Benessere
Superfood emergente: le lenticchie d’acqua! Ricchezza nutrizionale e potenziale ecologico
Dette anche Lemma Minor, rappresentano un superfood dalle qualità straordinarie per la nutrizione umana. La loro storia millenaria, come fonte di cibo e rimedio naturale, si intreccia con il ruolo contemporaneo per promuovere un nuovo tipo di alimentazione che questo minuscolo cibo ha da offrire.
Esistono tesori nascosti nella natura che spesso ignoriamo o sottovalutiamo. Tra questi, c’è un piccolo protagonista che merita di essere portato alla ribalta: le lenticchie d’acqua, o Lemna minor. Questi minuscoli organismi acquatici stanno guadagnando sempre più attenzione come superfood emergente, grazie alla loro ricchezza nutrizionale e al loro potenziale ecologico.
Le lenticchie d’acqua, appartenenti al genere Lemna, sono piante acquatiche che si trovano comunemente in stagni, laghi e corsi d’acqua tranquilla in tutto il mondo. La varietà più nota, Lemna minor, è stata utilizzata fin dall’antichità come fonte di cibo e rimedio naturale. In molte culture, Lemna minor è stata apprezzata per la sua capacità di crescere rapidamente, fornendo una fonte sostenibile di nutrizione in tempi di scarsità alimentare.
Proprietà nutrizionali delle lenticchie d’acqua
Nonostante le sue dimensioni apparentemente trascurabili, sono una potenza di nutrienti essenziali. Queste minuscole piante sono ricche di proteine, vitamine (tra cui la vitamina A, la vitamina C e alcune del gruppo B), minerali (come il ferro, il calcio e il magnesio) e antiossidanti. Inoltre, sono una fonte preziosa di fibra alimentare, che favorisce la salute digestiva e la sensazione di sazietà. Grazie a questa composizione nutrizionale, offrono un contributo significativo alla dieta umana, specialmente in contesti in cui l’accesso a cibi ricchi di nutrienti è limitato.


Alcune fasi dopo la raccolta delle lenticchie d’acqua
Come si mangia
Le lenticchie d’acqua possono essere consumate crude, essiccate o trasformate in vari prodotti alimentari. Le foglie fresche possono essere aggiunte a insalate, frullati o zuppe per aumentare il contenuto proteico e vitaminico del pasto. Inoltre, le lenticchie d’acqua possono essere essiccate e macinate per ottenere una farina ad alto contenuto proteico, ideale per la preparazione di pane, pasta e prodotti da forno.
Fonte e Credit foto copertina – www.giardinaggio.org
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Benessere
Dormire bene è il nuovo anti-age: i segreti del sonno rigenerante che migliora corpo e mente
Sette ore di sonno non sono un capriccio ma una terapia naturale. Durante la notte, il corpo si rigenera e la pelle ringrazia.
Altro che creme miracolose o integratori costosi: la vera rivoluzione anti-age comincia nel letto. Dormire tra le sette e le otto ore per notte non è solo riposo, è una terapia rigenerante. Durante il sonno profondo, il corpo rilascia ormoni della crescita e melatonina, che stimolano il rinnovamento cellulare e riducono i processi infiammatori. È in quelle ore silenziose che il cervello “fa le pulizie”, eliminando tossine e consolidando i ricordi.
Luci, schermi e cena leggera
Per dormire bene non basta spegnere la luce: serve preparazione. Gli esperti parlano di “igiene del sonno”, una routine che aiuta il corpo a entrare nel ritmo giusto. La prima regola è limitare la luce blu di smartphone e computer almeno un’ora prima di andare a letto, perché inibisce la produzione di melatonina. Meglio optare per letture leggere o musica rilassante. Anche la temperatura della stanza incide: l’ideale è tra i 18 e i 20 gradi.
La cena? Leggera, con cibi che favoriscono il rilascio di serotonina come riso, lattuga e banana. Da evitare, invece, alcol e pasti pesanti, che disturbano le fasi del sonno profondo.
L’effetto bellezza del riposo
Il legame tra sonno e bellezza è più forte di quanto sembri. Durante il riposo, la pelle produce collagene, l’elasticità migliora e il colorito appare più luminoso. Un sonno interrotto, invece, aumenta i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, favorendo infiammazioni e invecchiamento precoce. Anche la mente ringrazia: dormire bene riduce ansia e irritabilità, migliora concentrazione e memoria.
Dormire, in fondo, è il più accessibile dei trattamenti anti-age. Nessuna spesa, nessuna controindicazione. Solo il piacere di chiudere gli occhi e lasciarsi rigenerare dal tempo più prezioso che abbiamo: quello che dedichiamo a noi stessi.
Benessere
Contraccettivo sottocutaneo: una scelta moderna tra vantaggi e rischi
Piccolo, discreto ed efficace fino a tre anni: l’impianto sottocutaneo è tra i metodi anticoncezionali più innovativi e discussi. Ma non mancano dubbi ed effetti collaterali che spingono le donne a informarsi sempre meglio prima della scelta.
Negli ultimi anni, il contraccettivo sottocutaneo è diventato una delle alternative più richieste da chi cerca una protezione sicura e a lungo termine dalle gravidanze indesiderate. Si tratta di un piccolo bastoncino flessibile, grande quanto un fiammifero, che viene inserito sotto la pelle del braccio e rilascia gradualmente un ormone progestinico. La sua efficacia è molto alta, vicina al 99%, e la durata fino a tre anni rappresenta un vantaggio notevole per chi non vuole ricordarsi ogni giorno la pillola.
Come funziona
Il dispositivo rilascia un ormone che impedisce l’ovulazione e rende più difficile il passaggio degli spermatozoi. L’inserimento avviene con una semplice procedura ambulatoriale, effettuata dal ginecologo, e non richiede anestesia generale. Una volta applicato, la donna può svolgere normalmente le sue attività quotidiane.
I pro: efficacia e praticità
Il principale punto di forza dell’impianto sottocutaneo è la sua efficacia. Diversamente dalla pillola, non dipende dalla memoria quotidiana né da eventuali episodi di vomito o diarrea che ne ridurrebbero l’assorbimento. Inoltre, non interferisce con i rapporti sessuali e rimane invisibile all’esterno, caratteristica apprezzata da chi cerca discrezione.
Altro vantaggio: può essere rimosso in qualsiasi momento, con un rapido intervento, e la fertilità torna generalmente a livelli normali nel giro di poche settimane.
I contro: irregolarità e possibili effetti collaterali
Non mancano però gli aspetti negativi. Molte donne segnalano la comparsa di cicli mestruali irregolari, con sanguinamenti frequenti o, al contrario, lunghi periodi di assenza del ciclo. Altri effetti collaterali possibili sono mal di testa, variazioni di peso, acne, tensione mammaria e cambiamenti dell’umore. In alcuni casi, il punto di inserimento può dare fastidio o infiammarsi.
Un ulteriore limite è che, pur proteggendo da gravidanze indesiderate, l’impianto non difende dalle malattie sessualmente trasmissibili: per questo gli specialisti raccomandano di associare il preservativo nei rapporti occasionali.
Una scelta personale da valutare con il medico
Gli esperti sottolineano l’importanza di un colloquio approfondito con il ginecologo prima di procedere. Non tutte le donne reagiscono allo stesso modo al rilascio ormonale: per alcune l’impianto è la soluzione ideale, per altre può rivelarsi poco tollerabile. L’età, la storia clinica e le eventuali patologie devono essere valutate con attenzione.
Un alleato moderno, ma non universale
Il contraccettivo sottocutaneo rappresenta senza dubbio un progresso nella pianificazione familiare: comodo, sicuro e duraturo. Tuttavia, non è privo di criticità e non può essere considerato la scelta giusta per tutte. La decisione finale deve sempre passare attraverso una corretta informazione e una consulenza medica personalizzata, per bilanciare benefici e rischi.
