Lifestyle
Nuotare al mare o al lago? Differenze, consigli e prudenza
Scegliere tra il blu infinito del mare e la quiete lacustre può essere un dilemma per gli amanti del nuoto. Entrambi gli ambienti offrono scenari suggestivi e benefici per il corpo e la mente, ma presentano anche caratteristiche e sfide diverse. Tuffiamoci insieme alla scoperta di queste differenze e scopriamo come goderci al meglio un’esperienza di nuoto sicura e divertente.
L’estate è la stagione ideale per gli amanti degli sport acquatici e del relax in acqua. Tra le attività più diffuse troviamo sicuramente il nuoto, che può essere praticato sia al mare sia nei laghi. Ma quali sono le differenze tra nuotare in questi due ambienti? E quali consigli è bene seguire per un’esperienza sicura e divertente?
L’acqua di mare, grazie all’elevata concentrazione di sale, ha una densità maggiore rispetto all’acqua dolce dei laghi. Questo significa che il corpo umano, immerso in acqua salata, subisce una spinta verso l’alto maggiore, facilitando il galleggiamento e richiedendo un minor sforzo per mantenersi a galla.
La sensazione di galleggiare in acqua salata è spesso descritta come più piacevole e rilassante rispetto a quella in acqua dolce. Questo perché il sale tende a “sospendere” il corpo, riducendo la pressione muscolare e articolare e donando una sensazione di leggerezza.
L’acqua del mare è generalmente più calda di quella dei laghi, soprattutto durante i mesi estivi. Questo può renderla più piacevole per nuotare, soprattutto per chi è sensibile al freddo.
Il mare è caratterizzato da onde e correnti, che possono variare in intensità a seconda del luogo e delle condizioni meteorologiche. Nuotare in mare richiede quindi maggiore attenzione e abilità per evitare di essere trascinati via o di sbattere contro gli scogli. I laghi, invece, sono generalmente più tranquilli e con correnti meno intense, rendendoli più adatti ai nuotatori meno esperti.


Sia il mare sia i laghi ospitano una varietà di flora e fauna. Nel mare è possibile incontrare pesci, meduse, ricci di mare e altre creature marine. Nei laghi, invece, la flora e la fauna sono generalmente meno diversificate e possono includere pesci, alghe e qualche uccello acquatico. I laghi possono presentare pericoli per i nuotatori. È importante informarsi sulle condizioni locali, prestare attenzione alle bandiere e segnali di pericolo e non avventurarsi mai in acque profonde o in zone con forti correnti se non si è nuotatori esperti.
Consigli per nuotare in sicurezza al mare o nei laghi
Scegliere un luogo adatto, optare per zone balneari sorvegliate da bagnini, soprattutto se si nuota con bambini. Informarsi sulle condizioni del mare o del lago, prestare attenzione alle bandiere e segnali di pericolo, che indicano eventuali pericoli come correnti, onde forti o presenza di meduse. Consigliabile è nuotare in compagnia di altre persone o in gruppo. Non avventurarsi in acque profonde se non si è nuotatori esperti, è meglio rimanere in zone poco profonde o vicino alla riva. Non nuotare dopo aver bevuto alcol, perché altera la capacità di giudizio e i riflessi, aumentando il rischio di incidenti.
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Curiosità
La casa dei Kennedy a Georgetown è in vendita: la storica residenza di John e Jackie sul mercato per 7,5 milioni di dollari
Si chiama Marbury House la residenza di Georgetown dove John Fitzgerald Kennedy e Jacqueline Bouvier vissero prima di trasferirsi alla Casa Bianca. Oggi quella dimora carica di storia è sul mercato con Sotheby’s International Realty al prezzo di 7,5 milioni di dollari: eleganza, memoria e fascino di un’America che non esiste più.
Prima che diventasse un simbolo del potere mondiale, prima dell’aura quasi mitologica della Casa Bianca, c’era una casa. Ed era qui, nel cuore raffinato di Georgetown, il quartiere più elegante e storico di Washington. Marbury House è la residenza in cui John F. Kennedy e Jackie vissero una parte fondamentale della loro vita privata, quella in cui la coppia costruiva futuro, ambizioni politiche, vita familiare e immagine pubblica.
Oggi quella townhouse torna protagonista della cronaca immobiliare perché Sotheby’s International Realty l’ha rimessa ufficialmente in vendita: prezzo richiesto, 7,5 milioni di dollari. Non solo un immobile di lusso, ma un frammento vivo di storia americana.
Un indirizzo che profuma di storia
Georgetown non è un quartiere qualsiasi: è il cuore aristocratico della capitale, tra strade di mattoni, facciate curate, giardini nascosti e dimore che raccontano decenni di politica e potere. Qui i Kennedy costruirono parte della loro immagine pubblica, in un contesto che allora rappresentava il centro pulsante della società colta, influente e mondana di Washington.
Eleganza, fascino e atmosfera d’epoca
Marbury House conserva il fascino delle grandi dimore storiche americane. Ambienti raffinati, saloni luminosi, finiture pregiate e un’eleganza sobria ma potente. Non una villa pomposa, ma una casa vissuta, pensata per ospitare incontri, conversazioni e momenti privati di una delle coppie più iconiche della storia contemporanea.
