo.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù