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Lifestyle

Ecco il profilo-tipo di chi si iscrive ai siti di dating: ci sei anche tu?

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    Il mondo è bello perché vario (qualcuno sostiene… avariato). Chi ci dice che il nostro vicino o datrice di lavoro non siano iscritti ad un sito di dating? Un’indagine sviluppata dalla piattaforma leader internazionale per chi è alla ricerca di relazioni extraconiugali e non-monogame – Ashley Madison – illustra tutte le caratteristiche di un iscritto medio. Leggere questo articolo potrebbe essere una sorpresa: scoprendo che non sono poi così diverse dalla persona più normale e rispettabile che conosciamo, sia per profilo lavorativo, relazioni e la personalità.

    Parola d’ordine: normalità

    I dati emersi dall’indagine regalano una fotografia importante dell’identikit di chi sceglie una relazione non monogama: l’estrema eterogeneità di tale profilo. Cadono pregiudizi e stereotipi su chi sceglie tale forma di relazione, a favore di un uomo e una donna ‘della porta accanto’.

    Diamo un’occhiata ai numeri

    Per quanto riguarda il tipo di relazione che desiderano intrattenere, l’82% degli intervistati ha dichiarato di essere alla ricerca di qualcosa di più di un semplice incontro. I membri di Ashley Madison hanno avuto in media 1-2 partner, ma un numero maggiore di donne ha dichiarato di avere avuto più di 2 partner (11% contro 5%). In media, le donne hanno avuto 1,6 partner, mentre gli uomini 1,5.

    Profilo lavorativo: quello sanitario fra le donne va alla grande

    Secondo l’indagine il 47% degli intervistati ha dichiarato di essere più soddisfatto del proprio lavoro che della propria relazione primaria (49% delle donne contro il 46% degli uomini). Le professioni più in voga delle donne intervistate sono state infermiera e PR/marketing specialist. Un dato in linea con quello relativo al 2023, che ha rivelato come la professione sanitaria va per la maggiore quando si tratta di non-monogamia.

    Uomini traditori: commercianti, ingegneri e informatici

    Per la controparte maschile, le professioni principali dei non-monogami sono commerciante, ingegnere e tecnico informatico. A confronto con il 2023, gli ingegneri sono scesi dalla posizione numero 2, mentre gli intervistati che lavorano nel settore commerciale e i professionisti IT/Tech hanno sostituito i dirigenti e gli amministratori delegati (rispettivamente al primo e al terzo posto nell’elenco del 2023).

    La top 5 delle professioni tra le donne intervistate nel 2024

    Infermiera
    Maestra/professoressa
    Marketing specialist/PR
    Genitore a tempo pieno, ambito hospitality
    Commerciante, IT/Tech

    La top 5 delle professioni tra gli uomini intervistati nel 2024

    Commerciante
    IT/Tech
    Ingegnere
    Sales Manager
    Operaio edile

    L’istruzione non conta poi così tanto

    Ll 27% ha una laurea (25% delle donne vs 30% degli uomini): forse la fascia intermedia dell’istruzione superiore crea terreno fertile per portare avanti relazioni o stili di vita non monogami grazie a maggiori mezzi finanziari e alla libertà, ma potrebbe non comportare livelli eccessivi di responsabilità e di stress tali da rendere più difficile la gestione di una relazione (infatti un numero minore di intervistati, pari al 4%, è in possesso di un dottorato).

    Lo zodiaco del tradimento

    Cosa dicono le stelle? Ashley Madison è riuscito a leggere il piano astrale e ha riscontrato quali segni tendono più alla non-monogamia rispetto ad altri.

    Donne

    Sagittario, Cancro
    Ariete
    Bilancia
    Toro
    Scorpione
    Capricorno, Gemelli
    Acquario
    Leone, Pesci
    Vergine

    Uomini

    Leone
    Ariete
    Cancro, Scorpione
    Gemelli
    Bilancia
    Toro, Vergine
    Capricorno
    Pesci
    Acquario
    Sagittario

    Coi figli maggiorenni è pià facile

    Analizzando la vita familiare dei membri, Ashley Madison ha scoperto che la maggioranza degli intervistati (67%) ha figli (75% delle donne rispetto al 67% degli uomini), quindi la condivisione non si ferma alle mura domestiche ma va oltre. Secondo i risultati del sondaggio, il 37% degli intervistati ha figli tra i 18 e i 25 anni: con i figli ormai maggiorenni che non richiedono un costante accudimento, i genitori tenterebbero l’infedeltà.

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      Curiosità

      Il profumo perfetto sotto l’albero: come scegliere il regalo ideale senza sbagliare

      Dalle famiglie aromatiche alle abitudini quotidiane di chi lo riceverà: ecco i criteri per orientarsi tra centinaia di essenze e trovare quella davvero giusta.

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      Il profumo perfetto sotto l’albero

        Regalare un profumo a Natale è un gesto intimo e raffinato, ma scegliere la fragranza giusta può trasformarsi in una sfida. Non si tratta soltanto di individuare un’essenza gradevole: il profumo racconta qualcosa di personale, riflette lo stile e lo stato d’animo di chi lo indossa, e deve adattarsi alla pelle e alle abitudini di ogni persona. Per questo è fondamentale conoscere alcuni criteri che aiutano a prendere la decisione migliore e a evitare scelte azzardate.

        Conoscere le famiglie olfattive

        Il primo passo è orientarsi tra le grandi famiglie olfattive, uno strumento essenziale del mondo della profumeria. Le categorie principali sono: floreale, agrumata, orientale, legnosa, aromatica, fruttata e cipriata. Ogni famiglia evoca sensazioni diverse: le floreali sono romantiche e leggere, le legnose intense e sofisticate, le orientali avvolgenti e calde, le agrumate fresche e dinamiche.

        Capire quali note dominano nelle fragranze abitualmente usate dal destinatario del regalo può già indirizzare verso un profumo compatibile con i suoi gusti.

        Osservare la personalità di chi lo riceve

        Il profumo è uno specchio del carattere. Chi ama la discrezione potrebbe preferire fragranze fresche e pulite, come quelle a base di agrumi o note marine. Le persone energiche e sportive spesso prediligono sentori dinamici come menta, basilico o bergamotto.

        Al contrario, chi ha uno stile elegante e ricercato può apprezzare profumi più complessi, con note ambrate, legnose, vanigliate o speziate. Le essenze floreali morbide — come rosa, gelsomino o peonia — sono invece perfette per personalità romantiche o nostalgiche.

        Considerare il periodo dell’anno

        Non esiste un profumo “quattro stagioni” universale. Molte persone preferiscono fragranze fresche e luminose nei mesi caldi, mentre d’inverno si orientano verso note più calde e avvolgenti. Per un regalo natalizio, nocciola, cannella, ambra, muschio, cuoio e spezie possono risultare particolarmente adatti alla stagione, evocando atmosfere accoglienti e festive.

        Eau de toilette o eau de parfum?

        Un altro elemento da valutare è la concentrazione.

        • Eau de toilette (EDT): più leggera, perfetta per chi non ama profumi intensi o lavora in ambienti dove la discrezione olfattiva è richiesta.
        • Eau de parfum (EDP): persistente, ricca e profonda, ideale per chi cerca un’essenza che accompagni tutto il giorno.
        • Parfum: la forma più concentrata e duratura, generalmente scelta da appassionati esperti.

        Capire ciò che il destinatario preferisce evita di regalare qualcosa che risulti troppo forte o troppo tenue.

        Attenzione al tipo di pelle

        La chimica cutanea influisce sulla resa del profumo: una fragranza può sembrare diversa da persona a persona. Le pelli secche, ad esempio, trattengono meno le molecole profumate, mentre quelle più idratate ne aumentano la durata. Anche questo può guidare la scelta, indirizzando verso fragranze più o meno intense.

        La soluzione “sicura”: i profumi iconici

        In caso di dubbio, esistono fragranze “evergreen” considerate grandi classici, apprezzate e vendute da anni grazie alla loro equilibrata costruzione olfattiva. Non garantiscono la perfezione assoluta, ma rappresentano una scelta solida e più facile da indossare. Le profumerie, inoltre, propongono spesso cofanetti natalizi con formati diversi: un modo elegante per regalare un set completo senza rischiare troppo.

        Il valore di un gesto personalizzato

        Per rendere il dono ancora più speciale, molte maison offrono la possibilità di incidere il nome sul flacone o aggiungere un packaging dedicato. Un dettaglio che trasforma un semplice regalo in un ricordo prezioso.

        Scegliere un profumo per Natale non è soltanto un acquisto: è un’attenzione sincera, un modo per raccontare affetto attraverso una scia che accompagna chi la indossa. Con qualche accortezza e un pizzico di sensibilità, trovare la fragranza giusta diventa un gesto significativo, capace di lasciare il segno molto più a lungo delle feste.