Una casa che è anche un simbolo
Comprare questa residenza significa acquistare molto più di spazi e metri quadrati. Significa entrare in contatto con un’epoca, con una narrazione, con il mito dei Kennedy. Significa portare in casa la memoria di un tempo in cui politica, glamour e cultura si intrecciavano in modo irripetibile. Non stupisce quindi che il mercato internazionale del lusso abbia subito acceso i riflettori sulla vendita.
Questa non è semplicemente una casa di pregio: è un luogo che ha visto passare decisioni, emozioni, passaggi storici. Un pezzo di America in mattoni e legno, elegantemente custodito e oggi pronto a scrivere un nuovo capitolo, con un nuovo proprietario… ma senza perdere il suo mito.
Luxury
Vacanza da super ricchi in Svizzera: nello chalet di Sir Richard Branson si spendono oltre 35mila euro al giorno
Mentre per una famiglia svizzera una settimana sugli sci a Verbier può superare i 7mila euro, esiste un altro livello di esclusività: lo chalet The Lodge di Sir Richard Branson, affittabile per oltre 32mila franchi al giorno. Nove camere, piscina, spa, cinema privato e personale 24 ore su 24, con prenotazioni già pieni fino a febbraio. E non è il solo indirizzo a prezzi stellari: tra le Alpi, da Zermatt a Courchevel, gli chalet di lusso competono a colpi di comfort e cifre impressionanti.
Verbier è sinonimo di neve perfetta, piste spettacolari e atmosfera elegante. Ma è anche una delle località dove il concetto di “settimana bianca” assume sfumature decisamente estreme. Già prima di Natale, i dati diffusi in Svizzera avevano fatto discutere: per una famiglia di quattro persone, una vacanza sugli sci può arrivare a costare quasi 7mila euro. Una cifra che per molti rappresenta già un lusso, ma che diventa quasi minima se paragonata al livello superiore del turismo super esclusivo.










Qui, infatti, si trova The Lodge, lo chalet di proprietà del miliardario britannico Sir Richard Branson. Una struttura che sembra uscita da una cartolina, immersa nella neve vallesana, ma che ha un prezzo da capogiro: oltre 32.600 franchi al giorno, più di 35mila euro. Nonostante le cifre, trovare una settimana libera non è semplice: bisogna attendere fino a febbraio, segno che il mondo del lusso estremo continua a muoversi senza esitazioni.
Cosa offre una residenza del genere? Spazi immensi, nove camere da letto, piscina coperta, centro fitness, sauna, sala cinema e uno staff sempre presente, pronto a soddisfare ogni richiesta. Un microcosmo perfetto per chi vuole vivere la montagna senza rinunciare a nulla, nemmeno alle comodità di un resort a cinque stelle.
Il quotidiano elvetico Handelszeitung ha stilato una classifica degli chalet più costosi dell’arco alpino. Oltre a Verbier, la Svizzera domina con altre strutture iconiche. A Zermatt, ad esempio, c’è lo Chalet White Pearl, con vista sul Cervino e tariffe che partono da circa 36mila euro a settimana. Nei Grigioni, a Klosters, si arriva a cifre intorno ai 50mila franchi settimanali per residenze come la Chesa Falcun, in una località storicamente frequentata anche dalla famiglia reale britannica.
Ma per trovare il vero vertice del lusso bisogna spostarsi in Francia, a Courchevel, dove lo chalet Edelweiss rappresenta una sorta di Olimpo delle vacanze invernali: suite immense, piscina, spa, cantina di altissimo livello, discoteca privata e uno staff dedicato. Il prezzo? Oltre 450mila euro a settimana. Una cifra che fotografa un mondo a parte, fatto di super ricchi, jet-set internazionale e vacanze fuori da ogni misura comune.
Le Alpi, insomma, continuano a essere il rifugio dorato di chi può permetterselo. Mentre per molti la settimana bianca resta un sogno da organizzare con attenzione, per altri è un’esperienza esclusiva capace di trasformarsi in un simbolo di status e potere. Le montagne, però, restano sempre le stesse: imponenti, silenziose, indifferenti al rumore dei conti correnti.
Cucina
Antonino Cannavacciuolo, il prezzo del sogno: «Quando gli altri festeggiano, tu lavori». Dal no del padre a Villa Crespi, passando per la tv
Ai microfoni di Gianluca Gazzoli, Antonino Cannavacciuolo ripercorre il suo viaggio: il padre che lo mette in guardia («Colora di nero le giornate rosse sul calendario»), l’adolescenza tra scuola alberghiera e lavoro, la scommessa di Villa Crespi con la moglie Cinzia, l’arrivo di MasterChef vissuto come un rischio e poi trasformato in opportunità. Una frase torna più volte, come un mantra e un monito: «Quando gli altri festeggiano, tu lavori».