Benessere
Depressione, il ruolo nascosto degli zuccheri nel cervello
Una nuova ricerca individua nel metabolismo degli zuccheri una possibile radice biologica della depressione, aprendo la strada a cure più mirate.
La depressione, che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità colpisce oltre 280 milioni di persone nel mondo, potrebbe avere origini più fisiche di quanto si pensasse finora. Un nuovo studio pubblicato su Science Advances dal Center for Cognition and Sociality dell’Istituto coreano di Scienze di base ha infatti individuato un legame diretto tra il metabolismo degli zuccheri nel cervello e l’insorgenza dei sintomi depressivi.
Il team guidato dal neuroscienziato C. Justin Lee ha scoperto che minuscole catene di zuccheri, chiamate O-glicani, sono essenziali per mantenere stabili le connessioni tra i neuroni. Quando questo delicato equilibrio viene alterato – ad esempio per effetto dello stress cronico – le cellule della corteccia prefrontale, l’area che regola emozioni e processi decisionali, perdono comunicazione e stabilità. Il risultato può tradursi in apatia, ansia e perdita di interesse.
«Lo stress prolungato modifica la composizione delle catene zuccherine legate alle proteine cerebrali, compromettendo la comunicazione tra neuroni e innescando la depressione», spiega Lee.
Dallo stress alla sinapsi: quando il cervello “si scollega”
Per testare l’ipotesi, i ricercatori hanno sottoposto topi da laboratorio a tre settimane di stress controllato – isolamento, rumori e stimoli imprevedibili. Gli animali hanno manifestato comportamenti simili alla depressione umana, come ridotta socialità e perdita di peso.
Il passo successivo è stato quello decisivo: disattivando artificialmente l’enzima St3gal1, responsabile del corretto posizionamento degli O-glicani, i topi hanno mostrato sintomi depressivi anche senza esposizione a stress. Analizzando il tessuto cerebrale, è emerso che la proteina NRXN2, fondamentale per la trasmissione dei segnali nervosi, perde stabilità quando le sue catene di zuccheri vengono alterate.
Ketamina e zuccheri: un effetto biologico inatteso
La scoperta assume un valore ancora più interessante considerando che la ketamina, già utilizzata per la depressione resistente, sembra agire proprio su questo meccanismo. Nei test condotti, il farmaco ha ripristinato i livelli di O-glicani e migliorato il comportamento degli animali, suggerendo che il suo effetto antidepressivo non dipenderebbe solo dai neurotrasmettitori ma anche dal riequilibrio metabolico del cervello.
Una nuova frontiera terapeutica
Oggi la maggior parte degli antidepressivi agisce sulla serotonina o sulla noradrenalina, ma non sempre risulta efficace. Intervenire sul metabolismo degli zuccheri cerebrali apre una prospettiva completamente nuova: diagnosi precoci basate su biomarcatori molecolari e terapie personalizzate capaci di agire sul metabolismo neuronale.
Secondo la coautrice Boyoung Lee, «le alterazioni nei processi glicidici cerebrali sono direttamente collegate all’insorgere della depressione. Comprenderne il funzionamento potrebbe rivoluzionare la prevenzione e la cura dei disturbi dell’umore».
Differenze tra uomini e donne
Infine, lo studio ha notato differenze significative tra i sessi: nei modelli maschili il cervello appare più vulnerabile agli squilibri nel metabolismo degli zuccheri, pur mostrando sintomi simili a quelli femminili. Un dato che in futuro potrebbe portare a protocolli terapeutici diversificati per genere.
In sintesi, la depressione potrebbe non essere solo una questione di neurochimica, ma anche di “energia cellulare”. E capire come il cervello utilizza – o spreca – i suoi zuccheri potrebbe rappresentare la chiave per trattamenti più efficaci e personalizzati.
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