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          Lifestyle

          Gomme da masticare: tra mito, marketing e realtà scientifica

          Le chewing gum senza zucchero possono contribuire alla prevenzione della carie, ma non sostituiscono spazzolino e filo interdentale. Ecco come sono nate, come si sono diffuse e quali benefici reali offrono.

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          Gomme da masticare: tra mito, marketing e realtà scientifica

            La gomma da masticare accompagna generazioni di consumatori da oltre un secolo, tra promesse di freschezza, denti più sani e persino minor stress. Ma, tra slogan pubblicitari sempre più convincenti e un mercato multimiliardario, è legittimo chiedersi: le chewing gum fanno davvero bene ai denti? La risposta, come spesso accade, non è un semplice sì o no.

            Un prodotto antichissimo diventato fenomeno moderno

            La storia della gomma da masticare comincia molto prima dell’era industriale. Resti archeologici indicano che già le popolazioni preistoriche masticavano resine di betulla per pulire i denti o calmare il mal di denti. Ma la forma moderna di chewing gum affonda le radici nel XIX secolo, quando negli Stati Uniti iniziarono a diffondersi prodotti a base di chicle, una gomma naturale ricavata dall’albero della sapodilla.

            Fu l’inventore Thomas Adams, negli anni ’60 dell’Ottocento, a industrializzare la produzione e dare il via al business. Da lì la diffusione fu rapidissima: sapori innovativi, formati portatili e una campagna pubblicitaria aggressiva trasformarono la gomma da masticare in un’abitudine globale. Nel secondo dopoguerra, con l’introduzione delle gomme aromatizzate alla menta, il prodotto esplose definitivamente, diventando simbolo di freschezza e di “igiene tascabile”.

            Oggi si stima che il mercato mondiale valga oltre 25 miliardi di dollari l’anno, con centinaia di varianti e un consumo che coinvolge soprattutto giovani e adulti attenti alla cura del cavo orale.

            Il claim più diffuso: previene davvero le carie?

            Molte gomme da masticare, specialmente quelle senza zucchero, vengono presentate come utili per la salute dei denti. Ed è vero che i principali enti di odontoiatria, tra cui l’American Dental Association (ADA) e diverse associazioni europee, riconoscono alcuni benefici, purché si tratti di gomme senza zuccheri aggiunti.

            Gli effetti positivi riconosciuti dalla scienza sono tre:

            1. Aumento della salivazione
              Masticare stimola il flusso salivare, che aiuta a neutralizzare gli acidi presenti nella bocca, riducendo uno dei fattori di rischio per la carie.
            2. Rimozione meccanica dei residui di cibo
              Anche se molto più lieve rispetto allo spazzolamento, l’azione masticatoria può contribuire a “ripulire” la bocca dopo i pasti.
            3. Uso di dolcificanti come lo xilitolo
              Alcune gomme utilizzano xilitolo, un polialcol che non favorisce la crescita dei batteri cariogeni e, secondo numerosi studi, può ridurla.

            Tuttavia, è importante ricordare ciò che gli stessi esperti ribadiscono da anni: la gomma da masticare non sostituisce mai spazzolino, dentifricio e filo interdentale. Può essere un supporto, non una soluzione.

            Il rovescio della medaglia: possibili effetti collaterali

            Le gomme da masticare non sono prive di limiti. In grandi quantità, alcuni dolcificanti — soprattutto sorbitolo — possono causare disturbi gastrointestinali. Masticare troppo a lungo può affaticare l’articolazione temporo-mandibolare, soprattutto in persone già predisposte. Inoltre, le gomme zuccherate aumentano il rischio di carie, annullando del tutto eventuali effetti benefici.

            Un altro punto spesso ignorato è l’impatto ambientale: molti chewing gum moderni utilizzano basi sintetiche non biodegradabili, che possono resistere per anni sulle superfici urbane.

            Marketing e realtà: tra promesse e percezione

            Nella cultura popolare, la gomma da masticare è stata spesso raccontata come un “mini spazzolino” da portare in tasca. Un’immagine efficace, ma non completamente aderente alla realtà.

            Negli anni ’80 e ’90, le campagne pubblicitarie alludevano apertamente a benefici odontoiatrici, fino a quando i regolatori europei e americani imposero criteri più rigidi sui claim sanitari. Oggi le aziende possono dichiarare effetti positivi solo se scientificamente provati, come l’aumento della salivazione.

            Usare la gomma sì, ma in modo intelligente

            Gli odontoiatri suggeriscono alcune semplici regole per beneficiare davvero della gomma da masticare:

            • scegliere gomme senza zucchero;
            • masticare 10–20 minuti dopo i pasti;
            • evitare un uso eccessivo durante la giornata;
            • non utilizzarla in presenza di disturbi mandibolari;
            • non considerarla un sostituto dell’igiene orale.