C’è una frase che Antonino Cannavacciuolo ripete più volte, quasi fosse una formula che si è incisa nella memoria e nelle ossa: «Quando gli altri festeggiano, tu lavori». È il riassunto brutale di cosa significhi davvero scegliere la cucina come mestiere, ma anche la sintesi perfetta della sua vita. Nel podcast «Passa dal BSMT», ospite di Gianluca Gazzoli, lo chef stellato mette in fila ricordi, inciampi, paure e successi senza scivolare nella favola motivazionale.
Dietro il personaggio televisivo, dietro le pacche sulle spalle e i meme, resta un ragazzo di Napoli cresciuto con un padre che, paradossalmente, non voleva che diventasse cuoco.
«Fai tutto, ma non il cuoco»: il padre e la “benzina” del contrasto
Il padre insegna all’alberghiero, conosce il mestiere e non lo idealizza. Quando Antonino gli dice che vuole fare il cuoco, la risposta è secca: «Fai qualsiasi cosa, ma non il cuoco». Gli spiega il conto da pagare: niente feste, niente sabati e domeniche, niente ferie “normali”. «Prendi un pennarello nero e colora di nero anche le giornate rosse sul calendario. Non ci sono vacanze, quando gli altri festeggiano, tu lavori».
Lui però insiste. Entra all’alberghiero, a tredici anni lavora già mentre studia. Il padre va dai professori e chiede di fargli cambiare idea, la madre prova a bilanciare, lo incoraggia. Il riconoscimento, quello vero, arriverà molto più tardi, quasi di nascosto. Quando gli porta un articolo importante, il padre lo legge in silenzio e poi concede solo una frase: «Se è vero quello che c’è scritto, ci deve essere un seguito». Nessun complimento esplicito, solo pressione. «Quella cosa lì è stata la mia benzina», dirà Cannavacciuolo.
Villa Crespi, il rischio e le notti a fare i conti
Il capitolo Villa Crespi non nasce da un piano perfetto, ma da uno di quei momenti in cui la vita ti mette davanti a un bivio senza preavviso. Antonino lavora già sul lago d’Orta quando il proprietario del ristorante comincia a osservarlo con una certa insistenza. La proposta arriva dopo: prendere in gestione Villa Crespi, appena chiusa.
La prima reazione è di sospetto: «Ho pensato subito: dov’è la fregatura?». La fregatura sono i numeri. Affitto da pagare in anticipo, mesi invernali quasi senza clienti, una struttura enorme da tenere in piedi. Lui e Cinzia Primatesta, che diventerà sua moglie e socia in tutto, hanno poco più di vent’anni. Ma accettano.
«A gennaio giocavamo alle tre carte – racconta – ad agosto lavoravamo bene, ma quando arrivava febbraio servivano tutti i santi». È la fotografia di un’impresa che rischia continuamente di non farcela e che, proprio per questo, costringe a non sedersi mai. La svolta arriva con le guide, prima il Gambero Rosso, poi la Michelin. Alle Tre Forchette, l’emozione è tale che Antonino «attacca il telefono» a metà comunicazione. Eppure, confessa, il pensiero di mollare non l’ha mai davvero sfiorato: «Il pensiero di non farcela non c’è mai stato. Non l’ho mai contemplato».
Cinzia, MasterChef e l’equilibrio tra cucina e tv
Nel racconto a Gazzoli, Cinzia non è mai “la moglie di”, ma parte strutturale dell’ingranaggio. All’inizio è “la figlia del proprietario”, lui è il cuoco stagionale. La distanza è netta, quasi di ruolo. La relazione nasce dopo, piano, nel momento in cui lui annuncia che tornerà a Napoli e capisce di star lasciando qualcosa di più di un lavoro. Da lì in avanti, il viaggio diventa condiviso: «Se mi fermo io tira lei, se si ferma lei tiro io».
Quando arriva MasterChef, lo chef è già sulla mappa della grande cucina italiana. La prima risposta alla tv è un no: l’obiettivo è la terza stella, non la popolarità. Cambia idea solo quando si rende conto che le riprese possono incastrarsi nella vita del ristorante. «Giriamo quando il ristorante è chiuso», ribadisce. Finita la registrazione, si torna in brigata: «Finisco di registrare e torno in cucina».
La televisione allarga il pubblico, cambia il rapporto con le persone, aggiunge pressioni e aspettative. Ma non sposta il centro. Persino la “pacca” diventata tormentone, spiega, nasce lontano dalle telecamere, come gesto istintivo in cucina, non come gag studiata.
Guardando indietro, Cannavacciuolo non si vende come modello perfetto, né come guru della motivazione. Ricorda piuttosto che è l’insonnia, non l’applauso, a tenere viva la fiamma. «L’insuccesso è quello che ti fa crescere. Quando il successo ti fa dormire, lì rischi. Quello che non ti fa dormire la notte è il motore vero».
La frase del padre, «Quando gli altri festeggiano, tu lavori», continua a tornare. Non come condanna, ma come chiave per leggere il suo percorso: niente scorciatoie, niente mitologie, solo anni di fatica appoggiati su un’idea semplice e testarda di mestiere.
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