            La gomma da masticare non è un rimedio miracoloso, ma può rappresentare un piccolo aiuto quotidiano se scelta e utilizzata nel modo corretto. La sua storia, dalle resine degli antichi popoli alle mega-campagne pubblicitarie del Novecento, racconta un prodotto entrato profondamente nelle abitudini moderne.

            Tra mito e realtà, la verità sta nel mezzo: la chewing gum non “cura” i denti, ma può contribuire a proteggerli, a patto che resti ciò che è sempre stata — un complemento, non il protagonista dell’igiene orale.

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              Animali

              Dentro o fuori? Perché il gatto cambia idea davanti alla porta

              Un comportamento che fa sorridere e disperare milioni di proprietari: il continuo avanti e indietro dei gatti tra casa e giardino ha spiegazioni precise.

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              Perché il gatto cambia idea davanti alla porta

                Chi vive con un gatto lo conosce bene: graffia alla porta per uscire, poi miagola subito per rientrare. Una volta dentro, dopo pochi minuti, eccolo di nuovo davanti all’uscio, come se non avesse ancora deciso dove stare. Un atteggiamento che può sembrare un dispetto o un capriccio, ma che in realtà affonda le radici nella biologia e nel comportamento naturale del gatto domestico.

                Il gatto è un animale territoriale (ma prudente)

                A differenza del cane, il gatto è un animale fortemente territoriale. Anche se vive in appartamento, percepisce la casa come una parte del proprio dominio e l’esterno come un’area da controllare. Entrare e uscire non significa scegliere un luogo migliore, ma monitorare due ambienti diversi, verificando che tutto sia sotto controllo.

                Quando è fuori, il gatto resta esposto a rumori, odori e potenziali minacce. Il rientro in casa rappresenta una zona sicura. Al contrario, una volta dentro, nuovi stimoli esterni — un rumore, un altro animale, un odore interessante — possono riattivare la curiosità e spingerlo di nuovo fuori.

                Istinto di controllo e bisogno di sicurezza

                Secondo gli etologi, il gatto tende a mantenere sempre una via di fuga. Sapere di poter entrare o uscire quando vuole riduce lo stress e gli dà un senso di controllo sull’ambiente. Questo comportamento è particolarmente evidente nei gatti che hanno accesso libero all’esterno o che vivono in zone con giardini e cortili.

                Non si tratta di indecisione, ma di una strategia adattiva: il gatto valuta continuamente se l’ambiente in cui si trova è quello più vantaggioso in quel preciso momento, dal punto di vista termico, sensoriale o di sicurezza.

                Temperatura, odori e stimoli cambiano tutto

                Un altro fattore spesso sottovalutato è il microclima. I gatti sono molto sensibili alla temperatura: possono uscire per prendere aria fresca e rientrare pochi minuti dopo se percepiscono freddo, vento o umidità. Allo stesso modo, un odore nuovo — come il passaggio di un altro animale — può spingerli a esplorare, mentre un rumore improvviso li induce a cercare rifugio.

                Anche la luce gioca un ruolo importante: l’alba e il tramonto sono i momenti in cui i gatti sono naturalmente più attivi, perché coincidono con i picchi di attività delle prede in natura.

                È un comportamento normale?

                Sì. Gli esperti di comportamento felino concordano sul fatto che questo atteggiamento rientra nella normalità assoluta, soprattutto nei gatti adulti non sterilizzati o in quelli particolarmente curiosi e vigili. Diventa invece un campanello d’allarme solo se accompagnato da segnali di stress, vocalizzazioni eccessive o cambiamenti improvvisi delle abitudini.

                Come gestire la situazione senza stress

                Per ridurre il continuo avanti e indietro, i veterinari consigliano di arricchire l’ambiente domestico con giochi, tiragraffi e punti di osservazione, come mensole o finestre sicure. Se possibile, una gattaiola consente all’animale di gestire autonomamente i propri spostamenti, diminuendo la frustrazione — la sua e quella del proprietario.

                In definitiva, il gatto che vuole uscire quando è dentro e rientrare quando è fuori non è confuso né viziato. Sta semplicemente facendo ciò che la sua natura gli impone: controllare il territorio, valutare gli stimoli e scegliere, momento per momento, dove sentirsi più al sicuro. Un piccolo promemoria quotidiano di quanto l’istinto resti vivo anche nei felini più domestici.

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